Le cronache politiche, di questa estate, ci consegnano alla nostra mente alcuni fatti e avvenimenti cui prendere spunto per una parola un poco più profonda sulla politica.
Ci riferiamo, tra l’altro, alle recentissime prese di posizione del mondo cattolico italiano, in particolare della Cei e del Settimanale Famiglia Cristiana, sul degrado morale in cui versa il nostro Paese. L’analisi è esigente, non fa sconti sul clima che si respira in Italia. Entrambe le prese di posizione convergono su un punto: l’assenza di una classe dirigente italiana. Ovvero una “classe”capace di porre obiettivi di umanizzazione, di giustizia, di solidarietà all’Italia del XXI secolo.
Non sarà facile ricostruire quel tessuto sociale che, nel passato, ha consentito di esprimere uomini e donne coscienti delle sfide del proprio tempo, animate da una visione lunga della storia. Purtroppo la “videocrazia” impera devastando così ogni barriera mentale, culturale, morale. La rinascita dell’Italia sarà possibile solo se questo paese saprà coniugare, alla maniera di Max Weber, etica della convinzione con l’etica della responsabilità. E gli esempi nella storia d’Italia non mancano.
Infatti, tra qualche giorno cade il 56° anniversario della morte di Alcide De Gasperi. Questo ci offre l’occasione, non per appropriarsi indebitamente della sua figura, per una riflessione non banale sul senso della politica.
Per molte generazioni di politici la sua figura ha rappresentato una “icona”, un punto di riferimento, cui guardare, data la straordinarietà della sua persona, per, come ha scritto, qualche tempo fa, lo storico Guido Formigoni, sul quotidiano trentino L’ Adige, “ accaparrarsi un riflesso della sua autorità. (…) Si ha però l’impressione che la sua eredità sia stata complessa e difficile da comunicare o da conquistare. Né i suoi compagni ex popolari, né i giovani di Iniziativa democratica, cui lui stesso si era appoggiato in modo crescente, seppero assumerla. Non parliamo nemmeno di epigoni più tardi, quali quelli che ancora recentemente hanno tentato di acquisire qualche riflesso della sua immagine, accampando improbabili e posticce sintesi tra cattolicesimo e liberalismo”i.
Quella di De Gasperi, quindi, resta una figura complessa e storicamente ben collocata.
La ricerca storiografica, di matrice cattolica, degli ultimi venti anni ci ha riconsegnato un De Gasperi fuori dalla propaganda e dentro gli avvenimenti difficili del secondo dopoguerra italiano., ossia il periodo che va dalla Resistenza all’età del Centrismo.
Ed è proprio grazie alla ricerca storica che emerge, tra gli altri, un punto fermo della vicenda degasperiana: una esigente prassi di laicità.
Ovvero quell’andare oltre gli steccati , come scrive in una lettera a Fanfani poco prima di morire, che superi “l’alternativa guelfo ghibellina”ii. L’ambizione, quindi, di fare della DC, sempre per usare le sue parole, “un partito italiano”.
In un discorsoiii tenuto a Fiuggi, nell’estate del 1949, a conclusione del Consiglio Nazionale. della Democrazia Cristiana, De Gasperi delinea bene questa esigente laicità:
“(…) A questa «laicità» basta la Costituzione, a cui gli spiriti credenti hanno collaborato votandola così come è, non perché ritenessero che l’invocazione a Dio avrebbe menomata la dignità umana e il libero arbitrio (…) ma perché sanno che nella Costituzione di uno Stato moderno non è necessario proclamare le proprie credenze, quanto è indispensabile di accordarsi su norme di convivenza civile che colla libertà di tutti, difendono anche la libertà della fede”.
Insomma questa laicità si configura, per usare le parole di Maritain, come la “fede” democratica e secolare.della comune città dell’uomo.
Nel medesimo intervento, lo statista trentino, aveva poco prima ricordato che nella genealogia della Dc c’è anche Alexis De Tocqueville, e in questo De Gasperi “si stacca dalla mentalità negativa nei confronti dello Stato della mentalità intransigente”iv. .
Qui risuona l’eco della rivoluzione francese del 1789, da distinguersi dal periodo del Terrore giacobino, quindi la libertà dei “moderni”. Ossia questo “cenno al duplice senso della rivoluzione francese implica non solo l’affermazione delle libertà individuali e degli ordinamenti rappresentativi ma, anche , sulla linea di Tocqueville, l’idea di una democrazia pluralistica, che esprime una società articolata in cui individuo e Stato non sono più entità astratte e contrapposte”v.
Non vi è quindi contrapposizione , per De Gasperi , tra Democrazia e Cristianesimo. E’ un dato, questo, di sintonia anche con il Maritain di Cristianesimo e Democrazia.
Ma guardando le cose più a fondo non si può non andare alla radice di questo posizione degasperiana, ossia al rapporto Fede-politica.
Questo rapporto è stato da lui vissuto in maniera profonda. In questo è stato “insieme uomo antico e nuovo: la sua vita non fu divisa in vari momenti autonomi o contrapposti, ma fu interiormente (il corsivo è nostro) realizzata in modo unitario frutto di un consapevole pensiero e di una vigorosa volontà. (…) “vi.
Questa sintesi interiore si crea nella storia e nella coscienza del credente, in lui non c’è nessuno schematismo che possa racchiudere il dialogo sempre aperto tra la responsabilità politica e la fede cristiana.
In questo complesso d’intenzioni si colloca, allora, la prassi politica di De Gasperi.
Prassi politica, come si sa, che si è sviluppata nella difficile situazione del II dopoguerra italiano (la divisione del mondo di Yalta e l’inizio della guerra fredda, le ambiguità cattoliche e comuniste, la ricostruzione di un paese piegato dalla guerra, ecc.). In questa temperie si sviluppò la sua linea politica, riconquistare la Chiesa alla democraziavii. ” “De Gasperi che non aveva posto l’unità dei cattolici a fondamento della sua politica fece ogni sforzo perché il principio dell’unità, che vedeva inevitabilmente affermarsi, giocasse in favore della sua linea politica; cercò di evitare che la Democrazia Cristiana divenisse il semplice strumento del disegno di PioXII”viii.
Certo questa “sintesi politica” degasperiana ha avuto dei “costi”, però grazie ad essa la Chiesa e il mondo cattolico, nel suo complesso, si sono attestati su una posizione di accettazione della democrazia. Anche se il rischio di una deriva a destra sarà sempre in agguato nel mondo cattolico di quel periodo (per opera del cosiddetto “partito romano”).
Lo dimostra, ad esempio un episodio della sua vita portato di recente alla luce.
In un piccolo libro, Andrea Riccardiix, pubblica un verbale inedito di un incontro riservato che Alcide De Gasperi ebbe nella sua casa in Valsugana con mons. Pietro Pavan. Era il 13 agosto del 1952 e Pio XII aveva inviato quel suo autorevole collaboratore dallo statista trentino per convincerlo, in vista delle elezioni amministrative di Roma, a spostare l’asse politico verso destra, dando vita ad un fronte che abbracciasse anche monarchici e missini. Infatti, secondo il Vaticano, una vittoria comunista sarebbe stato “l’espressione dei romani verso un altro modello di civiltà”x.
Dopo aver cercato inutilmente di convincere De Gasperi mons. Pavan verifica la sua disponibilità ad incontrare direttamente il Papa e gli domanda: “In tal caso ella non prevede alcun inconveniente?” “Il Presidente risponde: Esporrei con tutta franchezza la mia tesi. 1) Se il S. Padre mostra di tenerla in considerazione, niente di meglio. 2) Se il S. Padre – per ragioni sue proprie – non la ritiene convincente, ma lascia libertà di scelta, essendo io profondamente convinto della aderenza della mia tesi alla contingenza storica, agirei di conseguenza, nella certezza di fare il bene dell’Italia e della Chiesa. 3) Se il S. Padre decide diversamente, in tal caso mi ritirerei dalla vita politica. Sono cristiano, sono sul finire dei miei giorni e non sarà mai che io agisca contro la volontà espressa del S. Padre. (Il Presidente – riferisce il verbale – ebbe una flessione nella voce che rivelava uno stato d’animo di profonda commozione). Quindi, ricomponendosi, riprendeva ribadendo lo stesso concetto: mi ritirerei dalla vita politica, non potendo svolgere un’azione politica in coscienza ritenuta svantaggiosa alla Patria e alla stessa Chiesa. In tal caso altri mi sostituirà”xi.
Un grande esempio quello di Alcide De Gasperi, sia dal punto di vista del ruolo fondamentale a servizio del Paese, sia dal punto di vista della laicità adulta del politico cristiano.
i Guido Formigoni, Un grande statista senza eredi?, in L’Adige
ii Sta in: Francesco Malgeri (a cura di), Storia della Democrazia Cristiana, vol.. II, Ed. Cinque Lune. Pag. 245.
iii Alcide De Gasperi, I presupposti storici e ideali della Democrazia Cristiana, in F. Malgeri, op. cit. PP. 488-493
iv Pietro Scoppola, La Proposta Politica di DeGasperi, Bologna, Ed. Il Mulino, 1988³. Pag. 90.
v P. Scoppola, op. cit. Pag. 85.
vi Franco Costa, La Spiritualità di De Gasperi, in Civitas n. 12 1954. Sta in :Franco Costa, Insieme sulla via della libertà, Roma, Ed. Studium, 1983.
vii Cfr. P. Scoppola, op.. cit..Pag. 118 e segg.
viii P.Scoppola, op.cit. Pag. 159.
ix Andrea Riccardi, Pio XII e Alcide De Gasperi. Una storia segreta. Bari, Laterza, 2003. Pagg.100.
x A. Riccardi, op.cit. Pag. 22
xi Il testo del verbale dell’incontro alle pagg. 86 – 87.
Per Fabio
avranno paura?
Io credo che nessuno, se non pochissimi, hanno il coraggio di ribellarsi perchè temono di perdere quel che hanno.Non comprendono che se non si ribellano, perderenno anche quello.Ormai la dignità non interessa più a nessuno.
perche nessuno commenta dello sconto a mondatori delle tasse?
perche quando certa politica si confronta con la storia nessuno commenta ?
perche quando berlusconi condannato si confronta con De Gasperi
nessuno commenta?
perche?
perche non mi sento rappresentato da questa classe politica
fabio