La crisi del PD. Intervista a Luigi Bobba

Con l’elezione di Guglielmo Epifani, avvenuta sabato scorso durante l’assemblea Nazionale, il PD cerca una possibile “ripartenza”. Ne parliamo con Luigi Bobba, deputato PD ed ex-Presidente Nazionale delle Acli.

Onorevole Bobba, l’assemblea nazionale di sabato scorso ha eletto Guglielmo Epifani Segretario del PD. Un “segretario senza aggettivi”. Però problemi, gravi, restano. Quali sono le principali sfide di Epifani?

Ad un partito che non ha saputo darsi ragione di una vittoria mutilata e che ha poi affrontato le prove della elezione del Presidente della Repubblica e della formazione del governo in modo tale da disorientare parte dei propri militanti e del proprio elettorato,serviva una persona che – per storia e autorevolezza personale –potesse tentare di mettere ordine in questo strano miscuglio di rabbia, delusione e conflitti interni. La scelta di Guglielmo Epifani risponde a questo bisogno primario: primum vivere, deinde philosophare. Epifani deve innanzitutto rassicurare questo PD impaurito e sull’orlo di una crisi di identità che potrebbe rivelarsi fatale. Ridare fiducia, ricostruire un clima interno costruttivo e allo stesso tempo offrire una solida sponda al governo guidato da Enrico Letta.  Ma il compito forse più difficile starà nel capire le ragioni per cui il PD ha toccato, nelle ultime elezioni, il suo minimo storico. Per quali ragioni non è stato capace di intercettare i delusi del centrodestra né di interpretare il disagio e la protesta che hanno finito per gonfiare le vele dei Cinque Stelle. E’ urgente riaprire l’audio con la società italiana e , con il Congresso, cercare di parlare a tutti gli italiani per convincerli che abbiamo una rotta sicura per il loro futuro e per il futuro dell’Italia.

Per alcuni Epifani è solo un buon “traghettatore”, per Lei?

E’ chiaro che l’accordo trovato nell’indicare Epifani alla guida del PD, è strettamente legato al compito che gli è stato assegnato: portare il PD al Congresso in autunno, evitando scissioni o fuoriuscite e sostenendo, senza tentennamenti, il tentativo rischioso di Letta. L’alternativa – fare subito il Congresso – , avrebbe finito per generare un confronto unicamente di tipo personalistico, anziche’  spingere a misurarsi sulle scelte da compiere. Un Pd ,il cui Statuto prevede che il segretario venga eletto attraverso primarie aperte e rivesta contemporaneamente anche il ruolo di candidato premier, dovrebbe scrivere nel suo statuto che i Congressi, aldilà delle cadenze ordinarie , si debbono sempre svolgere anche prima delle elezioni politiche e che la scelta del premier va fatta al’interno del perimetro del PD e non in modo spurio tra candidati di coalizione. Questa volta si è sopperito a questo evidente buco statutario attraverso una deroga, per cui è stato consentito a Renzi e ad altri di correre per le primarie. Ma è evidente che- fermo restando il principio di primarie aperte e l’identificazione tra segretario e candidato premier, le regole vanno riscritte. Oppure, se si vuole abbandonare questa strada, lo si deve dire con chiarezza e proporre il modello tradizionale con l’elezione del segretario solo attraverso gli iscritti e la non necessaria coincidenza di quest’ ultimo con il premier. In tal senso, dovendo preparare un congresso ricostruttivo e volendo altresì rispondere alla sfida radicale che Grillo ci ha lanciato (“arrendetevi, siete circondati”), Epifani deve essere innanzitutto un traghettatore cioè creare le condizioni perchè questo fondamentale passaggio democratico avvenga senza danni collaterali al partito e al governo. Poi, se vi saranno energie e leadership nuove che si vorranno misurare con il consenso, l’occasione è più che propizia.

Veniamo al PD. Quello che è successo con la vicenda dell’elezione per il  Quirinale pesa, e peserà per tanto tempo nella coscienza del PD. Quei 101 “franchi tiratori” sono un gravissimo problema politico per il PD. Non pensa che fintanto che non si risolve questo problema nessuna “operazione di verità” sia possibile per la rinascita del partito?

In molte Assemblee mi è stata chiesta “la lista dei 101”. Dietro a questa richiesta c’ è un bisogno radicale di trovare un capro espiatorio per una condotta considerata giustamente irragionevole e dannosa. Capisco che quando si pugnala il fondatore, si sta verificando qualcosa di grave e profondo. Ma il tema potrebbe riguardare anche i circa 200 che non hanno votato per Marini, anch’egli uno dei fondatori del PD. Non credo , e i numeri sono lì a dimostrarlo, che l’affondamento di Prodi sia avvenuto prioritariamente per vecchi rancori e recenti vendette. Semmai è il frutto di una certa subalternità culturale attecchita anche all’interno del Pd, per cui il nuovo,il cambiamento vengono sempre da fuori, in questo caso dalla tanto mitizzata figura di Rodotà. Così ,quando si affievolisce la consapevolezza della propria cultura e non si ha fiducia nei propri leadesrs, si finisce per arrendersi ad un’opinione pubblica solleticata dalle fantomatiche “quirinarie”, i cui risultati sono stati singolarmente pubblicati due giorni dopo l’elezione del Presidente della Repubblica. E’ questa subalternità il problema più grave: forse un rinnovamento così rapido e così largo del gruppo parlamentare (circa il 60%) e una conduzione non proprio lineare della fasi preparatorie dell’elezione del Presidente della Repubblica, ha  lasciato spazio a questo sbandamento e favorito qualche disegno volto a colpire insieme Prodi e Bersani. E a mettere all’angolo lo stesso PD. L’invocazione della disciplina di partito è assolutamente necessaria ma non sufficiente per tenere coeso un corpo associativo variegato come il Pd. Serve una condivisione di cultura e valori senza i quali il  pur giusto richiamo alla disciplina risulta inefficace . Per questo val la pena richiamare quel bel pensiero di Roberto Ruffilli ,per cui la politica non è tanto e solo rivendicazione di diritti ma prima di tutto costruzione di comunità. La deriva radical individualista finisce per erodere e sfibrare ogni cultura di tipo solidarista, sia essa di matrice socialista o di stampo cattolico sociale. Di fronte alla sfida radicale  dell’individualismo libertario e del mercatismo senza regole, la sinistra rischia di trovarsi priva di una visione solida della persona e della società. L’invadenza ossessiva in ogni ambito della vita della logica mercantile associata al dominio salvifico di scienza e tecnologia, finiscono per lasciare la persona, uomini e donne, senza difese di fronte a nuove e piu’ raffinate forme di alienazione e di sfruttamento. Ecco perchè serve un nuovo umanesimo laico capace di visione e di futuro.

PD e governo Letta. La linea che è passata è quella del sostegno forte al “governo di servizio”. Fino ad ora, però, il gioco lo tiene il PdL. Su quali punti strategici il PD deve operare per far si che emerga il protagonismo del partito?

Che il Pdl abbia in mano la golden share di questo governo, è un vera e propria leggenda metropolitana. Ha ragione Renzi quando afferma “ questo governo o lo guidiamo , o lo subiamo”, dove implicitamente  invita il PD a guidarlo e  a sostenerlo con determinazione. D’altra parte, le quattro più importanti cariche della Repubblica sono state affidate ad esponenti che vengono dal centrosinistra. Per quale singolare ragione, Berlusconi avrebbe tutto questo potere sul governo? E perché dopo averlo invocato e votato, adesso sarebbe pronto a farlo cadere rapidamente? Trovo singolare che si assecondi una tesi di questa genere, quasi affidandosi ad una specie di profezia che si auto adempie. Letta, nel suo discorso di insediamento ,ha proposto impegni chiari e circoscritti: un grande piano per il lavoro per i giovani, reddito minimo per le famiglie numerose in stato di bisogno, riforma elettorale, riduzione dei parlamentari e Senato delle regioni, abolizione dei rimborsi elettorali per i partiti; oltre, ovviamente, alle scadenze immediate che riguardano il rifinanziamento della Cassa integrazione, gli esodati, il rinvio dell’aumento dell’Iva e la sospensione e il superamento dell’IMU. Sono punti strategici che possono diventare presto realtà se l’Italia, forte della sua nuova credibilità, riuscira’, insieme ad altri Paesi, a far virare rotta all’Europa: non più rigore e tagli, ma crescita e nuove opportunità di lavoro.  Il Pd ,di fronte ad una sfida così impegnativa, non può certo stare a guardare ma lavorare con il premier perchè questo governo, seppur nato in condizioni eccezzionali , possa essere in grado di conseguire gli obiettivi annunciati. E gli elettori da questo ci giudicheranno.

Ultima domanda: come cattolico crede ancora nel progetto PD?

Credo ancora nel progetto di un partito popolare, nazionale e riformatore capace di tenere insieme interessi e valori, interclassista e in grado di parlare a generazioni e ceti sociali diversi. Un partito aperto, basato sulle primarie , che non ha paura della Rete ma neppure ne diventa una propaggine. Un partito che è consapevole che questione sociale e questione antropologica non possono essere scisse. Un partito che vuole ricostruire identità, appartenenza  e senso comunitario; un partito che guarda all’Europa come strada maestra per evitare una pericolosa crisi della democrazia. Un partito che non ha paura dell’innovazione ,che premia  il merito e sostiene un welfare universale. Un partito che scommette sull’equità e sulla sostenibilità , senza comprimere la libertà di iniziativa e di intrapresa. Un partito che non ha paura di mettere mano alla riforma della Costituzione affinche’ le nostre istituzioni siano ancora capaci di assicurare governabilità e rappresentanza. Un partito che riconosce i talenti di ciascuno e investe il meglio delle risorse del Paese sulla scuola  e  la ricerca . Un partito che guarda con simpatia ai nuovi italiani e non rinuncia a promuovere politiche di cooperazione e di sviluppo con i Paesi più poveri. Un partito che riconosce, valorizza e favorisce le reti sociali,familiari e comunitarie come formidabili risorse per vivere meglio insieme. Un partito che considera i municipi e le autonomie locali come la forza originale di un Paese ricco  di diversità territoriali ma aperto alle sfide globali. Un partito che guarda all’appartenenza religiosa e ai cittadini che si riconoscono nella fede cristiana e anche in altre confessioni, non con sospettosa diffidenza,ma come un’ espressione essenziale della libertà , oltrechè come  risorsa vitale per il vivere comune