L’usura della Terra. Riflessioni su un libro di Umberto Galimberti

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Mai come in questi ultimi tempi assistiamo, impauriti e colpevoli, sul nostro pianeta a fenomeni estremi naturali, provocati dai mutamenti climatici, con conseguenze devastanti per l’uomo e il suo ambiente. Chi ha portato l’uomo all’abuso della Terra e dunque alla sua usura? Quale è la base filosofica, culturale, su cui si basa la cultura del “dominare” la Terra (inteso qui come “dominio” assoluto, e quindi irresponsabile)?

Un’analisi interessante la svolge il filosofo, psicanalista, Umberto Galimberti in questo libretto, molto denso (in 50 pagine viene ripercorsa tutta la “storia della filosofia della natura” occidentale),
dal titolo emblematico L’Usura della terra (Ed. AlboVersorio, Milano 2014, € 6,90).

Quello di Galimberti, filosofo milanese e tra i migliori allievi di Emanuele Severino, è un percorso speculativo centrato sulla riflessione sull’uomo “che in un mondo dominato dalla tecnica si sente un “mezzo” nell'”universo dei mezzi”, senza poter trovare un senso al suo esistere” (Cf. // www.treccani.it/enciclopedia/umberto-galimberti /).

Così collocata la sua “antropologia filosofica” si coglie con maggior precisione il senso della critica all’antropocentrismo occidentale sviluppato dall’autore in questo piccolo volume.

Per Garimberti il rapporto uomo-natura è stato regolato in Occidente da due visioni del mondo: quella greca e quella giudaico-cristiana che, per quanto differenti tra loro, convenivano nell’escludere che la natura rientrasse nella sfera di pertinenza dell’etica, il cui ambito era limitato alla regolazione dei rapporti fra gli uomini, senza alcuna estensione agli enti di natura. I Greci concepivano la natura come quell’ordine immutabile che nessuna azione umana poteva violare perché, come dice un frammento di Eraclito: “Questo cosmo, che è di fronte a noi e che è lo stesso per tutti, non lo fece nessuno degli dei né degli uomini, ma fu sempre, ed è, e sarà fuoco sempre vivente, che divampa secondo misure e si spegne secondo misure”. Avendo in sé la sua norma vincolata dal sigillo della necessità (anánke), la natura era quell’orizzonte inoltrepassabile, quel limite insuperabile a cui l’azione umana doveva piegarsi come alla suprema legge. Lo stesso Prometeo, l’inventore delle tecniche, non esita a riconoscere che: “La tecnica è di gran lunga più debole della necessità” (Eschilo). Quindi per i greci, nel loro “fatalismo”, l’uomo non può dominare la natura ma solo svelarla. Da qui “nasce la concezione greca della verità come svelamento (a-létheia ) della natura (phisis) , dalla cui contemplazione nascono le conoscenze che regolano l’agire e il fare umano” (L’Usura della terra, pag. 13).

Nella tradizione giudaico-cristiana siamo in presenza di un salto di prospettiva. Infatti si concepisce la natura come creatura di Dio, quindi come effetto di una volontà, della volontà di Dio che l’ha creata e dell’uomo a cui è stata consegnata. Leggiamo infatti nel Genesi: “Poi Iddio disse: facciamo l’uomo a nostra immagine, secondo la nostra somiglianza: domini sopra i pesci del mare e sugli uccelli del cielo, sugli animali domestici, su tutte le fiere della terra e sopra tutti i rettili che strisciano sopra la sua superficie”. In questo modo la natura non è più espressione di un ordine immutabile, ma semplice materia da dominare al servizio dell’uomo. Su questo percorso incontriamo la nascita della scienza moderna che, come vuole il programma, nel “Novum Organum”, di Bacone: “Scientia est potentia“, conosce per dominare, e nel dominio della natura scorge l’impronta di Dio e le condizioni del riscatto umano. Scrive infatti Bacone: “In seguito al peccato originale, l’uomo decadde dal suo stato di innocenza, e dal suo dominio sulle cose create. Ma entrambe le cose si possono recuperare, almeno in parte, in questa vita. La prima mediante la religione e la fede, la seconda mediante le tecniche e le scienze”.

Il dominio, dunque, caratterizza quasi tutta la riflessione sulla natura della filosofia moderna. Altro esempio in questo è la riflessione di Immanuel Kant, nella sua ottica la natura è a-morale , o pre- morale, il rispetto assoluto lo si deve solo all’uomo.

Nella riflessione contemporanea Hans Jonas (con il suo “Principio responsabilità) che riconosce la dignità “teleologica” della natura . Ma per Galimberti anche quella di Jonas rientra nell’antropocentrismo con le sue aporie.

La riflessione di Galimberti vuole colpire l’antropocentrismo di stampo teologico in quanto, secondo lui, non consente più all’uomo di conoscere i suoi limiti. E questo produce conseguenze dannose sulla Terra, provocandone così l’usura (per dirla con Heidegger) con tutto quello che ne consegue.
“L’antropocentrismo, da cui la tecnica è nata e in cui si è sviluppata, non è più il luogo in cui si possono decidere i destini dell’uomo, perché da questo luogo la tecnica già da tempo s’è congedata e, con questo congedo, anche l’uomo è diventato materiale della tecnica”.

Ora nella sua posizione Galimberti prende di mira, semplificando in maniera estrema, ed è questo il suo limite, una certa “teologia della natura”. Il suo sguardo quindi è volutamente polemico. La visione dell’uomo come Padrone della natura nella riflessione cristiana contemporanea è superata da quella della custodia del creato, e questo fa assumere all’uomo un altro tipo di etica teologica ed ecologica.

Ma l’obiettivo polemico di Galimberti è l’atteggiamento di noi uomini occidentali nei confronti della terra vista solo come materia prima da sfruttare senza limite, e di conseguenza attraverso la tecnica “denaturalizziamo” la natura. E la tecnica anche quando soccorre la natura, anche quando la “ipernaturalizza”, in realtà la “denaturalizza”, perché crea un paesaggio così poco ospitale e così poco comunicativo, che persino una grande fabbrica offre un volto più umano. Ma la tecnica per Galimberti è anche quell’orizzonte totale cui al suo “interno religione, etica e politica, e più in generale, uomo e natura sono costretti a trovare i loro punti di mediazione” per la loro reciproca salvaguardia o “salvezza”.

Il punto è proprio questo!

Allora le domande che sorgono da tutto questo sono radicali: come diventare custodi responsabili della natura (o del creato)? La tecnica, anche quella più sofisticata, è sufficiente per questo scopo?

Domande radicali che esigono risposte radicali: dall’etica politica a quella economica. In una parola: non è venuto, finalmente, il tempo di un nuovo umanesimo del “custodire” che superi l’arrogante “cultura” della “voracità”?

L’intoccabile, la vera storia di Matteo Renzi. Un libro di Davide Vecchi

IL Libro
E’ un libro che sicuramente farà discutere, venerdì sarà nelle librerie. Uscirà per Chiarelettere. Questo di Vecchi, cronista del Fatto Quotidiano, è la storia dell’ascesa di Matteo Renzi sul “palcoscenico” della politica italiana. Tutto in dieci anni. Da anonimo segretario fiorentino della Margherita a presidente del Consiglio.
Questo libro racconta LA VERA STORIA DI MATTEO RENZI. La storia degli accordi, dei compromessi e di tutto ciò che muove la sua macchina politica.
LA STORIA DEI SOLDI, tantissimi soldi, che arrivano dalle fondazioni create ad hoc per autofinanziarsi e dalle società avviate a scopo puramente personalistico.
LA STORIA DELL’INTESA PROFONDA CON VERDINI E BERLUSCONI, che passa anche dalla testimonianza inedita di Diego Volpe Pasini, fedelissimo del Cavaliere (“Berlusconi mi chiese di stilare un programma per vincere le elezioni. La conclusione fu che l’unico erede possibile era Renzi”).
LA STORIA DELLA FAMIGLIA DEL PREMIER. Del padre Tiziano, indagato per bancarotta fraudolenta. Dello zio Nicola Bovoli, per anni in affari con l’universo berlusconiano, da Publitalia a Fininvest, che nel 1994 riceve la proposta di candidarsi con Forza Italia (“Segnalai io Matteo a Mike Bongiorno per partecipare alla Ruota della fortuna” rivela per la prima volta).
LA STORIA DEI FEDELISSIMI DEL PREMIER, tra cui l’amico di sempre, quel Marco Carrai che lo introduce nel circolo dei poteri forti che lo hanno reso un intoccabile.
LA STORIA DELLE INDAGINI DELLA CORTE DEI CONTI sulla gestione spericolata della provincia.
INFINE LIBRO CONTIENE UNA SEZIONE FINALE DI DOCUMENTI pubblicati per la prima volta integralmente, che restituiscono in maniera nitida le alleanze, le trame finanziarie e i lati meno noti di una carriera fulminante.

L’Autore
Davide Vecchi, giornalista, si occupa principalmente di cronaca giudiziaria e politica. Ha svolto inchieste su Renzi e il potere renziano, con articoli ripresi dai principali media italiani. Ha lavorato per l’Adnkronos e “l’Espresso”. Dal 2010 è a “il Fatto Quotidiano”.

Per gentile concessione dell’Editore pubblichiamo la Prefazione di Marco Travaglio

Questa è la vera storia di Matteo Renzi. È la storia degli accordi, dei compromessi, delle nomine, degli appalti e di tutto ciò che ha mosso e muove ancora oggi la macchina politica renziana. È la storia dei suoi fedelissimi, degli uomini che lo hanno aiutato e sostenuto anche senza apparire. Come lo zio Nicola Bovoli, amico di Mike Bongiorno, in affari con l’universo berlusconiano, da Publitalia a Fininvest. È lui a raccontarcelo, così come riferisce che nel 1994 gli era stato chiesto di candidarsi con Forza Italia e che nello stesso anno aveva portato il nipote Matteo in televisione alla Ruota della fortuna: «Lo segnalai io a Mike».
È la storia dell’intesa profonda fra Renzi, Verdini e Berlusconi, poi sfociata nel patto del Nazareno su cui si basa l’attuale governo. I presupposti di quell’accordo si trovano nel documento Rosa tricolore, elaborato nel 2012 da Diego Volpe Pasini in collaborazione con Dell’Utri e Verdini: «Il presidente mi chiese di stilare un programma per vincere le elezioni del 2013» confida qui per la prima volta Volpe Pasini. «Gli preparai una relazione dettagliata, e la conclusione era che l’unico erede possibile per Berlusconi era Renzi.» In quel progetto, che pubblichiamo integralmente nella sezione Appendice, c’è anche il programma dei primi cento giorni, la necessità di annunciare riforme da realizzare in date certe, e molto altro che poi si ritroverà nelle decisioni dell’esecutivo Renzi. È la storia della fulminante ascesa renziana, dalla Provincia di Firenze a Palazzo Chigi, agevolata anche da alcune inchieste giudiziarie. Quella sull’area Castello, per esempio, che esplode nel 2009, a pochi mesi dalle primarie del Pd per la scelta del sindaco, togliendo di mezzo il candidato più forte del centrosinistra cittadino, Graziano Cioni.
È la storia della famiglia naturale del premier, di suo padre Tiziano e delle aziende che nascono e muoiono a Rignano, che assumono Renzi come dipendente e poi falliscono. Come la Chil Post, per cui Tiziano Renzi è indagato per bancarotta fraudolenta, con l’accusa di aver ceduto l’azienda con i debiti a un prestanome dopo averla spogliata dei beni. I contratti contestati dai magistrati e l’elenco dei debitori sono riportati integralmente nella sezione finale del libro.
È anche la storia della famiglia allargata di Renzi e del suo amico fraterno Marco Carrai, secondo molti l’eminenza grigia che ne ha favorito l’ascesa: «Gli ho messo a disposizione le mie conoscenze, certo» afferma Carrai in un lungo colloquio esclusivo in cui ripercorre le tappe più importanti del suo rapporto con Matteo.
Nel corso dell’inchiesta e del lavoro di ricerca svolto per risalire alle origini del renzismo è emerso in modo sempre più chiaro l’appoggio di cui ha goduto negli anni: è riuscito a gettare le basi di rapporti solidi e proficui anche e soprattutto con i mondi a lui più distanti, come quei «poteri forti» che lui stesso a parole dice di voler rendere inoffensivi. In particolare, a cavallo tra dicembre del 2013 e l’estate del 2014, Renzi, nonostante gli errori compiuti nei primi sei mesi di governo e le promesse rivelatesi false e propagandistiche, è apparso chiaramente come un intoccabile.
Sostenuto da quasi tutti i giornali, «benedetto» dagli imprenditori, difeso, nel momento di necessità, persino dai grandi industriali come De Benedetti. E chi si è permesso di mostrare dissenso è stato liquidato come gufo, rosicone o professorone.
Quando la voce contraria si è levata all’interno del partito, come ha fatto Pippo Civati, l’armata renziana ha minacciato la cacciata dell’eretico. Strano modo di trattare chi denuncia la mancanza di democrazia interna al partito, uno dei cavalli di battaglia iniziali dell’attuale premier.
Il silenzio attorno all’intoccabile Matteo è stato rotto il 24 settembre 2014 sul «Corriere della Sera». Quel giorno il direttore Ferruccio de Bortoli ha pubblicato un editoriale che suona come
una bocciatura: «Devo essere sincero: Renzi non mi convince. Non tanto per le idee e il coraggio, apprezzabili, specie in materia di lavoro, quanto per come gestisce il potere. Se vorrà veramente cambiare verso a questo paese dovrà guardarsi dal più temibile dei suoi nemici: se stesso. Una personalità egocentrica è irrinunciabile per un leader. Quella del presidente del Consiglio è ipertrofica.
Ora, avendo un uomo solo al comando del paese (e del principale partito), senza veri rivali, la cosa non è irrilevante».
Al fianco di Renzi, in quel momento in visita negli Stati Uniti, si è subito schierato Sergio Marchionne, che è nella proprietà del «Corriere» attraverso la Fiat. «Solitamente non lo leggo» ha detto l’ad del gruppo torinese, mentre il diretto interessato non ha commentato né si è difeso. Le parole di De Bortoli sono un invito alla chiarezza: «Il patto del Nazareno finirà per eleggere anche il nuovo presidente della Repubblica, forse a inizio 2015. Sarebbe opportuno conoscerne tutti i reali contenuti. Liberandolo da vari sospetti (riguarda anche la Rai?) e, non ultimo, dallo stantio odore di massoneria. Auguriamo a Renzi di farcela e di correggere in corsa i propri errori. Non può fallire, perché falliremmo anche noi. Un consiglio: quando si specchia al mattino, indossando una camicia bianca, pensi che dietro di lui c’è un paese che non vuol rischiare di alzare nessuna bandiera straniera (leggi troika). E tantomeno quella bianca».
In questo libro spieghiamo come e perché Renzi è diventato intoccabile, rendendo più nitidi gli aspetti sfuocati della sua ascesa alla presidenza del Consiglio.

Davide Vecchi, L’intoccabile, Matteo Renzi la vera storia. Pref. di Marco Travaglio, Ed. Chiarelettere, Milano 2014. Pagg. 208

Alla scoperta de “L’Entità” (I Servizi segreti del Vaticano). Intervista a Antonella Colonna Vilasi

antonella vilasiE’ il più antico, e forse anche il più misterioso, Servizio Segreto del mondo. Recentemente ne ha parlato il settimanale “L’Espresso”, per conoscerlo abbiamo intervistato la professoressa Antonella Colonna Vilasi esperta di “Intelligence” a livello internazionale e Presidente del  Centro Studi Intelligence (U.N.I) Tra le sue pubblicazioni ricordiamo: “Manuale d’Intelligence”, “Storia della Cia” e “Storia dell’M16. A Servizio di Sua Maestà”.

Professoressa Colonna, incominciamo dal nome: “L’Entità”. Un nome che sa un po’ di “esoterismo”. Perchè questo nome? Chi è stato il fondatore?

“Il Papato, parliamo di una Istituzione fra le più antiche al mondo se non la più antica, specie se relazionata alla sua dimensione messianica. Storicamente fu Pio V, nel 1566, a fondare il primo Servizio segreto, ufficiale e organizzato; la necessità di tutto stava nel dover agire contro il protestantesimo che stava montando in Europa. Per arginare quella corrente religiosa nacque dunque la ‘Santa Alleanza’”.

Qual è la “mission” dell’”Entità”? Secondo il celebre Simon Wiesenthal, cacciatore di criminali nazisti, quelli vaticani sono i “Servizi” migliori del mondo. Come si giustufica, secondo Lei, questo giudizio?

Concordo con Wiesenthal. L’Entità è realtà attuale, di valore e significato non solo essenziale, ma pure irrinunciabile. Tenga conto di quel che oggi accade a ogni latitudine: pensi, ad esempio, agli episodi che stanno succedendo in Nigeria dove vengono bruciate chiese e dove gli stessi fedeli cattolici sono fatti oggetto di strage. La tutela del Cristianesimo e della fede cattolica sono indispensabili in un mondo nel quale le religioni sono in contrasto. A volte in modo palese, a volte in modo silenzioso. Hanno anche una rete di controspionaggio. Si chiama ‘Sodalitium Pianum’, storicamente fu essa a organizzare l’assassinio di Enrico IV re di Francia. Il suo motto è ‘Per la Croce e con la spada’ e serve a difendere l’integrità dell’Istituzione pontificia. In relazione al loro funzionamento, si tratta di una rete di preti senza paura, pronti a tutto e pure a morire, soldati nell’ombra agli ordini del Papa”.

Qual’è stata l’epoca, nella storia, di maggiore attività di questi Servizi?

“Per circa cinquecento anni tale sorta di avanguardia della fede ha ubbidito ciecamente all’autorità dei Pontefici: diffamando, cospirando, avvelenando, uccidendo in nome di Dio. Negli anni di pontificato di Giovanni XXIII si ebbe una sorta di sospensione. Il Papa li costrinse a periodi di inattività, lui del resto era colui che ambiva al dialogo. Diverso fu con i suoi successori, Paolo VI e Giovanni Paolo II”.

Da chi è composta “L’Entità”? Da religiosi?

“Ne fanno parte religiosi, ma non solo. Vi sono anche laici, e non necessariamente cittadini vaticani, anche donne sposate”.

Esistono, recentemente, operazioni importanti alle quali hanno partecipato partecipato agenti dell’”Entità”?

“Bè, è risaputo – almeno fra coloro che studiano la materia – che sia stato parte della caduta del Muro di Berlino… Ma vorrei riportarla indietro di molti anni. Siamo negli Anni ‘70, epoca nella quale Chiesa cattolica ed Ebraismo cercano un avvicinamento. Nel gennaio del 1973, all’aeroporto romano di Fiumicino doveva atterrare Golda Meir, primo ministro israeliano. Ebbene, fu la telefonata di un religioso, Carlo Jacobini, ad avvisare il Mossad dell’esistenza di un piano terroristico finalizzato a colpire l’aereo al momento del suo atterraggio. Attentato ovviamente sventato e che permise a cattolici ed ebrei di avviare quei contatti oggi tanto fraterni. Venendo agli utimi anni: lo scontro tra il Vaticano ed Amnesty International; il caso dei ‘Trentanove’, in riferimento ai religiosi polacchi che collaborarono con l’SB (i Servizi polacchi) durante il comunismo; il caso della spia venezuelana in Vaticano, al servizio del presidente venezuelano Hugo Chavez, che aveva organizzato – con la complicità di due signore venezuelane – di attirare in una stanza d’albergo a Roma un alto prelato venezuelano per poi fotografarlo in atteggiamento compromettente; i rapporti tesi con la Cina e la manipolazione dei dati riferibili all’Enciclopedia Wikipedia”.

L’”Entità” opera anche all’estero?

“Sì, con sede presso le Nunziature apostoliche. E nel suo complesso, sia l’attività di spionaggio che di controspionaggio gode di prestigio elevatissimo”.

Ultima domanda: se lei fosse un’ analista dell’”Entità”, dove collocherebbe il rischio di maggior pericolo per la Santa Sede?

“In ogni luogo, ed in ogni dove in cui la religione cattolica è in pericolo ed è minacciata la libera espressione della stessa”.

Abusivi. La realtà che non vediamo. Un libro di Chiarelettere

SeriesBAW06“Ma poi c’è un’altra cosa che fuori non la sa nessuno… a te ti abbiamo fatto noi altri, ma “a lui” chi l’ha fatto? … e chi l’ha autorizzato? Questi tutti abusivi sono!”

Giovanni Di Giacomo, boss ergastolano, irritato per la presenza di mafiosi privi di investitura

IL LIBRO

Siamo un Paese di Abusivi. Si resta a bocca aperta leggendo l’inchiesta del bravissimo  Roberto Ippolito, uscito ieri in libreria, e la lista infinita di comportamenti illegali e senza scrupoli degli italiani. L’abusivismo non guarda in faccia a nessuno. Balla e fa ballare tutta Italia: panettieri abusivi, macelli abusivi, studi medici abusivi, meccanici abusivi, benzinai abusivi, tassisti senza patente abusivi, perfino mafiosi e morti abusivi.

A Forlì e Cesena, estetisti e parrucchieri irregolari sono uno su tre, a Ivrea i carabinieri accertano che un quarantenne, che opera come fisioterapista, in realtà non è un medico, ma un musicista. A Ravenna un falso psicologo segue una settantina di pazienti e si fa pubblicità su internet, tariffario compreso. Grazie a minori costi, gli abusivi falsano la concorrenza. Prosperano e insieme a loro prosperano il lavoro nero e l’evasione fiscale.

Falsi venditori e parcheggiatori sono sempre più al centro di episodi di violenza. A loro guarda la grande criminalità. Nelle costruzioni l’abusivismo è sempre più sfacciato, come dimostrano la deviazione del torrente Modica-Scicli e i mille metri di porto a Ostia rigorosamente illegali. Né l’arte né i santi si salvano: al Circo Massimo è stata installata una scultura di tre metri per tre, del tutto illegalmente, mentre sulla scogliera di Serapo, la spiaggia di Gaeta, è stata cementata abusivamente una statua della Madonna.

Perché l’Italia è una lunga lista di irregolarità fai da te, che fa sorridere ma anche no.

L’AUTORE

Roberto Ippolito è un giornalista e scrittore. Autore dei bestseller EVASORI (Bompiani), IL BEL PAESE MALTRATTATO (Bompiani) e IGNORANTI (Chiarelettere). È direttore di festival letterari a Ragusa, a Cinecittà e al Maxxi a Roma. Dopo aver curato a lungo l’economia per il quotidiano “La Stampa”, è stato direttore della comunicazione della Confindustria, delle relazioni esterne dell’Università Luiss di Roma e docente di Imprese e concorrenza alla Scuola superiore di giornalismo della stessa Luiss. www.robertoippolito.it

Per gentile concessione dell’editore pubblichiamo un estratto del libro.

Di dentisti non abilitati a svolgere la professione ce ne sono così tanti che è possibile trovarne più di uno all’interno dello stesso nucleo familiare. I finanzieri della compagnia di Borgomanero, in provincia di Novara, scoprono all’inizio di marzo 2014 padre e figlio privi dei requisiti professionali e della laurea necessaria che condividono lo stesso studio odontoiatrico abusivo.

Il falso studio, sequestrato, dispone di veri strumenti e apparecchiature. Ed è frequentato da veri clienti, oltre ottanta quelli individuati, che sopportano vere estrazioni. Padre e figlio, pur non essendo abilitati, somministrano anestesie locali, fissano protesi e capsule, effettuano devitalizzazioni. E mettono in tasca tanti soldi veri dei quali i carabinieri ricostruiscono il cammino con impegnative indagini bancarie.

Una quindicina di giorni prima, due pazienti in attesa del proprio turno sono presenti all’arrivo della polizia in un altro studio dentistico abusivo, a Forio, sull’isola di Ischia. Uno di loro mostra agli agenti un preventivo di 2000 euro per la sostituzione della protesi dell’arcata dentale superiore. Il dentista ha 51 anni e non ha mai ottenuto l’abilitazione alla professione.

Di anni ne ha 66 un romano che ne ha trascorsi ostinatamente quasi quaranta da dentista benché privo della laurea necessaria. Non perde la sua determinazione nello svolgere indebitamente l’attività neanche dopo le due condanne del 1974 e del 1997 per esercizio abusivo della professione. Continua imperterrito a ricevere pazienti nel suo studio con la targa sulla porta, vicino l’Eur.

Ma un intervento non riuscito e la successiva infiammazione «endo-parodontale con fistolizzazione vestibolare» provocano la denuncia di una donna. E la condanna del dentista abusivo in primo grado, il 3 maggio 2014, a quattro mesi di reclusione e 5000 euro di multa.

A volte è il (vero) dentista a consentire in uno studio non in regola a un odontotecnico di andare molto oltre i propri compiti previsti. Il dentista autentico compiacente di Argenta, nel Ferrarese, può essere più che soddisfatto dell’odontotecnico all’opera nel suo studio: dalle indagini della finanza di Comacchio risulta che i suoi pazienti sono almeno un centinaio. Una delle quali, nel momento dell’intervento dei militari, nell’ottobre 2013, è a bocca aperta per le cure in corso. E resta a bocca aperta rendendosi conto della mancata qualificazione di chi sta armeggiando con i suoi denti.

Nel 2012 i dentisti abusivi denunciati sono 181 e i medici 476, per un totale di 657. Nel 2013 sono rispettivamente 269 e 334, per un totale di 603: quasi ogni giorno, dunque, vengono scoperti un dentista e un medico. E nel 2014 si registra un ulteriore peggioramento. È possibile stimare l’esistenza di 15.000 dentisti abusivi. Al Nord la metà.

Roberto Ippolito, Abusivi.La realtà che non vediamo. Genio e sregolatezza degli italiani, Ed. Chiarelettere, Milano 2014, pagg.16, € 13.00