TIM-KKR: “L’ITALIA RISCOPRE IL SUO ATLANTISMO E SALUTA LA VIA DELLA SETA”. INTERVISTA A GIUSEPPE SABELLA

Com’è noto, il fondo infrastrutturale americano KKR ha presentato una proposta di offerta per l’acquisto di TIM. La reazione del titolo in borsa è stata molto buona – ieri +30%, oggi oltre +4% – ma le incognite sull’operazione restano. E non sono poche. A cominciare da Vivendi, socio di maggioranza relativa (23,9% delle azioni), che giudica insufficiente l’offerta degli americani. Mentre i sindacati chiedono un incontro urgente al governo, da Palazzo Chigi traspare massimo riserbo. Come evolverà la situazione? Ne abbiamo parlato con Giuseppe Sabella, direttore di Think-industry 4.0 / oikonova.

Sabella, cosa sta succedendo e quali possibili evoluzioni per le telecomunicazioni italiane?

La notizia si è presentata come un fulmine a ciel sereno. Inoltre, KKR è un interlocutore con alcune particolarità significative: è americano, ha in gestione oltre 400 miliardi (circa un quarto del nostro pil), è già presente nel pacchetto azionario di Fiber cop proprio insieme a Tim e a Fastweb. Di certo sappiamo che Tim ha bisogno di un’iniezione di denaro, la situazione è davvero critica. L’indebitamento è stimato attorno ai 21 miliardi e le marginalità lorda attorno ai 7. Dopo l’offerta di KKR il titolo ha registrato un balzo significativo ma a fine ottobre valeva 0,32€. Consideriamo che nel 2015, quando Vivendi diventava azionista di maggioranza acquisendo il 23,9%, il titolo era quotato a 1,08€. Questo ci dice di quale performance negativa si è resa protagonista l’azienda. Come potrà evolvere la situazione è difficile prevederlo ma, in questo senso, è interessante codificare la nota del MEF di domenica sera.

E secondo lei cosa ci dice questa nota?

Innanzitutto, il governo prende atto di un’offerta che proviene da un “investitore qualificato” e – prosegue il MEF – si tratta di una buona notizia per il Paese. Dopodiché la nota rimarca che Tim è la società che detiene la parte più rilevante dell’infrastruttura di telecomunicazione del Paese, e che di conseguenza il governo valuterà attentamente la situazione anche in ragione delle sue prerogative. Si allude qui naturalmente alla Golden Power.

Quindi secondo lei quali sono le reali intenzioni dell’esecutivo?

Non è semplice prevedere come l’operazione potrà concludersi ma non credo che Draghi fosse all’oscuro di questa situazione. Credo, anzi, che la sua figura non sia estranea alla manifestazione di interesse di un fondo americano così importante. Pertanto, ho la sensazione che l’operazione evolverà. A ogni modo, è un’evoluzione che può presentare caratteri di positività per l’interesse nazionale.

Perché ritiene vi possano essere questi caratteri di positività?

Partiamo dalla situazione di fatto, l’azienda è in seria difficoltà e ha bisogno di una restart. Quindi, un investitore qualificato che si presenta con un’offerta è il benvenuto. Il punto vero, tuttavia, è che il governo – proprio attraverso il potere speciale della golden power a cui è già ricorso in altre occasioni – può determinare un equilibrio importante. Da questo punto di vista, è interessante notare che lo stesso fondo, quando ha presentato l’offerta, l’ha subordinata al gradimento del governo italiano. Naturalmente, in KKR sanno che esiste la golden rule; il punto è un altro, in KKR sanno che col governo italiano dovranno negoziare alcune condizioni imprescindibili. Teniamo presente che stiamo parlando di una delle infrastrutture su cui poggiano gli investimenti del PNRR. Il governo potrebbe riportare a casa la rete oppure rafforzare la presenza di CDP nel pacchetto azionario: anche in Europa con le privatizzazioni degli ex monopoli, le reti sono di proprietà delle compagnie.

I francesi di Vivendi non hanno reagito bene a questa notizia…

Naturalmente avvertono il rischio di essere superati. Tornando a Draghi, mi pare che gli USA stiano riavvicinandosi all’Italia e, forse, è proprio questo che infastidisce i francesi. Del resto, l’isolazionismo di Trump è stata un’anomalia che ci ha fatto soffrire, esponendo il nostro Paese alla penetrazione di Cina e Russia che non disdegnerebbero vedere implodere l’Unione Europea. Ora, gli USA di Biden stanno riscoprendo l’importanza di essere presenti in un Paese con il quale da sempre hanno relazioni importanti, anche commerciali, ma che è così importante anche dal punto di vista degli equilibri internazionali e della difesa, considerando la nostra vicinanza all’Africa, regione in grande difficoltà e in cui proprio la Cina è molto presente.

I sindacati sono in stato di agitazione e hanno chiesto un incontro urgente al governo. Che ricadute può avere tutto questo per il lavoro?

In una situazione come questa, è normale che i sindacati vadano in agitazione. A ogni modo, l’azienda come è adesso non ha futuro. Quindi, è giusto che chiedano di conoscere i piani e le giuste garanzie. Ma credo che debbano plaudire alla possibile evoluzione che si sta presentando.

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