“Io vi accuso”. Così le banche soffocano le famiglie e salvano il sistema

Un J’ACCUSE senza precedenti, a partire da documenti interni e “confidenze” di dirigenti tuttora in attività.

IO VI ACCUSO_Imperatore

Vincenzo Imperatore, ex manager bancario e autore del bestseller “IO SO E HO LE PROVE”, entra nelle segretissime stanze dei principali istituti di credito e racconta come si sono riorganizzati dopo la crisi.

I clienti privilegiati, i prodotti da spingere, le vessazioni, i nuovi cavilli contrattuali, i corsi di formazione per manager e funzionari.

La regola è guadagnare il più possibile rischiando zero. Sotto ci siamo noi, le famiglie, le piccole e medie imprese, la maggioranza degli italiani.

IL LIBRO

Dopo IO SO E HO LE PROVE, Vincenzo Imperatore allestisce un vero processo al sistema bancario, a partire da documenti interni, estratti di conto corrente, confessioni circostanziate di “gole profonde” tuttora in attività. Ci sono PRETI di provincia che guadagnano 900 euro al mese ma effettuano movimenti per centinaia di migliaia di euro; GIORNALISTI e altre CATEGORI E PROTETTE che ricevono un trattamento “speciale” direttamente dalla direzione centrale; COMMERCIANTI CINESI che versano soldi in contanti e potenzialmente illegali senza alcuna segnalazione; nuovi MANAGER addestrati a piazzare non più mutui o prestiti ma televisori, tablet, frigoriferi, palestre, vacanze in centri termali, perfino un giro all’autodromo di Monza, con fatturati da capogiro…

È incredibile scoprire come si sta riorganizzando il sistema bancario, mentre arrivano miliardi da Bruxelles. Ben poco viene impiegato per sostenere commercianti in difficoltà, piccoli imprenditori, giovani famiglie, pensionati da 500 euro al mese. Si tratta di categorie tuttora vessate. Eppure i soldi ci sono. Certo, come dice Gianluigi Paragone nella prefazione, “le banche non fanno beneficenza”.

Ma è inaccettabile “che in mezzo a una burrasca sempre più potente i loro bilanci siano messi in salvo dalla politica o da doping contabili a scapito di clienti in buona fede”.

Una via d’uscita esiste ma non passa dal sistema bancario. Imperatore fornisce tutti i consigli utili per gestire la propria attività senza bisogno delle banche.

L’AUTORE

Vincenzo Imperatore (1963) è stato per ventidue anni manager di importanti istituti di credito nelle piazze principali del Meridione. Dal 2012 ha scelto la strada della libera professione fondando la società di consulenza aziendale InMind Consulting specializzata nel banking e nella gestione delle piccole e medie imprese in difficoltà. Collabora, come opinionista, con quotidiani e riviste finanziarie e conduce un programma radiofonico di informazione economica. Nel 2014 ha pubblicato IO SO E HO LE PROVE con Chiarelettere.

IN QUESTO LIBRO racconta anche come la piccola impresa può sopravvivere senza bisogno delle banche. Gli strumenti ci sono. Un nuovo sistema di lavoro finalmente è possibile.

Per gentile concessione dell’Editore pubblichiamo un estratto del libro Perché io vi accuso

Questo libro

In Italia lavorano circa 5 milioni di piccole imprese dietro le quali ci sono altrettante famiglie. Più di un terzo della popolazione del nostro paese ruota intorno all’economia generata da queste aziende. Come nella più scellerata tra- dizione degli scandali finanziari, le banche hanno prima «sfruttato» i piccoli imprenditori per far lievitare i propri rendiconti, poi, quando non servivano più, li hanno sacrificati sull’altare del profitto.

Oggi la situazione economica è profondamente diversa rispetto al periodo in cui la piccola e media impresa rappresentava il motore della crescita nazionale. Così, per preservare il sistema e non saltare in aria a causa dei loro bilanci alterati, gli istituti di credito hanno bisogno di nuove fonti di arricchimento. Una volta messa in atto la «stretta del credito», che sta uccidendo la stragrande maggioranza delle aziende, a cui sono stati chiusi i rubinetti della liqui- dità, la strategia di raccolta del risparmio delle banche ha cominciato a concentrarsi su una lista di categorie protette, pochi ma fondamentali «clienti d’oro» – come dicono gli stessi funzionari – che fanno girare i soldi, molti soldi: preti, commercianti cinesi, speculatori immobiliari.
Questi hanno la priorità rispetto ai «normali» correntisti. A loro è permesso tutto, in alcuni casi anche ciò che non è consentito dalla legge: aggirare le norme antiriciclaggio, nascondere i proventi dell’evasione fiscale, compiere operazioni finanziarie spericolate e perfino pretendere il licenziamento di funzionari che hanno osato opporsi alle loro volontà. Ci sono anche altri clienti privilegiati, tra cui i giornalisti e gli editori, che ricevono, spesso senza esserne consapevoli, attenzioni e favori che sicuramente non sono riconosciuti ai «normali» cittadini.

Per scrivere questo libro ho avuto accesso a decine di documenti interni al mondo bancario e ho ricevuto le «confidenze» di alcuni dirigenti, che mi hanno contattato dopo aver letto Io so e ho le prove. Ho scritto la prima parte immaginando un processo senza difesa e senza appello, in cui il massacro delle banche nei confronti delle imprese – e quindi dell’economia italiana – viene messo a nudo, così come il nuovo sistema di drenaggio del denaro che nessuno finora ha mai raccontato. E vengono svelati tutti i nuovi stratagemmi pensati dai giganti del credito per ottenere profitti a discapito della stragrande maggioranza dei clienti.

Le banche sono diventate dei veri e propri centri com- merciali, in cui fa carriera solo chi vende più televisori, frigoriferi, palestre, Xbox, vacanze in centri termali. I fidi, i mutui e tutti gli altri prodotti creditizi sono vincolati all’acquisizione di questi prodotti: il correntista ha l’ob- bligo di comprarli se vuole sperare in un prestito, di cui comunque non ha la certezza. Di conseguenza, il nuovo manager è colui che sa piazzare meglio i «70 milioni di euro l’anno di prodotti di largo consumo» richiesti dai capi, come svela una delle mie fonti interne. Non esiste quasi più il bancario competente, professionale, ma solo funzionari formati da «motivatori» ed esperti di comunicazione. Queste sono le figure preposte a gestire oggi le nostre finanze.

Le banche sono diventate delle agenzie immobiliari capaci di far svendere le abitazioni dei clienti sul lastrico per far guadagnare anche i ricchi speculatori immobiliari già loro correntisti. Senza pietà, sballando il mercato e alterando le normali procedure della compravendita. Gli istituti stanno favorendo il dislivello sociale e consentono spesso abusi per i quali non pagano mai.

Nella prima parte del libro ho raccolto le storie e le con- fessioni delle «gole profonde» che hanno deciso, come feci io nel 2012, di denunciare il nuovo sistema tuttora vigente. E le testimonianze degli imprenditori e dei professionisti vessati e tartassati dalle banche. A pagare, oggi come ieri, sono i correntisti che piangono per non farsi protestare un assegno di poche centinaia di euro; i commercianti che supplicano il direttore di filiale per avere un piccolo prestito; gli artigiani minacciati della segnalazione antiriciclaggio per un versamento di poche migliaia di euro e poi «violentati» dalla Guardia di finanza attraverso un duro interrogatorio in merito alla provenienza di quel denaro.

Nella seconda parte del libro ho indicato, invece, gli strumenti che il piccolo imprenditore può utilizzare per sovvertire il sistema, per farcela anche senza il supporto degli istituti di credito, che poi tanto supporto non è. I metodi alternativi per ottenere risorse e finanziamenti, dai minibond al crowdfounding; dal peer to peer al commercio delle fatture fino al corporate barter.

Nell’attuale realtà globale le banche possono essere anche superate, l’importante è sapere come fare e avere il coraggio di farlo. In questo libro racconto di tutte le strategie aziendali indispensabili per superare la crisi e rilanciarsi sul mercato partendo dalla regola numero uno: «Ci si può indebitare molto solo se si guadagna molto».

Al termine di questo ideale processo ho immaginato anche la «sentenza» che, se fosse divina, porterebbe direttamente le banche all’inferno e le piccole imprese al purgatorio. Per uscire dal purgatorio della recessione, infatti, le aziende devono iniziare a utilizzare strumenti e metodologie che servono alla sopravvivenza. Il purgatorio, si sa, è il luogo dove transitano le anime «in stato di grazia» in attesa della loro purificazione. La lettura di questo libro potrebbe essere la loro ultima pena.

Vincenzo Imperatore, Io vi accuso. Così le banche soffocano le famiglie e salvano il sistema, Editore Chiarelettere, Milano 2015, pagg. 160.
€ 14,00

“È una Chiesa che si interessa sempre di più delle persone” – Intervista a Mons. Jean-Paul Vesco

Oggi, in Vaticano, ultima giornata del Sinodo. Nel pomeriggio inizieranno le votazioni sulla relazione finale. Non si escludono sorprese. Per un primo bilancio abbiamo intervistato, durante una pausa dei lavori, Monsignor Jean-Paul Vesco, domenicano francese e Vescovo di Orano in Algeria.

Jean Paul Vesco

Qual è il tuo bilancio del Sinodo?

Che cosa posso dire del Sinodo, prima di tutto è stata una bella esperienza umana, una maniera importante di vedere il cuore della Chiesa, anche la sua organizzazione, di vedere le persone, per cui è una cosa molto positiva. Poi ci sono stati dei momenti difficili e dei momenti più felici. Il momento felice è quando si ha l’impressione di capirsi, di parlarsi, anche quando ci sono delle differenze, mentre il momento difficile è quando ci si sente troppo diversi da questo o da quello.

Com’è stata l’ “atmosfera” del Sinodo?

Per me l’atmosfera del sinodo è stata buona dall’inizio alla fine: c’è stato un dialogo franco senza confronti molti forti. C’è stata comunque una vera fraternità, nonostante vi fossero alcune divergenze dottrinali ma anche “ideologiche”.

Pensi che la Chiesa abbia superato definitivamente il pregiudizio sull’omosessualità?

A proposito dell’omosessualità la bozza della relazione finale che ci è stata presentata evoca, press’a poco negli stessi termini della relazione finale dell’anno scorso, il rispetto, l’accompagnamento che dobbiamo avere per le famiglie in cui vi sono delle persone dalla sensibilità omosessuale, e il rispetto per queste persone. Ma questo basterà? Penso che sia importante avere questa parola di rispetto, che non tutte le

religioni, e credo che sia positiva un’apertura in questo senso.

Dalla tua esperienza di “confine” (l’Algeria terra d’Islam) cosa hai donato al Sinodo e cosa porterai alla “tua” Algeria?

Apporto la comprensione dell’altro differente, questa differenza è una ricchezza non solo a livello interreligioso anche per quanto riguarda l’accoglienza sacramentale del divorziato risposato, e anche questo aspetto deriva dal non aver paura dell’altro. Che cosa riferirò del sinodo in Algeria non lo so ancora esattamente, ma sicuramente veicolerò un’immagine decisamente positiva e l’arricchimento che mi è derivato.

Pensi che dal Sinodo nascerà una nuova teologia pastorale sulla famiglia?

Penso che dopo questo sinodo sia importante che le persone ripensino la nostra teologia della famiglia perché ci sono dei punti sui quali credo che si possa progredire dottrinalmente e che oggi ci sia un vero lavoro di teologia pastorale da svolgere.

Alla fine, che immagine di Chiesa esce dal Sinodo?

È quella di una Chiesa che si interessa sempre di più delle persone e che è fatta sempre di più di persone e mi auguro che il rapporto tra la Chiesa e il mondo continui sempre a cambiare e diventi un rapporto sempre più di vicinanza.

“Questa Legge di stabilità è da sinistra riformista”. Intervista a Giorgio Tonini

 

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Torna la tensione nel PD. Questa volta la polemica, tra sinistra Dem e la maggioranza renziana , riguarda la manovra finanziaria (legge di stabilità). Ne parliamo con Giorgio Tonini, vice-presidente del gruppo PD al Senato.

Senatore Tonini, parliamo della “manovra” (legge di stabilità). Il Presidente del Consiglio, in un eccesso di trionfalismo, ha affermato: questa è una “manovra” di sinistra (!?). francamente, senatore, non è un po’ troppo propagandistico fare una simile affermazione quando, per esempio, i sindacati hanno espresso forti critiche. Per non parlare, poi, della sinistra del suo partito. può spiegarmi come sia di sinistra una “manovra” che ha il trionfale appoggio di Alfano e Verdini?
Altrettanto francamente: questo giochino sulla manovra di sinistra o di destra sta diventando stucchevole. Anche perché si basa sul giudizio su alcune misure, prese singolarmente e non linquadrate in un contesto strategico complessivo. Del resto, come diceva Deng-Xiao-Ping, non conta il colore del gatto, conta che prenda il topo. Dunque, quel che conta è se la manovra fa bene o no all’Italia, agli italiani e in particolare ai più deboli. Detto questo, se proprio vogliamo sottoporci al giochino, io penso che quella annunciata da Renzi sia una manovra di sinistra, beninteso di sinistra riformista, per il semplice fatto che è la manovra più espansiva possibile, restando dentro le regole europee: sia quella del deficit, che quella del debito. Ed essere di sinistra (riformista) oggi concretamente significa proprio essere europeisti e battersi per una politica economica europea di segno espansivo e non restrittivo. Tutto il resto, dal punto di vista politico, sono dettagli. Importanti quanto si vuole, ma dettagli.

Veniamo al capitolo molto controverso: l’abolizione della tassa sulla prima casa a tutti, con il rischio assai elevato di favorire i più ricchi e con scarse ricadute sui consumi. Per non parlare delle pesanti ricadute sui bilanci comunali. Insomma un poco di prudenza non guasta…
L’abolizione della tassa sulla prima casa presenta indubbiamente qualche controindicazione. Non tanto sul terreno dell’equità sociale (il grosso dell’impegno finanziario si concentra sul ceto medio, non di certo sui ricchi), quanto su quello del federalismo fiscale. La tassa sulla prima casa dovrebbe infatti rappresentare una componente del finanziamento ordinario dei comuni, particolarmente importante in termini non tanto quantitativi, quanto qualitativi, perché su di essa si basa il patto fiscale tra amministratori e amministrati a livello comunale. La tassa sulle seconde case, o i trasferimenti statali possono certamente compensare il mancato gettito dalla prima casa (che è una quota-parte in definitiva modesta della imposizione sugli immobili), ma difficilmente possono surrogarlo in termini di qualità della relazione democratica tra i sindaci e i loro cittadini. Ma in questa fase il governo è alle prese con tutt’altra emergenza, quella di sostenere una ripresa economica ancora flebile. E dopo aver concentrato gli sforzi su impresa e lavoro (15 miliardi di sgravio tra 80 euro e taglio dell’Irap), quest’anno punta ad alleggerire il peso fiscale sulle famiglie, cancellando per tutti la tassa sulla prima casa: un provvedimento che costa relativamente poco (3,5 miliardi) e dovrebbe rendere molto in termini di fiducia e dunque di propensione al consumo.

Non parliamo, poi, delle risorse sugli statali e sul mezzogiorno. Anche questa è una beffa…
Non è vero che manchino le risorse per il Mezzogiorno: basti pensare che 7 degli 11 miliardi del piano infrastrutture saranno destinati a opere da realizzare nel Sud. Quanto agli statali, in tempi di inflazione vicina o addirittura sotto allo zero, c’è poco da recuperare su quel versante. Ci sono invece ampi margini di incremento salariale se si punta sulla produttività: cifrando i risparmi da ottenere con la riforma Madia e con la spending review e distribuendone una quota significativa ai dipendenti pubblici che se ne rendano protagonisti.

Insomma Senatore, Renzi andrà pure come un treno, ma resta sempre la voglia di entrare in conflitto con la sinistra. Giova tutto questo?
Una dialettica, a volte anche aspra, tra sinistra riformista e innovatrice e sinistra tradizionale e conservatrice, c’è in tutti i grandi partiti di centrosinistra, in tutto il mondo. Ma come da ultimo ha dimostrato il caso greco, la sinistra vince e governa solo quando in essa prevale la cultura riformista e di governo. In caso contrario, la sinistra si riduce ad un ruolo di testimonianza…

Veniamo al partito. Richetti e Del Rio hanno messo sul chi va là di trasformare il PD Partito della Nazione. Clamorosa poi l’intervista di Cicchitto all’Huffington Post, con la proposta dei moderati per Renzi… Insomma non trova che si sia superato il limite?
Quale limite? A me risulta che nel Pd siano entrati solo esponenti di Sel e di Scelta Civica, questi ultimi in gran parte di provenienza già pd. È vero invece che c’è un gran movimento nell’area ex-PdL. Un vero e proprio via vai tra chi esce (pochi) e chi pensa di entrare (molti) nell’area della maggioranza di governo. E tuttavia, non si deve mai dimenticare che all’inizio della legislatura, quando Bersani e Berlusconi diedero vita al governo Letta-Alfano, tutto l’allora PdL era in maggioranza e al governo. Poi si sono divisi e continuano a dividersi tra loro, tra chi è pro e chi è contro il governo col Pd. Noi dobbiamo guardare con grande rispetto a questo travaglio, che probabilmente segnala una metamorfosi profonda del bipolarismo italiano. Una metamorfosi che il Pd deve guidare, come sta facendo, e non rassegnarsi a subire.

Ultima domanda: il Movimento 5stelle, stando agli ultimi sondaggi, si sta avvicinando al PD. A questo punto come pensate di contrastare l’avvicinamento dei “pentastellati”?
Come abbiamo fatto fin qui. Cercando il consenso di tutti gli italiani che vogliono il cambiamento, ma dentro un quadro affidabile e sicuro. E non sono disponibili a precipitare nell’avventura, facendo prevalere la rabbia sulla speranza.

 

 

“Toglimi le mani di dosso”: un libro su una storia vera di molestie e ricatti sul lavoro

Olga Ricci

“La violenza di genere nasce quando qualcuno dice chi sei al posto tuo, ti racconta come una decorazione muta e giudicabile, ti descrive come un oggetto a disposizione” (Michela Murgia)

“Sarebbe bello se gli uomini italiani provassero a immedesimarsi nella storia vera di questa giovane e coraggiosa collega. capirebbero meglio l’inferno di sofferenze, ricatti e vendette cui costringiamo le donne sui posti di lavoro. Un libro che parla a noi uomini” (Riccardo Iacona).

Due pensieri, di un giornalista e di una scrittrice, ci introducono al tema drammatico e grave del libro (pubblicato da Chiarelettere): quello delle molestie e ricatti sessuali che le donne subiscono sul luogo di lavoro.

IL LIBRO

POCHE DENUNCE, TROPPA VERGOGNA. Il racconto di Olga Ricci rompe il muro di silenzio e di ipocrisia che attraversa i luoghi di lavoro. “Il mio capo ci provava, ho resistito, avevo bisogno di lavorare. Non sapevo a chi chiedere aiuto. Poi ho mollato…”

Olga ha ricevuto avance e ricatti sessuali per mesi, in attesa di un contratto sempre promesso. Per non perdere il lavoro, ha cercato di resistere come ha potuto. “O ci stai, o te ne vai” il consiglio di colleghe e confidenti.

Tutto avviene, come sempre, in pubblico. Ammiccamenti, carezze, inviti a cena… Gesti apparentemente inoffensivi che invece servono a imporre IL POTERE DEL CAPO.

IN PRIVATO l’insistenza diventa ossessione violenta, ma la rabbia di Olga resta tutta dentro. In Italia nessuno considera molestie le battute a sfondo sessuale in ufficio, i massaggi sulle spalle, i complimenti imbarazzanti davanti ai colleghi. Chi si ribella passa per bacchettone.

Oggi Olga ha aperto un blog sotto pseudonimo. Si chiama IL PORCO AL LAVORO e ha avuto oltre 120.000 visite.

QUESTO LIBRO PARLA DI NOI, dell’Italia e del potere nelle relazioni e nei luoghi di lavoro. Della pigrizia mentale, di una rimozione collettiva e soprattutto della persistente disparità tra gli uomini e le donne, che continuano a essere penalizzate a livello economico e sociale.

L’autrice

Olga Ricci è lo pseudonimo di una giornalista trentenne italiana che oggi lavora come freelance per varie testate nazionali. Nel blog “Il porco al lavoro”, insieme alla sua testimonianza, ha dato visibilità alle tante storie di molestie in ufficio.

Chiude il libro un DECALOGO CONTRO LE MOLESTIE SUL POSTO DI LAVORO a cura di Rosa M. Amorevole, esperta in materia di lavoro e contrasto alle discriminazioni. Dal 2008 è consigliera di Parità per l’Emilia Romagna.

Per gentile concessione dell’editore pubblichiamo un estratto del libro. 

In redazione

Cammino cercando di essere fiduciosa: è il mio primo giorno di prova al giornale e ho la prospettiva di un contratto a tempo indeterminato. Significherebbe stipendio dignitoso, ferie pagate, malattia, maternità, pensione. Potrei iniziare a fare progetti, senza chiudermi nell’orizzonte temporale dei soliti sei mesi. È così che mi sono abituata a ragionare, per non essere lacerata dall’incertezza. I sei mesi sono le colonne d’Ercole del mio futuro sprovvisto di garanzie e di soldi messi da parte. Sto per arrivare in redazione quando squilla il telefono. È il direttore, mi chiede di fare colazione con lui. Rifiuto, ma lui insiste per raggiungermi in un bar, nel viale stretto tra gli edifici bianchi, le palme e gli oleandri. Mi vede e si avvicina per baciarmi le guance. La sua pelle fredda mi si appiccica agli zigomi. Mi ritraggo e colgo il suo disappunto. Per non deluderlo gli regalo un sorriso nuovo di zecca. Ci sediamo a un tavolino all’aperto. Lui è in vena di confessioni. Racconta di quando era inviato e girava l’Europa per il suo giornale importante. Appena aveva un po’ di tempo libero, inseguiva per il mondo la fidanzata (l’amore della sua vita) che faceva la hostess. Parla molto e io lo ascolto, annuendo e dicendo: maddai, assì, chebbello, nonlosapevo. Ostento interesse e d’un tratto mi sorprendo interessata per davvero. La profezia sartriana, secondo la quale chi finge un sentimento è come se lo provasse, si sta avverando. Dico che è ora di andare. Sono io il direttore, ribatte, non devi preoccuparti di arrivare tardi, beviamoci ancora qualcosa. Chiedo un secondo caffè. Lui un tramezzino con gamberetti, maionese e insalata iceberg. Gli suona il cellulare. Si alza e si allontana. Apro i giornali sparsi sul tavolo, ma non riesco a leggere. Piego la bustina vuota dello zucchero fino a ridurla a un quadratino. La lancio sul marciapiede. Vedo che il direttore parla ancora. Faccio un cenno, me ne voglio andare. Lui sorride e, coprendo il telefono con una mano, mi chiede di aspettare. Resisto altri dieci minuti. Guardo la sua schiena allargata, la giacca blu di cotone forma pieghe umide all’altezza delle ascelle. Lui si gira. Io mi alzo. Protesta a gesti. Sono già lontana. Entro in redazione cercando di farmi piccola. Non conosco nessuno. […]

Nello stanzone senza finestre, illuminato al neon, c’è un tavolo ovale. Il direttore troneggia sulla sua poltrona mentre attorno i caporedattori e i capiservizio aspettano che parli di come organizzare il giornale, dalle pagine nazionali a quelle locali. Un discorso di un’ora infarcito di considerazioni sull’attualità e i massimi sistemi. A un certo punto sento il mio nome. Vedo che mi indica. Mi strizza l’occhio destro. Dice: da oggi qui con noi ci sarà Olga Ricci, la nostra nuova inviata. Seguirà gli eventi più importanti, in Italia e all’estero. Sessanta occhi si spalancano all’unisono e trenta bocche alitano incredulità e risentimento. Ho un capogiro. Vedo il comune pensiero astioso: chissà da dove viene questa raccomandata che ci passa davanti. Ricambio gli sguardi stupefatti con un sorriso abbozzato, facendo spallucce. Vorrei dire: non so di cosa stia parlando il direttore, non è possibile che io sia stata nominata inviata, non ho nemmeno un contratto. Ma resto in silenzio. Abbasso la testa e guardo il pavimento di piastrelle grigie a buon mercato fino alla fine della riunione.

Olga Ricci, TOGLIMI LE MANI DI DOSSO, Ed. Chiarelettere, Milano 2015, pagg. 144

“Ecco tutti i nemici di Papa Francesco”. Intervista a Nello Scavo

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“Bergoglio lo sa. Alcune volte ne ha parlato in privato. Altre volte lo ha lasciato intendere in pubblico.  Dentro e fuori la Chiesa ci sono ostacoli, resistenze, lotte. I serpenti si annidano negli ambienti curiali come nei centri di potere internazionali”.  In questo libro-inchiesta ( i nemici di Francesco, pagg. 312  euro 19,00. Edizioni Piemme) , appena uscito in libreria,  il giornalista di Avvenire, Nello Scavo, ci fa conoscere dove sono e chi sono  i nemici di Papa Francesco. Ne parliamo, in questa in intervista, con l’autore.

Il suo  è un libro forte. Passa in rassegna tutti gli oppositori di Papa Francesco, e, francamente, non c’è da stare allegri. Anzi il libro afferma nel “prologo” che Francesco “rischia la vita”. Perché? Quanto rischia Papa Francesco?

Ogni pontefice ha rischiato la vita. Paolo VI fu accoltellato nelle Filippine, Giovanni Paolo II fu ferito in Piazza San Pietro, Benedetto XVI in almeno un paio di occasioni ha rischiato di essere aggredito da una donna sottoposta a cure psichiatriche. Adesso ci sono anche l’Isis e altre sigle del fondamentalismo. In ogni caso credo che, come sostengo e cerco di dimostrare nel libro, siano più forti le aggressioni ideologiche o le azioni di disturbo all’apostolato di Bergoglio. E proprio mentre si guarda alle ostilità interne alla chiesa, credo invece sia necessario non trascurare la frontiera esterna, quella di gruppi di interesse e agglomerati di potere che si sentono smascherati dalla parole di Bergoglio.

Lei, nel libro, fa un lungo elenco di oppositori e nemici di Francesco: “Potentati finanziari, multinazionali, mafie, terroristi islamici, trafficanti di armi, prelati arruffoni”. E, in questi giorni lo si è visto durante il Sinodo,  Francesco ha nemici anche all’interno delle mure vaticane…. 

Credo che si stia assistendo a due sinodi. Quello reale e quello dei giornali. Non voglio iscrivermi al partito dei complottisti né di quanti raccontano i lavori dei sinodali come fosse un derby di provincia. Ci sono naturalmente espressioni di dissenso, ma questo di per sé non è un’offesa. Il problema, semmai, sono i tentativi di disturbare i lavori con notizie fuorvianti o con il tentativo, da parte di alcuni ambienti intellettuali e giornalistici, di strumentalizzare anche chi, in buona coscienza, esprime opinioni differenti da quelle del Papa.

Non mancano neppure i Servizi Segreti. Che “compiti” hanno?

Gli 007 monitorano ovunque l’operato della Chiesa. E Bergoglio non ha fatto eccezione. Sin dagli anni argentini la Cia regolarmente trasmetteva dispacci sulle mosse dell’allora arcivescovo di Buenos Aires, arrivando a preconizzarne l’elezione già nel conclave del 2005. Dalla lettura di quei report, e da altri redatti da una potente agenzia di intelligence privata chiamata Stratfor, si intuisce la preoccupazione per una figura, come quella di Francesco, che può mettere in discussione i rapporti di forza nelle relazioni internazionali. Ma il papa, come ha dimostrato il capolavoro diplomatico di Cuba, ha dimostrato che il suo intento non è quello di dividere, ma semmai quello di costruire ponti e nuove alleanze improntate alla cooperazione tra i popoli.

Quali sono negli Usa i nemici del Papa?

Le ali estreme del partito repubblicano e gli ultraconservatori del Tea Party non risparmiano critiche a Francesco, soprattutto sul piano della critica economica e delle denunce per la difesa della terra. Un papa che dice che “questa economia uccide” e che insiste nel richiamare ciascuno alla salvaguardia del creato, risulta naturalmente scomodo a chi grazie proprio a questo sistema economico ha costruito ricchezze e spazi di potere, anche a costo di aumentare il numero dei poveri e depredare il pianeta.

E tra le Multinazionali e i potentati finanziari?

Il primo colpo lo ha battuto nel 2013 un economista di JP Morgan, poi sono arrivati giornali economici e gruppi di pressione i quali, come scrivo nel libro, si sono dati come scopo quello di screditare Francesco per difendere i propri interessi.

Con il “Giubileo della Misericordia” Bergoglio può diventare, come diceva prima, un obiettivo per gruppi terroristici come l’Isis. C’è paura?

Non credo che ci sia paura. Il Giubileo, come anche nel 2000, è una vetrina per gesti dal forte impatto mediatico, ma il livello di sicurezza di cui godono il papa e i fedeli hanno dimostrato di funzionare senza sbavature.

Ultima domanda: Cosa temono di Bergoglio i suoi nemici?

Il Papa ripete che il diavolo entra spesso attraverso il portafoglio. Potere e denaro sono certamente le “ricchezze” che “I nemici di Francesco” non vogliono perdere.