E’ di questi giorni la notizia che è on-line il sito del monastero di Tibhirine (http://www.monastere-tibhirine.org), in Algeria nella zona dell’Atlas.
Come si sa questo è il luogo del martirio, avvenuto nel 1996 durante la guerra civile, dei monaci cistercensi francesi che vivevano in quel monastero. I loro nomi sono diventati famosi dopo il film del regista francese Xavier Beauvois, vincitore a Cannes l’anno scorso del “Gran Premio della giuria, “Uomini di Dio” (titolo originale “Des Hommes et des diieux”). Un vero capolavoro.
Ed ecco i loro nomi: frère Christian de Chergé, Luc Dochier, Christophe Lebreton, Michel Fleury, Bruno Lemarchand, Célestin Ringeard e Paul Favre-Miville.
Su quella strage è rimasto il mistero sugli esecutori (gli integralisti, i servizi segreti o l’esercito?).
La loro vita è stata esemplare. Una vita di profonda amicizia umana e spirituale con la popolazione di Tibhirine. Segnata da un dialogo profondo con l’Islam.
Adesso la diocesi di Algeri ( che ha avuto grandi personalità di dialogo come il Cardinale Duval e il Cardinale Tessier ) ha deciso di restaurare questo luogo per farlo diventare un luogo della memoria del dialogo con l’Islam e della pace.
Ed è proprio da lì, nel cuore profondo dell’Algeria, che parte un messaggio di dialogo e di riconciliazione : “I monaci di Tibhirine – è scritto nel sito -hanno lasciato all’umanità un messaggio di fraternità indirizzato a ogni uomo e a ogni donna, al di là delle appartenenze religiose”.
Nel sito, oltreché alla storia dei monaci, si danno informazioni sulla vita attuale del monastero ed anche quelle per preparare una eventuale visita . Offre anche la bibliografia, in lingua francese, dei libri usciti sui monaci. Il sito permetterà di raccogliere i fondi di tutti coloro che vorranno collaborare a questo progetto di pace.
Ma lo scopo principale del sito è quello di diffondere la storia, la testimonianza di questi veri “uomini di Dio” che hanno scelto di vivere, nel tempo della violenza sanguinaria, in mezzo a un popolo che amavamo.
Come è ben testimoniato dal testamento del priore della comunità Frère Christian:
“Evidentemente – scriveva – , la mia morte sembrerà dar ragione a quelli che mi hanno rapidamente trattato da ingenuo o da idealista: ‘Dica adesso quel che ne pensa!’. Ma costoro devono sapere che sarà finalmente liberata la mia più lancinante curiosità. Ecco che potrò, se piace a Dio, immergere il mio sguardo in quello del Padre, per contemplare con lui i suoi figli dell’islam come lui li vede, completamente illuminati dalla gloria di Cristo, frutti della sua passione, investiti del dono dello Spirito, la cui gioia segreta sarà sempre lo stabilire la comunione e il ristabilire la somiglianza, giocando con le differenze». E rivolto a colui che lo avrebbe ucciso: «anche te, amico dell’ultimo minuto, che non avrai saputo quel che facevi. Sì, anche per te voglio questo grazie e questo ‘ad-Dio’ profilatosi con te. E che ci sia dato di ritrovarci, ladroni beati, in paradiso, se piace a Dio, Padre nostro, di tutti e due. Amen! Insc’Allah”.