Pippo Civati, deputato del PD, uno dei leader della minoranza interna del PD, ha pubblicato un saggio appena uscito nelle librerie, dal titolo assai eloquente: “Il trasformista. La politica nell’epoca della metamorfosi”. Un’analisi sulle dinamiche del trasformismo in politica. In questa intervista, oltreché del libro, si parla anche della situazione interna al PD.
Civati, partiamo dal suo saggio, dal titolo volutamente polemico. Lei definisce il trasformista , in origine è così, come un “teatrante”, un “illusionista”, un “vecchio” che si traveste da “nuovo”. Insomma, la sua analisi è realista e pessimista insieme: lei vede l’attuale fase politica italiana come il trionfo del trasformismo. Una malattia che lei vede annidarsi nella Sinistra. Allora le chiedo: per lei il “campione” attuale del trasformismo è Matteo Renzi?
Credo che in realtà si tratti di un fenomeno più grande di quello che possa riguardare una singola persona. E’ uno schema politico, quello trasformistico, che conosciamo: è uno schema che prevede che ci siano larghe intese ,scambi di posizione, grandi accrocchi, soluzioni che all’inizio sono fuori dal parlamento prima di tutto con il governo Monti che però era un governo di emergenza. Poi si è ripetuto nella scelta di formare un governo trasversale come quello di Enrico Letta che poi si è compiuto nel campione di disinvoltura politica che è stato Matteo Renzi nell’assumere la posizione di premier senza passare dalle elezioni scalzando proprio Enrico Letta.
Tutti meccanismi che poi vengono valutati soltanto sulla base del successo elettorale o del consenso che ottengono nella popolazione a posteriori che si basano su uno schema trasformistico che poi la politica intende estendere anche a livello locale. Conosciamo le vicende della Liguria della Sicilia e di altre situazioni in cui si va verso un modello in cui ci sia un grande partito al centro in cui rientrano più o meno tutti e che poi dispone delle scelte dei cittadini che l’hanno votato.
Dove si manifesta il “trasformismo” Renzi?
Ma ripeto fosse da solo sarebbe colpa sua. La responsabilità è molto più larga , si manifesta per esempio nelle scelte di un partito come quello di cui faccio parte che ha ribaltato la propria linea sul lavoro, che in questi giorni parla di sostegno alle scuole private, che ha cambiato anche il profilo sulle politiche ambientali scegliendo la strada del ministro Lupi. Anche in questo caso si vede come un fattore estraneo alla politica del centrosinistra si sia inoculato di fatto nelle proposte politiche del governo, quindi è uno schema molto più complesso non banale anche se sicuramente la rappresentazione è quella intorno al leader a cui attribuire tutti i meriti e tutte le colpe. Io cerco di fare un ragionamento un pò più profondo, non è del resto come già sottolineava lei non è la prima volta che ci sia in Italia una sinistra che si trasforma in destra, un tema che ci ha riguardato spesso, insomma una sinistra che deve abbandonare se stessa per diventare qualcosa di diverso.
A questo punto è legittimo chiedersi se sia ancora sinistra o se sia qualcosa di diverso.
Veniamo al PD. Per lei, come per altri, si sta trasformando nel “partito della nazione”, definizione assai ambigua, rischiando così di perdere i connotati di un partito di centrosinistra. Le chiedo, sinceramente, può essere una alternativa credibile di governo il “neo-frontismo popolare” (o coalizione sociale) di Landini, Revelli e altri?
Io credo che il problema sia quello di contrapporre dentro e fuori del Pd il progetto di un governo diverso che si basi su un manifesto condiviso con gli elettori, con i corpi sociali, con i corpi intermedi. Fanno bene Landini e Rodotà a richiamarci all’aspetto sociale; il problema però è dove finalizziamo questa sfida politica. Non deve essere soltanto una sfida di piazza, una sfida di numeri ma deve essere anche la soluzione per dare al Paese un governo diverso sulla base di una riflessione culturale che non scivoli via, sulla base di scelte chiare, di valori riconoscibili. E’ un lavoro che dobbiamo fare meglio e che sicuramente non può non riguardare anche un pezzo di Pd perché non voglio credere che tutti si consegnino a questo destino.
Si tenga conto che c’è anche il caso di Milano per cui si dice che dopo Pisapia bisogna guardaci attorno, lo ha detto ieri il vicesegretario Guerini, dovremo guardarci intorno magari allearci con la destra o con un pezzo di destra anche a Milano.
Insomma è abbastanza forte come soluzione, non credo che tutti la vogliano accettare.
Veniamo alla “minoranza” del PD. La galassia “renziana” si arricchisce ogni giorno di nuove “componenti”: l’ultima nata è quella dei “renziani di sinistra”. Vi stanno fagocitando? Come pensate di reagire?
Ma non lo so questi sono schemi interni di corrente, io sto parlando di qualcosa di diverso, il destino e la vocazione di un partito e il senso della nostra azione politica. Che ci sia una riorganizzazione nelle stanze del Nazareno è normale non mi piace neanche bollarla immediatamente come soluzioni che non mi interessano, però è chiaro che il problema è un pò più grande. Cioè queste correnti in quale direzione cambieranno il profilo del Pd, sapranno intervenire sulle politiche di Renzi, offriranno elementi di innovazione di cambiamento vero? Queste sono le domande.
Guardiamo fuori dal PD. La manifestazione di sabato della Lega ci mostra una destra sempre più aggressiva. La preoccupa Matteo Salvini?
Preoccupa più che altro per le cose che dice non tanto per il consenso elettorale.
Visto che c’è un dibattito molto forte è chiaro che a destra si pongano le stesse questioni che ci poniamo noi, con parole diverse e opposte alle nostre.
Anche per loro il destino sarà quello di arrivare ad un unico partito di centro. Chi è più di destra, a costo di imbarcare anche forme fascisteggianti come quelle di Casa Pound, si chiede se sia il caso di costruire una destra che abbia valori di rifiuto completo ma che qualcuno vede come posizioni che devono essere rappresentate.
Ultima domanda: Lei crede ancora nel PD? Oppure pensa che ormai è arrivato il tempo di una scissione?
A me la parola scissione non piace, non credo che si tratti di questo anche perché sono uno dei pochi a porsi il problema di quanto si possa rimanere in uno schema che non si sente proprio, altri sono molto più sereni, comunque non considerano neanche l’ipotesi.
Il problema vero glielo pongo in questi termini: se i miei elettori quelli delle primarie, quelli che mi vogliono bene, che mi vogliono più bene, forse, e mi vogliono ancora bene, speriamo, se non votano più il partito democratico a me si pone un problema direi quasi “ontologico” e quindi io non sto a fare operazioni politiche o tatticismi. Sono rimproverato di essere incerto.
In realtà mi si pone un problema epocale, lasciare un partito così considerandolo perduto non è una cosa banale perché dispiace, io ci credevo, io vengo dall’Ulivo, non certo della sinistra rivoluzionaria.
Vorrei una sinistra di governo e la domanda che mi pongo tutte le sere prima di addormentarmi è: come si fa ? Quando trovo la soluzione sarete i primi a saperlo però non è facile e chi lo bolla come mancanza di coraggio o come incertezza esistenziale secondo me fa un gioco divertente perché la satira il sarcasmo quando non sono troppo cattive a me piacciono anche, i politici se lo meritano. Però la questione non è di facile soluzione, a me piacerebbe un contesto grande in cui far vivere quei valori di cui le dicevo, di fare una battaglia minoritaria non mi interessa o si riesce a costruire una sinistra di governo con il Pd, io sarei felicissimo, senza il Pd è più complicato farlo ma forse diventa sempre più urgente.