Nonostante l’accordo sulla Cassa Depositi e Prestiti, le tensioni nel governo restano. Il capitolo nomine è ancora aperto. In prospettiva non sarà facile conciliare Di Maio con Tria. Come si svolgerà la navigazione della compagine governativa? Ne parliamo, in questa intervista, con Fabio Martini, cronista parlamentare del quotidiano “La Stampa”.
Fabio Martini, il bilancio di questi primi mesi del governo “Legastella” non è esaltante. La furia propagandistica, frutto di una visione manichea della politica, ha prodotto solo due fatti : la chiusura dei porti alle Ong, con effetti paradossali, e il cosiddetto decreto “dignità”, molto criticato. A me sembra il governo della “propaganda”. Qual è il tuo pensiero ?
Partiamo dai due interventi toccabili e misurabili, che sono esattamente quelli indicati nella domanda. Come è noto la chiusura dei porti e il decreto dignità non rientrano tra gli interventi strutturali promessi in campagna elettorale: la flat tax, per ridare ossigeno alle imprese e il reddito di cittadinanza per ridare ossigeno ai più deboli. Due riforme che costano, soprattutto se sono immaginate per dare una “frustata”, cioè per incidere veramente. Ma per queste due riforme, servono risorse, che non ci sono e vedremo se mai ci saranno. Nel frattempo – hanno pensato Salvini e Di Maio – occorrono leggi-manifesto, capaci di restituire l’idea di un governo attivo e incisivo. La politica per i migranti è presto per “misurarla”: per ora sono aumentati i morti in mare. Il decreto dignità, anche al netto di chi prevede effetti negativi, obiettivamente è poca cosa, anche nell’ottica di chi sta dalla parte dei giovani precari o disoccupati. Sintetizzando e brutalizzando un po’, si potrebbe dire che fino ad oggi il governo ha largheggiato in armi di distrazione di massa.
Matteo Salvini, da subito si è posto come leader egemonico della coalizione , trovando anche qualche sponda nei 5 stelle..La sua visione sovranista sulla questione ’immigrazione (i porti chiusi, la sua contrarietà radicale alla azione umanitaria delle Ong, il suo euroscetticismo estremo), ha creato problemi nell’azione di governo dei flussi migratori. Insomma con una mano cerca l’Europa (per la ridistribuzione dei migranti) , con l’altra scava la fossa all’Europa cercando l’alleanza con il gruppo di Visegrad. Insomma, la linea dura, al di là di qualche parziale risultato , porta all’isolamento non ad essere credibili…Per te?
Non lo possono dire chiaramente, ma gli obiettivi di questa politica sono due. Il primo è provare a dimostrare che dalla rotta libico-italiana non si passa più, sperando così di produrre– a medio termine – una deterrenza forte sui flussi migratori. In altre parole scoraggiare questa rotta, immaginando che ad un certo punto il flusso si fermerà o prenderà altre strade. Secondo obiettivo: svegliare con la linea dura gli altri Paesi, che per ragioni diverse finora ci hanno lasciati soli. Non servirà molto tempo per verificare la fattibilità di questi due obiettivi. Per ora i Paesi nazionalisti (Visegrad) sono i più ostili all’Italia e quelli che dovrebbero essere più vicini (Francia, Spagna, Germania) si limitano a poche concessioni. Ma non bisogna mai dimenticare il dato di partenza: dalla seconda metà di luglio dello scorso anno gli sbarchi erano drasticamente diminuiti. E c’era stata una diminuzione dei morti in mare. La gestione del fenomeno era avviata lungo i binari giusti. Poi si è cambiato completamento approccio. Per ora si sta rivelando una scommessa.
Veniamo all’altro socio di maggioranza, Luigi Di Maio, che è il più nervoso tra i due. Il suo decreto “dignità” è stato fatto troppo in fretta e con superficialità. E il presidente dell’inps, tra gli altri, ha smascherato l’elemento propagandistico del decreto. Altro fronte di nervosismo, per usare un eufemismo, è stata la nomina alla Cassa Depositi Prestiti. Lo scontro con Tria è un altro elemento esplosivo.. O vince Di Maio o vince Tria. E il risultato non sarà senza conseguenze per il futuro del governo…
Questo governo è nato con un’anomalia che soltanto per il conformismo della grande stampa non è stato rilevato: nel cuore del governo – all’Economia e agli Esteri – sono stati collocati due tecnocrati che non hanno nulla a che vedere con le ragioni sociali e ideali del governo. Questa contraddizione, la cui natura resta misteriosa, è destinata a produrre cozzi dolorosi, quasi sempre senza vincitori.
Il Premier Conte, che ha affermato di ispirarsi a Moro (paragone assai azzardato ), cerca di farsi spazio. E qualche segnale lo ha dato (grazie alla sponda del Quirinale). Ma l’impressione che si ha è che sia molto complicato uscire fuori dal ruolo di esecutore. Per te?
Il presidente del Consiglio è destinato ad avere un peso crescente nella vicenda governativa: per il ruolo che ha, per le connessioni con la struttura tecnocratica, per l’ambizione che lo muove. Il solo accostarsi a Moro spiega bene la considerazione che l’uomo ha di sé stesso. Nelle segrete stanze già svolge un ruolo di mediazione importante, ma se avesse la possibilità di uscire da palazzo Chigi, fare discorsi, incrociare la gente, il suo peso aumenterebbe. Non per caso lo tengono chiuso a palazzo Chigi.
I prossimi mesi non saranno per nulla semplice per i sovranisti . Scrivere la legge di stabilità non sarà facile, mettere insieme l’interventismo nazionalista in economia con le logiche Europee di bilancio. Lo spettro del “partito della spesa” si riaffaccia nel gioco politico?
Questo governo non è fortunato: sta incrociando la fine della stagione di crescita moderata che ha contraddistinto questi anni. L’Italia, durante il governo Gentiloni, aveva abbandonato il fanalino di coda dell’eurozona, ora rischia di ricaderci. E anche se Conte cercherà di strappare qualche margine di flessibilità, difficilmente arriveranno regali dall’Europa alla viglia di elezioni Europee storiche. Il partito della spesa, che in questo governo è fortissimo, sarà costretto ad aspettare.
E in questo caos le opposizioni non fanno una bella figura, il PD soprattutto. E’ così?
Restiamo ai fatti. Dopo quasi cinque mesi dalla storica sconfitta del 4 marzo il Pd non ha ancora cercato di capire le ragioni di quell’arretramento. Non lo ha fatto e non lo farà, perché questo imporrebbe un’analisi sulla gestione Renzi nella quale erano in qualche modo “implicati” quasi tutti coloro non lo possono più vedere. Ma per ripartire, il Pd avrebbe bisogno di capire cosa è accaduto nella testa e nelle tasche degli italiani, ha bisogno di avere un’idea più chiara dell’Italia e di sé stesso in questa Italia, di dotarsi il prima possibile di una leadership legittimata. Ma Renzi farà di tutto per non farle le Primarie, perché un segretario vero ne segnerebbe il declino e nel frattempo il Pd si sta logorando: ogni giorno, ogni sera la lettura degli eventi è così scontata, così “antica” da sfiorare l’irrilevanza.