Un futuro sempre più incerto per il governo? Intervista a Fabio Martini

Il risultato delle elezioni in Umbria ha portato un surplus di instabilità del quadro politico. Il Parlamento nelle prossime settimane sarà chiamato ad occuparsi della Legge Finanziaria . E non saranno giorni facili per la maggioranza governativa . Come si evolverà la politica italiana? Ne parliamo, in questa intervista, con Fabio Martini cronista parlamentare del quotidiano “La Stampa”.

 Fabio Martini, siamo in una fase molto delicata per la politica italiana. Prima di procedere nell’analisi della prospettiva, penso che sia doveroso riflettere su un fatto molto grave, a mio giudizio, che è successo al Senato. Mi riferisco all’astensione del cosiddetto Centrodestra, o di quello che rimane, sulla Commissione contro l’odio e l’antisemitismo proposta dalla Senatrice Segre. Dicevo un fatto grave perché segna la capitolazione di una certa idea di centrodestra. Insomma l’egemonia salviniana è totale?

Temi delicatissimi sui quali ragionare a freddo e analiticamente. Che in certe aree politiche ci siano ancora pregiudizi antisemiti, questo è vero, ma la questione posta da alcuni esponenti del centro-destra è anche un’altra e alla lunga potrebbe essere condivisa anche in altri ambienti politici. La nuova Commissione principalmente si propone di snidare moltiplicatori di odio in un “luogo” fisiologicamente in movimento e sensibilissimo come il Web. E si propone di farlo, circoscrivendo i soggetti sui quali le espressioni di odio rischiano di produrre effetti pericolosi, perché soggetti sui quali nel corso della storia già si sono focalizzati sentimenti criminali. Ma in certi casi è difficile distinguere con certezza tra ciò che si può qualificare come odio, pur essendo penalmente irrilevante e ciò che è dissenso espresso in modo radicale. E infatti lo stesso Parlamento europeo non è ancora pervenuto ad una definizione chiara di hate speech. Stabilirlo a maggioranza – ecco il punto – può rappresentare un precedente pericoloso per tutti. Ma si tratta di materia incandescente, scivolosa, sulla quale sembra esagerato ogni atteggiamento lapidario ed è difficile individuare un “politicamente corretto”. Questo per dire che nel centrodestra oramai si esprime costantemente una egemonia salviniana, ma in questo caso la materia non è definibile a senso unico.

Che fine faranno personaggi come Mara Carfagna?

Mara Carfagna, che in questa occasione si è dissociata dalla Forza Italia salviniana, è tornata ad esprimere una voce liberal che in quel partito, dopo la stagione liberale degli esordi, era rimasta per anni soffocata. Ma resterà nel centrodestra. Matteo Salvini ha bisogno che le truppe parlamentari del centrodestra restino quantitativamente inalterate: a fine inverno il capo della Lega, facendo leva su transfughi pentastellati, darà la spallata per precipitare verso elezioni anticipate in primavera. Ma se in quello stesso frangente una massa di parlamentari, tra i quali i forzisti guidati da Carfagna, dovessero spostarsi verso Renzi, l’operazione fallirebbe. E’ possibile che si formi un contenitore-Toti destinato a catalizzare i diversi dissensi moderati del centrodestra, che da qualche giorno è tornato ad essere un carro vincente. Dal quale non è più conveniente scendere.

Una battuta su Matteo Salvini. Il “capitano” ha il morale alle stelle. Si sente “imbattibile “. Francamente quella in Umbria è stata una vittoria più che scontata. Trovi che almeno nei toni ha imparato la lezione del Papeete?

La vittoria del centrodestra in Umbria era probabile ma Salvini l’ha costruita nel modo migliore: credendoci. Con la voglia di esserci, di vincere. Pd e Cinque stelle, con l’alleanza tra “partito della clientele” e partito dell’anti-casta hanno provato a forzare il destino con un patto innaturale. E Salvini, nella distrazione generale, ha imparato la lezione del Papeete. Resta un duro ma non fa più le sparate. Si sta preparando alla rivincita con uno stile, se non opposto a quello che gli ha portato fortuna, certamente diverso.

Voci giornalistiche riferiscono di un tentativo di interlocuzione di Salvini con il PPE per uscire dal l’isolamento europeo. Ti risulta?

Si, risulta

Veniamo al governo. O meglio alle due forze maggiori che lo compongono: Movimento 5stelle e PD. Di Maio ha catalogato l’ennesima sconfitta. E francamente in un partito normale lo avrebbero dimissionato. Invece resta barcollante al suo posto. Non trovi che sia lui l’ostacolo alla maturazione politica dei 5 Stelle. Grillo lo lascerà ancora fare?

Luigi Di Maio incarna l’anima più profonda del Movimento ed ha dimostrato di essere di gran lunga il quadro politico più sveglio di quell’area politica. Le sue difficoltà e le sue sbandate riflettono un malessere più complessivo del Movimento Cinque stelle che è nato come forza anti-sistema, ma essendo l’unica forza stabile di governo, si trova in una postazione “contronatura”, ritrovandosi a gestire un declino che potrebbe essere irreversibile. E che potrebbe trasformare i Cinque stelle in una forza ad una cifra. Il timore istintivo di una propria, futura irrilevanza è il male oscuro che è destinato a portarsi dietro il Movimento fondato da Beppe Grillo, che per il momento ha ancorato la sua creatura a sinistra. Per il momento.
Zingaretti cerca di trasformare il PD. Sul Corriere della sera ha scritto che vuole trasformare radicalmente il partito. Francamente però non riesco a vedere il “disegno” del partito. Tu lo vedi?

Da quando è diventato segretario del suo partito, Nicola Zingaretti ha perso cinque regioni su cinque a guida progressista. Se a fine gennaio perde anche l’Emilia perde la segreteria e contestualmente si scioglie la legislatura. Per questo motivo sta cercando l’idea “giusta” per salvaguardare la propria leadership ancor prima che mettere in sicurezza il Pd. Zingaretti ha portato in poche ore il Pd al governo in una carenza palese di motivazioni (a parte lo stop alle elezioni con Salvini trionfante), senza un profilo programmatico, facendo propri i provvedimenti-bandiera dell’esecutivo precedente e ora con la stessa perentoria mancanza di motivi, sta cercando lo scontro con i Cinque stelle. Auspicando al tempo stesso un reset nel suo partito. “Svoltismo” fine a sé stesso? Prevalenza delle ragioni personali su quelle di partito? Un nuovo governo, più profilato con un nuovo Presidente del Consiglio? Nessuno lo sa, ma chiunque si rende conto di una palese carenza: quella di una classe dirigente capace di guidare i processi politici.

 In tutto questo Matteo Renzi come si giocherà la sua partita?

Matteo Renzi, a dispetto del suo palese “autolesionismo”, dispone di una qualità politica superiore alla media, ma nel nuovo scenario si trova in una “falsa posizione”, in un rischio serio: elezioni anticipate e dunque obbligo di trattare i posti in Parlamento con ex compagni che lo detestano.
Quindi bisognerà aspettare le elezioni regionali dell’ Emilia Romagna per sapere se arriverà alla fine della legislatura?

Una cosa almeno la sappiamo: questo governo non arriverà alla fine della legislatura.