LE RADICI DEL POPULISMO: LA NASCITA DELLA PSICOPOLITICA. Uno studio della Fondazione PER

 

La Fondazione PER (Progresso, Europa, Riforme) oggi pomeriggio, a Roma, nella Sala Atti parlamentari del Senato ha presentato lo studio “ALLE RADICI DEL POPULISMO”, curato da Antonio Preiti, direttore di Sociometrica. Sono intervenuti i parlamentari Stefano Ceccanti, Lia Quartapelle, Dario Parrini, il Prof. Andrea Graziosi, il Direttore di Policy Sonar, Francesco Galietti, Vittorio Ferla, Direttore di LibertàEguale e Alberto De Bernardi, Presidente di PER, che ha concluso i lavori.

Lo studio analizza, su base internazionale, i numerosi fattori che in due anni hanno stravolto il quadro politico dei più importanti paesi occidentali. Secondo lo studio, alla vecchia alternativa tra destra e sinistra si è sostituito uno scontro sull’identità. I movimenti populisti sono centrati sulla difesa dell’identità collettiva secondo la loro storia e tradizione, mentre sul lato opposto c’è una concezione più globalista e multiculturale. Questa nuova divisione porta con sé numerose conseguenze, da una parte si sottolineano la cultura religiosa cristiana a la difesa degli stili di vita più tradizionali, dall’altro una società più aperta e più globale, a partire dall’Europa.

Un’altra differenza sostanziale è che il blocco politico dei populisti è fondato più che su interessi economici su stati emotivi, come la rabbia, la contestazione delle élite e la paura che siano stravolti i vincoli sociali dei quartieri e delle piccole città così come li conosciamo. Lo studio ha anche presentato una mappa in cui sono evidenziati i sentimenti che dominano la scena politica italiana, dove prevalgono l’ansia, la paura e la tristezza. Lo studio evidenzia anche una contrapposizione tra emozione politica, e del pensiero che vi è legato, e razionalità politica. Lo studio mette poi in luce che in questi anni, in seguito alla crisi del 2008, le differenze di reddito si sono accresciute e la ricchezza nazionale italiana è ancora più bassa, unico caso nel mondo occidentale, rispetto a quella del 2007.
Un risultato inedito dello studio riporta quanti in Italia, a prescindere dal voto espresso, o dalle intenzioni di voto, si possono definire “populisti” e quanti “mainstream”, cioè sostenitori dei partiti tradizionali di sinistra, di destra e di centro. Secondo lo studio il 47 % degli Italiani ha una visione della politica Mainstream”, mentre 38 % ha un approccio culturale più “populista” (il 15 % non ha idee chiare o è equidistante); questi dati prescindono dal voto effettivo espresso nelle elezioni o nelle intenzioni di voto.

“Abbiamo deciso di occuparci di populismo – Alberto De Bernardi – perché questo è il vero avversario, attuale e pericoloso dei riformisti. La Fondazione PER Progresso Europa Riforme nasce per dare un contributo alla costruzione di un pensiero riformista al passo con i tempi, capace di rispondere alle sfide di questo momento storico. Proprio per questi motivi comprendere in profondità il populismo e la minaccia che esso rappresenta per le democrazie liberali è essenziale”.

“Si è aperta una fase nuova della politica in tutto l’Occidente – ha detto Antonio Preiti – che mette al primo posto le emozioni, il pensiero contro la ragione, la fine di ogni autorità, per cui bisogna cambiare gli strumenti della comunicazione, e l’intero modo attraverso cui oggi si forma l’opinione politica pubblica.”

“La funzione dei riformisti – ha aggiunto Vittorio Ferla – non può e non deve essere quella di chi tenta di “addomesticare” il populismo, tramite alleanza con tutto o parte di questo schieramento, ma quella di costruire una credibile alternativa di governo, capace di dimostrare e convincere che la democrazia liberale può tornare ad essere la forma di stato migliore per rispondere alle aspettative dei cittadini. I riformisti devono essere consapevoli che non c’è un posto dove tornare per ricominciare a fare quello che hanno fatto, con tanto successo, in passato. Innovazione, e non ritorno allo status quo, dovrà essere la loro parola d’ordine”.

Di seguito pubblichiamo le tabelle di sintesi dello studio.

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