I nodi politici del dopo elezioni. Intervista a Fabio Martini

Fabio Martini

Il post elezioni ci consegna molti “nodi” che non saranno facili da sbrogliare. Quali sono? Ne parliamo, in questa intervista, con Fabio Martini cronista parlamentare del quotidiano “La Stampa”.

Fabio Martini, queste elezioni fanno segnare un cambio radicale nella geografia politica italiana: il nord tutto, o quasi, blu (con sfondo verde, per il sorpasso leghista), il sud  quasi tutto giallo , colore dei 5stelle. Il rosso è rimasto confinato nell’area, sia pure ridotta. Su queste aree emblematiche dell’Italia il PD ha fallito. Dove è stata lacunosa l’offerta politica riformista?
Il Pd si è presentato con un consuntivo di governo oggettivamente importante. Sul piano dei diritti, ma anche sul piano macro-economico e del mercato del lavoro. Ma gli elettori quasi sempre sono irriconoscenti, come dimostrarono una volta per tutte le elezioni inglesi del 1945, quando Churchill, vincitore di una guerra terribile contro i nazisti, fu sconfitto dai Laburisti che proposero un piano di protezione sociale ad un Paese annientato dalla guerra. Oltretutto alcune misure controverse, come l’abolizione dell’articolo 18, hanno lasciato affiorare un volto “feroce” verso i lavoratori, che non ha giovato al Pd. E’ mancata una proposta ariosa per il Paese, un’idea dell’Italia e degli italiani. Altri si possono permettere di  vivere di “rendita”, per i progressisti di solito è più difficile.

Gli analisti elettorali hanno affermato, per rimanere sempre in ambito PD, che i 5stelle hanno intercettato i voti dei tanti delusi dal PD e che pochi sono andati a LeU. A me sembra la prova della inutilità della scissione. Per te?
La scissione dal Pd ha avuto una comprensibile motivazione legata alla sopravvivenza del gruppo dirigente della minoranza Pd: Renzi, facendo le liste, li avrebbe “sterminati” e dunque i vari Bersani, Speranza, D’Alema hanno preferito farsele da soli le liste. Da questo angusto ma comprensibile punto di vista hanno avuto quasi ragione. Quasi perché non sono tornati in Parlamento il personaggio più autorevole della compagnia, Massimo D’Alema, e il quarantenne più brillante, Pippo Civati. Dopodiché la vera operazione politica mancata è un’altra: dare vita ad una socialdemocrazia di sinistra, grintosa, credibile e innovativa nella difesa dei più deboli.

Visto il grande successo dei 5stelle al  Sud, qualche osservatore ha parlato  dei 5stelle come il nuovo partito della nazione (che era il sogno di Renzi). Insomma un partito di raccolta di ogni ribellismo contraccambiato da assistenzialismo (o per essere più eleganti da un Keynesismo un pò raffazzonato). Insomma la III Repubblica nasce con ricette vecchie…
Il partito della Nazione è il partito che parla – o prova a parlare – a tutti. Fino alla recente campagna elettorale i Cinque Stelle parlavano soltanto agli arrabbiati, al popolo del “vaffa”. Al quale hanno aggiunto, in extremis, il messaggio agli elettori interessati ad una forza capace anche di governare. Ed è vero che la presenza di questo Movimento è la più omogenea sul territorio. Ma  un certo eclettismo delle proposte programmatiche ci dice che quella del partito della Nazione una suggestione ancora molto lontana.

A sentire Salvini, ormai leader incontrastato del centrodestra, è parso molto convinto delle sue ragioni. E’ nota una incompatibilità di cultura con  l’Europa. Pensi che davvero Berlusconi si faccia fagocitare?
Nel tentativo di formare un governo, si giocherà il secondo tempo della sfida tra Salvini e Berlusconi. Una sfida molto personale e personalistica :per ora non affiora una sincera, disinteressata e patriottica vocazione a dare un governo al Paese.

Secondo te Di Maio, stando agli ultimi comportamenti, è più compatibile di Salvini rispetto all’Europa ?
In questi giorni i due vincitori delle elezioni sono apparsi entrambi molto rassicuranti. Anche con Bruxelles. Chi dei due riuscisse a formare un governo (inevitabilmente coalizionale) finirebbe per avere un rapporto dialettico ma non distruttivo con l’Ue.

Torniamo a Renzi e al PD. Le sue dimissioni “a scadenza” accompagnate dall’attacco a Mattarella e Gentiloni sono state una brutta vicenda. L’impressione che ha fatto, almeno a me, è stata quella  di un “capriccio”. Certo vi sono ragioni   politiche non secondarie. Renzi non accetta autocritiche e nel partito c’è il rischio nell’ennesima faida. Pensi che sia reale?
Se Renzi si dimetterà formalmente e solennemente davanti alla Direzione del Pd, saremo (o saremmo) davanti ad una sequenza esemplare: un leader che ha perso, lascia il campo e non preannuncia ri-candidature. A quel punto si aprirà una dialettica fisiologica tra diverse opzioni di partito e di leadership, un processo molto democratico. Vedremo se si concluderà tra 40 giorni con la cooptazione di uno dei maggiorenti, oppure fra tre mesi, con l’elezione popolare di un leader dopo un confronto serrato. Se venissero sospese le Primarie, sarebbe oggettivamente un passo indietro, un ritorno alla democrazia delle elites: Renzi è stato l’artefice del Rosatellum, ma si è dimesso, gli altri affosserebbero le Primarie: un esito paradossale.

A leggere alcuni commenti di personaggi, culturalmente di area ex-democristiana, in cui si afferma che uno degli obiettivi politici da raggiungere è quello di “costituzionalizzare ” il movimento 5stelle. E questo favorirebbe un possibile accordo tra PD e 5stelle (ma su questo c’è da segnalare la posizione contraria del massimo esponente di area ex dc, nel PD Dario Franceschini). Tutto questo, si sa è cultura morotea, riveduta e corretta per i tempi. Sono cose troppo raffinate?
Difficile valutare se sia moroteo e dunque strategico, immaginare un accordo di governo con i Cinque Stelle. Per ora chi vi allude, lo fa in modo tattico. Senza respiro.

Intanto va segnalata la rottura tra Gentiloni e Renzi. Come si svilupperà? Tra i possibili scenari, di questa fase complicata, c’è chi addirittura pensa che Renzi, se non riuscisse a mantenere l’unità sulla linea politica, possa costituire il suo partito alla Macron. Fantapolitica?
Se sia fantapolitica lo vedremo. Ma se mai fosse, sarebbe piccolo cabotaggio: la terza forza europea, tra Ppe e Pse, che Macron vagheggiava con due personaggi che ambivano a governare (l’italiano Renzi e lo spagnolo Rivera, non c’è più.

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