“Nati per riaccendere la speranza nella notte della politica”. Intervista a Marco Bentivogli

Marco Bentivogli (Ansa)

Nata da pochi giorni e già fa discutere l’opinione pubblica. Parliamo di “Base Italia”, un’associazione per “far tornare l’Italia a crescere”, come dice Marco Bentivogli, ex segretario dei metalmeccanici della Cisl, e ora coordinatore di Base Italia. Il presidente è Floridi, nel comitato scientifico figurano nomi importanti: da Carlo Cottarelli alla docente di Diritto del Lavoro Lucia Valente, dal gesuita Francesco Occhetta al sociologo Mauro Magatti.  Quali sono le sfide che lancia “Base” alla politica italiana? Ne parliamo, in questa intervista, con Marco Bentivogli.

Bentivogli, la nascita di “Base” ha incuriosito l’opinione pubblica italiana. Vi definite “Riformisti”. Mi scusi la provocazione ma anche il PD, Calenda e Renzi si definiscono “riformisti”, in cosa vi differenziate?  

Si l’attenzione è al di sopra di ogni aspettativa. Noi non siamo un partito, siamo un network culturale di promozione di partecipazione politica, sociale. Vogliamo risvegliare la passione per l’impegno civile, per la politica, il sindacato, le persone devono tornare a cuore il loro paese. Sul termine “riformista” c’è un’autocertificazione di massa in politica e non solo che ha inflazionato e delegittimato il termine.

Noi siamo forza di integrazione tra le energie migliori già oggi in politica ma prioritariamente verso chi si è allontanato, disaffezionato, rassegnato alla mediocrità che ha portato una politica senza passione e valori da un lato e l’antipolitica dall’altro che lottando contro la casta quando è diventata casta essa stessa, ha dimostrato una disinvoltura etica e morale che non ha nulla da invidiare all’establishment precedente.

Per questo partiamo, nella prima fase, da persone non impegnate direttamente in politica e dai giovani i veri invisibili per il gruppo dirigente diffuso del paese. Bisogna restituire loro una dimensione di futuro dandogli spazio nella gerontocrazia italiana.

 

Nel leggere il vostro appello-manifesto si rimane colpiti dalla dialettica “complessità – semplificazione”. Anche il populista Salvini vuole semplificare, per non dire di Grillo. L’Italia non muore per troppa semplificazione? 

Il mondo, la vita sono sempre più complessi, siamo nel mezzo di 3 grandi trasformazioni: demografica, digitale, ambientale. Avere le personalità più preparate e innovative di ogni ambito serve a metterle al servizio del bisogno di capire, di semplificare per la gente comune. In Italia si muore non di semplificazione ma di banalizzazione che i populisti, in crisi dal punto di vista elettorale, hanno contagiato quasi tutto il sistema politico.

Questo a riguardo della complessità. Se poi si parla di burocrazia siamo tutti d’accordo in teoria ma in pratica, ognuno difende le proprie prerogative con mille

cavilli che ingessano il paese, a partire dalla PA.

 

Scrivete, nel vostro appello, che volete fare da catalizzatori per progetti di innovazione. Qual è la vostra agenda politica? 

Non siamo un think tank, neanche un think action tank, una task force. Vogliamo rendere popolari i valori e i contenuti del riformismo. Per questo partiamo al contrario, dai contenuti e dalla costruzione dei nodi territoriali. Ne abbiamo aperti già 18 in 4 giorni. E nelle prime 100 personalità che hanno aderito c’è veramente la bella Italia che non si rassegna: da chi lotta alla camorra a chi ha inventato l’agricoltura idroponica, da chi combatte le povertà nelle metropoli a chi sta progettando i computer quantici. Serve questa élite, capace di mettersi al servizio delle persone, uscendo dalla bolla.

Per questo il network si radicherà tra le persone, verso le periferie esistenziali per riunificare la comunità nazionale e riallacciare i legami sociali, frantumati da paura, odio e individualismo.

 

A proposito di “agenda politica”, sul “Recovery Fund” che idee avete da proporre al governo e alle parti sociali. Ovvero dove, secondo voi, si gioca il futuro del Paese?

Il Next Generation Eu è l’ultimo treno per il nostro paese. Serve una strategia per usare quelle risorse per rendere l’Italia strutturalmente più forte, più attraente meno pesante e burocratica. Serve una strategia su infrastrutture, ricerca come il Piano Amaldi, innovazione come la rete Innovaction ma poi senza riforme costituzionali che superino il bicameralismo partitario, cancellino il titolo V e cancellino la burocrazia i soldi saranno sciupati. Queste risorse saranno debito, i cui interessi sono già ora il quarto impiego di tutte le tasse Irpef pagate dagli italiani.

 

Qual è il vostro giudizio sull’operato del governo?

Noi non siamo un partito e tra di noi ci sono diversi giudizi sull’operato del Governo. Quello che pensiamo e che bisogna sempre parlare di merito. Ci uniamo anche noi al coro, ormai banale di chi chiede una visione ma è vero che c’è troppo welfare elettorale e poco investimento nel futuro. Di sicuro assemblare i progetti che si ha sulla scrivania non è una strategia, si guardi alla Francia e alla Germania. E sulla comunicazione si prenda lezioni di parresia dalla Germania, il diritto dovere di dire sempre la verità al proprio popolo, specie in momenti difficili.

 

Nel comitato promotore vedo molta élite, il che non è male, ma la “Base” da chi è rappresentata?  State ricevendo adesioni anche sindacali e dal mondo del volontariato?

Le più importanti vengono proprio dal mondo del volontariato, da singoli, da persone che semplicemente si chiedevano cosa posso fare per il mio paese. Certo, il comitato scientifico è di altissimo livello, 50% uomini e 50% donne. Anche nel sindacato, soprattutto nei luoghi di lavoro, c’è molto interesse. Qualcuno pensa che sia un partito e per cui che giustamente preveda un’incompatibilità. Molti dirigenti sindacali sono iscritti ai partiti e questo non ha mai rappresentato un limite. L’autonomia e l’incompatibilità da incarichi elettivi deve restare un valore. Il lavoro è uno dei temi centrali di Base Italia e per chi lo vorrà saremo un compagno di strada e un luogo di confronto autentico.

 

Quando vedremo all’opera la “Base”? 

Noi vogliamo ricostruire eco-sistemi territoriali umani fatti di legami solidali e che si pongano in modo inclusivo tutte le sfide del domani. I tempi brevi, le accelerazioni, servono più agli ego-sistemi. Noi siamo una squadra, una rete, mi innervosisce il tic giornalistico di etichettare le cose che non si conoscono o capiscono, come quando parlano del “partito di Bentivogli”. Non siamo un partito, non ne servono, e tantomeno di personali. Base è già all’opera, in tutta Italia, sta tessendo la sua rete e sarà un luogo permanente, indipendentemente dai destini e dalle scelte di ognuno. Era tanto che non si costruiva qualcosa di aperto, volutamente pluridentitario. In Italia pur di coltivare il frammento ognuno marca il grado di purezza altrui. Non hanno capito quanto sia cambiato il mondo. E che stiamo rischiando grosso ed è ora di capire che bisogna unire stabilmente le forze di chi vuole bene al paese e a chi lo abita.

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