I Professionisti del potere: l’Italia delle oligarchie

Un libro che sta facendo discutere l’opinione pubblica italiana questo di “Elio Rossi” (che è un  nome di fantasia), I professionisti del potere. Ecco come gli italiani sono comandati e da chi, Ed. Chiarelettere, Milano 2011, pagg. 196, € 14,00.

Si tratta di un ex giornalista, di buon livello, che ha lavorato per vent’anni nelle redazioni di importanti quotidiani italiani e negli uffici stampa di aziende importanti del nostro Paese.

“Appartengo ai forti – scrive di sé l’autore – eppure provo una sensazione di disagio. Dopo aver trascorso gli ultimi vent’anni nelle redazioni e negli uffici dei potenti, voglio raccontare come funziona il sistema che in Italia controlla la finanza e i mezzi di informazione”.

 Così dal di dentro del sistema compie il suo “j’accuse” sul meccanismo “oliatissimo” dei “professionisti del potere”, ovvero quella “classe dirigente” (chiamiamola così) che cerca il potere per il potere, che condiziona la politica, l’economia (soprattutto), l’informazione..

Il libro così si pone come un tentativo di svelare gli “arcani” di questa classe di potenti (anche se non ci sono rivelazioni sconvolgenti).

Il “popolo delle scimmie”, così l’autore li chiama  questi potenti citando Gramsci, “credono di essere superiori a tutti gli altri popoli della giungla, di possedere tutta l’intelligenza, tutta l’intuizione storica, tutto lo spirito rivoluzionario, tutta la sapienza di governo”, in realtà il “popolo delle scimmie riempie la cronaca, non crea storia, lascia traccia nel giornale, non offre materiali per scrivere libri”. Insomma è in questa “dismisura” storica che il nostrano “popolo delle scimmie” compie guai. Guai che rendono la nostra società italiana bloccata, senza un minimo di ricambio ai vertici delle aziende, della politica.

Insomma quello che il libro mette in evidenza sono i mali antichi del sistema Italia: il pesante conflitto d’interesse (che non riguarda solo quello macroscopico del Cavaliere di Arcore),  gl’intrecci degli incarichi nei vari consigli d’amministrazione,  ai vari patti di sindacato che governano le imprese (“le piramidi societarie sono applicate nel 45 per cento dei casi dalle imprese italiane, mentre in Germania, Francia, Spagna e Regno Unito sono rispettivamente 15 per cento, 25 per cento, 20 per cento e 0 per cento (zero!)”, il mondo delle fondazioni bancarie (vero e proprio gotha dell’economia italiana), per non parlare di Mediobanca, del mondo delle Assicurazioni e delle grandi Corporation di Stato (Eni, Enel, Finmeccanica), e infine l’ambito dove l’autore scatena il mondo dell’informazione. Quest’ultimo invece di essere un “faro della democrazia” italiana  che sappia, cioè, un faro impietoso sull’intero gruppo di comando in realtà, salvo qualche piccola eccezione, fa parte del sistema dedito a creare il consenso. E polemicamente l’autore chiama i giornalisti “operatori dell’informazione”. Così “nel finto pluralismo italiano i mezzi di informazioni non sbagliano mai, perché partono sempre dalle conclusioni. Gli operatori dell’informazione hanno sempre una tesi da dimostrare e quindi sono disposti a vedere soltanto i fatti che la sostengono e a negare l’esistenza di quelli che la contraddicono. Scrivono per dimostrare ciò che già sanno e non si cimentano mai nella cronaca. Sanno sempre tutto perché sono infallibili, sono infallibili perché sono dogmatici e sono dogmatici perché non sono liberi”. Certo il giudizio è pesante, resta però un fatto inequivocabile che tutti i maggiori quotidiani italiani appartengono ad editori “impuri” (cioè con altri interessi industriali) e che il mercato pubblicitario è pesantemente condizionato dalla televisione.

Un libro forse pessimista che aiuta però a prendere coscienza della situazione bloccata del sistema Italia e di quanto questo paese abbia bisogno di ricostruirsi sul principio di responsabilità: “è ancora possibile immaginare un modo per applicare anche all’Italia la regola del ‘Chi sbaglia paga’ e passare così da un sistema di potere chiuso a un sistema aperto?”.

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