In certi circoli tradizionalisti e autoreferenziali si alimenta nel web e su alcuni quotidiani di destra , con molta spregiudicatezza, una propaganda mirata a screditare l’opera di riforma di Papa Francesco. Opera di riforma che, secondo il loro giudizio, porta “confusione” nella Chiesa di Roma. Le cose stanno così? Oppure è solo propaganda ? Ne parliamo, in questa intervista, con Andrea Tornielli vaticanista della Stampa e coordinatore del sito d’informazione religiosa “Vatican Insider”.
Partiamo dal tuo ultimo libro, “In Viaggio”, presentato pochi giorni fa a Roma. Il libro parla dei viaggi apostolici di Papa Francesco. In quattro anni di pontificato ne ha fatti molti, e altri ne farà. Quale è stato il viaggio di Francesco che più ti ha colpito, quello dove il carisma e la parola di Francesco hanno impresso una svolta nel luogo visitato?
Risponderei in due passaggi. Il viaggio che mi ha più colpito è stato quello a Tacloban, nelle Filippine: Francesco nel gennaio 2015 ha sfidato un mini-tifone – comunque pericoloso per il volo – andando a trovare i sopravvissuti del tremendo tifone Yolanda, che nel dicembre di due anni prima aveva fatto migliaia di vittime. A colpirmi è stata l’omelia, bellissima e commovente, che il Papa ha fatto a braccio, mentre celebrava la messa indossando un impermeabile giallo su un piccolo palco squassato dalla pioggia e dal vento. Il viaggio nel quale la presenza e la parola di Francesco hanno impresso una svolta è per me quello nella Repubblica Centrafricana, novembre 2015, quando il Papa ha voluto aprire con l’anticipo di una settimana il Giubileo della misericordia, in un Paese dimenticato da tutti, sfruttatissimo e poverissimo, nonostante sia tra i più ricchi per risorse naturali. Bangui, la capitale, quel giorno è diventata la «capitale spirituale» del mondo e le fazioni che si combattevano hanno siglato una tregua per permettere l’attesa visita di Bergoglio.
Tu hai seguito anche Giovanni Paolo II e Benedetto XVI. Anche loro, in particolare Wojtyla, amavano i viaggi apostolici. C’è continuità o noti in Francesco un approccio diverso?
Ogni Papa apporta le sue peculiarità, ma certamente a caratterizzare i viaggi è la continuità. Giovanni Paolo II continuando sulla via aperta da Paolo VI, ha girato il mondo in lungo e in largo, con una serie infinita di record e di «prime volte». Benedetto si è messo umilmente sulla sua scia, prediligendo la parola e puntando – da teologo qual è – sulla profondità dei suoi discorsi. Francesco è capace di mostrare prossimità e tenerezza, insiste particolarmente sui gesti. E sembra prediligere Paesi periferici nei quali ritiene che la sua presenza possa aiutare processi positivi in atto.
Veniamo al “viaggio” più complicato per Papa Francesco: quello all’interno della Chiesa. Dopo il Sinodo sulla Famiglia e la pubblicazione dell’Amoris Laetitia, abbiamo assistito, sul piano mediatico, ad una offensiva degli oppositori del Papa. Clamorosa è stata quella lettera dei 4 Cardinali, con protagonisti principali Burke e Caffarra, che esprimevano “dubbi” sull’esortazione apostolica, che erano poi critiche pesanti al documento pontificio. Il Cardinale Burke aveva minacciato di correggere pubblicamente il Papa se non fossero chiariti i dubbi. C’è stato poi l’intervento del Cardinale Muller,prefetto della Congregazione per la dottrina della Fede, per riaffermare che non c’è nessun pericolo per la dottrina. Basterà l’intervento del Cardinale Muller, o pensi che l’offensiva tradizionalista continuerà?
Vorrei premettere che dialettica, discussioni, polemiche anche forti e critiche anche fortissime al Papa e al suo magistero non sono affatto delle novità. Basta guardare agli ultimi Pontefici per rendersene conto: Paolo VI fu messo in croce dopo l’Humanae vitae, ad esempio. Presentare dei «dubia» è legittimo. Porre delle domande vere, sincere, che siano realmente domande e non siano pensate per mettere in difficoltà l’interlocutore o pretendere che affermi ciò che noi pensiamo, è sempre utile e positivo. I quattro cardinali hanno anche scelto di rendere pubblici i «dubia» dopo poche settimane che li avevano presentati. Il cardinale Müller, in un’intervista televisiva, è sembrato non essere d’accordo con questa pubblicazione. La questione della «correzione formale» al Papa, invece, è tutt’altra cosa: finora ne ha parlato quasi esclusivamente soltanto il cardinale Raymond Leo Burke, senza peraltro spiegare in che modo essa dovrebbe avvenire. Mi ha colpito che il cardinale Carlo Caffarra, arcivescovo emerito di Bologna, in una lunghissima intervista pubblicata sul quotidiano Il Foglio, non abbia speso nemmeno una parola su questa eventuale «correzione». In ogni caso non credo proprio che le affermazioni di Müller siano bastate per pacificare gli animi. Basta leggere i giornali e navigare un po’ in Internet per rendersene conto.
Hanno colpito molto, in questi giorni, le vicende dell’Ordine di Malta. Una vicenda brutta per l’Ordine. Pensi che il Cardinale Burke abbia giocato un ruolo negativo nell’iniziale ribellione del Gran Maestro dell’Ordine alla Santa Sede? Cosa c’è in gioco in tutta questa vicenda?
Nonostante la cortina fumogena che certi siti web, certi blog e certi commentatori tentano di sollevare – sono in servizio permanente effettivo nell’accusare il Papa qualsiasi cosa faccia o dica – non ci sono collegamenti con la questione dei «dubia». La Santa Sede è stata chiamata in causa della vicenda della defenestrazione del Gran Cancelliere von Boeselager, perché il cardinale Burke ha chiesto l’avvallo del Papa. Ma Francesco, pur invitando a vigilare sul rispetto della morale cattolica, aveva invitato a risolvere la contesa con il dialogo interno, non tagliando delle teste, come invece è avvenuto. La commissione d’inchiesta guidata dal vescovo Silvano Tomasi ha indagato sulla vicenda e le risultanze sono state tali da indurre il Gran Maestro Matthew Festing a dimettersi. Ora si spera che nell’Ordine di Malta, che compie tanto bene per i poveri, i migranti e i rifugiati, ritrovi serenità. Non c’è stato alcun commissariamento.
La propaganda tradizionalista, ormai da diverso tempo, non fa altro che alimentare, anche con l’apporto di giornalisti spregiudicati, un atteggiamento di ostilità nei confronti del Papa. Tra questi giornalisti c’è addirittura chi parla di clima di terrore in Vaticano sotto Francesco. Qual è la ricaduta di tutto questo sulla comunità ecclesiale?
Sulla comunità ecclesiale mi sembra che la ricaduta sia praticamente nulla. Ho letto anch’io con il sorriso sulle labbra i sedicenti reportage con fonti anonime sul «clima di terrore» in Vaticano. Hanno letto troppo Dan Brown! Nelle parrocchie e nelle comunità tutto questo non arriva. Certi circoli che alimentano in tutti i modi possibili e immaginabili l’ostilità e in molti casi anche l’odio e lo scherno verso il Papa sono molto autoreferenziali. Credo sia un errore pensare che se c’è chiasso sui blog o su Facebook, questo sia un riflesso della situazione reale in termini quantitativi. Peraltro devo aggiungere che non mi sembra di vedere nemmeno tutta quella «confusione» che molti circoli continuano ad affermare – come un mantra – regnerebbe nella Chiesa oggi.