Quale dinamica virtuosa deve ispirare l’azione dello Stato insieme a quella del volontariato nell’emergenza Covid? Quali i rischi di una strisciante statalizzazione del volontariato? Ne parliamo con Luigi Bobba, ex presidente nazionale delle Acli ed ex sottosegretario al Welfare.
Presidente Bobba, innanzitutto le chiedo un giudizio complessivo sull’operato del governo. Per gli italiani, stando ad alcuni sondaggi, la fase 1 è stata gestita bene invece la fase 2 male. Lei dove si colloca?
Mi colloco con gli italiani. Certamente il governo ha mostrato nella fase 1 maggior chiarezza di intenti, unita’ nelle decisioni e sobrieta’ nella comunicazione. L’apertura della fase 2 e’ stata invece all’insegna di una maggiore incertezza negli orientamenti decisionali,si sono ripresentate le divisioni interne alla coalizione e spesso l’eccesso di protagonismo dei singoli ministri o dello stesso Presidente non ha giovato alla credibilita’ e all’ autorevolezza del Governo. Tutto questo perche’ forse – come ha detto Graziano Delrio – manca una visione per il futuro del Paese che ispiri l’azione del Governo. La stessa maggiore disponibilita’ di spesa dovuta all’allentamento o alla rimozione dei vincoli europei, l’approvazione del Mes senza condizionalità e il lancio del Ricovery fund offrono a chi governa maggiori alternative di scelta nell’impiego di queste risorse . Ma questo porta con se’ anche maggiori responsabilità; non si puo’ sbagliare la direzione di marcia, ne’ l’andatura. Altrimenti il Paese finira’ per implodere e la rabbia sociale scatenare pericolosi conflitti.
Veniamo ad un punto controverso di questa fase 2: la discussa proposta di istituire i, cosiddetti, volontari civici. Proposta fatta dal ministro Boccia per aiutare i Sindaci nella gestione della riapertura. Che aveva di così “malvagio” per essere respinta ? Anche lei ha espresso un giudizio negativo. Perché?
Nella fase di emergenza si e’ affermata una sorta di statalizzazione strisciante. Non dubito che, nei momenti drammatici che abbiamo vissuto, fosse necessario un ruolo preminente dello Stato. Ma ora che ci stiamo avviando verso una nuova normalità, dove dovremo convivere con il virus e affrontarne le conseguenze, non possiamo assecondare questa deriva. Il 2 giugno festeggeremo la Repubblica, non lo Stato. La Repubblica e’ l’insieme delle formazioni sociali (famiglie, volontariato, Terzo settore, associazionismo categoria le, professionale e sindacale) con le autonomie locali e le istituzioni statali. Questa pluralita’ della nostra Repubblica non puo’ essere cancellata. L’art 2 della Carta costituzionale dice che la Repubblica “garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo che nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità”. Tradotto: l’associazionismo, il volontariato, il Terzo settore non possono essere ridotti a mero impegno caritatevole; sono essi stessi parte integrante dell’architettura della Repubblica.
Giuseppe de Rita (Censis), vede il rischio della statalizzazione del flusso della beneficenza privata. Mi scusi la provocazione : fare un coordinamento degli aiuti significa statalizzare? Non c’è un poco di esagerazione? Lei cosa propone come alternativa alla proposta Boccia?
La proposta del ministro Boccia di ingaggiare 60.000 “assistenti civici” ha reso ancor piu’ evidente la deriva strisciante di una statalizzazione della solidarieta’. Il prof. De Rita, gia’ un mese fa, aveva denuciato la progressiva statalizzazione del flusso della beneficienza privata. A cosa si riferiva? Al fatto che tutte le reti Rai, dall’inizio dell’emergenza fino ad oggi, hanno sempre promosso e indirizzato le donazioni verso un organo statale ovvero la Protezione civile. Ebbene, secondo una survey di Italianonprofit ,dei circa 800 milioni di euro raccolti in questi mesi, il 78% e’ andato proprio in quella direzione o verso istituzioni locali ed ospedali, prosciugando il flusso donativo verso le associazioni di Terzo settore. Ebbene, con gli “assistenti civici”, ci si incammina verso una sorta di statalizzazione soft del volontariato. Peraltro, poche settimane fa, la Protezione civile, invece, aveva assegnato i 400 milioni ai Comuni per la distribuzione di beni alimentari essenziali mediante una collaborazione attiva delle organizzazioni di Terzo settore, per le quali lo stesso Presidente dell’Anci, Decaro, aveva avuto parole di apprezzamento . Ora nella proposta Boccia, il Terzo settore viene omesso, cancellato. Insomma l’idea degli assistenti civici – aldila’ del nome infelice – e’ buona. E’ la soluzione che e’ sbagliata. Sia perche’ i compiti, a cui sarebbero destinati questi assistenti civici sono vaghi e poco identificati, per cui molti vi hanno visto una specie di invasione di campo delle funzioni della polizia locale e delle Forze dell’Ordine; sia perche’, caricare i Comuni del compito di ingaggiare, selezionare, formare e coordinare queste persone, è operazione destinata ad un quasi sicuro fallimento. Ora il Governo sembra rendersene conto anche per il pronunciamento di molti sindaci e forse potrebbe cambiare strada. La mia proposta e’ piuttosto semplice e anche di facile attuazione:
incrementare in modo consistente i posti disponibili per fare servizio civile. Tra il 2018 e il 2019 ci sono stati circa 90.000 giovani che hanno visto respinta la loro domanda di fare servizio civile. Si peschi in quel bacino di persone e, nel decreto Rilancio,si incrementi il Fondo per il servizio civile – non di 20 milioni (briciole)- ma di 150 milioni, consentendo così ad altri 25.000 giovani di entrare in servizio. Si faccia un bando straordinario con procedure semplificate e in pochi mesi avremo a disposizione energie giovani da poter affiancare ai Comuni nelle molte emergenze alimentari, educative e sociali che si trovano a fronteggiare. Gia’ oggi un terzo dei ragazzi in Servizio civile svolgono il loro servizio presso enti territoriali e, per gli altri due terzi, in enti del Terzo settore accreditati. Rafforzeremo in questo modo la positiva integrazione tra le autonomie locali e l’associazionismo e i Sindaci avrebbero la responsabilità di indicare le priorità di intervento nel proprio territorio.
La lotta al Covid-19 si fa, anche, con la tecnologia digitale. Lei ha fatto una proposta interessante: ovvero quella di una “app” per i volontari. Può spiegare la sua idea?
Mi sono ispirato ad una decisione del criticato e criticabile governo inglese. In Gran Bretagna e’ stata creata un “App volontari” di facile accesso e grande impatto comunicativo, la cui gestione e’ affidata ad un’antica organizzazione di volontariato: la Royal Voluntary Service. Ebbene, il Governo italiano faccia la stessa cosa,calandola nel contesto e nella cultura tipica del nostro Paese. Crei rapidamente questa App volontari coinvolgendo le grandi reti associative e i Centri di servizio del volontariato: a loro il compito di ingaggiare, selezionare, formare e coordinare tutti quei cittadini disponibili a svolgere compiti non professionali di utilità sociale: distribuzione di beni alimentari, servizio nelle mense dei poveri, assistenza telefonica per gli anziani soli, supporto alle famiglie piu’ disagiate, collaborazione con genitori e scuole per la formazione a distanza, assistenza alle persone disabili. L’Istat ci dice che ci sono circa un milione e mezzo di volontari individuali che rappresentano il potenziale da coinvolgere e mobilitare: non lasciamoli a casa! L’art. 118 della Costituzione dice che e’ compito di tutte le diverse articolazioni dello Stato di “favorire l’autonoma iniziativa dei cittadini,singoli e associati, nello svolgimento di attivita’ di intersse generale , secondo il principio di sussidiarietà” . L’ App volontari non sarebbe che un modo per lo Stato di “favorire” proprio questa autonoma iniziativa. In altre parole il compito delle istituzioni non è quello di “arruolare ” volontari , bensì di accompagnare la crescita di un ecosistema orientato allo sviluppo dell’azione volontaria e dell’impegno civico; consolidare la forza delle reti comunitarie e promuovere un efficace integrazione tra Terzo settore e municipi.
Ultima domanda : c’è una parola chiave per la rinascita?
La parola chiave è “insieme”: rinascere insieme. Non si esce per primi e da soli da questa crisi. Si puo’ uscirne solo insieme. Per questo serve una visione per il futuro del Paese orientata ad una crescita inclusiva e sostenibile. Crescita appunto, ma consapevoli che se non ne sortiremo insieme, le disuguaglianze sono destinate ad allargarsi e ad approfondirsi, come ci dimostrano gia’ molti studi. Sortirne insieme coniugando innovazione sociale e innovazione tecnologia, produttività e sostenibilità ambientale, locale e globale. La solidarieta’ non e’ destinata ad essere mandata in soffitta, ma è il risultato delle nostre scelte, della forza dei nostri valori, della strada che intendiamo intraprendere.