“IL PIANETA CHE SPERIAMO” . INTERVISTA A ROCCO D’AMBROSIO

 

A Taranto la prossima settimana si svolgerà la 49° settimana sociale dei cattolici italiani. Sull’importante avvenimento abbiamo intervistato don Rocco D’Ambrosio, professore ordinario di filosofia della politica dell’università gregoriana di Roma. Con lui approfondiamo il significato storico e politico che le settimane sociali hanno avuto per i cattolici italiani.

Don Rocco, tra pochi giorni si svolgerà a Taranto un evento importante per la Chiesa italiana : la 49 esima Settimana Sociale dei cattolici italiani. Il tema scelto è quello ambientale : “Il pianeta che speriamo. Ambiente, lavoro, futuro. Sul tema torneremo più avanti. Partirei dal dato storico : le Settimane Sociali sono nate nel 1907 (la prima si proprio in quell’anno nella città di Pistoia). Siamo ancora nel periodo del non expedit, i cattolici erano fuori dalla vita politica, e lo scopo era, per usare una terminologia di quel tempo, il “vero Messaggio sociale cristiano”. Sappiamo che con alti e bassi le Settimane hanno segnato la storia del movimento cattolico italiano. Hanno preparato, dato impulso alla azione dei cattolici nella società e nella politica. Le chiedo cosa hanno significato per la Chiesa e il laicato cattolico? 

Quella delle Settimane Sociali è una grande tradizione che va sempre rinvigorita, visti anche i tanti frutti che ha portato, anche nei momenti difficili. Per quel poco che conosco della loro storia direi che i momenti di prova e i momenti di maturità laicale sono state le condizioni per frutti duratori nella Chiesa e nella società italiana. Certo, come ogni incontro di pastori e fedeli laici su temi di attualità c’è sempre la tentazione di essere didascalici e ripetitivi rispetto al magistero, specie papale. Ma è proprio papa Francesco che sprona tutti, pastori e fedeli laici, ad avere coraggio, ad osare di fare reali passi avanti nella riflessione teorica e nel porre gesti concreti. In questo la Chiesa italiana ha fortemente bisogno di uno scossone, che ci auguro venga da questa settimana e dal cammino sinodale appena iniziato.
Abbiamo ricordato, all’inizio, le origini lontane. Appunto era il tempo del non expedit. Inizia allora la marcia di emancipazione dei cattolici (anche grazie al l’impulso della Rerum Novarum) nella vita sociale. Toniolo era uno degli ispiratori. Ma oggi hanno ancora senso? A quali condizioni possono essere uno strumento fecondo? 

Di figure come Toniolo sono sempre stato colpito dal fatto che sono stati generatori di pensiero e di azione, attingendo a un sano e proficuo rapporto pastori-laicato. Non si ricorda laico formato e maturo, nella storia del cattolicesimo italiano, che non abbia avuto, alle sue spalle, un altrettanto pastore, sia prete che vescovo, di uguale o superiore maturità umana e spirituale. In molti casi un autentico profeta. Si pensi ai fulgidi esempi di laici come di Toniolo e tanti altri, in ogni angolo de nostro Paese. Molti politici, professionisti, responsabili di istituzioni, imprenditori, magistrati, giornalisti hanno ricevuto dai loro pastori non solo una solida formazione cristiana, ma anche i mezzi, o almeno lo sprono, ad acquisire la competenza necessaria per operare nel mondo. Molto spesso questa tradizione si è interrotta, in modo particolare quando le nostre comunità si sono chiuse in se stesse e/o hanno scommesso poco sulla formazione, “diluendo” spesso i contenuti di omelie, incontri, catechesi e dialoghi educativi. E’ forse il concetto stesso di discepolato che è entrato in crisi: forse i formatori, per primi, si sentono poco discepoli del Cristo e, di conseguenza, non riescono ad educare veri discepoli. Dall’altra parte spesso ci sono diversi discepoli che non riescono trovare buoni maestri, autentici profeti che li aiutino nel loro cammino di discepolato.
Veniamo alla 49esima Settimana Sociale. Perché Taranto? 
Aristotele – Taranto era Magna Grecia! – descriveva la città (polis) migliore per numero di abitanti (pochissime migliaia), clima, carattere dei cittadini, qualità morali in educazione, leggi fondamentali ed amministrazione quotidiana. Ora le città sono ben lontane dall’ideale aristotelico, le piccole come le grandi. Taranto è… come tutte le città italiane. Credo che la scelta voglia ribadire questa idea fondamentale: ciò che è oggi Taranto è specchio di quello che è l’Italia. A Taranto, come altrove, c’è una storia fatta di bellezza umana e relazionale, culturale e ambientale, una storia di bene e responsabilità. Purtroppo c’è anche una storia di corruzione, omertà, latrocini, danni alla salute e all’ambiente, mancata tutela del lavoro e così via. Il riflettere, il sapersi raccontare e mettere in discussione, il ricercare soluzioni, il legare teoria e pratica, l’interrogarsi su atteggiamenti antropologici ed etici sono oggi indispensabili per ricostruire Taranto, come anche l’Italia.
Veniamo al contenuto. Il tema è affascinante: “Il pianeta che speriamo. Ambiente, lavoro e futuro”. La settimana si svolge sulla scia del magistero di Papa Francesco (in particolare la Laudato Si, Querida Amazonia e Fratelli Tutti). Come viene declinato il tema? Quali punti fermi?

Un bel ultimo libretto di Leonardo Boff (Abitare la terra. Quale via per la fraternità universale?) contiene una risposta alla sua domanda, che condivido e rilancio. La casa è comune – come insegna papa Francesco – quindi anche l’impegno per la salvaguardarla è comune: chiede a uomini e donne di ogni cultura, religione e territorio di creare sinergie continue perché questo mondo non perisca tra disastri ambientali e uso scellerato. Tuttavia gli appelli continui, se si osserva bene, rimandano a ciò che Boff dice chiaramente: “Sfortunatamente, c’è un deficit di cultura ecologica e di coscienza della gravità della situazione globale sia tra coloro che prendono decisioni, sia a livello collettivo”. Il deficit di cultura ecologica è una costante determinante; non si può ridurre il tutto all’invito a rispettare gli ambienti e praticare la raccolta differenziata! Mi auguro che questa settimana tracci linee di pensiero e di azione efficaci ed efficienti per tutte le realtà ecclesiali italiane.
Abbiamo detto all’inizio che le Settimane hanno preparato l’azione dei cattolici italiani. Ora in questo momento bisogna preparare il mondo post-covid. Un mondo in cui, come dice Papa Francesco “tutto è connesso”. Si avrà il coraggio della denuncia facendo nomi e cognomi delle “strutture di peccato” nel nostro Paese che contrastano con il messaggio che sta alla base di fondo del magistero sociale? Voglio dire la profezia è cosa seria… 

La profezia è sempre una cosa seria! Non ci sono dubbi sul fatto che la nostra fede cristiana, a partire dalla sua radice ebraica, sia sostanzialmente profetica. La profezia è modo con cui il buon Dio rivela il Suo volere. La Scrittura contiene riferimenti precisi sul fatto che Dio non farà mai mancare i suoi profeti(cfr. Gl 3, Am 2, 11-16)Eppure oggi ne lamentiamo la scarsezza. Se Dio non viene mai meno alle sue promesse, come noi crediamo, allora, ad essere onesti, dovremmo piuttosto dire che non mancano i profeti, manca, invece, l’attenzione e l’accoglienza di essi. Da Mosè ai nostri giorni, i profeti, non sono mai mancati. E non mancheranno mai, fino al ritorno di nostro Signore. C’è solo poca accoglienza e, spesso, ostilità e rifiuto nei loro confronti, si pensi all’opposizione forte, da parte di alcuni ambienti cattolici, al magistero di papa Francesco. Oltre al papa, ci sono nel mondo esperienze profetiche, sia di singoli che di piccoli gruppi, che costituiscono una vera e propria eccezione. Per cui, ad essere precisi, la scarsezza di profezia riguarda, più che altro, quei contesti cattolici italiani, che non riescono ad essere contagiati dalla profezia, tanto da poter essere riconosciuti come figlie e figli di quei profeti che hanno servito il Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe con tutto se stessi o che hanno annunciato il Cristo con letizia e coerenza, fino al dono della vita.

 

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