Domani a Bari si apre il XVIII della Cgil. Un congresso dall’esito incerto sul prossimo successore di Susanna Camusso, Vincenzo Colla e Maurizio Landini sono i candidati alla Segreteria Generale. Ma è anche il Congresso che dovrà indicare una strada per il maggior sindacato italiano in questa epoca segnata dalla cultura politica ed economica del sovranismo. Quale strada intraprenderà la Cgil? Ne parliamo con un protagonista di questo Congresso, e candidato alla Segreteria Generale, Vincenzo Colla.
Vincenzo Colla, partiamo, per iniziare, dagli ultimi dati sulla produzione industriale e dalle previsioni della Banca d’Italia. Sono dati preoccupanti, e ci dicono che nel nostro paese c’è un allarme recessione. Eppure, nel governo, c’è chi afferma che sono “stime apocalittiche” e auspica un nuovo boom economico. Le chiedo : secondo lei il governo ha consapevolezza della realtà?
Dire boom economico mentre l’istat dichiara un calo drastico degli ordinativi industriali, certifica il vuoto politico del governo, tutto giocato a truccare le verità ed una fondamentale è ormai certa: il Pil di questo Paese nel 2019 sarà meno dell’1 per cento, come Bankitalia ha purtroppo certificato nei giorni scorsi. Pertanto non avremo un occupato in più e saremo con più debito e blocco degli investimenti. Uno scenario che alimenterà la bolla del lavoro povero, sottopagato, in continuità con quella cultura industriale che pensa ,che siccome non si svaluta la moneta svalutiamo il lavoro i diritti. È la via bassa che alimenta la precarietà e rende precari i prodotti e le imprese .
Veniamo alla “manovra del popolo”. Il governo insiste sulle due misure di “bandiera”: reddito di cittadinanza e quota, 100. Vogliamo dare una lettura “sociale” di questa manovra?
Il nostro giudizio è netto. Ed è negativo anche adesso che si vanno definendo i provvedimenti: quota cento è temporanea e non modifica la legge Fornero, lasciando un vuoto proprio sulle fasce del lavoro povero, debole, femminile e sui migranti. Non dà alcuna risposta al vero problema che è la discontinuità lavorativa. Inoltre non creerà quel lavoro aggiuntivo, atteso soprattutto dai giovani, né ricambio generazionale. La mia proposta è che bisogna creare lavoro di cittadinanza, non reddito di cittadinanza. Vuol dire che se utilizzo soldi pubblici, devo subito inserire le persone dentro un canale di lavoro. Faccio un esempio: se vivo a Gioia Tauro, lo Stato deve fare un grande investimento nel porto. Un processo che crea lavoro di cittadinanza su un investimento pubblico. Se invece io a Gioia Tauro do il reddito di cittadinanza, una certezza ce l’ho: il lavoro non arriverà mai.
E sulla famosa “flat tax”, ridotta alle partite Iva fino a 65000€, qual è il suo giudizio?
Questo è un punto cruciale ed inaccettabile. Perché questo è il vero condono. La flat tax costa 5 miliardi ai contribuenti e determina una disparità anticostituzionale: a parità di reddito si verifica che, un ad professionista o impresa a partita Iva viene applicata un’unica aliquota al 15 per cento. Mentre l’aliquota fiscale più bassa per un lavoratore od un pensionato varia dal 23 fino ad arrivare al 41 per cento.Si tratta di una misura che crea ulteriore disuguaglianza fra soggetti deboli e poveri. Attenzione: si sta costruendo una bolla di marginalità sociale in un paese che, per questa via, rinuncia a creare opportunità di lavoro. Quindi questa misura viola il principio costituzionale della progressività fiscale. Con la facile prevedibile conseguenza di ulteriore evasione fiscale sulle spalle di lavoratori e pensionati che già oggi contribuiscono alle entrate Irpef per oltre l’80 per cento. Inoltre avremmo il proliferare di partite Iva di comodo, un meccanismo cioè che spingerà fuori dal lavoro contrattualizzato migliaia di lavoratori verso un rapporto di lavoro fintamente autonomo, privo di alcuna tutela. Una sorta di “uberizzazione”, per intenderci, del lavoro dipendente. Siamo all’essenza di un turboliberismo che progetta precarietà ed assenza di diritti. Si va verso un Paese socialmente precario con prodotti di bassa qualità. Altro che made in Italy!
Quali sono gli altri limiti della manovra? La politica industriale? Gli investimenti sul futuro dei giovani?
Di politica industriale non si parla da tempo nel Paese e noi lo denunciamo da anni. Anche questa volta, col governo del cambiamento, nulla di nuovo sotto il sole. Di investimenti altrettanto. Sembra che non ci si renda conto che il lavoro riparte soltanto attraverso misure che incentivano iniziative di investimento -sia private che pubblico- atte a far ripartire un ciclo virtuoso che crea nuova occupazione, dando una risposta in particolare alla fame di lavoro dei giovani e delle donne. Specie nel Sud. Tornando ancora sul reddito di cittadinanza. Per come è formulato, il reddito cittadinanza è una misura assistenziale che non sembra dare alcuna seria risposta alla povertà. E crea un paradosso sul lato delle politiche attive: una contraddizione fra chi, pur lavorando non arriva a quella quota di reddito e chi andrà a percepirlo ma non riceverà mai una proposta di lavoro, e non per sua responsabilità. Quanto alla povertà, una risposta più adeguata era senza dubbio il Rei. Nei cinque milioni che l’Istat colloca nella povertà assoluta ci sono anziani, persone con fragilità soggettive. Una risposta a questa frammentazione è prendere in carico questi soggetti nell’ambito territoriale. Che vuol dire servizio sanitario, scolastico, servizi di sostegno erogati dai Comuni, compresi possibili percorsi dedicati all’inserimento lavorativo.
Il quadro complessivo che esce fuori è quello di una manovra elettorale. Il sindacato si sta preparando ad una mobilitazione. Ma non è troppo tardi? Non le sembra che ci sia stato un troppo attendismo?
Una risposta al governo è già stata definita unitariamente con Cisl e Uil da diverse settimane ed il 9 febbraio prossimo la mobilitazione di lavoratori e pensionati non potrà sfuggire all’attenzione del governo. La manovra, come già detto, non crea lavoro, riduce gli investimenti, penalizza scuola e sanità. Per questo manifesteremo. Il nostro giudizio, lo ripeto ancora, è netto. Se permane questa impostazione, continueremo nella mobilitazione anche dopo il 9 febbraio. Penso che il vero scontro in atto è con la cultura di questo governo. Chiamiamola col suo nome: si chiama destra.
Come vede il ruolo del sindacato confederale nel tempo del sovranismo? C’è spazio per l’unità sindacale?
Nell’epoca della cultura sovranista, che spero diventi minoritaria nel tempo, dobbiamo rafforzare l’unità sindacale. Questo “perché il sovranismo ha un suo “schema” generale. Siamo nel pieno di una stagione politica, che dura da qualche anno, che vuole sottrarre alle persone la libertà di organizzarsi attraverso i corpi intermedi. Questo non vuol dire solo ridurre gli spazi di partecipazione ma acquisire la forza di parlare direttamente agli individui in modo da renderli più soli e soprattutto più deboli. Il tema dei corpi intermedi in un mondo globale è ancora più fondamentale. per risolvere la complessità è sufficiente un soggetto che dall’alto parla direttamente al popolo. È quanto di più lontano e sbagliato per governare le complessità di un paese. Anche in Italia si sta verificando questo errore : al posto di incrementare la partecipazione la si diminuisce, perché si consegna una delega piena ad un soggetto che, se la sbaglia, la sbaglia per tutto il paese. Il “pensaci tu”, quindi, è un errore grave che non può reggere oggi. In questo vuoto, dove i partiti sono debolissimi, anche i governi, centrale e locali, agiscono nella logica perversa e perdente della totale disintermediazione.
Una parola sulla sinistra. Lei auspica di prendere la tessera di un grande partito progressista. Mi sembra di capire che il PD non le basta. È così?
Si, non basta. Di fronte allo scenario che ho descritto penso si debba poter allargare un cultura progressista che sia oggi fortemente improntata alla crescente sensibilità ecologista. Un ambientalismo che coniughi le nuove frontiere dello sviluppo economico con il vincolo della sostenibilità L’Europa va tenuta, ma va cambiata. se rimane cosi ‘viene vissuta come un problema. è ovvio che in questo scenario, i sovranisti dominano la scena, perché è più facile dire “ padroni a casa nostra”. Ma padroni a casa nostra di che? Se lo scontro di Trump con la Cina porta ad una diminuzione del prodotto interno lordo mondiale le conseguenze sono già evidenti. Siamo un paese che ha evitato il baratro grazie a export e turismo , e vogliamo alzare nuove frontiere , puntiamo su dazi e barriere doganali? Ma si vuol prendere atto che questo è un paese di trasformazione e di componentistica di qualità e con quelle scelte saremmo i primi a farne le spese. Se il Prodotto interno lordo risulta dell’1% come dice Bankitalia si rischia di avere una situazione in cui al posto di creare lavoro si avranno ammortizzatori sociali aumentando la bolla di lavoro povero e precario. Con queste politiche si aumentano le paure, perché con il lavoro precario non si ha più futuro, ma si fa anche un paese precario dal punto di vista economico e sociale. Quindi va ribaltata la capacità di come si crea valore aggiunto e come redistribuirlo.
Quindi giudica positivamente l’iniziativa di Calenda?
Lasciamo stare i soggetti, ma non biasimo chi si muove in un’operazione democratica per mettere al centro ogni idea di tenuta valoriale dell’Europa e che contrasta i sovranismi dei dazi e delle barriere . La grande tenuta democratica dell’Europa deriva dal fatto di essere riusciti a fare la più grande redistribuzione, che è stato il welfare, l’istruzione, la sanità. Dentro ad un’Europa che sta nel mondo e che di fronte ad una grande innovazione come quella della digitalizzazione si propone una nuova mediazione di welfare innovativo, che dia una risposta alle povertà e si propone di garantire le persone ad una vita dignitosa.
Veniamo alla Cgil. Domani si apre il Congresso. Siete Arrivati alla fine delle assemblee con una mozione che ha raccolto il 98% dei consensi. Sia lei che Landini la sostenete. Qual è il senso della sua candidatura? Cosa la differenzia da Landini?
Ci sarà un motivo se i documenti politici vengono votati a voto palese e le persone che si candidano sono votate a voto segreto. Questo perché si ritiene che sui soggetti ogni delegato, o dirigente, decide liberamente chi scegliere: chi ha dimostrato avere le caratteristiche per portare avanti quel progetto. E’ una cosa normale. C’è un progetto che ha raccolto il 98% dei consensi, il come si applica ovviamente ci sono sensibilità diverse, storie di agire diverso. Ma quelle storie vanno tenute insieme, come ci sono nei luoghi di lavoro, nel territorio. Io lavorerò fino alla fine per riuscire a fare una sintesi che sia in grado di rappresentare questa complessità, che è un patrimonio.