
dibattito per la fiducia al Senato (Ansa)
Sono giorni di fibrillazione per la politica italiana. Come si svilupperà il quadro politico? Ne parliamo, in questa intervista, con l’inviato della Stampa Fabio Martini.

Fabio Martini (AUGUSTO CASASOLI/A3/CONTRASTO)
Fabio Martini, il governo ha ottenuto la fiducia del Senato. Una fiducia molto problematica, che non rende facile la vita al governo. Ma davvero Conte è uscito vincitore nel duello con Renzi?
«I fatti per ora parlano chiaro. Matteo Renzi voleva far cadere Giuseppe Conte e il governo ha ottenuto due fiduce. Per non entrare in contraddizione con la propria battaglia, Renzi aveva deciso di votare no e invece, per non perdere gran parte dei suoi parlamentari, ha fatto astenere Italia Viva. Il primo round lo ha vinto Conte. Sul piano dell’immagine, che non è più un optional come ai tempi della Prima Repubblica ma qualcosa che viene messo in discussione ogni giorno e ogni ora dal martellamento di vecchi e nuovi media, l’esito della “partita” è ‘più controverso: Renzi, grande affabulatore, non è riuscito a farsi capire e la sua “manovra” a molti è parsa più pretestuosa che spassionata. Il presidente del Consiglio, per puntellare la propria maggioranza, si è impegnato in una caccia al volenteroso che non è un tonico per un’opinione pubblica sempre più disincantata. Per restare alla metafora agonistica, per capire l’esito finale dello scontro, occorre attendere ancora qualche settimana e la risposta ad una domanda che appare banale mentre la risposta non lo è: il presidente del Consiglio e i due partiti di governo sapranno trasformare una crisi nata per caso, in un’opportunità per potenziare il governo e dunque consentire agli italiani di stare un po’ meglio?»
Dicevo sopra della fiducia risicata, questo comporterà necessariamente un allargamento al Centro della maggioranza. Vi sono state adesioni sorprendenti (vedi alcuni personaggi importanti di Forza Italia). Anche qui è una operazione non facile, bisogna offrire una prospettiva politica ai centristi. Riuscirà?
«Il presidente del Consiglio ha impostato la questione in termini “alti”, rivolgendosi alle forze liberali, popolari e socialiste. Ma poi si è impegnato in un lavoro, certo fisiologico, di “porta a porta” con i singoli parlamentari. In Parlamento e fuori esistono forze sociali e politiche di orientamento liberale e popolare che attendono di essere coinvolte. La caccia al responsabile non sembra il modo migliore per “reclutarle” e infatti tutte queste forze si sono messe alla finestra. Per ora c’è più necessità che politica. Ma la partita non è finita».
Veniamo a Matteo Renzi. L’ex premier ha posto, bisogna dirlo, al centro dell’attenzione problemi veri. Ma, ancora una volta, lo ha spiazzato il suo stesso carattere. Così è riuscito a trasformare il problema politico in un problema personale. È così?
«Anche chi lo detesta, riconosce – o in cuor suo sa – che Matteo Renzi è la personalità di maggior talento politico apparso sulla scena italiana nella stagione seguita al bipolarismo Berlusconi-Prodi. Ma l’egolatria lo ha divorato, sin dai tempi del referendum istituzionale che – nessuno lo ha mai notato – l’allora presidente del Consiglio fece votare a maggioranza non qualificata (in zona Cesarini bisticciò appositamente con Forza Italia che aveva già votato sì) pur di andare ad una verifica popolare che non era obbligatoria. Lui la cercò e la perse. Pochi altri hanno saputo dissipare il proprio talento come lui. In questa occasione ha cercato di nuovo il centro del ring per richiamare a sé i riflettori ma il grande leader è quello che riesce a far coincidere il proprio interesse con quello del suo popolo».
Pensi che Italia viva manterrà sempre la linea dell’astensione? Oppure scatenerà una sorta di “guerriglia”?
«Il combinato disposto dei numeri traballanti della maggioranza e la prospettiva della guerriglia permanente, nel giudizio del Capo dello Stato, è incompatibile con la crisi economica e sanitaria che vive il Paese. Ecco perché Mattarella, nel colloquio al Quirinale, ha suggerito a Conte di trovarsi numeri certi entro e non oltre mercoledì prossimo quando il Guardasigilli Bonafede si presenterà in Parlamento con la sua relazione sullo stato della Giustizia. Italia Viva ha già preannunciato il voto contrario ma una bocciatura del ministro che è anche capo della delegazione dei Cinque stelle porterebbe alla caduta immediata del governo. Ecco perché ii governo ha sei giorni per scongiurare la guerriglia permanente e salvare sé stesso da un logoramento progressivo e alla fine esiziale ».
Veniamo al PD. Liberarsi di Renzi è un risultato di questa votazione. Ma sappiamo che il problema del PD è più profondo, ovvero dare un’anima a sé stesso e al governo. Per te?
«Il Pd è l’erede, non diretto, di due grandi tradizioni politiche – il Pci e la sinistra democristiana – che hanno fatto del primato della politica il proprio “mantra”, stando in campo con idee e iniziativa politica. In questa fase il Pd ritiene che l’understatement sia il modo migliore per far avanzare le proprie idee. Il problema non sono tanto le intenzioni di voto, immobili, o le Regioni conquistate o tenute dal centro-destra. Anche il Pd si gioca nelle prossime settimane la “partita della vita”: provare a trasformare una crisi aperta da altri, nell’occasione per esternare la propria visione del Paese. Provando a trasformarla in azione politica concreta».
Per il Movimento 5stelle, questo passaggio, è stato un ulteriore bagno di realismo (a parte sul Mes). Per te?
«Il Movimento Cinque stelle è rimasto defilato in questa crisi. Proponendo come argomento forte la critica durissima al “disfattista” Renzi e proponendosi come tutori dell’ordine costituito. Sì, un ulteriore bagno di realismo, che segna un nuovo passaggio verso la modifica del Dna originario, da movimento anti-sistema a partito dentro il sistema. Ma questo, prima o poi, potrebbe portare a clamorose novità nel campo del “brand” e della leadership. Credo che le prossime mosse di Conte, in coppia con Di Maio, vadano seguite attentamente».
Per l’opposizione sovranista, questa crisi è stata una occasione mancata per mostrare un profilo normale agli occhi dell’Europa. Gli interventi di Salvini e Meloni non sono stati all’altezza. Qual è il tuo pensiero?
«Parliamoci chiaro: se il centrodestra si fosse impegnato anima e corpo in una “campagna acquisti” eguale e contraria a quella della maggioranza, il governo non ci sarebbe più. Questo è un frammento di analisi sfuggito all’analisi dei ciarlieri commentatori della vicenda politica e noi possiamo chiederci perché: una caduta del governo Conte, avrebbe dilatato le divisioni nel centro-destra. Meloni avrebbe detto: elezioni! Berlusconi avrebbe detto: vediamo. E Salvini in mezzo. Hanno preferito lasciare in vita il governo».
Forza Italia è acquisita per sempre al campo sovranista?
«Una legge elettorale proporzionale restituirebbe notevoli margini di manovra e di libertà a quel che resta di Forza Italia. Da questo punto di vista anche per gli “azzurri” i prossimi mesi saranno decisivi: avranno un valore “costituente”. Da qui al semestre bianco potrebbe ridisegnarsi la politica italiana. Tutti passeranno nel “trasformatore”: Conte, i Cinque stelle, il Pd e anche Forza Italia».
Per ultimo torniamo al governo: nella squadra saranno solo coperti i posti vacanti dei renziani oppure ci sarà un aggiustamento ulteriore ?
«Emanuele Macaluso, il dirigente del Pci scomparso in questi giorni, una volta ha raccontato che nel periodo in cui l’ala moderata del partito dissentiva da Berlinguer, il segretario mandò lui a dirigere l’Unità, Napolitano fu indicato come presidente dei deputati e Chiaromonte dei senatori. Commentò ex post Macaluso: “Allora esisteva un modo di concepire la lotta interna che non è paragonabile a quel che accade oggi”. Come dire: i migliori non si accantonavano, si premiavano. Pd e Cinque stelle hanno al proprio interno personalità e risorse per potenziare il governo: anche questo sarà un ulteriore test per capire se questa crisi avrà un esito capovolto rispetto alle intenzioni di chi l’ha promossa. Quella che si chiama eterogenesi dei fini».