Si è concluso il Consiglio europeo nel quale i leader dell’Ue hanno fatto il punto in particolare sulla situazione epidemiologica, sui vaccini e sulle relazioni internazionali. Come noto, nella serata di giovedì è intervenuto anche il Presidente degli Stati Uniti Joe Biden. Dal canto suo, il premier Mario Draghi ha insistito molto non solo sulla scorrettezza delle case farmaceutiche nei confronti dell’Unione ma anche sulla necessità di non commettere errori nella fase di ripresa economica. Il Presidente Charles Michel lo ha definito un consiglio “eccezionale” anche in ragione della partecipazione di Biden. Ne abbiamo parlato con Giuseppe Sabella.
Sabella, perché Michel parla di consiglio europeo eccezionale?
Pur nella difficoltà di gestire questa situazione critica legata ai vaccini e all’approvvigionamento dalle Big Pharma, Michel sottolinea l’importanza di ritrovare gli USA dopo quattro anni non solo di isolazionismo ma anche di guerra commerciale che l’America ha fatto all’Europa. Si pensi ai dazi ma anche al dieselgate. Ora però gli USA stanno cambiando atteggiamento nei confronti dell’Europa perché è chiaro che il problema oggi è la Cina, non solo perché questa è responsabile della situazione sanitaria mondiale ma anche per il modo opaco con cui Pechino si è relazionata al resto del mondo, cosa che persino Merkel ha rinfacciato a Xi Jimping. In questo senso, si consideri che i tedeschi sono il principale partner commerciale dei cinesi. Se, quindi, lo ha detto Merkel, significa che il problema è grande e molto sentito.
Concretamente, a cosa può condurre questo riavvicinamento?
Anzitutto, Biden favorirà il rapporto dell’Europa con le Big Pharma a due livelli: in primis, queste cederanno la licenza di produrre alle industrie europee – italiane in particolare – e, in secondo luogo, in questa fase di difficoltà Biden ha promesso aiuto e sostegno al Vecchio continente. Come si evince, il vaccino è questione, anche, di geopolitica. Vi è però un aspetto di medio-lungo termine che non sottovaluterei: come già ho avuto modo di dire (http://confini.blog.rainews.it/2020/07/15/ripartenza-verde-come-il-nuovo-whatever-it-takes-della-bce-intervista-a-giuseppe-sabella/), l’Europa ha lanciato una nuova idea di multilateralismo nel mondo in particolare su climate change, cyber security e migrazioni. In particolare, i primi due punti sono fondamentali nel programma politico di Biden che, appena eletto, ha subito parlato di una nuova alleanza con l’Europa e di Green New Deal. È chiaro che questo è lo spazio dove ricostruire l’alleanza atlantica. Non a caso, proprio Michel, prima che iniziasse il consiglio si era espresso così: “È tempo di rinsaldare la nostra alleanza transatlantica”. È evidente che non è tutta farina del suo sacco, com’è chiaro che dentro questa nuova fase della globalizzazione l’Italia ha un posto privilegiato.
Perché allude a questo posto privilegiato per il nostro Paese? Forse per le buone relazioni che Mario Draghi ha con la Casa Bianca?
Da una parte vi sono certamente queste buone relazioni che Draghi ha con Washington. Ricorderei che Obama, nella difficoltà di gestire la crisi americana, nei momenti di maggior difficoltà ai suoi uomini diceva “chiamate Mario”. E, tra i suoi uomini, vi era appunto Joe Biden. Il fattore tuttavia dirimente, è che si sta chiudendo la stagione di Angela Merkel e l’Unione, a questo punto, è in cerca di una nuova leadership. Certamente Macron è una personalità importante nella nuova UE ma Draghi ha più autorevolezza. Per non dire poi che, in questa fase, Italia e Francia sono molto allineate: sono i Paesi che hanno promosso il Recovery Plan, fondato su un nuovo principio di debito europeo e sugli eurobond o coronabond che dir si voglia. Non è un caso che proprio Draghi, in questo consiglio, abbia insistito sulla necessità di rafforzare la strada del debito comune, che è la via per l’integrazione.
L’Europa si sta riorganizzando a partire dalla riconfigurazione dell’industria e dentro la nuova alleanza con gli USA. Quale può essere il contributo dell’Italia dentro questo nuovo ciclo?
Auguriamoci intanto che la leadership di Draghi abbia un proseguo e non si limiti a questo periodo in cui supplisce alle difficoltà di questa legislatura. Ciò significherebbe un’Italia egemone in Europa e con un interlocuzione privilegiata con gli USA. In secondo luogo, vi è un aspetto meno politico e più economico: l’Italia ha la grande occasione di rilanciare la sua industria e la sua economia. Le recenti stime Ocse sono incoraggianti da questo punto di vista, indicano una crescita significativa per il nostro Paese nel 2021 (+4,1%) superiore alla Germania (+3%) e alla media europea (+3,9%). Partiamo dal fatto che siamo la seconda potenza manifatturiera d’Europa e il Paese industrialmente più integrato con la prima, la Germania. Quindi, vi è una leva interna per la crescita ma anche una esterna, ovvero l’industria tedesca che fa da traino in particolare al “nord produttivo” e alle sue imprese metalmeccaniche e ai loro prodotti di componentistica, utensileria e meccanica di precisione che sono eccellenza riconosciuta nel mondo. In secondo luogo, l’Italia sarà l’epicentro della produzione europea dei vaccini, obiettivo non solo del nostro Paese. Si tratta di una produzione che sarà importante non solo per i confini europei ma anche per il mondo intero. A tal proposito, ricorderei che il ministro dello Sviluppo economico Giancarlo Giorgetti – che sta portando avanti il progetto del polo pubblico-privato – ha incontrato di recente a Roma il commissario all’Industria Thierry Breton, il quale è stato il primo a insistere a Bruxelles sulla necessità per l’Europa di rendersi indipendente nella produzione di vaccini. Non dimenticherei, infine, che l’Europa sarà protagonista della trasformazione della mobilità: in questo senso, non solo siamo dentro Stellantis – che ne sarà uno dei leader – ma c’è tutto il nostro indotto dell’automotive, altra eccellenza riconosciuta. In sintesi: siamo alle soglie di una stagione importante per il made in Italy. Ha ragione Draghi quando dice che non si devono commettere errori. È l’occasione per tornare a crescere.