Sarà, tra qualche giorno, nelle Librerie il nuovo numero della Rivista dell’Arel. La rivista diretta da Enrico Letta e Mariantonietta Colimberti. Affronterà un tema di grandissima attualità: quello dello STRANIERO. Perché straniero? IL numero, che esce appena dopo le elezioni per il Parlamento UE ma pensato e preparato nei mesi immediatamente precedenti, riguarda uno dei principali (forse il principale) motivi conduttori del dibattito politico e non soltanto politico italiano ed europeo. La questione dello “straniero” e degli “stranieri” ha condizionato in modo preponderante la percezione dei cittadini delle democrazie occidentali rispetto a se stessi e alla propria condizione, finendo per incidere in modo determinante sull’espressione del consenso e sugli equilibri politici. «La xenofobia è di destra, ma la soluzione non può essere un nazionalismo di sinistra; una sinistra nazionalistica è destinata a sparire nelle mani della destra», spiega il grande sociologo e politologo inglese Colin Crouch a Maria Elena Camarda in un’ampia intervista in cui sottolinea la connessione esistente tra l’utilizzo politico della xenofobia e il nascondimento di un sistema economico che produce sempre maggiori disuguaglianze. Il tema è affrontato da angolature diverse: politica, sociale, economica e culturale. Molti i nomi di spicco presenti con i loro contributi, ne ricordiamo alcuni: Enrico Letta, Colin Crouch, Kevin Kennedy, Tito Boeri, Lilian Thuram. Di seguito, per gentile concessione, anticipiamo i contributi del grande politologo Colin Crouch e di Kerry Kennedy (figlia di Robert Kennedy)
Monthly Archives: June 2019
STRISCIONE RIMOSSO DA DIGOS: “LESA L’ISTITUZIONALITÀ DEL SINDACATO”. Intervista a Giuseppe Sabella
Sabato scorso, in occasione della manifestazione dei sindacati del pubblico impiego a Roma, la Digos ha impedito che fosse esposto uno striscione ironico che raffigurava i due vicepremier in una vignetta: “Matte’, dicono che mettese contro il sindacato porta male”, si fa dire a Di Maio; “Sì Gigino, lo so, infatti me sto a porta’ avanti col lavoro”, la risposta di Salvini. “Era una striscione ironico – hanno commentato dalla UIL coloro che lo aveva predisposto – non vi era nulla di offensivo”. Barbagallo del resto dice spesso che mettersi contro il sindacato non porta bene. L’interdizione di un simile striscione è parsa esagerata, soprattutto perché esposto da un sindacato. Ne abbiamo parlato con Giuseppe Sabella, osservatore del mondo sindacale.
“Con una posizione anti UE si va alle Elezioni”. Intervista a Fabio Martini
Sono giorni difficili per il governo italiano. Ha tagliato il traguardo del suo primo anno di vita con l’arrivo della lettera, da parte della UE, di proposta di una possibile procedura d’infrazione per “debito eccessivo”. Non è stato un bel compleanno per i sovranisti nostrani. Come si svilupperà il quadro politico italiano? Ne parliamo, in questa intervista, con Fabio Martini editorialista e cronista parlamentare della Stampa di Torino.
Fabio Martini, incominciamo con l’arrivo, avvenuto nella giornata di ieri della proposta di procedura d’infrazione per “debito eccessivo” da parte della Commissione UE. La trattativa si annuncia complessa. Il Premier Conte ha detto che “farà di tutto per evitare l’inizio della procedura”, Il Commissario Moscovici ha dato la sua disponibilità al dialogo (”la mia porta sempre aperta”). Le reazioni dei due leader, Di Maio e Salvini, sono state diverse. Salvini mantiene il punto “Condizioni inaccettabili. Vogliamo crescita e lavoro, in Europa capiranno”, Di Maio “Siamo persone serie le regole le rispettiamo, ma quota 100 e le pensioni degli italiani non si toccano”. Insomma la situazione è molto difficile…Reggerà la fragile “tregua armata” tra Salvini e Di Maio? Hanno capito che la campagna elettorale è finita?
Stavolta la risposta all’Europa avrà una valenza assai più corposa della questione in sé – fare o non fare la correzione di bilancio – perché farà capire definitivamente cosa vogliano fare i due partner di governo: se andare ad elezioni anticipate o rinviare la resa dei conti al 2020. La Commissione europea non ha aperto la procedura di infrazione, ma l’ha definita “giustificata” e dunque ha lasciato al governo italiano ampi spazi di manovra per una correzione di piccola entità. Se il governo la farà, significa che i due hanno rinviato la resa dei conti. Ma un irrigidimento nei prossimi giorni vorrebbe dire che si sta riaprendo la finestra elettorale di settembre.
Parliamo, per un attimo, del Premier Conte. Nella Conferenza Stampa di lunedì scorso a palazzo Chigi ha voluto dimostrare la sua terzietà Riuscirà ad avere la necessaria autonomia per condurre la trattativa con la UE?
E’ vero, lo sforzo più sostanzioso del presidente del Consiglio è stato proprio quello: dimostrare la propria terzietà. Lo ha fatto per due motivi. Anzitutto per ritagliarsi uno spazio negoziale, facendo credere che lui è davvero distante dai Cinque stelle. Ma c’è una seconda ragione, altrettanto importante: davanti all’ipotesi concreta di elezioni anticipate, si è materializzato un Partito di Mattarella che punta a rinviare la battaglia campale delle elezioni alla primavere 2020. Di questo Partito fanno parte da mesi – ma oggi più che mai – il presidente del Consiglio e il ministro dell’Economia, dal quale c’è da attendersi ulteriori esternazioni distensive verso Bruxelles. Il grande enigma è questo: in contrapposizione al Partito di Mattarella, si formerà o no un Partito delle elezioni? E se si formerà, siamo sicuri che a farne parte, sarà il solo Salvini?.
Guardiamo al Governo. A questo punto della situazione politica ed economica, con un debito che ha continuato a crescere, non si è arrivati per il “castigo degli dei” ma per scelte di questo governo. Del resto, Aldilà dei provvedimenti “bandiera” (reddito di cittadinanza, quota 100, immigrazione e leggi anticorruzione) e da ultimo lo “sblocca cantieri” (con la sua pesante problematicità) il bilancio non è esaltante. Dove sta fallendo il governo?
In 14 mesi, il governo ha aumentato il proprio consenso tra l’opinione pubblica: sommando le percentuali dei due partiti, si è passati al 50,1 del 4 marzo 2018 al 51,4% del 26 maggio 2018. Per i cittadini il bilancio è positivo e nei sondaggi tra gli elettori delle due forze di governo, sono nettamente di più quelli che preferirebbero una continuazione di questo Esecutivo. Ma da Bruxelles ci dicono due cose: le scelte di politica economica – pur così popolari – stanno deprimendo le prospettive di crescita e se non subiranno inversioni, peggioreranno non solo il “microclima” italiano, ma il maltempo potrebbe estendersi sul resto del Continente. In questo sta la scommessa del governo: trovare un equilibrio tra queste due spinte, consenso interno a breve e dissenso forte dei nostri partner.
Alla luce di questi ultimi avvenimenti, proviamo a delineare dei possibili scenari. Incominciamo da Matteo Salvini. Il suo ego smisurato, forte dei sondaggi, lo fa sentire ra”invincibile”, addirittura pensa di avere l’appoggio della Vergine Maria. Insomma l’uomo sa manipolare gli ingredienti del consenso popolare. Ti chiedo quali sono i punti di forza per chiedere le elezioni, e quali, invece, i dubbi che possono frenare questa voglia di passare all’incasso elettorale?
Staccare la spina e accollarsi platealmente la responsabilità di elezioni anticipate non è mai semplice. Per ragioni che si possono ricondurre alla saggezza popolare, come quella che sconsiglia di abbandonare la via vecchia per la via nuova. Una difficoltà accresciuta nella stagione attuale, nella quale qualsiasi avversario è pronto ad adoperare due armi micidiali: vittimismo e capacità di addossare ad altri i panni del capro espiatorio. Salvini, se mai deciderà di andare ad elezioni, lo farà soltanto dopo un accordo sostanziale con Davide Casaleggio. Per entrambi, la tentazione elettorale potrebbe consistere nella speranza di “congelare” la sostanza del risultato delle Europee: Salvini è pronto a mettere una firma all’idea di avere nel prossimo Parlamento una forza del 32-35 per cento e Casaleggio un Movimento tra il 18 e il 20 per cento. La ragione che spinge allo statu quo è lo spirito conservativo, che è sempre un’attrattiva potente in ogni attività umana.
Veniamo a Di Maio. L’uomo è salvato dal voto nline. Però resta molto debole. Salvini lo ha sgonfiato in questo anno di governo. Ma quello che è più grave, agli occhi degli elettori, è la perdita dell’anima del movimento. Nonostante tutti gli sforzi fatti l’uomo Di Maio è parso più vecchio della sua età. Di fronte allo straripante leghista quale carta può giocare? L’impressione è che si adagi sempre più ad essere l’Alfano di Salvini….
Luigi Di Maio si è rivelato in questi 14 mesi di governo, il personaggio di maggiore qualità politica del Movimento Cinque stelle, sia nell’articolare le istanze del suo Movimento, sia nella capacità di metterci la faccia. Il Profeta (Beppe Grillo) si è ritirato sulla Montagna, il Capo (Davide Casaleggio) è restato nell’ombra, il presidente della Camera non sembra avere il passo per assumere ruoli di leadership, Di Battista – che pure ha un impatto mediatico fortissimo – oscilla tra anno sabbatico e incursioni filo-Di Maio, con un profilo di fatto “doroteo”, di puro mantenimento di una rendita di posizione. Per Di Maio la possibilità di diventare l’”Alfano di Salvini” è un rischio concreto e la carta da giocare sarebbe una sola: materializzare una forte, suggestiva e concreta agenda di cose da fare, un’agenda talmente forte da condizionare Salvini. Ma sinora l’assenza di una cultura di governo, sia pure in versione radicale, è stato il tallone di Achille dei Cinque stelle.
Matteo Salvini è, in questo momento, l’uomo più potente d’Italia. La sua ossessione per il potere lo porta a creare nemici ogni giorno (dai “vescovoni”, come li chiama lui, ai giudici). Lo deve fare, fa parte della sua propaganda. Dicevamo della sua “invincibilità”. E questo a me fa venire in mente la tragedia greca. In particolare la hibris (hubris). Quale può essere per Salvini?
Matteo Salvini sta dimostrando di essere l’unico leader italiano, la personalità che sa esprimere meglio di ogni altra lo spirito del tempo. E’ vero la “hibris” è una cattiva compagna, da sempre, di tutti gli uomini pubblici e quando cresce, saperla dosare, è sempre un’impresa difficile. In Italia, tra l’altro, occorre sapersi guardare da un tratto della psicologia nazionale: gli italiani hanno sempre cercato un leader, ma hanno sempre rifiutato i padroni.