“Nella guerra al Coronavirus l’Italia può diventare un modello in Europa”. Intervista a Fabio Martini

 

Sono giorni difficili, tragici, segnati dalla grave pandemia del Coronavirus. Un virus micidiale che sta mettendo sotto un pesantissimo stress i nostri medici ed infermieri. La loro battaglia, durissima, sta  ricevendo ammirazione a livello internazionale. Come sta reagendo la politica a questa drammatica sfida? Ne parliamo, in questa intervista, con Fabio Martini giornalista parlamentare del quotidiano “La Stampa”.

FABIO MARTINI

Fabio Martini, incominciamo la nostra riflessione sui “singolari avvenimenti” (per citare il Camus della Peste, il suo bellissimo romanzo dedicato alla città di Orano colpita da una epidemia. In realtà il romanzo è una metafora sul nazismo) che hanno colpito il nostro paese. Ho usato le parole di Camus perché, come gli abitanti di Orano, gli italiani sono stati sorpresi e spiazzati dall’epidemia. Ed è venuto fuori un popolo fragile. Le fughe da Milano e,  nei giorni scorsi, perfino le località di villeggiatura affollate sono emblematiche … Insomma il nostro senso civico lascia molto a desiderare?
Siamo degli individualisti, con scarso senso civico, viviamo lo Stato come altro da noi, cerchiamo sempre il sotterfugio, ammiriamo e imitiamo i furbi ma dobbiamo riconoscere che il Grande Blocco sta funzionando. Lattaccamento alla vita e lansia di poter precipitare in un sofferenza per noi o per i nostri cari sono più forti dellindividualismo italico”

 

In questo marasma anche la politica, a tutti i livelli, ha fatto la sua parte: una comunicazione, agli inizi contraddittoria, che ha fatto fatica a creare una direttrice comune. Per non dire delle opposizioni (“Conte è un criminale”). Qual è stato lerrore più grave della politica?

Premessa: in queste settimane il governo è chiamato a decisioni difficilissime, non invidiabili. Ma in questo caso lespressione la politica”, che di solito può apparire generica, è quantomai appropriata. Cosa accomuna governo e opposizione in queste settimane così difficili? Certamente, uniniziale e comune difficoltà nel mettere a fuoco il fenomeno che stava arrivando. Ma poi, una volta capito, è intervenuta una certa difficoltà ad anticipare gli avvenimenti, anziché seguirli. Oggi, senza tono accusatorio, possiamo tranquillamente dire: per spezzare la catena del contagio, il governo avrebbe potuto sigillare lItalia 15 giorni fa. Ma se andiamo a due, tre settimane fa, lopposizione non diceva affatto: chiudete tutto! Semmai diceva il contrario. Il Coronavirus è una brutta bestia ma ci ha fatto capire ancor meglio come è fatta la politica di questi anni: inadatta a sfidare limpopolarità del momento e a scommettere sulla possibilità di avere ragione sul medio-lungo periodo”.

Certo che anche la scienza, o meglio alcuni scienziati hanno favorito una certa confusione. Adesso si scoprono tutti rigoristi…

Il protagonismo di alcuni di loro ci ha restituito questa impressione, che in fin dei conti non è corretta. Gli esperti del ramo hanno sempre detto la stessa cosa: attenti che sta per arrivare una brutta epidemia, ben più seria di uninfluenza. Lo sfogo personale di alcuni medici, che hanno il merito di stare in prima linea ma che non sono studiosi, non può cambiare il senso: gli scienziati, gli esperti”, i colti” escono con una credibilità rafforzata da questa vicenda. Larroganza storica e la partigianeria di tanti sapienti nostrani per molti anni  ha gettato nel discredito la scienza in senso lato, che invece da questa vicenda potrebbe uscire rinfrancata. E in ogni caso possiamo tranquillamente svelare” larcano di questi giorni: le decisioni del governo sono ispirate e indirizzate dagli scienziati. In questo momento il Paese di fatto è guidato, sul piano sanitario, da loro: dai tecnici e dai competenti. E se, come auspicabile , i risultati  saranno confortanti è inevitabile che questo  modello di “governo” può diventare un esempio per l’Europa”.

Torniamo alla Politica. Pare che ora vi sia un atteggiamento collaborativo, durerà?
No. In Italia non è mai esistito – se non in brevi frangenti – il senso di un destino comune condiviso. Di cosa stiamo parlando? Di questo: in alcuni stagioni storiche – guerre o gravissime emergenze – di solito nelle classi dirigenti affiora una consapevolezza: se esageriamo in parole o in gesti, mettiamo a repentaglio le vite degli altri e dunque ci diamo tutti una regolata. Lopposizione non sembra disponibile a mettersi in quarantena e la maggioranza non sembra disposta a condividere le scelte fondamentali, anche se nei fatti il governo da qualche tempo rilancia puntualmente ciò che la minoranza suggerisce”.

Se la crisi, speriamo di no, dovesse prolungarsi qualcuno ipotizza scenari di un governo di emergenza nazionale. È fattibile secondo te?

Se nelle prossime settimane il Coronavirus invaderà i grandi Paesi europei, lUe sarà chiamata ad una svolta epocale e a quel punto non ci sarà un problema di governo in Italia perché la leva finanziaria sarà estesa e potente e trascinerà tutti i governi, Ma nel caso improbabile che il virus resti un fatto prevalentemente italiano, allora per affrontare una dolorosa e dura ricostruzione” potrebbe servire un governo di salute pubblica. Che però non si farà: le opposizioni preferiranno lavarsene le mani, scommettendo sul vantaggi di stare alla finestra. Un governo di unità nazionale può venire soltanto nellipotesi di un non auspicabile tracollo economico, con spread alle stelle e gente per strada a protestare per aver perso il lavoro. A quel punto Mario Draghi lo chiameranno di corsa”.

 

Per alcuni osservatori il premier, nella gestione e nella comunicazione, in una prima fase è apparso debole. Adesso viene visto come “l’anatroccolo nero” che prende su di sé il paese. La metafora è un po’ irriverente, però coglie un lato problematico del personaggio. Cosa ne pensi?

Il presidente del Consiglio può piacere o dispiacere,  qualcuno può irritarsi in una fase come questa per certe posture seduttive” (il maglioncino operativo” dei primi giorni, la Protezione civile come esibita war-room, quel suo parlare costantemente in prima persona), qualcuno non dimenticherà certe slabbrature (come linfelice notte culminata nella fuga verso il Sud) che potrebbero esser pagate care. Ma nel complesso Conte ha mostrato una tenuta” politica ed emotiva che, al di là del dividendo personale, potrebbero rivelarsi utili per la sopravvivenza di un buon numero di italiani”.

Per finire torniamo a Camus : “Ma lei sa, io mi sento più solidale coi vinti che coi santi. Non ho inclinazione, credo, per l’eroismo e per la santità. Essere un uomo, questo m’interessa”. Vedere l’opera di tanti medici un poco ci rasserena e ci rende orgogliosi della loro bravura,  ma noi come italiani usciremo più umani da questa brutta storia? 

“Una splendida citazione dalla Peste! Dopo le grandi emergenze, le psicologie dei popoli subiscono sempre scosse e modificazioni: alcune temporanee, altre permanenti e queste ultime, talora, si fissano nel Dna. Stavolta qualche traccia resterà: gli italiani potrebbero uscirne più umani perché tutti assieme e non come singoli, avranno vissuto quanto poco possa cambiare le nostre vite, quanto sia casuale il nostro destino e quanto sia prezioso preservarlo”.