La bellezza salverà il mondo?

“La bellezza salverà il mondo” afferma il principe Miškin nell’Idiota di Dostoevski. Questa frase risuona forte anche oggi. L’oggi, il tempo “apocalattico” dell’”uomo di superficie” (la definizione è di Vittorino Andreoli, grande psichiatra italiano, si veda l’intervista ad Andreoli) una riflessione sul “bello” rischia di cadere nel banale o nello scontato.
E dato i canoni , quelli meramente “estetici”, che vanno per la maggiore nella società contemporanea il rischio c’è.

Non è il caso di questi testi. Uno, L’apparire del bello. Nascita di un’idea, (Ed. Bollati Boringhieri, Torino 2013, pagg. 104, € 11,50), scritto in modo rigoroso dal filosofo padovano Umberto Curi (che è stato docente di Storia della Filosofia all’ Università di Padova e attualmente insegna Facoltà di Filosofia dell’Università “San Raffaele” di Milano), l’altro è un testo del “Cortile dei Gentili”(il “luogo” del dialogo tra credenti e non credenti voluto da Papa Benedetto XVI ) e gestito del biblista Cardinale Gianfranco Ravasi , La bellezza. Un dialogo tra credenti e non credenti (con testi di Ravasi, Ovadia, Rieira e altri) (Ed. Donzelli, Roma 2013, pagg. 112, € 18,50) e l’ultimo, davvero interessante, è il numero della rivista dell’Arel (l’associazione fondata da Beniamino Andreatta) diretta da Mariantonietta Colimberti, dedicato alla Bellezza (n 2/2013. Con rilevanti interventi che toccano i molteplici aspetti del tema. Significativi quelli di Bray, Davigo e Ravasi).

Di queste ultime due pubblicazioni prenderemo solo in considerazione la riflessione del Cardinale Ravasi.

Così facendo abbiamo due prospettive differenti: una filosofica e l’altra di teologia biblica che portano però, con sé, importanti convergenze.

Curi ci conduce alle origini della riflessione sul “Kalos” (bello), e del suo “apparire” sulla scena della cultura occidentale. E’ un testo, dicevamo, rigorosamente filosofico e filologico (in poco più di cento pagine scritte con maestria).

E allora ecco i grandi nomi della cultura greca antica: Omero, Saffo, Erodotto, Eraclito, Sofocle, i Sofisti, Platone, Aristotele e Plotino.

Ci offrono una profondità che segnano una volta per tutte i nostri “canoni” di riferimento.

La “bellezza” appare ed illumina, nel Kairos (il tempo opportuno ed è proprio perché appare nel tempo opportuno che è bella), l’oscurità degli uomini. E’ Platone che riflette sul “Kalos” cui radice è la medesima di “Kalei” (chiamare): La bellezza chiama, è una voce, a non accontentarci del mero estetismo delle apparenze. Certo nel Simposio Platone ci invita a partire dai “corpi belli” ma è solo la abello” (il bello in sé). E’ uno dei tanti spunti che il libro ci offre. Ma non si possono dimenticare le altre visioni del “bello” nel mondo greco: per la poetessa Saffo bello è tutto ciò che è integro (pieno), oppure come Erodoto è bello ambire ad una bella morte (il guerriero), per l’oscuro Eraclito è bellissima (Kallisté) è l’armonia (fatta tra “poli” discordanti) ma è celata agli occhi visibili, per Omero è “bello” ovvero l’Aristos di Achille è la forza del corpo e l’audacia in guerra, per Aristotele, il filosofo della “misura”, è “bello” il tragico (ovvero la tragedia dell’Edipo Re). Il bello è, dunque, un rimandare ad altre dimensioni “buone”. Mai si ferma, dunque, al lato estetico.

Così nel Nuovo Testamento l’aggettivo “Kalos” è indicato, scrive Ravasi, sia per indicare il “buono” e il “bello”. Perché la trascendenza unisce in sé, in modo unitario, verità e bellezza, bontà e giustizia. Per cui la categoria estetica diventa la grande categoria interpretiva della stessa etica. Allora si capisce il senso dell’affermazione di Benedetto XVI della “bellezza” come ferita. Ovvero è la “feritoria” attraverso cui passa il senso profondo del “bello” (apertura all’infinito). Ecco la “potenza” del bello da riscoprire oggi contro un mondo circondato dalla “bruttura” e dalla “bruttezza”. La potenza, quindi per Ravasi, della Bellezza “trafigge” ”anche la persona più superficiale e ne squarcia il velo di banalità, facendola diventare almeno per un istante una creatura autentica nella gioia e nella sofferenza.

Alla fine, allora, per dare un senso a queste righe facciamo nostra la conclusione del Cardinale: “ (…) la bruttezza estetica conduce alla bruttura etica, ed è per questo che è necessario ritornare alla bellezza come antidoto alla cupa pesantezza e volgarità dei nuovi stili di vita. Una bellezza lieve, innovativa, che ama e non sfregia lo splendore del passato, ma che è anche capace di creare nuove forme di armonia, di originalità, di arte. Albert Camus nell’Uomo in rivolta scriveva: «La bellezza senza dubbio non fa le rivoluzioni. Ma viene un giorno in cui le rivoluzioni hanno bisogno della bellezza». Ebbene, i grandi mutamenti epocali a cui abbiamo assistito (si pensi solo alla comunicazione informatica), per non diventare strumenti ciechi e freddi devono essere irradiati dal calore della creatività e della bellezza. Un diritto antico, quindi, che la classicità e la tradizione ebraico-cristiana hanno esaltato e praticato; un diritto moderno che può animare e trasfigurare anche la nostra modernità tecnologica” (G. Ravasi, La bellezza trafigge. Come la Fede. In Arel n° 2/2013 pag. 24).

Allora il “bello” è “quella luce che si rivela nelle cose limitate e sensibili, ma che in esse non si esaurisce, e anzi che in se stessa richiede che quelle cose sensibili, quelle bellezze sensibili vengano trascese e superate” (Curi pag. 95).

Commenti (3)

  1. anche e soprattutto in jn momento di grande crisi economica, abbiamo tutti bisogno di bellezza. perchè la bellezza da respiro ed educa l’injtelligenza ed il cuore.

  2. questo è un classico.il sacro divide.per il motivo che è profondo.imn fondo i papi dicono anche la verità.Papa francesco docet.ma non dicono tutta la verità.il sacro è pietra d’ inciampo.e papa francesco non è un caso che sia papa.il sacro è bello in un mondo brutto.fatto di illusioni.e di cose di cui si potrebbe benissimo fare a meno.come le auto blu e tutti i privilegi connessi.per fare solo un esempio.illusioni.falsa volontà di potenza.falsità.

  3. quale bellezza?quella di jovanotti,con le sue ridicole chitarrine e mandolini=eppure jovamotti non è neppure toscano.è cresciuto a roma e milano.Ecco perchè vi è così simpatico,è come il prezzemolo-questa è arte?no.è sociale,il sociale,la generaòlizzazione,la mancanza di particolarità.e come va di moda in occidente.invece chi davvero è fuori da questo circuito modaiolo e si è impegnato,cos’ è?non è un oggetto simpatico?non si vende?eppure si voleva fare una vita decente.sto impostore non ci passa che un mese a cortona,maledetto lui e questa città,e perchè è così simpatico?perchè è un essere sociale?perchè non è toscano?mon cì ha mai vissuto.attenzione,italia.

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