C’è grande attesa, nella Chiesa e nell’opinione pubblica, per il “secondo round” del Sinodo dei Vescovi sulla Famiglia che si aprirà domenica prossima in Vaticano. Come si Svilupperà? Quali sono i punti più controversi? Nel parliamo, in questa intervista, con Francesco Antonio Grana (vaticanista de ilfattoquotidiano.it) .
Grana, domenica prossima inizia il “secondo round” del Sinodo dei vescovi sulla “Famiglia”. La Chiesa è nel mondo ma non è del mondo (per usare un pensiero della lettera “A Diogneto”) ma non è neppure fuori dal mondo. E’ la chiesa estroversa di Papa Francesco: la Chiesa “ospedale da campo”. Da qui la linea della “misericordia”. Questa linea pastorale è maggioritaria? Insomma come sono le “forze” in campo?
In quest’anno di maturazione tra il primo Sinodo dei vescovi sulla famiglia e il secondo che si svolgerà dal 4 al 25 ottobre prossimi sicuramente si è irrobustita l’ala dei presuli che guardano con grande convinzione alle aperture proposte da Papa Francesco. Aperture chiare che Bergoglio ha sviluppato nel corso di un lungo ciclo di catechesi alle udienze generali del mercoledì sulla famiglia proprio in preparazione al dibattito sinodale. Su tutte credo che l’affermazione più forte del Papa sia stata quella che “i divorziati risposati non devono essere trattati da scomunicati perché non lo sono”. La Chiesa deve fare in modo che questa affermazione diventi concreta nella pastorale quotidiana.
Questo Sinodo, voluto da Papa Francesco, è un Sinodo “pastorale”. Come si è sviluppato il dibattito all’interno della Chiesa? Ha visto emergere una maggiore consapevolezza del “popolo di Dio” verso la “linea della misericordia” per le situazioni “difficili”?
Fortunatamente questo Sinodo tocca la carne viva di ogni uomo, al di là del suo credo religioso. Si parla di persone, di famiglie, di matrimonio, di amore, di sessualità. In una parola di vita. Non si esaminano dogmi o questioni dottrinali lontane dalle persone, ma la vita quotidiana di ogni uomo, le sfide che tutti noi ci troviamo ad affrontare ogni giorno. Da qui nasce l’enorme attenzione per questo importante evento nella vita della Chiesa e nel pontificato di Francesco. C’è attesa, c’è fiducia e c’è anche speranza da parte delle persone che affrontano situazioni difficili e che attendono da troppo tempo una parola chiara e non contraddittoria della Chiesa.
Alcuni esponenti della parte conservatrice usano lo spauracchio dello scisma, più o meno sommerso, per fermare la linea di apertura. E’ una minaccia reale?
Parlerei più di “scisma mentale” che di “scisma reale”, ovvero di cardinali e vescovi, per fortuna molto pochi, che si professano fedeli alla Chiesa di Gesù e al suo vicario sulla terra, il Papa appunto, e poi lo attaccano. Ma il timone è ben saldo nelle mani di Bergoglio, così come lo fu in quelle del beato Paolo VI durante il Concilio ecumenico Vaticano II.
Quali sono, secondo lei, i punti di maggiore convergenza e quali quelli che segnano una grande distanza?
Non si può non registrare convergenza totale sull’indissolubilità del matrimonio sacramentale. Più problematica è la soluzione dell’accesso alla comunione per i divorziati risposati. La chiusura netta, invece, è per le nozze gay, anche se c’è una minoranza che vorrebbe riconoscere dei diritti alle coppie omosessuali. Nel Sinodo precedente si era parlato anche della possibilità dell’adozione dei figli per queste coppie. Ipotesi poi abolita.
Questo Sinodo ha un valore strategico per Bergoglio. Papa Francesco davvero si gioca il “tutto per tutto”?
Il Sinodo, come lo ha voluto il beato Paolo VI 50 anni fa, non ha nessun potere decisionale. E forse non è un caso. L’ultima, ma anche l’unica parola valida, è quella del Papa. Stop. Francesco non deve far passare una legge e quindi, come invece in un Parlamento laico, non ha bisogno del voto di fiducia altrimenti crolla l’impalcatura del suo pontificato. Bergoglio chiede alla Chiesa di “prestare attenzione ai battiti del tempo presente”, come ha detto nella veglia del Sinodo dell’ottobre 2014. Interrogarsi sulle sfide attuali della famiglia e cercare le soluzioni per rispondere a questi problemi sono già dei grandi passi in avanti.
Ultima domanda: come si è preparata la Chiesa italiana all’Evento?
Spero bene! La Chiesa italiana, fin dall’elezione di Bergoglio, e non di Scola come auspicato in un frettoloso e imprudente telegramma di auguri della Cei al neo Papa, ha avuto grande difficoltà a sintonizzarsi sul pontificato di Francesco. Non so se ciò sia finalmente avvenuto. Se sì, speriamo che il Sinodo lo metta in luce.