Tempesta finanziaria in Vaticano. Intervista a Carlo Marroni

(Stefano Dal Pozzolo/contrasto)

Il Vaticano è scosso, in questi giorni, dall’ennesimo scandalo finanziario.
Sono implicati monsignori di Curia, funzionari vaticani, finanzieri e
affaristi. Di cosa si tratta? Ne parliamo, in questa intervista, con Carlo
Marroni, vaticanista del quotidiano finanziario “Il Sole 24 Ore”.

Carlo Marroni, periodicamente  il Vaticano viene investito da Tempeste finanziarie. Eppure con Papa Francesco vi è stata la riforma dello IOR, la vigilanza ha cambiato governance. Anche questo ultimo episodio, di cui parleremo dopo, è stato scoperto dalle autorità Vaticane. Secondo il Vaticano l’indagine prende avvio “grazie agli anticorpi del sistema” . Domanda: ma il sistema funziona veramente?

Papa Francesco, dopo la sua elezione nel 2013, avviò subito un processo di revisione delle strutture economiche e dello Ior, sulle quali era già intervenuto nella fase finale del suo pontificato Benedetto XVI. Negli anni 2014-2016 molte cose sono cambiare, e importanti riforme sono state approvate, come la nascita della Segreteria per l’Economia, Ma il processo si è rivelato non sempre lineare, molte scelte hanno poi subito modifiche, e le persone scelte dal Papa non sempre sui sono rivelate adatte ai quei ruoli, si pensi solo allo scandalo Vatileaks-2 o la nomina del cardinale George Pell. Lo stato di confusione creatosi all’inizio poi si è stabilizzato,  ci sono stati dei cambi nelle responsabilità e la riforma è andata a regime, anche se dei cambiamenti devono ancora essere approntati, come la centralizzazione della “finanza” nell’Apsa. Comunque i controlli oggi ci sono, e nel caso dell’immobile di Londra è stata proprio la struttura di “compliance” e i livelli di responsabilità introdotti che hanno fatto scattare l’inchiesta. Lo ha detto il Papa direttamente.


Veniamo all’ultimo grave episodio. Come si sa riguarda lipotesi di estorsione fatta, secondo l’accusa vaticana, da un finanziere, o faccendiere, Gianluigi Torzi, ai danni della Segreteria di Stato. La cifra è ingente: si parla di 15 milioni dì euro estorti dal broker al Vaticano. Il nome di Torzi è un nome assai problematico (è nelle black-list dell’antiriciclaggio di mezzo mondo): perché il Vaticano ha a che fare con questa persona?

La vicenda al centro della cronaca, che ha portato all’arresto di Torzi, è complessa, e parte nel 2014, quando la Segreteria di Stato, prima sezione Affari Generali, investì in un immobile a Londra per far fruttare anche i fondi derivanti dall’Obolo di San Pietro. Già in una prima fase dell’operazione la Santa Sede agì in società con il finanziere Raffaele Mincione, ben noto alle cronache finanziarie: i documenti dell’inchiesta certificano che Mincione abbia operato in conflitto di interessi. Quando la Segreteria di Stato, dopo un cambio di guida alla prima sezione – da Angelo Becciu al venezuelano Edgar Pena Parra – decise di cambiare passo su questo investimento che risultava in grave perdita, attraverso un giro di conoscenze fu presentato Torzi, che operava anche da Londra e conosceva Mincione. Forse, e questa è la mia opinione, la Santa Sede non dovrebbe effettuare investimenti così specifici in operazione complesse e intrecciate in catene societarie in paradisi fiscali: dovrebbe affidare i soldi a gestori professionale del risparmio, grandi banche o fondi di investimento riconosciuti, che magari offrono rendimenti minori, ma non fanno sorgere dubbi sul comportamento. In finanza nessuno regala nulla, non ci sono pasti gratis, ma forse è questo che alcuni hanno pensato quando fu deciso di comprare un immobile di pregio a Londra attraverso un fondo, dopo aver accantonato un investimento petrolifero in Angola…

 

Veniamo agli  altri protagonisti. Non sono nomi piccoli, alcuni dei quali sono di rilievo del “sistema vaticano”: Alberto Perlasca, Enrico Crasso, Fabrizio Tirabassi, Poi ci sono il finanziere Raffaele Mincione. In particolare Alberto Perlasca, un sacerdote di Como in gran carriera ai tempi di Bertone, per il suo ruolo di “prestigio” in Segreteria di Stato è il pesce più grosso, per ora, coinvolto. Qual è il suo ruolo in questa vicenda? E quali sono i ruoli degli altri indagati?

 

Di Mincione si è detto, è noto per le sue operazioni in Carige e Bpm, è un finanziere che opera da Londra sul mercato italiano, che ha ricevuto dal Vaticano 40 milioni per uscire dall’investimento. Ma l’inchiesta ha portato sotto i riflettori gli altri nomi che hai citato: Tirabassi – funzionario laico della Santa Sede, sospeso da ottobre dal suo ufficio da dove manovrava consistenti fondi –, poi Crasso – ex banker Credit Suisse che ha gestito per molto tempo grosse somme della Segreteria di Stato, anche da Malta con i fondi Centurion – e Perlasca, un monsignore di lungo corso, (con esperienze anche alla nunziatura di Buenos Aires ma senza che per queste avesse legato con l’allora cardinale Bergoglio), anche lui a lungo gestore della parte amministrativa della Segreteria di Stato. In un’intervista a Il Giornale Perlasca ha detto che a lui non sono stati sequestrati conti correnti in Svizzera, come è stato scritto, e che di fatto le decisioni, tutte le decisioni, erano dei suoi capi, che firmavano gli atti. Altre persone sono state coinvolte sin dall’inizio – tre funzionari laici, tra cui Tommaso Di Ruzza, ormai ex direttore dell’Aif, l’ente di controllo sui flussi finanziari – e un altro monsignore, Mauro Carlino, ex segretario di Becciu, che è stato chiaro nelle deposizioni: l’operazione avvenne sotto la supervisione del Sostituto Pena Parra.

 

Una delle cose più gravi emerse in questa vicenda è l’utilizzo del famoso “Obolo di San Pietro”. Sappiamo che l’Obolo serve per una specifica attività papale…

 

L’Obolo di San Pietro è la raccolta delle offerte per il Papa, e che in genere è la somma delle offerte nelle chiese il 29 giugno, festività dei santi Pietro e Paolo. L’Obolo è ora mediamente di 50 milioni, ed è molto calato negli ultimi anni. Ma dire che sono offerte per i poveri non è del tutto esatto: è denaro destinato al Papa, che lo utilizza per il suo ministero. Quindi certamente anche l’assistenza ai bisognosi, in varie forme, ma anche al mantenimento della Chiesa. E sono cifre che vanno investite. Ma dopo questo scandalo cambieranno anche i metodi, il Papa lo ha annunciato nel corso del viaggio aereo di ritorno dal Giappone nel novembre scorso, quando il caso era scoppiato da poco.

 

Qual era lo scopo di tutta questa operazione? Di Torzi abbiamo detto, ma degli altri? Sappiamo che la magistratura svizzera ha bloccato i conti di alcuni di questi personaggi coinvolti. Perché?

 

Perlasca ha smentito di avere conti, degli altri nomi indicati (ma mai confermati ufficialmente) non sappiamo. Una cosa però è veramente importante: forse per la prima volta le autorità svizzere hanno deciso di collaborare con la magistratura vaticana. Cosa significa? Oltre a (forse) bloccare dei conti, sono stati inviati Oltretevere dei faldoni zeppi di documenti. E’ stata quella la molla che ha fatto cambiare passo all’inchiesta, e ha portato allo scoperchiamento dei fatti. C’è da pensare che altri fatti si vedranno in un futuro prossimo, anche se credo che nessuno – a meno che non sia un prelato residente dentro le mura leonine – andrà più a deporre davanti dentro il Vaticano….

 

Per finire una domanda sui conti della Santa Sede: come stanno i bilanci?

 

Non bene. Il Papa un mese fa ha riunito i capi dicastero della Curia per fare il punto sullo stato delle finanze. Le entrare sono crollate, in una range del 25-45%. I Musei Vaticani sono stati chiusi per quasi tre mesi, e considera che ogni anno affluiscono nei musei 6,7 milioni di visitatori. Il lockdown ha coinciso con le festività pasquali, e quindi il danno economico è stato enorme. Poi certamente caleranno le offerte, e anche gli investimenti finanziari “buoni” hanno registrato perdite a causa del crollo dei mercati. Il deficit di bilancio per quest’anno è stimato in 53 milioni, lo scorso anno era stato di circa 70, ma bilanci ufficiali non ci sono dal 2015. Di buono c’è che lo Ior ha chiuso con un utile del 2019 a 38 milioni, il doppio dello scorso anno. Cifra che andrà direttamente come dividendo nella casse dello stato.

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