Si è concluso recentemente a Torre Pellice, nelle Valli Valdesi, l’annuale Sinodo della Chiesa Valdese. Un Sinodo che ha suscitato, nella opinione pubblica italiana, una grande discussione. Questo per alcune decisioni prese dal Sinodo, tra l’altro, sulle coppie gay e sul testamento biologico.
Su queste questioni abbiamo intervistato il Professor Paolo Ricca.
Paolo Ricca è nato a Torre Pellice (To) il 19 gennaio 1936.
Licenza in teologia ottenuta presso la Facoltà Valdese di Teologia in Roma. Dottorato in Teologia presso l’Università di Basilea, con una tesi intitolata Die Eschatologie des vierten Evangeliums diretta dal prof. Oscar Cullmann.
Consacrato pastore nella Chiesa Valdese nel 1962. Ha esercitato il ministero pastorale nelle comunità valdesi di Forano (Rieti) e Torino.
Dal 1976 al 2002 ha insegnato Storia della Chiesa ed Ecumenismo presso la Facoltà Valdese di Teologia in Roma.
Insegna regolarmente, come professore ospite, presso il Pontificio Ateneo Sant’Anselmo di Roma.
E’ stato per 15 anni membro della Commissione «Fede e Costituzione» del Consiglio Ecumenico delle Chiese ed ha lavorato in diversi organismi ecumenici. In Italia collabora regolarmente al lavoro del SAE (Segretariato Attività Ecumeniche).
Nel febbraio del 1999 ha ricevuto un dottorato Honoris causa in teologia dall’Università di Heidelberg.
Dirige per la Casa Editrice Claudiana di Torino la collana Opere Scelte di Martin Lutero.
Come si vede, da questa piccola biografia, è una persona eminente nell’ambito del protestantesimo italiano ed europeo
1) Prof. Ricca l’ultimo Sinodo Valdese ha segnato alcune svolte importanti per una Chiesa Cristiana italiana. Infatti ha fatto molto discutere l’opinione pubblica, ma anche al vostro interno, la decisione di benedire le unioni gay. Ci può spiegare la radice teologica di questa scelta pastorale?
Almeno una trentina di anni or sono, Paul Tournier, medico svizzero dotato di una viva coscienza teologica epastorale, scrisse un libro sugli omosessuali intitolato Dieu les aime tels qu’ils sont ( = Dio li ama come sono). Questo titolo può essere indicato, in termini molto generali, come la «radice teologica» della decisione del Sinodo valdese di dire “sì” alla benedizione di coppie omosessuali. In realtà il Sinodo non ha elaborato un discorso teologico approfondito al riguardo, né poteva farlo nell’arco di tempo di pochi giorni. Il tema dovrà quindi essere ripreso e approfondito perché alcune questioni teologiche importanti devono essere ulteriormente discusse e chiarite. In particolare tre.
[1] Che cosa significa, propriamente «benedire» una coppia umana, sia eterosessuale che omosessuale ? In che cosa consiste la «benedizione», e in particolare la benedizione di Dio ? Qual è il suo contenuto ? C’è necessariamente corrispondenza tra benedizione ecclesiastica e benedizione divina ?
[2] C’è differenza tra la benedizione di una coppia eterosessuale e quella di una coppia omosessuale ? Se una differenza c’è, qual è ? Le nostre chiese hanno da tempo adottato una prassi di accoglienza nei confronti degli omosessuali sia come singoli che come coppie. Ora la benedizione è qualcosa di più e di diverso dall’accoglienza: che cos’è questo «di più» ? Che cosa implica «benedire» e non semplicemente «accogliere» ?
[3] Le parole bibliche sull’omosessualità sono, com’è noto, assai critiche, non solo nell’AnticoTestamento, ma anche nel Nuovo. Come dobbiamo valutare questa critica ? Va messa sul contadi una cultura umana e sessuale arcaica e superata, quindi priva di autorità per noi oggi (come ad esempio la visione tolemaica dell’universo che la Bibbia ovviamente riproduce), oppure contiene un insegnamento o una indicazione che va raccolta ed esplicitata ?
Le risposte a questi interrogativi potranno essere date via via che le chiese locali affronteranno il tema della benedizione di coppie omosessuali, sul quale il Sinodo le ha, per così dire, anticipate. Questo tema infatti è stato finora ampiamente elaborato in gruppi ristretti di omosessuali e lesbiche cristiani (la REFO, il gruppo VARCO di Milano, e altri), ma non è ancora stato studiato dalle chiese. Lo sarà certamente nel prossimo futuro, ma non è possibile prevedere già ora quale sarà l’esito di una discussione a livello locale , che deve ancora avvenire.
Comunque sia, alla domanda sulla radice teologica della benedizione di coppie omosessuali, si può rispondere così: ogni relazione umana d’amore, anche tra due persone dello stesso sesso, ha bisogno dell’aiuto, della forza, del perdono e della presenza di quel Dio che i cristiani credono e confessano come Colui che «è amore» (I Giovanni 4,8). In fondo, nella richiesta di benedizione c’è, sì, certamente, il bisogno di riconoscimento (tanto più nel nostro paese in cui certi diritti elementari e lo stesso riconoscimento civile delle coppie omosessuali sono ancora negati), ma anche la coscienza della fragilità di tutti i nostri amori, che possono durare solo se soccorsi dall’amore fedele di Dio.
2) Altre decisioni del Sinodo sono state il si al testamento biologico e alla ricerca sulle cellule staminali embrionali. Certamente è una scelta di laicità. Ma questo non compromette il dialogo ecumenico con i cattolici?
Certamente le scelte del Sinodo valdese (non di questo soltanto, ma già di altri precedenti) sul testamento biologico e sulla ricerca sulle cellule staminali embrionali, non facilitano il dialogo ecumenico con i cattolici. Questo però non è una novità: da tempo cattolici e protestanti sono divisi non solo su questioni teologiche, ma anche su questioni etiche Da dove nasce la divisione ? Nasce dalla diversa fondazione teorica dell’etica cristiana. La Chiesa cattolica, nella elaborazione della sua etica, attribuisce alla cosiddetta «teologia naturale» un ruolo e un peso forse determinante, certamente molto superiore a quello che le riconoscono le Chiese evangeliche. Così succede che su molte questioni, oggi specialmente su quelle della bioetica, cattolici e protestanti si trovino su fronti opposti. Questo fatto è increscioso e non fa bene alla testimonianza cristiana nel nostro paese. Che cosa si potrebbe fare per cercare di superare questo contrasto ? Si potrebbe fare questo: le Chiese potrebbero superare il loro reciproco isolamento istituendo tra loro un tavolo di dialogo che attualmente non c’è, e insieme affrontare i problemi controversi. Attraverso un dialogo paziente e fiducioso potrebbero giungere a dire quello che, su una determinata questione, possono dire insieme, senza tacere quello che invece devono, in coscienza, dire separatamente. Unità non significa uniformità. Posizioni diverse non sono necessariamente antitetiche e tra loro incompatibili. Anche su questioni controverse, dovrebbe essere possibile, tra cristiani, fare un discorso comune, anche se non ogni posizione dev’essere condivisa da tutti. Per essere uniti non c’è bisogno di essere unanimi. Tanto più su questioni etiche molto complesse e complicate che proprio per questo comportano un ragionevole margine di opinabilità e che comunque non intaccano il comune fondamento della fede in Cristo.
3) Tornando alla laicità, voi ne fate qualcosa di più che un metodo. Per dir così siete la “Chiesa della laicità”. Dove si colloca il paradosso cristiano in questo “metodo”?
La laicità è «qualcosa di più che un metodo». Sì, lo è. In che senso ? Nel senso che la laicità ha a che fare con la nostra comprensione di Dio. È questo il paradosso: il cristianesimo è una religione, ma – potremmo dire – è la religione di un Dio laico. C’è una laicità di Dio, la cui manifestazione suprema è l’incarnazione: «la Parola è stata fatta carne» (Giovanni 1,14), non «carne» religiosa, ma «carne» tout court, cioè «carne» laica, se così si può dire, senza alcun drappeggio religioso. Gesù, come rabbino, era un laico, non un sacerdote. Laici erano tutti gli apostoli, Paolo compreso: non si parla neppure di una loro ordinazione o consacrazione. Nella Chiesa apostolica c’erano molti ministeri, tranne quello del sacerdote: questo distingueva il cristianesimo da tutte le altre religioni. Gesù ha annunciato la fine del Tempio, sostituito ormai dal nuovo tempio, che è la comunità cristiana. Purtroppo questa connotazione profondamente laica della rivelazione cristiana è andata progressivamente perduta e Dio è stato clericalizzato, cioè rinchiuso a tutti i livelli nella gabbia della religione. Sarebbe un grosso guadagno per la testimonianza cristiana nel nostro mondo largamente secolarizzato se si riuscisse non solo a promuovere, come credenti, la laicità (senza aggettivi!) dello Stato e delle istituzioni pubbliche in nome della democrazia (la laicità non è che una faccia – fondamentale – della democrazia), ma anche a declericalizzare Dio e il cristianesimo in nome della fede.
4) Tra poco celebreremo i 150 anni dell’Unità d’Italia. Quale è stato il contributo, sul piano culturale, più importante dei Valdesi al processo di unificazione nazionale? E quale sarà quello per l’Italia futura?
I Valdesi (e altre chiese evangeliche), benché in posizione di assoluta minoranza, hanno contribuito – proporzionalmente – non poco sul piano politico-culturale al processo di unificazione nazionale. Nel Risorgimento, le idee di democrazia, libertà (religiosa anzitutto, ma non solo), laicità («libera Chiesa in libero Stato» di Cavour, ma in realtà del pastore svizzero Alexandre Vinet) sono state sostenute e promosse, nei limiti imposti a una piccola minoranza ancora largamente invisa, dai Valdesi e da tutti gli evangelici italiani. Essi hanno appoggiato il Risorgimento e salutato con gioia l’unità d’Italia, vedendo in essa l’occasione e la promessa di una rinascita non solo politica, ma anche morale e religiosa. Noi quindi festeggeremo con convinzione i 150 anni dell’unità d’Italia, nel quadro – s’intende – dell’unità europea e, più ancora, dell’unità della famiglia umana. È più difficile rispondere alla domanda sul nostro contributo, come Valdesi e protestanti in genere, «per l’Italia futura». In generale si puà dire: la nostra ragion d’essere è una sola: servire l’Evangelo di Gesù Cristo. Il nostro contributo quindi, se saremo capaci di darlo, non potrà essere altro che un servizio all’Evangelo, cioè all’annuncio e alla sequela di Gesù, offerto al popolo italiano nella semplicità e grazia della parola evangelica, insieme a una proposta di comunità cristiana fraterna, solidale ed ecumenica.
Premesso che come credente “rinato” ho scritto, in forma personale e privata, alla Chiesa di Torre Pellice e all’A.E.I. (Alleanza Evangelica Italiana) che si dissocia, giustamente, non posso di certo approvare una iniziativa “ambigua” che Dio condanna in più passi biblici (Levitico, Corinzi etc.), a prescindere che si parli di valdesi o di altre denominazioni evangeliche.
E’ chiaro che sui grandi temi attuali non è facile pronunciarsi (eutanasia, omosessualità, aborto), ma la “Chiesa” fondata da Cristo a Pentecoste (Atti 2,41), al pari di ogni autentico cristiano, non può uniformarsi alla mentalità corrente perchè Gesù ha chiamato i credenti ad essere “sale della terra e luce fra le tenebre” (.): e ciò comporta, necessariamente, un atteggiamento controcorrente con lo stile del momento!
Sicuramente bisogna amare il prossimo, chiunque esso sia, ma un vero figlio di Dio non scenderà mai a compromesso nemmeno se si trattasse dei suoi stessi familiari; la mia esperienza cristiana, nata nel RnS nel lontano 1997 e che oggi prosegue nel contesto evangelico pugliese, mi ha finora fatto toccare con mano che le leggi di Dio erano, sono e saranno sempre “sante e perfette” perchè l’Eterno le ha scritte nel cuore di ogni cristiano, ragion per cui “modificarle” o “appiattirle” per qualsiasi motivo è assai rischioso e pericoloso.
Se Giosuè e Caleb furono gli unici “superstiti” di un Israele che camminò nel deserto per 40 anni, mormorando e disubbidendo, non penso proprio che Dio passerà sopra l’aperta “disubbidienza” dei credenti di oggi!
Dunque, il problema sta nell’aver forzato la mano, come si suol dire, su una relazione sbagliata già in partenza che logicamente investe la sfera intima dei due partner, quando piuttosto doveva evidenziarsi il peccato (Romani 1,20) e far di tutto per far uscire questa coppia da simile devianza; ciò che mi spiace è che nessuno si sia accorto di chi si cela dietro questo rapporto ambiguo, cioè Satana, il quale “giosce” quando il peccato abbonda e ci si sottomette alla sua signorìa (.)
Tuttavia, dubito che il Sinodo abbia valutato questo aspetto spirituale per il semplice fatto che in parecchie realtà cristiane c’è scarsa dimestichezza con le insidie del mondo invisibile (Efesini 2,2 – 6,12), sì da reputare che il maligno sia estraneo laddove persiste la disubbidienza, la trasgressione, il disordine, l’invidia, la gelosia etc.
E’ chiaro che bisogna aiutare, amare e sostenere chi cade in tentazione, ma la cosa più penosa è che la Chiesa Valdese-Metodista, ricca del suo passato storico, ha voluto adeguarsi alla condotta di un mondo che chiama il “male” per “bene” e viceversa (Isaia 5,20).
Pertanto, non a voler essere per forza pessimista, non credo che questa querelle apporterà benefici di sorta, anzi prevedo “divisioni” fra i credenti valdesi, non forse nell’immediato ma in futuro.
E dato che lo “spirito di Laodicea” è già presente in molte chiese, sia nazionali che estere, spero che il lettore esca da questo clima annacquato dove il nemico sguazza a motivo della “disubbidienza” (1^ Tessalonicesii 1,18)……..