“L’inclusione è la chiave dell’alternativa per il PD”. Intervista a Marco Damilano

Il boom delle “Primarie” di domenica, un milione e ottocentomila di partecipanti, hanno rivitalizzato il partito principale del centrosinistra italiano. Nicola Zingaretti, il neo eletto segretario del PD, avrà da compiere un duro lavoro di ricostruzione. Come si muoverà il nuovo leader? Ne parliamo con Marco Damilano, Direttore del settimanale “L’Espresso”.

 Marco, in due mesi, tra Elezioni regionali, Manifestazione anti razzismo a Milano, e Primarie del Pd, sembra che il lungo letargo della sinistra sia terminato. Cosa ha determinato questo risveglio? È l’inizio di una rincorsa per giocare ad armi pari con la destra a trazione sovranista?

 Io penso che come dici tu siamo solo all’inizio di una strada lunga e difficile. Va bene per i leader del Pd esultare una sera ma poi bisogna cominciare a lavorare per ottenere quello che tu dici: una condizione di parità con la destra. La manifestazione di Milano mi sembra l’evento più sorprendente e di portata strategica. Credo che si stia formando un campo che non è solo anti-salviniano, ma ha una visione diversa della società. In minoranza, probabilmente, ma non più costretto a sentirsi irrilevante. C’è sempre stato, in realtà, ma in questi mesi è mancata una rappresentanza politica. Ora bisogna darla: sinistra, cattolici e lib-dem.

Focalizziamo meglio il risultato delle Primarie del PD. Straordinaria la partecipazione, Elezione di Nicola Zingaretti, il candidato più lontano da Matteo Renzi. Sono elementi che dovrebbero segnare una svolta, perché nel commentare le Primarie, hai scritto che è un voto “conservativo”? Forse ho interpretato male il tuo pensiero?

Ho usato quell’aggettivo per dire che il popolo delle primarie va a votare prima di tutto per dichiarare la sua esistenza. Più che un cambiamento chiede un riconoscimento, la difesa di valori che sente minacciati. Questi numeri disegnano lo zoccolo duro dell’elettorato delle primarie. Zingaretti ha saputo parlare a questi elettori, è legittimato da un voto importante, ora deve avere la forza di compiere la sua svolta. Sul piano organizzativo: via il pesante partito novecentesco, la Ditta di Bersani, ma anche il partito personale di Renzi, il Pd formato Leopolda. Sul piano culturale: come recuperare le parole e i temi e un’analisi della società alternativa ai populisti. Sul piano politico: le alleanze.

Torniamo su Zingaretti. L’uomo ha una lunga storia dentro la sinistra romana, quella della FGCI, ne è il distillato ultimo di quella tradizione. Un uomo prudente,Certamente. Eppure nel suo intervento dopo le elezioni ha indicato una visione inclusiva del partito e della società. Pensi che questo sia il valore aggiunto del PD di Zingaretti? Sarà sufficiente nella competizione con i 5 Stelle?

L’inclusione è la chiave dell’alternativa, accanto ad altri temi. Libertà e giustizia, qui ti cito tra gli altri Antonio Funiciello che ne ha scritto sull’Espresso. La lotta per l’uguaglianza, su questo rimando al lavoro che sta facendo il forum di Fabrizio Barca, e per lo sviluppo sostenibile, su cui è impegnato Enrico Giovannini. Il nuovo welfare che è la vera emergenza nazionale. Bisogna trovare l’agenda della sinistra, così come Salvini trovò la sua sulla sicurezza in anni di renzismo trionfante.

Ma il nemico numero uno del PD di Zingaretti è La Lega sovranista di Salvini. Una lega spregiudicata, capace di mobilitare le insicurezze degli italiani. Il salvinismo è un mix di xenofobia, con tratti anche peggiori, individualismo economico, tradizionalismo ipocrita e tanto altro. Tutto questo è riuscito a prendere il senso comune della maggioranza degli italiani. Zingaretti che risposta potrà dare a questa ideologia della Paura?

Il lavoro più duro da fare è il recupero del popolo che non è un tutto indistinto, ma sono cittadini in carne e ossa. Poi c’è un tema più immediato: pressare M5S mettendolo di fronte alla scelta di visione della società. Tornare a uno scontro tra destra contro sinistra servirebbe a far capire quali sono i valori in campo, alternativi. E costringere M5S a dire da che parte sta.

Veniamo a Matteo Renzi. Francamente è il vero sconfitto della Primarie (i puri e duri del renzismo, Giachetti e Ascani, non hanno brillato). Sappiamo che era più interessato alla promozione del suo libro, che sta avendo successo in libreria. Insomma ha giocato delle “Primarie” parallele. Promette collaborazione. Durerà questo spirito?

Credo che sia una fase tattica. Renzi è spiazzato dal voto, inatteso in queste dimensioni. Per la prima volta non è più lui a interpretare il nuovo nel Pd e potrebbe ritrovarsi nella scomoda posizione di gufo e rosicone, come diceva una volta.

 La proposta di Calenda, con la vittoria di Zingaretti, è uscita rafforzata?

Si. E in ogni caso si è indebolita la tentazione di andarsene.

 Ultima domanda : La vittoria di Zingaretti che conseguenze può avere nei confronti di Bersani, D’Alema, Speranza?

Uno spazio di manovra ancora più ridotto. Anche perché non credo che Zingaretti vorrà riammettere gli ex capi del Pd nel nuovo partito.