In settimana ci saranno incontri al tavolo tecnico per il rinnovo del contratto nazionale dei metalmeccanici. A che punto siamo con la trattativa? Quali le possibili novità? Lo chiediamo, in questa intervista, a Marco Bentivogli, Segretario Generale nazionale della Fim-Cisl.
Bentivogli, sono passati 6 mesi dall’inizio della trattativa e c’è stato anche uno sciopero generale unitario…. Mi scuso per la provocazione, ma ci sono un milione e seicento mila di metalmeccanici che aspettano qualche risultato. A che punto siete?
Con lo sciopero del 20 aprile, che ha registrato una grandissima partecipazione dei metalmeccanici di tutta Italia, abbiamo dato un segnale forte a Federmeccanica che era arroccata da oltre sei mesi e 13 incontri sulle stesse posizioni, proprio perché nessuno di noi – oggi meno che mai – bisogna accelerare i tempi, contrariamente a quello che ha dichiarato il Presidente di Federmeccanica, Fabio Storchi.
Su molti aspetti della parte normativa (welfare, diritto soggettivo alla formazione, smart working, etc) si sono stati importanti passi in avanti, rimangono invece distanti le posizioni sul salario, con Federmeccanica “marmorizzata” sulla proposta del dicembre scorso.
Non possiamo perdere tempo, se non si entra nel vivo della trattativa, si guastano le relazioni e i contenuti del negoziato, anche gli obiettivi positivi finora raggiunti. E’ per questo che, dopo lo sciopero, abbiamo detto a Federmeccanica di cambiare passo: abbiamo chiesto un calendario di confronto serrato, quasi giornaliero. I prossimi incontri sono stati fissati per il 10, 11, 16 e 17 maggio per il confronto in sede tecnica sui primi testi e il 18 o 19 maggio per il confronto in ristretta con le segreterie nazionali. L’obiettivo è quello di accorciare le distanze che ancora ci separano nel minor tempo possibile, proprio per dare risposte certe e rapide ai lavoratori. I passaggi che abbiamo davanti sono stretti, la controparte, ha spiegato alle imprese che l’accordo sarà uguale alla loro piattaforma. Modalità non solo inaccettabile ma che rende tutto più lento e complicato.
Lei ha definito questo “rinnovo contrattuale” come il più “difficile della storia”. Quali sono le ragioni di questo sua affermazione?
Questo contratto si inserisce in un contesto delicatissimo e molto complicato, per molti aspetti inedito nella storia dei rinnovi contrattuali dei metalmeccanici.
In un contesto in cui rimane viva la crisi e alta la disoccupazione (soprattutto giovanile, al 38% contro il 22% della media europea), si aggiunge il fatto che il nostro Paese oggi sta vivendo un periodo di deflazione, tanto che gli imprenditori volevano addirittura indietro metà degli aumenti concessi con il contratto precedente. Tutto ciò in assenza di regole aggiornate sulle relazioni industriali. C’è poi un sistema industriale spaccato, tra chi non ha subito o sta superando la crisi e chi è stato invece falcidiato dalla recessione. In questa condizione la nostra controparte punta in sostanza ad azzerare il contratto nazionale, è per questo che ho definito la proposta di Federmeccanica “un contratto valigia in mano”.
In gioco non c’è solo il rinnovo del contratto, la vera sfida è innovare il sistema delle relazioni sindacali e industriali del nostro Paese, puntando in particolare sulla partecipazione dei lavoratori alle scelte aziendali.
Veniamo ai punti della trattativa: Federmeccanica punta sul secondo livello, voi sulle garanzie del Contratto Nazionale”. Su che basi avverrà la mediazione? In tempi di “Jobs act” la vedo dura….
Le cose non stanno esattamente così. Se si vuole puntare sul secondo livello bisogna contemplare anche la contrattazione territoriale e premiare chi fa la contrattazione aziendale e non chi da’ salario individuale in modo unilaterale senza nessuna trasparenza meritocratica. Noi pensiamo che il contratto nazionale debba mantenere una forza di garanzia per tutti, fornendo un salario equo e che tuteli il potere d’acquisto e una cornice di regole e tutele condivise che valgano per tutti i lavoratori. Al contempo però sosteniamo che vada assolutamente rafforzata la contrattazione di secondo livello, laddove la ricchezza è prodotta, nella dimensione aziendale ma anche territoriale, per riuscire a fare sistema e raggiungere tutte le aziende, anche quelle più piccole, ridistribuendo perciò la ricchezza a seconda della produttività.
Il contratto dei metalmeccanici riguarda 1 milione e 600 mila di persone, è il più grande del settore privato: abbiamo la responsabilità di trovare – noi e Federmeccanica – un equilibrio che non lasci fuori nessuno.
Non è vero che la mediazione non sia possibile: occorre serietà, impegno e responsabilità da parte di tutti, insieme alla capacità di andare oltre pregiudizi e resistenze reciproche.
Se, come dicevo, questo è il contratto più difficile della storia, occorre coraggio per poterla scrivere la storia. La Fim, in questo, è pronta.
Quali sono gli altri punti strategici del rinnovo contrattuale dove maggiore è la distanza con Federmeccanica?
Sul welfare (previdenza e sanità integrativa), sul diritto soggettivo alla formazione, sul rilancio dell’apprendistato come strumento di alternanza scuola-lavoro, sulla conciliazione tempi vita/lavoro e sui diritti dei lavoratori migranti ci sono disponibilità da parte di Federmeccanica che chiedevamo da anni.
Distanti sono invece ancora le idee sulla partecipazione dei lavoratori, sull’inquadramento professionale (fermo al 1973) e quella relativa alla proposta salariale, rispetto alla quale Federmeccanica è “marmorizzata” sulla proposta fatta a Dicembre dell’anno scorso.
Sul salario la posizione di Federmeccanica è scandalosa: propone l’aumento dei minimi solo per il 5% dei metalmeccanici. come rispondete ? Qual è l a vostra proposta salariale? Ci saranno nuovi inquadramenti ?
Come dicevo, proprio per il contesto in cui si colloca questo rinnovo contrattuale e per la sua importanza, non possiamo permetterci (né noi, né Federmeccanica, a mio avviso) di lasciare fuori nessuno. La proposta salariale di Federmeccanica, invece, di fatto smonta la base del contratto nazionale perché si rivolge soltanto al 5% dei lavoratori, con aumenti posticipati di 15 mesi e senza retroattività.
Infine la proposta presentata non da’ alcuna garanzia di collegamento tra gli accordi aziendali e la produttività, che è ciò che serve invece per rafforzare gli investimenti, aumentare i salari e spingere l’occupazione. Ci sarebbe un minimo di garanzia fissato da Federmeccanica che cesserebbe di essere il contratto “prevalente” con tutto ciò che ne consegue sulla sua efficacia erga omnes.
Con questa ipotesi saranno solo le piccole imprese a pagarne il costo più alto, non si miglioreranno né salari né produttività e si avrà una “balcanizzazione” delle relazioni industriali.
Dobbiamo assolutamente preservare il ruolo di tutela del contratto nazionale, garantendo potere d’acquisto per tutti i lavoratori del settore. Nelle aziende oggi viene erogato un salario aziendale mensilizzato (contrattato e soprattutto non contrattato) che va ricondotto ad uno schema più evoluto di inquadramento professionale e di contrattazione aziendale.
Gli inquadramenti professionali, cristallizzati da troppo tempo, devono essere rinnovati e aggiornati per rispondere meglio ai nuovi ruoli che svolgono oggi operai e impiegati nelle nuove fabbriche in quella che molti definiscono la quarta Rivoluzione Industriale.
In questo la formazione, al pari del salario e del diritto alla salute e sicurezza, diventa un elemento strategico all’interno delle richieste che stiamo facendo nel rinnovo del contratto.
Veniamo alla partecipazione dei lavoratori. Questo è un fattore importante, quale sarà il vostro modello di riferimento?
In molti, anche tra gli imprenditori, sono affezionati al solo contratto nazionale perché non vogliono un ruolo attivo dei lavoratori e del sindacato in azienda.
Noi invece riteniamo che anche un semplice coinvolgimento oggi non basti più: la vera sfida sull’innovazione si può vincere solo concretizzando la piena e concreta partecipazione dei lavoratori alle scelte aziendali e a quelle organizzative. E’ un salto culturale di qualità che deve fare tutto il mondo del lavoro, in Industry 4.0 i lavoratori devono essere protagonisti, e non solo spettatori, di ciò che accade. Questo a vantaggio anche delle aziende.
Va poi superato il tabù di Federmeccanica contro i contratti territoriali; ancora oggi il 63% delle aziende metalmeccaniche italiane sono piccole imprese che non hanno il contratto aziendale. Fare sistema in Italia pare essere una cosa complicata, in realtà è l’unica strada per migliorare condizioni di lavoro, produttività e occupazione. Dico sempre che è il momento di fare poche cose, chiare, precise, ma di farle tutti insieme.
Ultima domanda: L’unità, finalmente tra voi, porterà ad una nuova FLM, ovviamente rinnovata?
Il nostro è un tentativo di ricomposizione che deve stare alla larga da un ruolo difensivo. L’unità per scioperare e magari non fare il contratto non ci interessa. Bisogna tenere insieme protesta e proposta. L’FLM, quando fu costituita nel 1973, fu l’esito di un percorso di battaglie comuni degli anni Sessanta, ma soprattutto fu l’approdo di una sintesi alta di posizioni diverse, in un contesto di rispetto reciproco e di libertà di espressione da parte dei protagonisti del tempo.
Oggi purtroppo veniamo da un periodo di forti divisioni, in cui molto spesso il rispetto reciproco delle posizioni in molte fabbriche non c’è stato: i nostri delegati hanno subito molti attacchi e ferite, per i contratti firmati separatamente e per la responsabilità agita in quel contesto. Queste ferite non si cancellano in un giorno.
Lo sciopero unitario che abbiamo fatto il 20 aprile, il primo dopo otto anni, è stato preceduto da attivi regionali dei delegati in cui abbiamo tutti richiamato il rispetto di poter avere idee diverse e di esprimerle liberamente.
Oggi è stata Federmeccanica a riunirci, praticamente “invocando” uno sciopero per la rigidità delle sue posizioni. Il mio auspicio è soprattutto che il rispetto continui, in tutte le fabbriche, e che sia la precondizione per arrivare a fare, domani, una sintesi alta.
In questi anni il punto di massima divisione del sindacato si è registrato proprio tra Fim e Fiom e tra me e Landini. Siamo molto distanti, se prevarrà lo spirito sindacale – e solo sindacale – la ricomposizione sarà più semplice. Altrimenti, confermeremo la nostra, autonomia e l’indisponibilità ad utilizzare i metalmeccanici su un terreno di opposizione politica. Parlarsi spero aiuti a non ripetere errori vecchi.