I rischi per l’economia italiana. Intervista a Tito Boeri.

Tutto il dibattito politico dei prossimi giorni sarà concentrato sulla manovra finanziaria del governo per il 2011. Una manovra molto discussa. Di questo parliamo con Tito Boeri, professore di Economia alla Bocconi di Milano e animatore del sito di Economia www.lavoce.info.

Professor Boeri, sul Corriere della Sera, di domenica scorsa, Mario Monti ha scritto che questa manovra può, forse, far vincere la battaglia sul “numeratore” (ovvero sul fronte della spesa) ma non quello sul fronte del “denominatore” (sulla crescita del Pil). E’ giusta l’immagine di  Monti?

E’ vero indubbiamente che questa manovra non pensa alla crescita.  E quindi Mario Monti ha perfettamente ragione a sottolineare che non spingerà alla crescita del prodotto interno lordo.  Penso tuttavia abbia anche dei problemi anche sul piano del rigore, quindi del “numeratore”. Nel senso che praticamente scarica sui governi futuri l’onere politico dell’assestamento credo che lasci molto a desiderare sul piano della realizzabilità e delle misure che sono state prese in considerazione. Non sarebbe la prima volta che un governo prende delle misure scaricandone l’onere su quello successivo, pensiamo a quello che era successo con lo “scalone” pensionistico, il governo che poi è venuto dopo ha rimosso quella norma e quindi operando in questo modo alla fine le misure non vengono attivate. Di più ci sono ancora aspetti della manovra che non sono chiari. Mancano all’appello una ventina di miliardi e su 47 miliardi non son pochi. Per cui, credo, potremo dare un giudizio più completo quando verrà depositata e avremo la relazione tecnica di accompagnamento. 

Allora hanno ragione le agenzie di rating a nutrire dubbi sulla capacità dell’Italia di raggiungere gli obiettivi?

Io credo che la preoccupazione, oggi, degli investitori, comprese le agenzie di rating,  riguardino soprattutto il potenziale di crescita del nostro Paese. L’Italia è l’unico Paese dell’area Ocse che negli ultimi 12 anni non  ha visto alcuna crescita del reddito medio delle famiglie, reddito pro-capite,  in tutti gli altri Paesi il reddito è cresciuto da noi è rimasto al palo. E giustamente gli investitori si interrogano sul  nostro Paese, con un debito così alto, non riesce a sostenere un tasso di crescita più sostenuti di quelli  che abbiamo avuto prima della grande flessione e che poi sono stati rimangiati da quella più grande riduzione  del prodotto interno lordo che ci siamo rimangiati tutto quel poco di progresso che abbiamo fatto precedentemente. In uno scenario di questo tipo resta difficile onorare gli impegni presi sul debito, pagare gli interessi sul debito. E quindi le preoccupazioni degli investitori sono legati a questo, sono problemi che non riguardano l’immediato ma riguardano la possibilità di crescita nel medio periodo.

Jean-Claude Juncker, il Presidente dell’Eurogruppo, ha affermato che non vede rischi di contagio “greco” sulle economie di Spagna, Belgio e Italia. Secondo lei è troppo ottimista? Vede rischi per l’Italia?

Io vedo studiando anche l’andamento del Dpf e l’andamento degli interessi sul  debito pubblico negli ultimi mesi mi sembra di notare che i mercati sono molto più selettivi che nel passato e che riescono a discriminare fra i diversi paesi per cui effettivamente non sempre l’andamento dei rendimenti dei  titoli di Stato greci tende ad avere effetti sugli altri titoli di Stato. Però questo non vuol dire affatto che siamo fuori pericolo,  al contrario a fronte  ad un inevitabile ristrutturazione del debito pubblico greco e di fronte ad un quadro che a livello europeo   con l’incapacità dei governi a prendere certe decisioni risolutive, il rischio che i riflettori vengano puntati sul nostro Paese è tuttaltro che remoto  Quindi bisogna agire in fretta per rassicurare gli investitori, farlo subito senza perdere altro tempo. Per questo che la scelta di rinviare tutto l’aggiustamento al governo che verrà mi sembra una scelta molto pericolosa.

Torniamo alla manovra.  Secondo alcuni  osservatori nell’immediato gli effetti della manovra sarà un salasso per i contribuenti e le famiglie italiane (per la Cgia di Mestre 927 euro per famiglia). Per non parlare delle pensioni. Insomma sono i “soliti noti” che pagano per tutti. E’ così?

Non so come abbiamo fatto questi calcoli quelli della Cgia di Mestre perché, ripeto, molti aspetti della manovra non sono ancora chiari. Certamente ci saranno degli interventi con dei costi sulle pensioni in particolare, altri sui risparmiatori . Questi sono aspetti che risultano chiari della manovra. Delle pensioni verrà bloccata le indicizzazione al di sopra una certa soglia  d’importo, e per quanto riguarda i risparmiatori con l’imposta di bollo,  e altre misure, in qualche modo verranno fortemente ridotti i redditi che si possono avere da investimenti, dai risparmi, quindi ulteriormente penalizzante e scoraggiando gli italiani dall’investire sui mercati finanziari. Io credo che siano scelte che hanno molte controindicazioni e soprattutto sono Scelte che suonano come del tutto arbitrarie e che colpiscono per lo più  i soliti lavoratori dipendenti, o ex lavoratori dipendenti, i piccoli risparmiatori anziché i possessori di grandi patrimoni. Quindi provvedimenti molto discutibili. Tuttavia trovo molto importante, per chi svolge una azione di critica alle misure che il governo propone, formulare anche dei suggerimenti alternativi che portino dei risparmi almeno altrettanto significativi. Sul caso delle pensioni, sul sito la Voce.info, abbiamo pensato a formulare una ipotesi diversa che non abbia il carattere della estemporaneità dei provvedimenti del governo. Per cui di colpo si decide di intervenire: di bloccare la crescita delle pensioni, per un anno o due anni, già era successo in passato, con il ministro Damiano. La logica, a nostro giudizio, è sbagliata perché tra l’altro  si rischia di dare  l’impressione al risparmiatore, e  a chi paga i contributi  alla cassa previdenziale, che questi contributi possano essere rimangiati e utilizzati  dal politico di turno che trovandosi in difficoltà  utilizza i propri accantonamenti previdenziali a suo piacimento. Noi proporremo di introdurre delle regole certe che, in qualche modo, portino comunque dei risparmi e il taglio che noi proponiamo e chi riceve le pensioni al di sopra di un certo importo sia in qualche modo coinvolto dall’andamento dell’economia.  Fin qui quello che avveniva  è che chi aveva  delle pensioni relativamente elevate poteva  continuare a ricevere le proprie pensioni come se niente fosse, anche in anni  in cui il PIL cadeva, anche di fronte a una bassa crescita della nostra  economia, questo ha portato, per esempio nel 2009,  a far crescere ulteriormente la quota della spesa pensionistica sul PIL che era già la più alta in Europa, quindi la nostra proposta di indicizzare le pensioni alla crescita dell’economia. Sarebbe un modo di creare anche tra i pensionati un supporto forte a politiche che valorizzino  la crescita del nostro Paese. Oggi i pensionati sono disinteressati da quel che succede al Paese perché tanto le pensioni le percepiscono in ogni caso.

Come si è visto nella manovra non c’è una idea di sviluppo, di strategia sui fronti aperti della competitività mondiale. Le chiedo, in sintesi, c’è una strada che può tenere insieme rigore e crescita?

Certamente sono tantissime le riforme a costo zero che possono essere fatte nel nostro Paese. Riforme che valorizzano la crescita. Dalla riforma del mercato di lavoro, come il contratto unico, a tutele progressive,  il salario minimo,  le liberalizzazioni dei mercati, le liberalizzazioni nel campo delle professioni, quelle pur timide nella passata legislatura hanno già dato dei risultati importanti e vanno nella direzione unica. Ci sono altri interventi, come quello che ricordavo prima sulle pensioni che nello stimolare la crescita, perché creano supporto per la crescita addirittura portano a dei risparmi, quindi non solo non costano ma migliorano il bilancio.  Quindi  tanti provvedimenti  e riforme possono essere fatte  in Italia, anche in questo quadro, è quindi  possibile coniugare rigore e sviluppo, quello che bisogna fare è avere la volontà e soprattutto voler spendere capitale politico per creare consenso a queste misure. Ogni misura che cambia lo status quo, uno status quo consolidato, inevitabilmente crea degli scontenti, quindi bisogna che il politico allora si metta a costruire il consenso attorno a queste misure che sono necessarie per il Paese.

Commenti

  1. Per salvare l’Italia basterebbe diminuire il costo della politica come appresso:
    1-Portare il numero dei senatori e deputati da 950 circa a 200(si pensi un po’ negli Stati Uniti vi sono in tutto 450 circa) con un onorario che vada da 3000 a 5000 euro mensili senza nessuna aggiunta di alcun genere.Diminuendo così anche sottosegretari e portaborse vari e quest’ultimi dovrebbero essere retribuiti con non più di 1200 euro mensili;
    2-Diminuire la politica Regionale portando i consiglieri ad un numero di non più di 10 per ogni Regione con un onorario che non superi i 3000 euro mensili e senza altre agevolazioni!
    3)Eliminare per sempre le Provincie(secondo il parere del 80% degli italiani sono ritenute inutili);
    4)Continuare ad indagare,seriamente,sugli evasori fiscali costringendoli a versare tutto quello che non hanno pagato in passato.

    Solo così si potrebbe salvare l’Italia e gli italiani e si eviterebbero le manovre finanziarie come quest’ultima nata di questi giorni dal Governo Berlusconi.Una manovre che io definisco “AMMAZZAITALIANI SPECIE QUELLI CHE STANNO MALE ECONOMICAMENTE PERCHE’ CONTINUERANNO A STARE SEMPRE PIU’ MALE”

    Mimmo Massara

Leave a Reply

Your email address will not be published. Required fields are marked *