Intervista a Giuseppe Sabella
Non c’è che dire, queste elezioni politiche saranno ricordate come quelle che hanno stravolto un quadro di potere. Che poi, come dice qualcuno in maniera esagerata, sia l’inizio della Terza Repubblica – o il ritorno alla Prima – questo è da vedere. Quel che è certo è che anche il sindacato non può non considerare la prepotente espressione di un nuovo orientamento politico. E con questo è chiamato a misurarsi. Ne abbiamo parlato con Giuseppe Sabella, direttore di Think-in e esperto di industria e sindacato.
Direttore, quali sono secondo lei le riflessioni che si stanno consumando nel sindacato?
Il sindacato, in generale, in questi anni non ha brillato per capacità di comprensione del cambiamento. Quindi, non è per nulla scontato che tra i vertici delle organizzazioni sindacali fosse previsto questo risultato. Intendo dire che, forse, le idee del tutto chiare ancora non ci sono, perché – comunque la si voglia vedere – la pesante affermazione del M5S e della Lega rappresentano uno shock per il sistema. Ovvio che anche tra il sindacato emergeranno nuovi orientamenti, semplicemente per una questione di sopravvivenza.
Eppure negli ultimi due anni si sono registrate novità importanti: il rinnovo del CCNL metalmeccanico e le innovazioni introdotte, la detassazione strutturale del salario di produttività, il piano Calenda e le sue misure per il sostegno all’innovazione d’impresa… non siamo forse su una buona strada per l’economia e il lavoro?
Tutti gli interventi che lei ha citato sono ottimi e, in alcuni casi, sono cose di cui si è parlato per anni e alle quali solo nell’ultima legislatura si è stati capaci di dare concretezza. Ma credo che in questi anni si sia giocato molto in difesa. Il basso livello dei salari in Italia è un problema troppo grande per essere lasciato alla contrattazione di secondo livello. Nel senso: se cresce ricchezza ce la dividiamo, bene. E se non cresce? Lasciamo i lavoratori e le loro famiglie in crisi perenne?
E quindi? Come si fa a crescere il livello dei salari in presenza di poca crescita economica?
Sulla questione salariale credo sia necessario un cambio di rotta. È chiaro, tuttavia, che molte aziende rischiano di andare in seria difficoltà in presenza di aumenti salariali. Tuttavia, con misure opportune che possono essere messe in campo, questo risultato può essere perseguito. Per esempio, tagliando il cuneo fiscale.
Ok, ma servono le coperture…
Vero che servono le coperture. Ma se la Spagna è riuscita ad attuare una riforma fiscale nel 2014, proprio con la finalità di dare respiro a famiglie e imprese, perché non lo può fare l’Italia? È chiaro che tutto ciò non può non essere negoziato con Bruxelles – certamente si va nella direzione di aumentare il deficit – ma più liquidità per lavoratori e imprese significa più consumo e più lavoro. E così il circuito dell’economia può trarne vantaggio e gradualmente ridurre il deficit. I sindacati devono battersi insieme, anche alla Confindustria, e pretendere che il prossimo governo attui una riforma fiscale. Certo, l’Europa può concedere flessibilità in presenza non solo di buone riforme ma anche di un progetto di riduzione della spesa pubblica.
A livello di riforma fiscale, il Centrodestra spinge per la FlatTax. Cosa ne pensa?
A parte che la stessa proposta è stata presentata diversamente da Salvini e Berlusconi. Quindi difficile commentare una proposta di cui al momento non si conosce fino in fondo il contenuto. Detto questo, secondo me la FlatTax potrebbe funzionare solo in presenza di una No Tax Area molto più alta delle cifre che girano. Tuttavia, una riforma fiscale seria non vuol per forza dire FlatTax.
La Cgil quest’anno avrà il suo congresso. Si tratta di un evento importante, la Cgil resta il maggior sindacato italiano. Da un punto di vista del merito, e non solo, quale può esserne l’esito?
La speranza è che arrivi un segnale forte. Credo che in casa Cgil si stiano preparando nel modo migliore al Congresso, visto che lo hanno spostato a fine anno (era previsto a maggio). Stanno lavorando molto sul tema dell’industria e dell’innovazione di impresa, credo che si debba guardare a ciò che succederà con molta attenzione. Detto questo, dal Congresso uscirà un nuovo Segretario Generale. E, sulla base di chi sarà, capiremo molte cose e l’orientamento che la Cgil si darà.
Chi secondo lei sarà il nuovo Segretario della Cgil?
Mah… da ora a fine anno potrebbe cambiare tutto. Ci sono sindacalisti molto preparati di cui in questo momento si fa il nome, vedi Vincenzo Colla, Franco Martini, Serena Sorrentino… Tuttavia, stante il clima politico, credo che se la Cgil uscirà da questo congresso con una chiara proposta sindacale, Maurizio Landini sia l’uomo che può far bene non solo alla Cgil ma all’intero movimento.