Brasile reale e Brasile virtuale. Un testo di Leonardo Boff

 

Per gentile concessione dell’autore pubblichiamo questa riflessione sulla situazione sociale brasiliana.

Esistono due Brasili, ma con logiche e dinamiche differenti.

C’è il Brasile predominante, profondamente diseguale e perciò profondamente ingiusto che riproduce una società malvagia, non ha né compassione né misericordia verso le grandi maggioranze. Secondo l’IPEA, 71 multimiliardari , ossia 5 mila famiglie allargate possiedono gran parte della ricchezza nazionale e dimostrano un ridottissimo senso sociale, insensibili alla disgrazia di milioni che vivono nelle centinaia di favelas che circondano quasi tutte le nostre città. È da questi che ha origine, in gran parte, l’odio e la discriminazione che nutrono per i poveri e per i figli e le figlie della schiavitù. Cose che avvengono anche ai nostri giorni.

Non sono d’accordo assolutamente col pessimismo di Paulo Prado in un libro del 1928 dal taglio ironico: “Retrato do Brasil: ensaio sobre a tristeza brasileira”. Per lui, tristezza, pigrizia, lussuria e avidità sarebbero i tratti specifici del brasiliano. C’è gente che pensa ancora così, a dispetto di tutto quello che è stato fatto in campo sociale.

A fianco di queste distorsioni, vive un altro lato dello stesso Brasile, quello dei poveri che lottano coraggiosamente per sopravvivere, che in mezzo alla miseria fa trasparire una gioia che viene dal di dentro, che danzano e venerano il loro santi e le loro sante forti e non hanno bisogno di credere in Dio, perché lo sentono a pelle e ad ogni passo della loro vita. È il Brasile dei disprezzati dai settori conservatori, che hanno come bussola il PIL e i consumi. Questi disprezzati vengono considerati meno che zero, olio esausto, inservibili per il sistema, perché producono poco e consumano ancor meno.

Questo Brasile così spaccato, con lati contrapposti, costituisce una contraddizione viva e scandalosa. Possiede un’eredità tragica, che giunge fino a noi dell’eccidio dei nativi e che ancora persiste; del colonialismo, che ci ha regalato il complesso dei buoni a nulla e che penetrò in forma di archetipo psicológico nella casa Grande del Signore bianco e nella Senzala degli schiavi negri; si manifesta nel fossato che spacca il paese da cima a fondo e ci rende eredi di una repubblica con democrazia, più farsa che realtà, dato che è composta – ancora oggi – nella sua stragrande maggioranza da corrotti che approfittano del bene pubblico per realizzare fortune private (patrimoni).

Il popolo brasiliano, frutto dell’amalgama di individui provenienti da 60 paesi differenti, non ha ancora finito di nascere. È in corso il suo farsi nonostante le contradizioni, indica un meticciato ben riuscito, che potrà configurare il volto singolare del Brasile come potenza dei tropici. Il Brasile sopradescritto mi pare quello reale, pieno di ingiustizie e contraddizioni.

Ma c’è ancora un ulteriore Brasile, è il Brasile dell’immaginario, che vive nei sogni del popolo. Un Brasile grande, amata patria, benedetto da Dio, Brasile fatto di calda umanità, di musica popolare, di ritmi africani, di calcio, di carnevale, di belle spiagge, di bella gente. Questo smuove i sentimenti del popolo.

È l’utopia Brasile, che, come ha insegnato il maestro Celso Furtado che “è frutto di dimensioni segrete della realtà, di un affiorare di energie compresse che anticipa l’allargamento dell’orizzonte delle opportunità, aperto a una società che vogliamo giusta, fraterna e felice”. (cf. Em busca de novo modelo: reflexões sobre a crise contemporânea, 2002 p. 37).

Questo Brasile esiste solamente in sogno, ma sta nascendo; ci dà forza di sopportare le amarezze del presente. Il sogno e l’utopia appartengono alla realtà nel suo stato potenziale e virtuale.l dato è compiuto e non esaurisce le virtualità del reale. Se come realtà future sono queste le realtà che antevediamo e ci conservano la giovialità e alimentano la speranza che i corrotti di oggi, i nemici della democrazia, che votano l’impeachment della Presidentessa Dilma, non trionferanno. Saranno cancellati dalla memoria collettiva. Stigmatizzati, cenere e polvere copriranno i loro nomi.

La nostra sfida è far incontrare il Brasile reale con il Brasile virtuale, che contenendo più verità dell’altro modellerà la vera immagine del nostro paese.

(Leonardo Boff, scrittore e columnist del JB on line e ecoteologo)

Traduzione di Romano Baraglia e Lidia Arato.

Dal sito: https://leonardoboff.wordpress.com/2016/04/28/brasile-reale-e-brasile-virtuale/

Resistenza: la preghiera del ribelle di Teresio Olivelli

in-divisa-da-ufficiale-degli-alpini-con-il-cappello-marzo-1942Per ricordare questa data del 25 Aprile, nel 71°  anniversario della Liberazione dal Nazifascismo,  proponiamo questo testo, famoso tra i partigiani cattolici, di un martire dell’antifascismo e medaglia d’oro al valor Militare: Teresio Olivelli.

Cattolico, docente universitario, impegnato nella Fuci e nell’ Azione Cattolica. Il suo antifascismo fu frutto di una maturazione spirituale e intellettuale profonda.

Scrive, infatti, lo studioso della Resistenza cattolica, Angelo Paoluzzi che : “Il fascismo aveva condizionato la sua formazione intellettuale, anche se non era riuscito a intaccare il suo fervore religioso espresso nell’attività dell’Azione cattolica, della Fuci, delle Conferenze di San Vincenzo e in concreta carità quotidiana. Littore, giornalista, giovanissimo rettore del Collegio Ghisleri, sembrava aver risolto in sé le contraddizioni tra fascismo e fede anche se il suo iniziale antisemitismo non reggerà agli approfondimenti culturali e spirituali che lo portano a scoprire la falsità del mito della razza e, con esso, la povertà culturale del regime.

La guerra, alla quale Olivelli non si sottrasse (andrà volontario in Russia), gli darà la chiave degli errori professati, la consapevolezza che non tutto si risolve in una ipotetica eticità dello Stato, per sostituire i propri ad altri valori morali e religiosi. L’anno della svolta, il 1943, lo trova preparato. Aderisce sin dall’inizio alla lotta clandestina, organizza bande partigiane, fonda nel marzo 1944 il giornale “Il Ribelle”, diventa un esponente della Resistenza prima a Brescia poi a Milano. Qui sarà arrestato per la terza volta (era già evaso in due occasioni da campi di concentramento) nell’aprile del 1944 e, dopo mesi di detenzione e una serie di feroci interrogatori che non lo videro crollare, fu inviato a novembre a Hersbruck” (fonte). E qui, nel campo di Hersbruck, sarà ucciso a bastonate da un Kapò per aver difeso un prigioniero dalla violenza criminale di un aguzzino.

Olivelli divenne l’ispiratore dei “Ribelli per Amore”, ecco il senso della ribellione : Ribelli: così ci chiamano, così siamo, così ci vogliamo. Il loro disprezzo è la nostra esaltazione. Il loro ‘onorato’ servaggio alla legalità straniera fermenta l’aspro sapore delle nostre libertà. La loro sospettosa complice viltà conforta la nostra fortezza. Siamo dei ribelli: la nostra è anzitutto una rivolta morale”.

Per le sue virtù eroiche di Testimonianza della Fede nella Chiesa Cattolica, in corso c’è la causa di beatificazione, è considerato “Venerabile” .

Di seguito il Testo della preghiera della Preghiera del Ribelle:

Signore, facci liberi,

Signore che fra gli uomini drizzasti la Tua Croce, segno di contraddizione, che predicasti e soffristi la rivolta dello spirito,

contro le perfidie e gli interessi dei dominanti, la sordità inerte della massa,

a noi oppressi da un giogo numeroso e crudele che, in noi e prima di noi,

ha calpestato Te fonte di libere vite, dà la forza della ribellione.

Dio, che sei Verità e Libertà, facci liberi e intensi; alita nel nostro proposito, tendi la nostra volontà, moltiplica le nostre forze, vestici della tua armatura.

Noi ti preghiamo Signore,

Tu che fosti respinto, vituperato, tradito, perseguitato, crocifisso, nell’ora delle tenebre ci sostenti la Tua vittoria: sii nell’indulgenza viatico, nel pericolo sostegno, conforto nell’amarezza. Quanto più si addensa e incupisce l’avversario, facci limpidi e diritti.

Nella tortura serra le nostre labbra. Spezzaci, non lasciarci piegare.

Se cadremo fa che il nostro sangue si unisca al Tuo innocente

e a quello dei nostri Morti a crescere al mondo giustizia e carità.

Tu che dicesti: “Io sono la resurrezione e la vita”, rendi nel dolore all’Italia una vita generosa e severa. Liberaci dalla tentazione degli affetti: veglia sulle nostre famiglie.

Sui monti ventosi e nelle catacombe delle città, dal fondo delle prigioni,

noi Ti preghiamo, sia in noi la pace che Tu solo sai dare.

Dio della pace e degli eserciti, Signore che porti la spada e la gioia, ascolta la preghiera di noi “ribelli per amore”.

“Muri e barriere alimentano l’industria illegale del traffico di persone”. Intervista a Massimo Franco

 

cop.aspxLa giornata di oggi è segnata dalla visita di Papa Francesco all’Isola greca di Lesbo. Qui sono state accolte migliaia di profughi. “Cari amici, oggi ho voluto stare con voi. Voglio dirvi che non siete soli”. Papa Francesco con queste parole si è rivolto ai profughi ospiti al Moria Refugee Camp a Lesbo, isola greca diventata, come la nostra Lampedusa, l’ emblema dell’emergenza profughi distante solo otto chilometri dalla Turchia. Nella visita, il Pontefice, ha rivolto un accorato appello all’Europa sia solidale con i profughi. Già l’Europa, un Continente che è attraversato da spinte xenofobe, da paure e fragilità politiche. Quali sono le “radici” di queste paura dell’Europa? La propaganda populista parla di “assedio” all’Europa. Ma è davvero così?
Ne parliamo, in questa intervista, con Massimo Franco editorialista e cronista politico del Corriere della Sera. Di Massimo Franco è uscito, da pochi giorni, per Mondadori il libro “L’Assedio. Come l’immigrazione sta cambiando il volto dell’Europa e la nostra vita quotidiana” (pagg. 167, € 18,50)

Massimo Franco, lei nel suo libro, davvero molto documentato, cerca di sfatare una parola molto usata, dalla propaganda delle forze populiste, quando si parla di Immigrazione: Assedio. Una parola definita come “parola matrioska”. Insomma Per lei sarebbe più corretto parlare di “sindrome dell’assedio”. Può spiegarci perché?

Perché’ in realtà l’assedio dei migranti e solo l’ultimo in ordine di tempo. Quelli veri sono cominciati da anni e non provengono dall’esterno ma dall’interno dei confini europei: è l’assedio dei nazionalismi all’idea di Europa, il loro continuo preoccuparsi solo di interessi domestico, non continentali, salvo poi accusare l’Ue di non funzionare. I migranti sono la “bambolona” più esterna e vistosa dell’assedio. Ma dentro la matrioska dell’assedio  ce ne sono altre, figlie delle contraddizioni europee.

UnknownVeniamo all’Europa. Nella sua analisi parla della fine del “Continente perfetto”, ovvero un Continente attraversato dalla paura, dal pregiudizio, dalla creazione di nuovi muri e nuovi ghetti. Una Europa che ha manifestato, lei scrive nel libro, “un grave deficit di compassione”  (lo dice parlando dell’Est Europeo, ma può essere esteso, secondo me, anche agli altri). Le chiedo quali sono le “radici” di questo salto all’indietro, rispetto all’89, europeo?

Il salto all’indietro nasce dalla crisi economica, dalla mancanza di visione sul futuro, da un allargamento a Est che è stato affrettato, è troppo puntato sull’economia senza considerare la maturazione politica di Paesi isolati per oltre mezzo secolo dall’Europa occidentale a causa del comunismo. Nel momento in cui l’Europa deve fronteggiare un problema strutturale come l’immigrazione, tutte le fragilità emergono e si aggravano. Ma l’immigrazione le rivela non ne è’ la causa. E rivela anche quanto il mito di un’Europa pacifica, demografica, solidale, priva di barriere, ricca, insomma “perfetta”, si basasse su premesse illusorie.

Questo fenomeno epocale dell’immigrazione (durerà 20 anni, secondo una previsione di un generale americano) interpella anche la Chiesa Cattolica e le altre Chiese. La posizione del Papa Francesco è molto chiara, le visite a Lampedusa e a Lesbo sono state emblematiche, ma c’è chi, invece, vede l’immigrazione come un “cavallo di Troia” dell’Islam che minaccia la “civiltà cristiana” (quale???). Insomma sono i fautori della “religione dei muri” contro quella “religione dei ponti” di Papa Francesco . Le chiedo quali sono i “protagonisti” di questa assurda “religione dei muri o del filo spinato” e qual è il loro peso?

Sono quanti usano la religione cristiana come alibi per fermare i migranti: anche se spesso a livello di governi europei sono alcuni fra quelli che hanno sempre declinato la modernità e il progresso come negazione della religione, decantando le virtù della secolarizzazione del Vecchio continente. Nel mondo ecclesiastico, sono gli interpreti di un cristianesimo chiuso, difensivo, autarchico, quasi “etnico”. Per questo, di nuovo, i Migranti sono solo un sintomo di divisioni anche religiose: il pretesto per affermare una visione del cristianesimo e del cattolicesimo che contrasta con quella di Papa Francesco.

Lei parla, nel libro, anche dell'”Internazionale della xenofobia” (da Trump alla Le Pen passando per Salvini) che è stata capace, purtroppo, di imporre i suoi slogan all’agenda politica europea . insomma davvero dobbiamo rassegnarsi a questa deriva?

Rassegnarci no, anche perché accelererebbe la fine dell’Europa come l’abbiamo conosciuta. Preoccuparci si, perché la paura genera reazioni emotive che possono essere strumentalizzate. Il rischio vero e che l’Internazionale della xenofobia pieghi e distorca in senso razzista le agende dei governi, anche senza governare.

Lei parla di “industria dell’immigrazione”, cos’è?

E’ la conversione silenziosa di alcuni segmenti dell’imprenditoria occidentale per fare soldi con i migranti: soldi leciti e da parte delle organizzazioni criminali illeciti.

Quello che alcuni non vogliono capire, per ignoranza o per cinico calcolo, è che muri e barriere alimentano l’industria illegale del traffico  di persone, la perfezionano, la professionalizzano, senza in realtà’ fermare le masse di profughi.

Si parla di miliardi di euro di guadagni, dai Paesi di partenza a quelli europei. La società italiana come sta rispondendo all’Immigrazione?

C’è preoccupazione e paura come nel resto d’Europa. Ma più che per il numero in se dei profughi, che rimane non alto, dal timore che aumenti senza che il governo e le strutture pubbliche siano in grado di gestirlo; e dalla sensazione che l’Ue lasci sola l’Italia. Ma il governo sta seguendo a mio avviso una politica giusta, di richiamo alla responsabilità e alla collaborazione dell’Ue. D’altronde, siamo in una posizione geografica sovraesposta.

Ultima domanda:  la politica europea può avere ancora una “riserva etica” di resistenza al populismo?

Dovrebbe averla, e nazioni come la Germania e l’Italia cercano di riaffermarla e di ribadirla, anche perché ‘ la demografia ci obbliga a fare ricorso agli immigrati. Ma l’imprevidenza dimostrata di fronte alle migrazioni del 2015 rende tutto molto difficile. Le riserve etiche in realtà sono state in parte erose nel passato dai problemi ed agli egoismi dei singoli Paesi europei; e dalla destabilizzazione di alcune aree mediorientali e nordafricane da parte dell’Occidente, che ora è condannato a vedersi investire dal detriti geopolitici dei suoi errori.

Amoris Laetitia è un testo che vale un pontificato. Int. a Giacomo Galeazzi

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Sta facendo discutere l’opinione pubblica l’esortazione apostolica di Papa Francesco “Amoris Laetitia”. Un testo che segna una svolta nella pastorale sulla Famiglia nella Chiesa Cattolica. Quali sono le aperture? E quali i limiti? Troverà una “resistenza” all’interno della comunità ecclesiale? Ne parliamo, in questa intervista, con il vaticanista della Stampa Giacomo Galeazzi.

Galeazzi, “Amoris Laetitia”, che è un testo lungo e complesso (264 pagine) da meditare con profondità, è stata definita, da qualche osservatore, come una nuova “costituzione” per le famiglie. Perché?
“Francesco applica il vangelo della misericordia alla pastorale familiare. «Non cambia niente, ma cambia tutto», ha sintetizzato efficacemente il quotidiano dei vescovi, Avvenire. Con l’Amoris laetitia, infatti,tutto può cambiare. Niente cambia in termini di dottrina, tutto cambia e può cambiare se di questa dottrina, per grazia, se ne assumono gli occhi e il cuore che sono quelli di Cristo in carne e ossa. Per una volta Francesco è riuscito a mettere d’accordo il giornale della Cei e Noi siamo chiesa, il cartello del dissenso teologico che rilevando lo stesso cambio di prospettiva celebrato da Avvenire commenta: «spetterà al popolo cristiano praticare nuove strade che ora non sono più chiuse come prima, a repressione di ogni riflessione teologica o di ogni proposta pastorale è terminata”. Un testo che unisce, in grado di parlare della famiglia e alle famiglie, tenendo presente l’importanza dei principi che devono essere praticati, senza mai venire meno al dialogo e al concetto del discernimento, senza mai dare per scontata la formulazione di una verità. Dio ha affidato alla famiglia il progetto di rendere domestico il mondo, affinché tutti giungano a sentire ogni essere umano come un fratello”.

Parliamo, un attimo, del titolo “Amoris Laetitia” (la gioia dell’amore). A me ha colpito la parola “Laetitia” (gioia), per me è la chiave di lettura di tutto il documento. Per lei?
“Sono d’accordo. Per Francesco è nella famiglia che bisogna imparare il linguaggio amabile di Gesù. L’Esortazione apostolica «Amoris Laetitia, sull’amore nella famiglia» chiude un percorso durato due anni. Francesco ha voluto infatti dedicare al tema della famiglia, centrale nel suo magistero, ben due Sinodi durante gli ultimi due anni. Il documento, summa delle discussioni sinodali, risponde alle sfide che il mondo moderno pone alla Chiesa riguardo le problematiche di sposi, figli, coppie divorziate e nuove forme di famiglia. L’argomento dei divorziati risposati è stato il più controverso e dibattuto dell’Assemblea dei porporati ed è il riflesso di una società in cambiamento in cui, oggettivamente, il problema si sente. E affrontando direttamente il tema dell’assoluzione sacramentale ai divorziati risposati afferma che «per quanto riguarda la disciplina sacramentale» in effetti «il discernimento può riconoscere che in una situazione particolare non c’è colpa grave». Affermazioni sempre bilanciate da riferimenti puntuali ai punti di vista dei più conservatori ma fondate sul ritorno al primato della coscienza che è nella dottrina di San Tommaso ma la Chiesa aveva di fatto abbandonato con la Familiaris consortio e la Veritatis Splendor di Giovanni Paolo II”.

Fedele all’impostazione bergogliana, il documento è mosso da una logica inclusiva nella pastorale famiglia. Può spiegare in breve questo approccio?
“L’Esortazione è una mano tesa a quanti sino ad ora si sentivano allontanati dalla Chiesa. I divorziati che vivono una nuova unione, scrive papa Bergoglio accogliendo i propositi dell’ala progressista della Chiesa, possono trovarsi in situazioni “molto diverse”, che non devono essere “catalogate” o “rinchiuse in affermazioni troppo rigide”.Il documento esamina le situazioni che sono in contraddizione con il progetto di Dio sulla coppia, sull’uomo e sulla donna, sulla famiglia, ma, come ha opportunamente sottolineato il priore di Bose Enzo Bianchi, lo fa invitando la Chiesa a non dividere le persone tra “giuste” e “ingiuste”, in “sani” e in “peccatori” all’interno della situazione matrimoniale, che ha sempre bisogno della misericordia divina e non di erigere muri morali. Alla fine l’apertura di Francesco sulla comunione per i divorziati risposati è arrivata. In maniera “morbida”, con discernimento di coscienza per i sacerdoti caso per caso, ma c’è stata”. I Padri sinodali, nella relazione finale avevano chiesto che i battezzati divorziati e risposati civilmente fossero più “integrati” nelle comunità cristiane nei diversi modi possibili. Ed è quello che il Papa ha fatto: “Papa Francesco ha posto la sua esortazione sotto la frase guida: ‘Si tratta di integrare tutti’. Tutti abbiamo bisogno di misericordia, tutti. Siamo tutti in cammino”. Ha commentato il cardinale Christoph Schönborn, arcivescovo di Vienna e padre sinodale, alla conferenza stampa di presentazione dell’esortazione. “La lettura del documento è confortante – ha detto Schönborn -: nessuno deve sentirsi condannato, nessuno disprezzato”.

Veniamo ai contenuti. La visione sulla famiglia del documento è una visione positiva ma realistica. Anzi c’è una critica verso una visione astratta della famiglia. È da questa visione che possiamo comprendere le aperture del documento. Quali sono?
“Nel descrivere le linee guida della Chiesa per la famiglia, Francesco propone anche un'”autocritica”, indicando alcuni atteggiamenti che vanno superati: l’eccessivo peso dato al “dovere della procreazione” nel matrimonio, l’insistenza quasi esclusiva, “per molto tempo”, su “questioni dottrinali, bioetiche e morali”, una concezione troppo “astratta”, negativa, e un “atteggiamento difensivo” nei confronti del mondo. “Dobbiamo essere umili e realisti, per riconoscere che a volte il nostro modo di presentare le convinzioni cristiane e il modo di trattare le persone hanno aiutato a provocare ciò di cui oggi ci lamentiamo, per cui ci spetta una salutare reazione di autocritica”, scrive Jorge Mario Bergoglio. L’apertura ai divorziati risposati è arrivata, di suo pugno. L’argomento dei divorziati risposati è stato il più controverso e dibattuto dell’Assemblea dei porporati ed è il riflesso di una società in cambiamento in cui, oggettivamente, il problema si sente. I divorziati che vivono una nuova unione, scrive Bergoglio accogliendo i propositi dell’ala progressista della Chiesa, possono trovarsi in situazioni “molto diverse”, che non devono essere “catalogate” o “rinchiuse in affermazioni troppo rigide”.Oggi, osserva il Papa, non è più possibile dire che “tutti coloro che si trovano in qualche situazione cosiddetta ‘irregolare’ vivano in stato di peccato mortale, privi della grazia santificante”.

Vi sono anche delle “chiusure”?
“Alle nozze gay non poteva che opporsi. Qualcosa è cambiato in assoluto, ma in un cambiamento che non è una rottura della dottrina. Ad esempio, ribadisce il suo no alle coppie di fatto: “Dobbiamo riconoscere la grande varietà di situazioni familiari che possono offrire una certa regola di vita, ma le unioni di fatto o tra persone dello stesso sesso, per esempio – scrive – non si possono equiparare semplicisticamente al matrimonio. Nessuna unione precaria o chiusa alla trasmissione della vita ci assicura il futuro della società”. “Ma chi – prosegue – si occupa oggi di sostenere i coniugi, di aiutarli a superare i rischi che li minacciano, di accompagnarli nel loro ruolo educativo, di stimolare la stabilità dell`unione coniugale?”.

Pensa che il documento troverà difficoltà ad essere recepito all’interno della Chiesa?
“Le stesse resistenze che hanno trovato le aperture del Concilio Vaticano II, ma alla fine al linea di Francesco avrà la meglio perché è quella del vangelo. il Papa incoraggia un “discernimento personale” dei casi particolari, che dovrebbe riconoscere che, “poiché il grado di responsabilità non è uguale in tutti i casi”, le conseguenze di una norma non possono essere sempre le stesse, e qui, in una nota, il Papa specifica: “Nemmeno per quanto riguarda la disciplina sacramentale”. Inoltre la sessualità «è un regalo meraviglioso» che Dio ha fatto alle sue creature e nella vita dei coniugi non può essere limitato alla necessità della procreazione. «In nessun modo possiamo intendere la dimensione erotica dell’amore – sottolinea Papa Francesco – come un male permesso o come un peso da sopportare per il bene della famiglia, bensì come dono di Dio che abbellisce l’incontro tra gli sposi”.

Ultima domanda : L’amoris laetitia è un documento che vale un pontificato?
“Sì perché al di là della questione dei divorziati che vivono una nuova unione, il corposo documento del Papa abbraccia a trecentosessanta gradi la famiglia, non quella «ideale» delle pubblicità, come lui stesso in diversi passaggi sottolinea, ma quella «così come è». «Non è più possibile dire che tutti coloro che si trovano in qualche situazione cosiddetta `irregolare´ vivano in stato di peccato m ortale, privi della grazia santificante», chiarisce infatti Francesco che tirando le fila dei due Sinodi sulla famiglia, concede in questo modo, ma caso per caso, conviventi i sacramenti e la facoltà di essere padrini, lettori e catechisti ai divorziati risposati. ortale, privi della grazia santificante”, chiarisce infatti Francesco che tirando le fila dei due Sinodi sulla famiglia, concede in questo modo, ma caso per caso, conviventi i sacramenti e la facoltà di essere padrini, lettori e catechisti ai divorziati risposati”.

Sanità: in fumo per corruzione e frodi 6 miliardi di euro all’anno. Intervista a Carla Collicelli (Censis)

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La corruzione nel nostro Paese dilaga. E tra i settori ad alta densità di corruzione c’è la Sanità italiana. A Roma il prossimo 6 Aprile si svolgerà, nella mattinata, presso “Tempio di Adriano” la presentazione, nell’ambito della prima giornata nazionale contro la corruzione nella Sanità, Progetto “Curiamo la corruzione”. Saranno forniti i risultati del progetto. Ne parliamo con la Professoressa Carla Collicelli, docente universitario di Sociologia del Welfare e della salute in diversi atenei romani. Collicelli è anche Advisor scientifico Fondazione Censis e componente del Comitato di coordinamento del Progetto “Curiamo la corruzione”.

Dottoressa Collicelli, le cronache giudiziarie, ormai quasi quotidianamente, ci informano di episodi gravi di corruzione. La corruzione è, ormai, endemica al “Sistema Italia”. La Sanità italiana gioca, purtroppo, un ruolo da protagonista nella corruzione. A quanto ammonta, in miliardi di Euro, la cifra della corruzione nella Sanità?

Non è facile quantificare fenomeni, come quello della corruzione, che per definizione sfuggono agli accertamenti ed ai controlli. L’attenzione che da qualche tempo a questa parte si è risvegliata sul tema ha stimolato però studi ed analisi che consentono, oggi rispetto a ieri, di avere una idea più precisa, anche se ancora approssimativa, del peso economico e sociale dei fenomeni corruttivi. Nell’ambito del Progetto «Curiamo la corruzione», condotto da Transparency International Italia, Censis, Ispe Sanità e RiSSC, ed i cui ultimi risultati saranno resi noti nell’ambito della prima Giornata nazionale contro la corruzione in sanità, che si terrà alle ore 9 del 6 aprile al Tempio di Adriano a Roma, molti passi avanti sono stati compiuti nella direzione della quantificazione della corruzione nella sanità italiana. Fino ad oggi sappiamo, sulla base delle stime precedenti, che tra corruzione e frodi almeno 6 miliardi di euro, cioè più del 5% della spesa sanitaria pubblica, vengono bruciati. E del resto la stessa Guardia di finanza ha intercettato in sanità tra gennaio 2014 a giugno 2015 un danno erariale per 806 milioni di euro, pari al 14% del danno erariale complessivo.

La cifra di 6 Miliardi bruciati, tra corruzione e frodi, è una cifra astronomica. Non è certo una bella pubblicità per il nostro Paese. Nel “ranking” del “Global corruption barometer” a che punto siamo in questa classifica? Qual è la situazione a livello europeo?

In effetti il nostro paese non brilla nelle graduatorie internazionali per quanto riguarda la corruzione. Il nostro partner di Progetto, Transparency International Italia, ha segnalato a più riprese una posizione non lusinghiera dell’Italia nel “Corruption Perceptions Index”, il cui ultimo aggiornamento, presentato a Roma pochi giorni fa, colloca l’Italia al 61° posto su 167 paesi del mondo, ultima in Europa con l’eccezione di qualche paese balcanico. Germania e Regno Unito si trovano in decima posizione, la Francia al 32° e la Spagna al 36°, per fare riferimento ai paesi europei con cui solitamente ci confrontiamo. Il 54% degli italiani è convinto, d’altra parte, che la sanità nel nostro Paese sia corrotta. È un dato che ci pone al 69° posto nel ranking del “Global Corruption Barometer”, che classifica 107 Paesi del mondo.
Anche in questo caso l’Italia è preceduta da tutti i Paesi europei più avanzati. Del resto, sono circa 2 milioni gli italiani che ammettono di aver pagato una «bustarella» per ricevere favori in ambito sanitario.

Vi sono differenze anche in Italia: qual è la regione meglio classificata ?

Per quanto riguarda le differenze all’interno dell’Italia, si può fare riferimento ad uno studio svedese ed alle ricerche del Censis. Lo studio della Università di Gothenburg sulla qualità del governo locale in 18 paesi europei, condotto nel 2010 e poi nel 2013, colloca l’Italia al 24° posto rispetto ai 26 stati dell’Unione, seguita solo da Grecia, Croazia, Bulgaria e Romania.
Soprattutto lo studio svedese rileva anche le differenze riscontrabili a livello di regioni: per quanto riguarda l’Italia la variabilità interna è enorme, con regioni come Trento e Bolzano, Friuli Venezia Giulia e Valle d’Aosta che si collocano tra le prime 100 delle 210 regionieuropee, e regioni come Campania, Calabria e Molise, che si trovano agli ultimissimi posti.
Una ricerca del Censis, condotta nel 2010 per conto del Ministero della Salute (all’epoca del ministro Fazio) sulla qualità percepita e la soddisfazione degli utenti della sanità italiana, ha permesso di rilevare per la prima volta a livello di macro aree regionali che una quota di ricoverati ha avuto la sensazione che altri “pazienti ricevano trattamenti di favore” nel corso della degenza (9,4%), e nel corso del ricovero (9,4% nella media italiana e 16,6% nel sud e nelle isole). Dalla stessa ricerca emerge che la frequenza di casi di “malasanità” nella propria zona è ritenuta alta o abbastanza alta dal 24,4% degli italiani (41,7% nel sud e nelle isole).

Sempre secondo lo studio del Censis del 2010 il 30,3% ritiene molto o abbastanza probabile che un paziente ricoverato possa subire un grave errore medico; il 9% dei ricoverati ha osservato altri pazienti ricevere trattamenti di favore (il 16,6% nel sud e nelle isole); il 24,5% definisce molto o abbastanza frequenti i casi di malasanità nella propria zona (il 41,1% nel sud e nelle isole); il 38,6% considera quale principale ostacolo per il miglioramento dei servizi sanitari pubblici il malcostume di politici ed amministratori ed il 32,6% le pressioni e gli interessi dei privati. Né meraviglia che nell’agenda delle cose da fare per una assistenza sanitaria sostenibile si collochi al primo posto l’efficienza di strutture, servizi e personale (56,1%).

Quali settori della Sanità italiana sono più esposti al fenomeno corruttivo?

I settori più esposti alla corruzione notoriamente sono quelli degli appalti pubblici, degli acquisti di beni e servizi, e delle nomine dei dirigenti, anche se non mancano, come abbiamo visto, altre forme di inefficienza e spreco dovute a comportamenti irregolari o addirittura illegali in altri ambiti di attività. Nella Giornata del 6 aprile verranno resi i noti i risultati recentissimi del Progetto “Curiamolacorruzione” sulla qualità e quantità dei fenomeni corruttivi secondo gli stessi dirigenti delle aziende sanitarie ed ospedaliere, nonché sulla base dell’esame approfondito dei Piani Anticorruzione delle aziende e della analisi dei Conti economici.

Vi sono anche sprechi, frodi e nero (visite pagate senza regolare fatture). Come si sviluppa la “malasanità” nei comportamenti quotidiani?

I comportamenti e la responsabilità individuale sono alla base di tutto, ed è proprio per questo che il Progetto, oltre a quantificare le dimensioni del fenomeno, mira a mettere in campo strategie di contrasto che coinvolgano tutti i referenti istituzionali e portatori di interesse del settore, attraverso il lavoro del Tavolo Tecnico Pubblico Privato, ed anche ad animare iniziative innovative sul territorio, che sono in corso di realizzazione in una serie di Aziende pilota. Graie a questo tipo di interventi si intende agire sulla consapevolezza, competenza e responsabilità etica di tutti coloro che per il ruolo che ricoprono hanno voce in capitolo.

A che punto è la digitalizzazione della Sanità?

La digitalizzazione in sanità è in ritardo in Italia, e nell’ambito del progetto abbiamo ritenuto di sollevare la questione in quanto la consideriamo legata al fenomeno della corruzione. Come molti giustamente pensano, un utilizzo più intenso di internet nella pubblica amministrazione renderebbe le procedure più trasparenti, e così facendo si potrebbe dare più forza ai cittadini, facilitare i controlli, far risparmiare tempo e denaro, ridurre gli sprechi e gli ambiti di discrezionalità degli operatori.

Voi del Censis, come già detto, insieme a “Trasparency International Italia”, Ispe Sanità e RISSC (Centro Ricerche e Studi su Sicurezza e Criminalità), avete inaugurato il progetto “Curiamo la corruzione”. Come si sviluppa il progetto e quali gli obiettivi concreti?

Il Progetto “Curiamolacorruzione” di Transparency, Censis, Ispe Sanità e RISSC ha una durata di 3 anni e si distingue per l’ampiezza dell’approccio messo in campo, che è stato molto apprezzato in sede di valutazione da parte della Siemens Integrity Action. Oltre alle ricerche sulle caratteristiche quantitative e qualitative del fenomeno corruttivo in sanità, il progetto prevede una ampia azione di tipo comunicativo, volta a risvegliare l’attenzione sul tema, azioni locali nelle aziende sanitarie ed ospedaliere, il coinvolgimento degli stakeholder nella definizione delle strategie, la stesura di un Policy Paper e di un Policy Statement per indirizzare le azioni e molto altro ancora. Ci auguriamo che una simile azione integrata ci permetta di fare passi avanti significativi. E di questo soprattutto si parlerà mercoledì 6 aprile al Tempio di Adriano.