“La vittoria di Trump è la sconfitta della sinistra blairiana”.
Intervista ad Alessandro De Angelis

 

Alessandro de Angelis (LaPresse)

La vittoria clamorosa di Donald Trump, alle presidenziali USA, contro Hillary Clinton sta facendo discutere l’opinione pubblica mondiale. Anche il nostro Paese, i partiti e gli analisti politici, si sta interrogando sulle conseguenze che la vittoria del “Cigno Nero” avrà sulla politica italiana. Ne parliamo con Alessandro De Angelis, cronista politico dell’Huffington Post.

Alessandro De Angelis, la vittoria di Donald Trump segna una svolta drammatica per gli Usa. L’onda populista investe l’America. Quale riflesso avrà per la politica italiana? Un aumento del furore anti-elites?

Drammatica? Non lo so. Perché, secondo me, è ancora presto per prevedere quale forma prenderà la presidenza di Trump. Farà davvero un muro con il Messico? Porterà Trump l’America a un nuovo accordo con la Russia di Putin? Allenterà il suo rapporto con gli europei? Difficile dire ora. Una cosa infatti è un candidato un’altra un presidente. Hai sentito il primo discorso, con toni più concilianti?

Però il tema della rivolta contro le elites c’è…

Siamo di fronte a un voto che porta al punto più alto un leader anti-establishment e con esso ci porta il rifiuto del sistema. È un fatto epocale che trascina tutti in una dimensione nuova. E questo è il punto che legittima e influenza le istanze in movimento negli altri paesi, compresa l’Italia.

Renzi proverà a cavalcarla questa onda?

Direi che la passarella alla Casa Bianca con Benigni lo colloca, simbolicamente, non dalla parte del surfista ma da quella di chi dall’onda viene travolto. Andiamo al dunque: ci vogliamo dire che Trump rappresenta la sconfitta della sinistra mondiale che cerca ancora di riprodurre lo schema della Terza via, in stile anni Novanta, quella della sbornia liberista?

Parliamo appunto di Italia. Tu sei stato alla Leopolda. Forse Renzi, indossando di nuovo i panni del rottamatore, ha provato a intercettare il vento anti-establishment?

Non la vedo così. A me sembra che il premier sia immerso in quella cultura della Terza via che rischia di essere travolta. Prima di Trump c’è stata la Brexit e prima ancora il voto in Austria. La crisi, drammatica e prolungata, ha cambiato il mondo facendo emergere un bisogno di protezione e di sicurezza, che la destra interpreta con i muri e la sinistra dovrebbe interpretare con un nuovo welfare. Ora tu mi chiedi della Leopolda. La Leopolda, in questo quadro, è apparsa come un “bunker del sì”, più un fortino dell’establishment più che la trincea avanzata del cambiamento.

Spiegati meglio…

Io non vedo la rottamazione come la intendi tu, vedo uno spostamento a destra dell’asse del Pd. Vuoi rottamare Bersani e non Verdini, la Cgil e non Marchione. Questa la chiami rottamazione? Parliamoci chiaro, se vince il sì al referendum il Pd diventa il Pdr, il partito di Renzi. Un partito che, oltre ad essere il partito del Capo, è un partito centrista nelle politiche e nel ceto politico – non ha caso imbarca pezzi di destra in tutta Italia – e un partito del potere più che del cambiamento. L’establishment appunto. O mi vuoi dire che le manovre economiche varate sono manovre che rispondono più ai bisogni della parte più sofferente della società che al consenso elettorale?

Però c’è un pezzo di sinistra che, almeno sulla legge elettorale, ha scelto Renzi. Proprio nei giorni della Leopolda Cuperlo ha siglato un accordo per modificare l’Italicum.

Quella bozza non vale nulla. L’hai letta? Pare scritta da Mariano Rumor. Si parla di “verificare le condizioni”, “approfondire”. Non c’è una proposta di modifica né una scadenza temporale. Insomma, quando si voterà il 4 sarà vigente l’Italicum. Non è un caso che Renzi non ha detto una parola sulla legge elettorale.

Cuperlo però ha firmato. Che obiettivo ha?

Secondo me Cuperlo ha colto l’occasione per cambiare schema politico. La legge elettorale non c’entra nulla. Diciamola così: ha in mente il modello Milano, a livello nazionale, con Zedda e Pisapia. Per capirci: metti Renzi al posto di Sala e proiettalo su scala nazionale. Non parlerei di alternativa al renzismo nel Pd. Ecco, al fondo della rottura con la minoranza c’è questo.

Dopo il 4 dicembre come sarà il PD? 

Il Pd è già qualcosa di diverso rispetto alla sua vocazione originaria. Il sì sarà il battesimo del Partito di Renzi e a quel punto la minoranza sarà costretta a fare i conti con questa realtà. L’hai sentiti i cori alla Leopolda “fuori, fuori?”. Se vince il no, si aprirà il congresso più feroce della storia del pd.

Parliamo del Referendum. Nonostante il tentativo di spersonalizzazione di Renzi, un tentativo assolutamente fallito, ho l’impressione che agli italiani di questo Referendum non importa granché. Colpa di Renzi ma anche degli altri partiti che lo vivono come l’opportunità di mandato a casa, o no?

Renzi non ha mai tentato di spersonalizzare. Non dice più “se perdo, lascio la politica”, ma come la vogliamo chiamare questa impostazione se non personalizzazione? È tutti i giorni in tv, parla in continuazione, lo schema è ‘io contro tutti”, evoca il “derby”, cioè la partita dove le tifoserie si odiano di più assoluto. Diciamo le cose come stanno: ha trasformato un referendum sulla Costituzione in un plebiscito. È chiaro che gli altri, lo vivono come opportunità per mandarlo a casa. Poteva tenere il governo fuori e favorire una discussione, pacata e non da derby, sul merito.

Che succede: vince, va a casa o si fa un governo tecnico?

Non faccio previsioni. Tu hai mai fatto previsioni su un derby?

 

ORFANI BIANCHI. Un libro di Chiarelettere

Volevo misurarmi con un personaggio femminile. Una donna unica con una vita difficile che per trovare un angolo di serenità è pronta a sacrifici immensi. Mia nonna stava morendo, io guardavo Maria che le faceva compagnia e veniva da un paesino della Romania. E mi domandavo: quanto costa rinunciare alla propria famiglia per badare a quella degli altri?”

(Antonio Manzini)

Antonio Manzini Orfani bianchiIL LIBRO

Mirta è una giovane donna moldava trapiantata a Roma in cerca di lavoro. Alle spalle si è lasciata un mondo di miseria e sofferenza, e soprattutto Ilie, il suo bambino, tutto quello che ha di bello e le dà sostegno in questa vita di nuovi sacrifici e umiliazioni. Per primo Nunzio, poi la signora Mazzanti, “che si era spenta una notte di dicembre, sotto Natale, ma la famiglia non aveva rinunciato all’albero, ai regali e al panettone”, poi Olivia e adesso Eleonora. Tutte persone vinte dall’esistenza e dagli anni, spesso abbandonate dai loro stessi familiari. Ad accudirli c’è lei, Mirta, che non li conosce ma li accompagna alla morte condividendo con loro un’intimità fatta di cure e piccole attenzioni quotidiane.

Ecco quello che siamo, sembra dirci Manzini in questo romanzo, che verrà presentato oggi pomeriggio a Roma alla Libreria Feltrinelli nella Galleria Alberto Sordi, sorprendente e rivelatore con al centro un personaggio femminile di grande forza e bellezza, in lotta contro un destino spietato, il suo, che non le dà tregua, e quello delle persone che deve accudire, sole e votate alla fine. “Nella disperazione siamo uguali” dice Eleonora, ricca e con alle spalle una vita di bellezza, a Mirta, protesa con tutte le energie di cui dispone a costruirsi un futuro di serenità per sé e per il figlio, nell’ultimo, intenso e contraddittorio rapporto fra due donne che, sole e in fondo al barile, finiscono per somigliarsi.

Dagli occhi e dalle parole di Mirta il ritratto di una società che sembra non conoscere più la tenerezza. Una storia contemporanea, commovente e vera, comune a tante famiglie italiane raccontata da Manzini con sapienza narrativa non senza una vena di grottesco e di ironia, quella che già conosciamo, e che riesce a strapparci, anche questa volta, il sorriso.

L’AUTORE

Antonio Manzini ha lavorato come attore in teatro, al cinema e in televisione, e ha curato la sceneggiatura dei film Il siero della vanità (regia di Alex Infascelli del 2004) e Come Dio comanda (regia di Gabriele Salvatores del 2008). Con Sellerio ha pubblicato racconti e romanzi gialli con protagonista il vicequestore Rocco Schiavone, poliziotto fuori dagli schemi, poco attento al potere e alle forme: Pista Nera (2013), La costola di Adamo (2014), Non è Stagione (2015), Era di maggio (2015) e il recente 7.7.2007 (2016), per settimane in testa alle classifiche dei libri più venduti. Sempre nel 2016 ha pubblicato l’antologia Cinque indagini romane per Rocco Schiavone e il racconto satirico Sull’orlo del precipizio (Sellerio). Suoi racconti sono presenti nelle antologie poliziesche Turisti in giallo, Il calcio in giallo, Capodanno in giallo, Ferragosto in gialloRegalo di Natale, Carnevale in giallo e la Crisi in giallo, tutte pubblicate da Sellerio.

Per gentile concessione dell’Editore pubblichiamo un estratto del libro

«Ciao Mirta…» le sorrise il prete. Poi si chinò a raccogliere un ceppo di legno che gettò nel fuoco. «Ti piacciono i fagioli nel minestrone?» Mirta annuì sapendo che Ilie li detestava. Si sedette sul letto. Guardò l’ora: le sei e mezza. Accese il cellulare ed entrò in chat.

Il nome di Nina Cassian era già verde, segno che l’amica era in linea.

Eccomi Nina… – Come ti senti Mirta? – Uno schifo. – Sei a casa? – Non c’è più la casa, Nina. Non c’è più nulla. È tutto bruciato. C’è rimasto qualche muro e una finestra. – Hai parlato con padre Boris? – Sono qui con lui e Ilie. Ilie non parla. Mi guarda e non dice niente. Ha gli occhi spenti e l’ho trovato magro, Nina. Magro come un gatto randagio. – Io ho chiesto in giro. Per Ilie. Dovresti fare come Marisha e come ha fatto Lyudmilla. – … – Mirta? Mirta ci sei? – … – Mirta? – L’internat? – Sì. Altra soluzione non c’è. – Come faccio a mettere Ilie in un internat? Ti rendi conto Nina? – Lyudmilla ha i suoi a Chi¸sina˘u, all’internat numero 1 da tre anni. Stanno bene. Studiano, mangiano, fanno i compiti, giocano e hanno un sacco di amici. – Non mangiano, Nina. Studiano poco. E stanno in otto in una stanza! – Hanno una casa. – È un orfanotrofio. – Li ospitano e gli vogliono bene. – Ti sei accorta che io sono ancora viva?

Per favore, stammi a sentire. Tu eri fortunata, avevi mamma. Ma ora devi pensare a come fare. Puoi portare Ilie in Italia? – No. – E allora? Sarà solo per poco tempo. Uno, al massimo due anni. Poi si aggiusta. Chiedi a Lyudmilla. Ce l’hai l’indirizzo? – L’internat no! – Chiedi a Lyudmilla. Non fare sciocchezze Mirta. Chiedi a Lyudmilla!

Mirta alzò gli occhi. La madre di padre Boris s’era addormentata con la bocca aperta. Il sacerdote girava il cucchiaio di legno nella pentola. «Che succede?» le chiese, ma Mirta non rispose. «Hai avuto una brutta notizia?» Mirta fece sì col capo. Poi guardò il cellulare che teneva fra le mani. «La vuoi condividere con me?» «No padre Boris. No…»

Passò la notte a guardare il soffitto basso della casetta. Da dietro la tenda si sentiva il russare del prete e di sua madre. Mirta teneva una mano di suo figlio che le dormiva accanto. Che faccio, pensava, che faccio? Fuori era ricominciato a piovere. L’acqua tamburellava il tetto sottile e i vetri della finestra, nel camino erano rimaste solo le braci. Mirta si tirò la coperta fin sotto il mento. Inutile girarci intorno. Nina aveva ragione, altre soluzioni non ce n’erano. L’internat. Solo la parola le faceva venire un brivido nella spina dorsale e le chiudeva la gola. Che razza di madre sei se sei costretta a mettere tuo figlio in un orfanotrofio? Che razza di madre sei?

Non lo sapeva. Era una madre sola, e il mondo era un masso, un enorme masso che rotolava per una discesa e lei poteva solo scappare e cercare un posto dove nascondersi. Perché quello acquistava velocità, giorno per giorno, e se non fosse riuscita a evitarlo, a farlo rotolare via, l’avrebbe schiacciata sotto il suo peso. L’alba la sorprese con gli occhi ancora aperti. Si alzò lentamente per preparare la colazione. Non voleva svegliare Ilie. In quei giorni la scuola poteva anche aspettare. Riempì il pentolino dal rubinetto che sputava un filo di acqua. Poi lo mise a bollire per il tè. La tenda di padre Boris si spalancò e apparve il sacerdote, già vestito con la tonaca. «Buongiorno Mirta.»

Antonio Manzini, ORFANI BIANCHI, Ed.ni Chiarelettere, Milano 2016, Collana Narrazioni _ euro 16,00, pp. 256

“Cattolici e luterani si trovano insieme di fronte alle sfide dell’oggi”. Intervista a Massimo Faggioli

 

Pope Francis speaks during an ecumenical prayer in the Lund Luteran cathedral, Sweden, Monday, Oct. 31, 2016. Francis traveled to secular Sweden on Monday to mark the 500th anniversary of the Protestant Reformation, a remarkably bold gesture given his very own Jesuit religious order was founded to defend the faith against Martin Luther's "heretical" reforms five centuries ago. (AP Photo/Andrew Medichini)

Papa Francesco durante la cerimonia nella cattedrale di LUND (GettyImages)

Si è conclusa oggi la storica visita, con la messa a Malmoe, di Papa Francesco in Svezia per i 500 della Riforma Luterana. Per un primo bilancio, ovviamente provvisorio, abbiamo intervistato il Professor Massimo Faggioli, Storico del cristianesimo alla Villanova University (USA)

Professor Faggioli,si è appena conclusa la breve, intensa e storica visita di Papa Francesco a Lund, in Svezia, per celebrare i 500 anni della Riforma Luterana. Facciamo un piccolo, provvisorio, bilancio. Sarà e a storia a darci un giudizio più ampio sulle conseguenze. Certo è che la visita darà un impulso ancora maggiore contributo al cammino comune tra cattolici e Luterani. Per lei che bilancio si può trarre?

Un bilancio positivo perché è un cammino che prosegue: dal Concilio Vaticano II, alla Dichiarazione sulla giustificazione del 1999. La dichiarazione firmata in Svezia recepisce quella del 2003 “Dal conflitto alla comunione” e la inserisce in un quadro molto mutato rispetto ai tempi della nascita dell’ecumenismo: persecuzioni dei cristiani, sfide ambientali, violenza espressa con linguaggio religioso – sono fenomeni nuovi rispetto al concilio. Anche la presa di coscienza dei rapporti tra religione e politica e l’impatto della politicizzazione della religione sull’ecumenismo è un dato nuovo rispetto alle prime fasi dell’ecumenismo. Cattolici e luterani si trovano insieme di fronte alle sfide dell’oggi, non gli uni contro gli altri.

Veniamo al dato teologico di fondo della visita: nel suo discorso , a Lund, il Papa ha affermato  che bisogna essere “grati per i doni ricevuti attraverso la Riforma”.Una frase che farà  discutere l’ area tradizionalista del cattolicesimo ed alcuni esponenti della gerarchia … Sappiamo che il Cardinale Muller (prefetto per la Congregazione per la Dottrina della Fede) aveva detto CHE PER LA CHIESA CATTOLICA NON C’è NULLA DA FESTEGGIARE. Insomma questa mentalità è dura da superare?

Questa mentalità è dura da superare, ma questo è un fatto marginale e nuovo, nel senso che i teologi da molti anni ormai hanno riconosciuto la cattolicità del pensiero di Lutero. La riforma di Lutero nasce come riforma cattolica, non luterana o protestante. Ed è una riforma che ha portato frutti che tutte le tradizioni cristiane hanno recepito, inclusa quella cattolica romana. Le reazioni scettiche contro l’ecumenismo di Francesco fanno parte dello scenario neo-tradizionalista in voga in certi circoli cattolici da qualche anno a questa parte. Ma è un fenomeno marginale, tutto europeo e nordatlantico.

Nella dichiarazione d’intenti finale, firmata dal Papa e dal vescovo luterano Yunan, sull’impegno sull’impegno comune a favore dei poveri e dei migranti (rifugiati), c’è un passo sul dolore di non potere ancora condividere la mensa eucaristica insieme. Per un profano questo è sconcertante. Quali gli ostacoli?

Gli ostacoli sono dovuti a comprensioni che sono ancora diverse della comunione eucaristica. Il fatto importante è che si sono fatti dei passi avanti rispetto al passato anche recente, e che la pratica di ospitalità eucaristica non è più un tabù assoluto. Ci sono casi (come le coppie sposate di confessione diversa) e comunità ecumeniche in cui l’intercomunione è di fatto un fatto e e una tradizione che arricchisce la coscienza che la chiesa tutta ha della comunione. Ma è presto per dichiarare una intercomunione generalizzata tra le due chiese. 

Quali, secondo lei, saranno le conseguenze per l’insieme del mondo protestante?

Difficile da dire: se la chiesa cattolica è molto diversa al suo interno, non meno diverse al loro interno sono le chiese protestanti, in cui la globalizzazione ha portato sfide importanti ad una tradizione teologica e culturale europea. Tutto il mondo cristiano è in via di ridefinizione, e anche l’ecumenismo lo è.

Papa Bergoglio interpreta il “primato di Pietro” in modo dinamico ed è molto attento alla dimensione del dialogo e della comunione. Pensa che arriveremo ad una riforma del  Papato?

La riforma del papato è una riforma che c’è già. E’ iniziata dal concilio in poi, e prosegue con Francesco in vari aspetti, con la differenza che Francesco interpreta il papato a partire da una tradizione cattolica non europea. Il solo fatto che buona parte degli annunci e delle notizie su prese di posizione di Francesco vengano dal papa che risponde a giornalisti dal volo papale è un cambiamento enorme rispetto al papato di solo qualche anno fa.