Arturo Paoli, “Amorizzare il mondo”. Un ricordo di un testimone radicale del Vangelo.

112Arturo Paoli - ph Davide Dutto_2Arturo Paoli, classe 1912, nel prossimo novembre avrebbe compiuto 103 anni, è morto nella notte tra la domenica e lunedì nella sua Lucca (dove era stato ordinato sacerdote). I funerali si svolgeranno domani nella Cattedrale di Lucca. Paoli è stato uno straordinario testimone del cristianesimo. Una voce unica in Italia. Un vero “profeta” biblico, l’ultimo dei “patriarchi” della fede in Italia. Da giovane prete partecipa alla Resistenza, salvando centinaia di ebrei (impegno che gli varrà il riconoscimento, nel 1999, da parte  di Israele del titolo di Giusto delle Nazioni). Diventa, sul finire degli anni ’40, vice-assitente nazionale della Giac (la gioventù dell’Azione Cattolica italina),stringe, in quel tempo, un grande rapporto d’amicizia Giovanni Battista Montini (futuro Papa Paolo VI). Viene esiliato da parte delle gerarchie vaticane del’epoca,lascia così l’incarico in Azione Cattolica. Diventa   cappellano sulle navi degli emigranti italiani in Argentina. L’ Argentina e l’America Latina diventano la sua patria di elezione. Per quarantacinque anni il suo impegno per la liberazione dei poveri e la giustizia sociale si svolge in quell’immenso continente. Diventa uno dei protagonisti della Chiesa della Liberazione. Infatti il  suo libro Dialogo  della liberazione è una delle matrici del movimento nato in Sudamerica e conosciuto in tutto il mondo con il nome di Teologia della liberazione. Da Piccolo fratello di Charles de Foucauld (l’eremita francese che morì solitario nel deserto di Algeria), per quarantacinque , come abbamo detto, in America Latina: Argentina, Venezuela, Brasile e molti altri Stati sudamericani diventa animatore di comunità ecclesiali. Vivendo nei quartieri più poveri delle città latinoamericane. A Buenos Aires conosce Padre Bergoglio, futuro Papa Francesco (con il quale si incontrerà nel gennaio del  2014 a Santa Marta in Vaticano).  Nel 2005 lascia, a 93 anni, l’America Latina e fa ritorno in Italia. Nel 2006 ha ricevuto la Medaglia d’oro al valore civile dall’allora presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi. GLI ULTIMI anni della sua vita sono sempre intensi. Numerosi sono i suoi incontri con i giovani. NEL farsi discepolo di Charles de Focault, “piccolo fratello universale”, Arturo Paoli ha perseguito un ideale semplice e radicale: “amorizzare il mondo. In questa logica non risparmiava critiche all’Europa, un continente, scriveva Paoli, che ha perso il senso della solidarietà con gli ultimi. In questo c’è grande sintonia con il Magistero di Papa Francesco.

Per ricordarlo pubblichiamo, per gentile concessione dell’Editore, un estratto del suo ultimo Libro, uscito nel 2013 per Chiare Lettere, “Cent’anni di fraternità”.

In conclusione
I giovani mi chiedono spesso perché sono prete. La risposta vera non può limitarsi alla parola «vocazione», che per loro è assolutamente incomprensibile. Forse la migliore risposta a quelle domande, che nascono spontaneamente nell’incontro con uno che si suppone esperto su problemi della nostra epoca, è quella che darebbe Dostoevskij, che ha coltivato una certa dimestichezza con i monaci del suo tempo. Con loro ha trovato una risposta profonda a quei pensieri che lo tormentavano giorno e notte. Forse la vostra curiosità nasce dal fatto di interessarmi di voi senza la domanda: sei credente? Frequenti la chiesa? Mi interessa soprattutto l’amicizia, che non è un termine strettamente religioso anche se viene alla mente e al cuore di Gesù. Gesù si interessa essenzialmente di amorizzare il mondo, cioè di migliorare le relazioni fra gli esseri umani che spesso sono tormentate e difficilmente si placano.

Un lungo weekend
Potrei dire di essere in attesa di sorella morte che, per i giovani che mi frequentano, è un’attesa molto strana. Ho spesso sognato un weekend della vita, che vedo farsi strada nel tempo oltre le mie previsioni, come un ritiro silenzioso nell’attesa della sua visita, che non ho mai temuto.
Quando ci penso ricordo la morte di mio nonno: un’attesa quasi indifferente, come quella di un amico che non conosci e che si è annunziato. Mio nonno visse per quarantacinque giorni solo bevendo acqua. Interrogavo il suo silenzio che interrompeva solo con me e, nel passare dei giorni, lo vedevo farsi sempre più sereno, come nell’attesa di un amico sconosciuto con cui si pensa lieto l’incontro. Mio nonno aveva messo a posto, come si diceva al tempo, «i suoi conti con Dio» attraverso una lunga conversazione con il parroco. Forse immaginava la venuta di qualche angelo.
Quel tempo che dedicavo al letto del nonno, che non sopportava altri che non fossero altrettanto intimi, mi riempì di sorpresa e forse di saggezza. Imparare a morire mi ha donato una saggezza precoce che riempie la misteriosa parola «vocazione».

L’esistenza in gran parte è una scelta
Ecco la risposta che spesso dono ai giovani che mi visitano, riconoscendomi una persona un po’ strana e forse interessante. Vorrei convincerli che l’esistenza in gran parte è una scelta. Ed è questa convinzione la più interessante per me e la più difficile per i giovani. Il mondo che li circonda, comprese la famiglia, la scuola, la società in genere, sembra interessato a togliere loro il tempo di riflessione necessario per una scelta libera. Qualche adulto, se non mio coetaneo ma vicino, mi chiede perché nel Sessantotto i giovani mostrassero una vivacità eccezionale che oggi sembra scomparsa.
C’è oggi qualcosa che libera i giovani dalla fatica di scegliere, e questo è il maggior pericolo che ho visto apparire nel lungo tempo della mia vita.
Ricordo che mi colpì, leggendo la biografia di sant’Agostino scritta da Giovanni Papini, lo scrittore più in voga in quel tempo, un capitolo che portava il titolo «L’uragano della pubertà»: per noi era veramente tale. Ma pare non si possa dire altrettanto per i giovani di oggi perché, invece dell’uragano, potrebbero parlare di una stanca e noiosa stagione invernale che sembra eterna. Si adattano a questa stagione grigia, immobile, dove anche le novità tecniche vengono assunte con una certa monotonia. La tecnica suscita curiosità ma non attesa, non provoca sentimenti sconosciuti. Sono in attesa di una novità.
Ripenso che nella mia giovinezza ebbe molta importanza l’amicizia con Giorgio La Pira, che riuscì a liberarmi da quel famoso «uragano» e a farmi pensare che avrei potuto essere, come lui, un educatore di giovani. Giorgio La Pira esercitava su di me una potenza così viva da trasformare il mio mondo interiore. Mi aiutò a trovare nella vita di fede il sogno della mia esistenza. Le amicizie a cui mi aprì mi portarono un tipo di pensiero e di interessi che mi erano sconosciuti fino a poco tempo prima.
Sono sempre stato più educatore che apologeta della fede che praticavo.
Forse la generazione presente ha bisogno di questo atteggiamento, che può creare un interesse che vince il rifiuto a una ricerca di fede.

IL LIBRO

coverArturo Paoli, CENT’ANNI DI FRATERNITÀ, Postfazione di Adolfo Pérez Esquivel, premio Nobel per la Pace, Edizioni Chiarelettere, Milano 2013, pagg. 112, € 12,00.

 

 

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