Parole sull’Italia. Intervista a Marco Travaglio

In Consiglio dei Ministri sarà presentato dal ministro Alfano un progetto di riforma della giustizia, definito da Berlusconi, enfaticamente, come “epocale”. Un progetto che sta suscitando reazioni critiche molto forti. Poi nelle prossime settimane riprenderanno anche i processi a Milano a carico del Presidente del Consiglio. Di tutto questo parliamo con Marco Travaglio Vice-direttore de “il Fatto Quotidiano”.

Travaglio iniziamo dalla così detta “Riforma epocale” della giustizia. Stando alle anticipazioni di stampa in realtà è qualcosa di “antico”. Per Lei è una “controriforma”, perché?

E’ una controriforma perché porta il sistema, porta l’Italia a una dittatura, a un modello fascista quello in cui è il governo a controllare l’azione penale, a dare le direttive alle procure su quali reati perseguire e quali tralasciare. Il fatto poi che sia pure un governo presieduto da un plurimputato per reati gravissimi aggiunge un tocco di surrealismo alla situazione già drammatica. La separazione delle carriere e la sottoposizione di fatto delle procure al governo è una idea che aveva portato avanti la P2, peraltro in un famoso piano di “Rinascita democratica” che Gelli aveva scritto, ma che non aveva mai pubblicato, lo teneva ben nascosto e ben segreto. Adesso invece tutto è pubblico, dichiarato. Lo scopo è evidente: evitare che le procure e la polizia giudiziaria indaghino sui reati dei membri del governo e i loro amici. Non a caso viene staccata dal pubblico ministero la polizia giudiziaria, cosìcché venga riportato tutto sotto l’egida del governo e si eviti così qualche indagine sui reati commessi da chi fa parte del governo e della cerchia più o meno larga di chi gira intorno. E’ quanto di più pericoloso, di più autoritario e di meno democratico si possa immaginare. Tant’è che mentre tutto il mondo tende ad aumentare l’indipendenza degli organi di garanzia, noi che potremmo vantare questo modello d’indipendenza della magistratura lo stiamo buttando a mare.

Guardiamo ai processi di Berlusconi. Perché, secondo lei, ha cambiato strategia, ovvero ha deciso di presentarsi ai processi? Lei ci crede?

Il fatto che si presenti ai processi credo che sia vero, lo ha annunciato insieme ai suoi avvocati. sarebbe una ben magra figura se cambiasse idea, è vero che lui cambia idea continuamente. Io credo che almeno qualche udienza lo vedrà presente e questo per una ragione molto semplice: perché questa volta il processo è talmente rapido nello svolgersi, grazie alla formula del giudizio immediato, che i magistrati hanno tolto il tempo per riflettere e per mettere insieme qualche legge che neutralizzasse il processo, quindi non riuscendo, questa volta, a difendersi dal processo ecco che è costretto a difendersi nel processo. La materia poi è una materia che non ha più quella complicatezza che avevano i reati finanziari, corruzioni, falsi in bilancio, frodi fiscali, fondi neri. Questa volta lo capisce anche l’uomo della strada di cosa è accusato di aver fatto Berlusconi, e cioè di aver avuto rapporti illeciti con una minorenne e di averla fatta liberare ricorrendo a una bugia clamorosa quando era stata fermata in questura per un furto senza documenti. Credo che questo tipo di comportamenti faccia incazzare parecchio gli elettori della Lega innanzitutto, che almeno sui reati degli extracomunitari sono piuttosto severi, ma anche credo un po’ di elettori suoi, che magari si erano fidati della propaganda sui sacri valori della famiglia ecc. Credo che i rapporti con le minorenni non siano un bel biglietto da visita per uno che sfilava al family-day.

Quello che esce fuori dal “Rubygate” è uno spaccato di società desolante. In cui perfino le madri delle ragazze incitano le proprie figlie a lucrare più soldi che si può dai presunti incontri con il Cavaliere. Come spiega questo degrado?

E’ un’Italia poco conosciuta che è venuta avanti in questi anni un po’ sottotraccia. E’ un sottobosco che somiglia molto al modello culturale, anzi inculturale, portato avanti da Berlusconi. E cioè: farsi gli affari propri, lucrare tutti i privilegi possibili dalla vicinanza con uomini potenti, approfittare del momento, battere il ferro finché è caldo e soprattutto guadagnarsi da vivere senza lavorare, senza sapere fare nulla. Con le conoscenze giuste prendendo le scorciatoie, saltare la fila a ogni costo, anche a costo di prostituirsi.

Parliamo del Cavaliere. Siamo alla fase finale del “berlusconismo”? Oppure riuscirà a sopravvivere ancora una volta?

Io credo che siamo alla fase finale di Berlusconi. Il berlusconismo è una cosa che con altri nomi esisteva già prima in una parte dell’Italia che lui ha avuto la straordinaria e luciferina capacità di sdoganare e di presentare come una cosa buona da rivendicare non più una cosa di cui vergognarsi. Temo che se non ci sarà qualcuno che sia in grado con la stessa capacità di sollecitare l’immaginario collettivo di ribaltare questa scala di valori e di portarne avanti un’altra alternativa, il rischio è che il berlusconismo duri molto di più di Berlusconi e sopravviva per parecchio tempo. In fondo, ha lasciato in giro tanti di quei danni, tante di quelle scorie che poi rischiano di continuare ad emanare radiazioni cancerogene per molto più tempo rispetto alla sua aspettativa di vita.

Esiste una alternativa credibile al berlusconismo? Se si dove si colloca?

Per il momento non la si vede, la si può immaginare. Sarebbe una classe politica giovane, credibile, competente, sobria, una destra che ritorni al merito, rigore, legalità e una sinistra che ritorni ai suoi valori di solidarietà, riformismo. Non è difficile immaginare come potrebbe essere l’alternativa, è difficile vederla perché mancano le persone, almeno nel mondo politico attuale, che incarnino queste due visioni.

Una parola sulla Lega. Quanto durerà il favore della base leghista ai suoi leader?

La Lega è molto concreta, ha un obiettivo il federalismo che peraltro io trovo dannosissimo penso che questo Paese, se si allentano le mani dello Stato centrale, si disfa, visto che non è mai stato uno Stato è una Nazione. Dopodiché lo perseguono con le unghie e i denti, chiunque glielo da loro gli fanno passare tutto. Il problema è che per far passare il federalismo hanno dovuto annacquarlo moltissimo rispetto al loro progetto originario: il progetto Calderoli è una caricatura del federalismo, non è nemmeno più federalismo, è municipalismo, anche piuttosto blando. Ma la Lega credo che una volta che avrà incassato questo aborto di federalismo potrà sventolarlo come una vittoria e quindi faranno un bilancio del loro impegno governativo, dopodiché decideranno se il gioco vale ancora la candela. Perché sia che lo incassino questo federalismo sia che non lo incassino, un minuto dopo non avranno più nessuna ragione al mondo per restare appiccicati a Berlusconi nel momento del suo declino. Penso che se cadrà prima della fine della legislatura Berlusconi cadrà per mano della Lega come nel ’94.

In un libro interessante, pubblicato da “Chiarelettere”, I Professionisti del potere, l’anonimo autore afferma che in Italia non esiste il quarto potere. “Dappertutto vedo servi felici: uomini e donne che vivono contenti dei privilegi ottenuti servendo i potenti che comandano l’Italia. Sono servi perché hanno barattato la libertà in cambio di privilegi e sono felici perché non si rendono conto di ciò che hanno sacrificato”. E’ davvero così la situazione italiana?

Credo che si avvicini molto alla realtà. Del resto basta un dato: la guerra in Iraq ha portato al disastro elettorale di tutti coloro che l’avevano fatta. Bush è stato spazzato via dalle bugie che aveva raccontato sulla guerra in Iraq (oggi è un nome impronunciabile anche in campo repubblicano), Blair è stato spazzato via dalle bugie raccontate sulla guerra in Iraq, Aznar una elezione a causa di un attentato dovuto proprio alla partecipazione della Spagna alla guerra in Iraq. L’unico premier che non ha pagato un microscopico pedaggio alle bugie raccontate per la guerra in Iraq è Berlusconi, che guarda caso è l’unico premier al mondo che possiede televisioni e giornali. Ci sarà pure un motivo. La stampa italiana è talmente asservita ai poteri forti, in parte al governo e al suo proprietario e in parte a una serie di imprenditori con le pezze al culo che hanno bisogno dei favori dei partiti e del governo e che quindi sono ricattati politicamente o tramite la pubblicità dal governo e dai suoi amici. Oggi i giornali che vogliono parlare male del governo sanno poi quali conseguenze patiscono, infatti non esistono. Non esistono trasmissioni, tranne un paio, non esistono giornali tranne due o tre che oggi parlano male del governo, e quelle che lo fanno lo pagano con rappresaglie dal punto di vista pubblicitario e non solo.

Lei si definisce un “liberalmontanelliano”. Che direbbe il grande Indro sul 150° dell’Unità d’Italia?

Direbbe che l’Unità d’Italia è stata una grande idea portata avanti da personaggi di grandi ideali che purtroppo però ha fallito il suo compito. D’altra parte è l’unica grande idea che ha saputo partorire la piccola elite di questo Paese negli ultimi due secoli, altre non se ne sono viste.