“Galantino e il dogma del conservatorismo sociale dei cattolici”. Intervista a Massimo Faggioli

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Nella politica e nell’opinione pubblica, in questi giorni, c’è un grande dibattito, assai polemico, sul ruolo della Chiesa cattolica in Italia. Vede come protagonista il Segretario Generale della Cei Monsignor Nunzio Galantino per le sue prese di posizioni sociali e politiche. Cerchiamo di approfondire, con questa intervista allo Storico della Chiesa Massimo Faggioli (docente alla St. Thomas University), quali sono le sfide che la nuova Cei di Galantino, sulla scia di Papa Francesco, lancia alla società italiana. 

Professor Faggioli, le parole di Monsignor Nunzio Galantino, pronunciate nei giorni scorsi, segnano evidentemente un cambio di “paradigma” della Chiesa italiana nei confronti della politica. Siamo cioè al superamento definitivo del paradigma del cardinale Ruini? Che tipo di nuovo approccio, nei confronti della politica, sta emergendo con Papa Francesco? 

E’ una chiesa che non ha timore di parlare sulle questioni che toccano l’umano. Non è meno interventista della chiesa di Ruini, ma non agisce sul parlamento o sui partiti. La chiesa di Francesco non è “liberal” nel senso che non interviene e non accetta una separazione Stato-Chiesa che in Italia non esiste (a differenza che in America o in Francia). Ma lo fa senza tatticismi e senza contare sul dogma del conservatorismo sociale dei cattolici – che, come è noto, è un dogma che non esiste, se non nella redazione di qualche grande giornale dell’establishment italiano.

Parliamo della CEI (Conferenza Episcopale italiana). Anche qui occorre registrare resistenze della “vecchia” Cei rappresentata dal Cardinale Bagnasco attuale Presidente. Che non ha mancato, in questi giorni, di prendere le distanze da Galantino. Quanto potrà durare questo equilibrio precario?

Non si sa. Bagnasco ha un mandato fino al 2017. Ma è chiaro che per ora Galantino parla e Bagnasco osserva, e che Galantino è l’interprete del pontificato per la chiesa italiana. E’ un equilibrio fragile e anche in questo contesto va letta la decisione di Galantino di non andare di persona al convegno su De Gasperi.

Dietro Galantino c’è Papa Francesco. Totale è la sintonia tra i due su moltissimi temi (in particolare sull’immigrazione). Le chiedo che tipo di CEI vuole il Papa?

Una CEI che non si fa scudo del Vaticano e che ha il coraggio di prendere iniziative proprie, come una conferenza episcopale “normale”. Francesco lo ha detto chiaramente fin dall’inizio del pontificato, ma vi sono evidenti resistenze: il caso delle nuove norme per l’elezione del presidente sono un esempio. Francesco voleva una CEI più adulta e una gran parte dei vescovi italiani ha avuto paura di questo.

Parliamo di Papa Francesco. E’ noto che il suo impianto “teologico-sociale” è quello della “teologia del popolo” di matrice latinoamericana (o meglio argentina). Per alcuni critici del Papa questo è un limite. Per Lei?

Non lo è secondo me. E’ una teologia molto fondata biblicamente, nella tradizione della chiesa, e nel magistero del concilio Vaticano II – certamente non meno di quello che negli ultimi decenni (con Giovanni Paolo II e Benedetto XVI) e’ stato il modello alternativo, quello della “chiesa comunione”. Il cattolicesimo è diventato uno strumento nelle mani delle elites politiche e sociali solo in certi contesti geografici, e per un lungo periodo della storia europea. Ma il cattolicesimo ha una storia più lunga e soprattutto non è schiavo del modello europeo.

Tra le prese di posizione contrarie a Galantino c’è quella di Marcello Pera, l’”ateo devoto”. Per lui Galantino è pericoloso perché vuole trasformare la “religione della carità” in una ideologia dei diritti. Lei che ne pensa?

Il capitolo di Pera che si propone come interprete del cattolicesimo – specialmente durante il pontificato di Benedetto XVI – è una delle pagine più surreali e a suo modo tragicamente divertenti nella storia dei rapporti tra chiesa e politica in Italia. Solo con Berlusconi e i suoi sicofanti si dar voce a un uso talmente cinico e strumentale della chiesa, che purtroppo trovò non pochi estimatori anche nelle gerarchie della chiesa.

Torniamo alla politica. Qual è la sfida più grande che la Chiesa di Francesco lancia alla politica italiana?

Invita la politica a non farsi scudo del cattolicesimo come ideologia. Francesco è un papa anti-ideologico anche per le questioni interne della chiesa, e questo approccio è evidente anche sulle questioni politiche. Chi accusa il papa di essere ideologico lo fa su una base ideologica o semplicemente non sa quello di cui sta parlando.

Ultima domanda: come sta reagendo il laicato cattolico a questo nuovo tempo?

I laici “sfusi” amano papa Francesco. Difficile dire quello che sta succedendo tra il laicato organizzato delle associazioni e movimenti: dopo tre decenni di umiliazioni da parte della CEI e del Vaticano (a parte l’eccezione di CL) sembra che abbiano perso il senso di quello che è il loro ruolo in una chiesa post-clericale e post-istituzionale. È una mancanza molto vistosa e grave, parallela allo sfarinamento di partiti e sindacati nella società e nella politica italiana.

 

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