GUERRIERE,“La resistenza delle nuove mamme italiane” è un libro di Elisabetta Ambrosi con la prefazione di Lia Celi, uscito per la casa editrice “Chiarelettere”, getta lo sguardo su una realtà dimenticata nel nostro Paese.
Ovvero su quelle donne che con il cuore in gola, telefonino all’orecchio, orologio sotto gli occhi, sono le mamme acrobate di oggi che inseguono un equilibrio tra lavoro, famiglia, figli e se stesse. Donne abituate a salti mortali, a silenziose battaglie quotidiane su mille fronti, mentre lo Stato sembra dimenticarle.
Queste combattenti sono le nuove mamme italiane di cui ci parla Elisabetta Ambrosi.
Come riuscire a sopravvivere in mezzo agli ostacoli? Se lo Stato promette servizi che non mantiene, vara leggi sulla tutela delle madri lavoratrici che poi non fa rispettare, mentre il lavoro dà sempre meno reddito, l’innovazione più radicale deve partire dalla piccola repubblica rappresentata dalla famiglia. Non resta che rimboccarsi le maniche, trovare strategie alternative, scegliere bene le battaglie da combattere per indirizzare al meglio le energie.
La prima a farlo è stata proprio Elisabetta Ambrosi che ha deciso di indagare le tattiche di sopravvivenza quotidiana di amiche e donne conosciute attraverso il blog “Sex and (the) stress”, alle quali ha chiesto di raccontare le loro giornate, la ripartizione dei carichi in famiglia, la divisione dei ruoli con il padre, il percorso professionale, il lavoro attuale, lo stipendio e ciò che vorrebbero dallo Stato. Ne nasce un libro fatto di voci femminili, precarie, autonome, partite Iva, dipendenti, per le quali avere un figlio non è più una scelta normale, è un lusso. Ma anche un vademecum alla sopravvivenza, fisica e mentale, fatto di consigli da mettere in pratica per far quadrare i conti.
Chi è l’autrice?
Elisabetta Ambrosi è nata Roma e ha conseguito una laurea e un dottorato in Filosofia politica. Giornalista professionista, ha collaborato con varie testate nazionale. Oggi scrive per “Il Fatto” e Vanityfair.it, dove cura il blog “Sex and (the) stress”. È autrice di NON È UN PAESE PER GIOVANI (con Alessandro Rosina), INCONSCIO LADRO. MALEFATTE DEGLI PSICOANALISTI, CHI HA PAURA DI NICHI VENDOLA?,MAMMA A MODO MIO. GUIDA PRATICA ED EMOTIVA PER NEOMAMME FUORI DAL CORO e SOS TATA 6–9 ANNI.
Per gentile concessione dell’Editore pubblichiamo un estratto del libro
La mia giornata
Mi alzo alle sei e mezzo senza bisogno di sveglia: il mio Super-io mammesco-lavoratore fa tutto da solo. Sguscio fuori dal letto cercando di non fare rumore e tentando in ogni modo di non urtare la sagoma di mio figlio Paolo che ogni notte, quando la paura di crescere si fa acuta, si alza come un sonnambulo scavalcando le pile di giocattoli – incredibilmente non inciampa mai – per venire nel lettone, nonostante i vani e ripetuti tentativi di applicare il metodo Estivill sui letti separati: la vita è sempre un’altra cosa.
Ingurgito un caffè e realizzo che il latte in frigo non basterà a riempire il biberon e che mi toccherà fare un’aggiuntina di acqua sentendomi per l’ennesima volta una madre sciagurata e, approfittando del pochissimo tempo di solitudine che mi resta, leggo veloce i giornali, dove si racconta di quello strano mondo parallelo che si svolge tra Palazzo Montecitorio e i salotti tv.
Un passo felpato mi avvisa che il quattrenne si è alzato: eccolo arrivare in pigiama spaiato e ciuffo barbarico a reclamare come suo diritto acquisito, da cui è impossibile retrocedere pena il ricorso alla corte costituzionale dei bambini, biberon e cartoni animati.
Mentre scorrono i barbatrucchi dei Barbapapà, e il loro mondo fantastico dove tutto è facile da ottenere perché ci si può trasformare a piacimento (chissà come sarebbe bello il sesso avendo un barbacorpo), ho già il computer acceso e consulto l’Ansa in cerca di notizie da commentare sui miei due blog: per quello pop scelgo il tradimento, argomento facile che tira sempre, per il blog politico l’ultimo rapporto Istat, dove si racconta che nessuno fa più figli perché costano troppo.
Questo con gli occhi, perché le mie orecchie sono tese a intercettare la pubblicità e cambiare canale, ma non solo per Paolo: l’insopportabile réclame di Sofia la Principessa alle sette del mattino può rovinare la giornata persino al più caparbio sostenitore dei ruoli tradizionali (lei è una principessa che sta nel castello e deve sedurre un principe avventuroso che se la spassa per il mondo).
Ecco che inizia la girandola di aerosol mattutino, lotta per la vestizione del pargolo alla ricerca di una terza via tra gli abiti preparati (un paio di semplici calzoni e un golf ) e quelli che lui vorrebbe (tuta e per sempre tuta, più la maglietta di Superman che ormai gli va troppo piccola), preparazione della merenda – oddio non c’è nulla, afferro i soliti cracker e succo di frutta con il senso di colpa di chi sa che, secondo il nuovo bio-Zeitgeist alimentare, sta avvelenando il figlio –, infine l’affannosa ricerca del pupazzo per dormire il pomeriggio, che però ha una manica rotta che non ho fatto in tempo a cucire (in realtà non so cucire ma evito di dirlo perché ancora, in Italia, a una moglie è richiesta competenza in materia).
Via in macchina, anzi no, prima alla ricerca della macchina, poi, cronometro alla mano, count down per arrivare all’asilo, trovare un parcheggio di fortuna sperando che i vigili siano al bar, accompagnare il bambino dentro la classe per poi salutarlo con circa dieci minuti di riti di saluto, abbracci, promesse di programmi paradisiaci per il dopo scuola, doppio bacio a lui e bacione al pupazzo. Anche una fan dell’asilo nido precocissimo come me – ricordo che lo iscrissi, mai scelta fu più lungimirante, col pancione, per poter partorire sapendo di avere un alleato – in quei minuti deve scacciare l’immagine di terroristi in agguato fuori dalla scuola pronti a far incursione quando mi sarò allontanata.
O quella del prosciutto del panino che si incastra nella gola, unita al timore che le maestre non abbiano mai fatto quel corso sulla manovra di Heimlich che pure campeggia sul muro dell’asilo sopra un tranquillizzante cartello.
Allontanati dalla mente gli scenari catastrofici, in fondo oggi c’è il sole e stranamente non c’è sciopero dei mezzi né manifestazioni, torno a casa senza intoppi e tento di fare ordine, raccogliendo calzini e briciole, ascoltando la rassegna stampa alla radio, con l’iPad che mi segue per le stanze con la voce del barboso notista politico di turno. Poi salto in motorino e raggiungo il mio ufficio in coworking: qualche anno fa ho affittato uno spazio con altre persone per sfuggire alla solitudine della casa e ricordarmi che oggi lo status bisogna darselo da soli.
Sono le nove e la giornata può iniziare.