“Gli ultimi saranno i primi”. Intervista a Dominique Lapierre

Tutto quello che non viene donato va perduto” così insegna Madre Teresa di Calcutta. E’ questo è anche il messaggio di un suo grande “allievo” : Dominique Lapierre. Lapierre è stato un grande giornalista, inviato di guerra per “Paris Match” (dalla guerra di Corea alla guerra dei sei giorni, dalla Russia della “guerra fredda” agli Usa, fino alla “scoperta” dell’India poverissima della “Città della gioia”: la Calcutta di Madre Teresa. E qui avviene la svolta radicale della sua vita. Scrive un libro, “La Città della gioia”, che diventa un bestseller mondiale (12 milioni di copie vendute) e gli da molta notorietà. Oggi Dominique, a ottant’anni, è diventato un infaticabile pellegrino della giustizia. Tutta la sua vita è per i dimenticati della terra. E’ uscito per la casa editrice Rizzoli, in questi giorni, il suo ultimo libro “Gli ultimi saranno i primi. La mia vita accanto ai dimenticati della terra”. E’ davvero una biografia intensa. Per conoscere l’impegno attuale si può vedere anche il sito www.indiamonamour.it

Dominique, Lei in questo suo libro (“Gli ultimi saranno i primi”), dal titolo oggi assai provocatorio, ripercorre tutta la sua vita. Da grande giornalista (impegnato sui fronti più caldi del pianeta) a grande testimone della solidarietà a favore dei “dimenticati della Terra”. Quale è stato il momento di svolta nella sua vita?
Il momento più importante per la mia svolta è stato il mio incontro con madre Teresa di Calcutta, quando lei mi disse che non era abbastanza scrivere un libro, ma è fondamentale essere un attore sul terreno di battaglia della solidarietà.

Uno dei suoi libri, “La città della gioia”, ha fatto conoscere al mondo la situazione drammatica di Calcutta. Oggi l’India vive un periodo di sviluppo economico. La grande stampa internazionale pare dimenticarsi dell’enormi contraddizioni dell’India di oggi. Tutti parlano dei bravi ingegneri informatici indiani e si dimenticano del malato di Aids di Calcutta. E’ così?
La tragedia oggi è rappresentata dal fatto che ci sono due “Indie”: una ricca, con una crescita annuale dell’8%, quando la Francia ha poco più dello 0% annuale, un’India che esporta. Ma purtroppo c’è anche l’India dei poveri, che è ben diversa, ci sono 200 milioni di persone che non hanno accesso all’acqua potabile, c’è un’india di 100 milioni di bambini che non vanno a scuola. L’India ricca non si interessa dell’India povera. A me interessa parlare dell’India povera, delle bidonville, dei contadini poveri, è l’India che voglio aiutare con la mia “crociata” umanitaria che ho cominciato 30 anni fa, dopo il mio incontro con madre Teresa.

Dominique, dal suo punto di osservazione, qual’è la cosa più grave dell’Occidente di oggi?
Per me la crisi finanziaria internazionale dell’occidente è realmente una tragedia, perché l’aiuto a continuare la mia “crociata” non è aumentato, perché l’occidente è in una situazione molto difficile, oggi si può dire che c’è la povertà nell’occidente, non solo nel terzo mondo.

Lei afferma che la “povertà non è una fatalità”. Quindi il suo è un invito all’azione, alla solidarietà, al cambiamento spirituale e materiale in favore dei “dannati della terra”. Qual’è la prima azione, secondo Lei, da compiere in favore degli ultimi?
La prima azione è dire che gli ultimi non sono soli, che siamo molti nel mondo che vorremmo fare qualcosa per gli ultimi, perché il messaggio eroico degli ultimi è importante per noi, e per me è stato un privilegio scrivere il libro “Gli ultimi saranno i primi”, per dimostrare al pubblico occidentale che nel terzo mondo ci sono degli eroi, che dobbiamo sostenere perché hanno un messaggio di grande valore, una capacità di condividere con i più poveri, di ringraziare. Dobbiamo aprire i nostri occhi sulla povertà del terzo mondo, perché se un giorno un nuovo Gandhi esorterà i poveri alla rivoluzione, vi assicuro che non sarà conveniente essere in India in quel momento.

“Gli ultimi saranno i primi” lo afferma il Vangelo. Assumere una prospettiva del genere vuol dire “capovolgere” il mondo. Eppure lei ci crede fermamente. Vede dei segnali che vanno in questa direzione?
Siamo alcuni, io sono orgoglioso della mia propria “crociata umanitaria”, per fare in modo che gli ultimi non siano dimenticati.

Dominique, Lei è un uomo di fede. Tutto, in lei, parla di Dio. Per lei la fede cos’è?
Per me la fede è vedere in ogni povero che soffre la persona di Gesù Cristo. La bambina a cui ho dato il biscotto, che io ricordo, è la più bella personificazione di Gesù Cristo.

Cosa vuole dire, come messaggio finale, ai nostri lettori?
Voglio trasmettere lo stesso messaggio che io ho imparato nelle bidonville di Calcutta: “tutto ciò che non è dato è perduto”. Questo è il messaggio che invio ai miei lettori.

Foto di © Libriblog.com/ Daniele Castrogiovanni

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