Sono passati ventidue anni dalla morte di Sandro Pertini (avvenuta il 24
febbraio del 1990 a Roma). In occasione di questo anniversario, e di quello di
Tangentopoli, la casa editrice Chiarelettere pubblica un prezioso “Istant Book”,
una bella antologia di scritti politici (che copre un ampio periodo storico: dalla
Resistenza alla Presidenza della Repubblica), dal titolo emblematico: La politica
delle mani pulite (pagg. 100, € 7,00). Il volume è curato dall’ex magistrato
Mario Almerighi, uno di quei, allora, giovani magistrati che indagarono, nella
seconda metà degli anni ’70, sul così detto “scandalo dei petroli” (ovvero sul
sistema corrotto di tangenti che le multinazionali del petrolio, insieme ai petrolieri
italiani, avevano pagato ai partiti di governo, pari al 5% dei vantaggi conseguenti
all’approvazione di provvedimenti legislativi in loro favore).
A leggere queste pagine si respira un’aria antica di passione politica coniugata da
un grande rigore morale. Non per niente il settennato di Pertini al Quirinale, per
il suo stile fatto di rigore costituzionale e umanità, è ancora vivo nella memoria
degli italiani.
La Presidenza di Pertini, il primo socialista a ricoprire quell’incarico, sono
coincisi con gli anni più tormentati della prima Repubblica (divenne Presidente
della Repubblica nel Luglio del 1978, appena due mesi dopo l’omicidio di Aldo
Moro, vennero poi i giorni della lista della loggia massonica P2, del terremoto
dell’Irpinia e lo scandalo del post-terremoto. Qui si consumò un vero e proprio
assalto deleterio alla finanza pubblica).
Si potrebbe, senza dubbio, affermare che l’opera di Pertini è stata una
declinazione rigorosa del legame necessario tra legalità e democrazia. Nessun
vuoto formalismo ispirava lo stile di Pertini. Il rigore morale era la conseguenza
dei suoi valori umani e politici:
“Amici miei – affermava Pertini – io non resto un minuto di più su questa sedia
se la mia coscienza si ribella. Non accetterò mai di diventare il complice di coloro
che stanno affossando la democrazia e la giustizia in una valanga di corruzione”,
e concludeva con un monito: “la corruzione è nemica della democrazia”. Parole,
allora, inascoltate. E parole anche oggi attuali.
La “politica delle mani pulite” di Pertini, quindi, non era moralismo ma era
l’inveramento di quei valori centrati sulla Resistenza e sulla Carta Costituzionale.
La sua adesione al socialismo non aveva nulla di ideologico, nel senso deteriore del
termine, anzi! In una intervista, data a Enzo Biagi, affermava: “Per me il socialismo è
soprattutto l’esaltazione della dignità umana, della dignità del singolo. Quindi si sintetizza
in due istanze: la libertà e la giustizia sociale. Ma soprattutto la libertà: la mia e quella
dell’avversario , cioè di tutti. Un concetto che m’insegnarono uomini come Filippo
Turati e Claudio Treves. Poi la giustizia sociale. Senza di essa, la libertà diventa una
conquista molto fragile e vuota”. Parole “antiche”, certamente, come “antico” era il sogno
di Pertini di una Europa unita, nel solco dell’insegnamento di Altiero Spinelli, federale.
Europa come “patria della memoria”, come “fattore di equilibrio planetario e strumento
di coesione nel tormentato mondo attuale”.
Rigore morale e umanità è la lezione di Pertini. Per questo l’irruente Sandro torna a
parlarci anche oggi.