Non c’è confusione nella Chiesa di Francesco. Intervista ad Andrea Tornielli

Andrea Tornielli (Contrasto)

In certi circoli tradizionalisti e autoreferenziali si alimenta nel web e su alcuni quotidiani di destra , con molta spregiudicatezza, una propaganda mirata a screditare l’opera di riforma di Papa Francesco. Opera di riforma che, secondo il loro giudizio, porta “confusione” nella Chiesa di Roma. Le cose stanno così? Oppure è solo propaganda ? Ne parliamo, in questa intervista, con Andrea Tornielli vaticanista della Stampa e coordinatore del sito d’informazione religiosa “Vatican Insider”.

Partiamo dal tuo ultimo libro, “In Viaggio”,  presentato pochi giorni fa a Roma. Il libro parla dei viaggi apostolici di Papa Francesco. In quattro anni di pontificato ne ha fatti molti, e altri ne farà. Quale è stato il viaggio di Francesco che più ti ha colpito, quello dove il carisma e la parola di Francesco hanno impresso una svolta nel luogo visitato?

Risponderei in due passaggi. Il viaggio che mi ha più colpito è stato quello a Tacloban, nelle Filippine: Francesco nel gennaio 2015 ha sfidato un mini-tifone – comunque pericoloso per il volo – andando a trovare i sopravvissuti del tremendo tifone Yolanda, che nel dicembre di due anni prima aveva fatto migliaia di vittime. A colpirmi è stata l’omelia, bellissima e commovente, che il Papa ha fatto a braccio, mentre celebrava la messa indossando un impermeabile giallo su un piccolo palco squassato dalla pioggia e dal vento. Il viaggio nel quale la presenza e la parola di Francesco hanno impresso una svolta è per me quello nella Repubblica Centrafricana, novembre 2015, quando il Papa ha voluto aprire con l’anticipo di una settimana il Giubileo della misericordia, in un Paese dimenticato da tutti, sfruttatissimo e poverissimo, nonostante sia tra i più ricchi per risorse naturali. Bangui, la capitale, quel giorno è diventata la «capitale spirituale» del mondo e le fazioni che si combattevano hanno siglato una tregua per permettere l’attesa visita di Bergoglio.

Tu hai seguito anche Giovanni Paolo II e Benedetto XVI. Anche loro, in particolare Wojtyla, amavano i viaggi apostolici. C’è continuità o noti in Francesco un approccio diverso?

Ogni Papa apporta le sue peculiarità, ma certamente a caratterizzare i viaggi è la continuità. Giovanni Paolo II continuando sulla via aperta da Paolo VI, ha girato il mondo in lungo e in largo, con una serie infinita di record e di «prime volte». Benedetto si è messo umilmente sulla sua scia, prediligendo la parola e puntando – da teologo qual è – sulla profondità dei suoi discorsi. Francesco è capace di mostrare prossimità e tenerezza, insiste particolarmente sui gesti. E sembra prediligere Paesi periferici nei quali ritiene che la sua presenza possa aiutare processi positivi in atto.

Veniamo al “viaggio” più complicato per Papa Francesco: quello all’interno della Chiesa. Dopo il Sinodo sulla Famiglia e la pubblicazione dell’Amoris Laetitia, abbiamo assistito, sul piano mediatico, ad una offensiva degli oppositori del Papa. Clamorosa è stata quella lettera dei 4 Cardinali, con protagonisti principali Burke e Caffarra, che esprimevano “dubbi” sull’esortazione apostolica, che erano poi critiche pesanti al documento pontificio. Il Cardinale Burke aveva minacciato di correggere pubblicamente il Papa se non fossero chiariti i dubbi. C’è stato poi l’intervento del Cardinale Muller,prefetto della Congregazione per la dottrina della Fede, per riaffermare che non c’è  nessun pericolo per la dottrina. Basterà l’intervento del Cardinale Muller, o pensi che l’offensiva tradizionalista continuerà?

Vorrei premettere che dialettica, discussioni, polemiche anche forti e critiche anche fortissime al Papa e al suo magistero non sono affatto delle novità. Basta guardare agli ultimi Pontefici per rendersene conto: Paolo VI fu messo in croce dopo l’Humanae vitae, ad esempio. Presentare dei «dubia» è legittimo. Porre delle domande vere, sincere, che siano realmente domande e non siano pensate per mettere in difficoltà l’interlocutore o pretendere che affermi ciò che noi pensiamo, è sempre utile e positivo. I quattro cardinali hanno anche scelto di rendere pubblici i «dubia» dopo poche settimane che li avevano presentati. Il cardinale Müller, in un’intervista televisiva, è sembrato non essere d’accordo con questa pubblicazione. La questione della «correzione formale» al Papa, invece, è tutt’altra cosa: finora ne ha parlato quasi esclusivamente soltanto il cardinale Raymond Leo Burke, senza peraltro spiegare in che modo essa dovrebbe avvenire. Mi ha colpito che il cardinale Carlo Caffarra, arcivescovo emerito di Bologna, in una lunghissima intervista pubblicata sul quotidiano Il Foglio, non abbia speso nemmeno una parola su questa eventuale «correzione». In ogni caso non credo proprio che le affermazioni di Müller siano bastate per pacificare gli animi. Basta leggere i giornali e navigare un po’ in Internet per rendersene conto.

Hanno colpito molto, in questi giorni, le vicende dell’Ordine di Malta. Una vicenda brutta per l’Ordine. Pensi che il Cardinale Burke abbia giocato un ruolo negativo nell’iniziale ribellione del Gran Maestro dell’Ordine alla Santa Sede? Cosa c’è in gioco in tutta questa vicenda?

Nonostante la cortina fumogena che certi siti web, certi blog e certi commentatori tentano di sollevare – sono in servizio permanente effettivo nell’accusare il Papa qualsiasi cosa faccia o dica – non ci sono collegamenti con la questione dei «dubia». La Santa Sede è stata chiamata in causa della vicenda della defenestrazione del Gran Cancelliere von Boeselager, perché il cardinale Burke ha chiesto l’avvallo del Papa. Ma Francesco, pur invitando a vigilare sul rispetto della morale cattolica, aveva invitato a risolvere la contesa con il dialogo interno, non tagliando delle teste, come invece è avvenuto. La commissione d’inchiesta guidata dal vescovo Silvano Tomasi ha indagato sulla vicenda e le risultanze sono state tali da indurre il Gran Maestro Matthew Festing a dimettersi. Ora si spera che nell’Ordine di Malta, che compie tanto bene per i poveri, i migranti e i rifugiati, ritrovi serenità. Non c’è stato alcun commissariamento.

La propaganda tradizionalista, ormai da diverso tempo, non fa altro che alimentare, anche con l’apporto di giornalisti spregiudicati, un atteggiamento di ostilità nei confronti del Papa. Tra questi giornalisti c’è addirittura chi parla di clima di terrore in Vaticano sotto Francesco. Qual è la ricaduta di tutto questo sulla comunità ecclesiale?

Sulla comunità ecclesiale mi sembra che la ricaduta sia praticamente nulla. Ho letto anch’io con il sorriso sulle labbra i sedicenti reportage con fonti anonime sul «clima di terrore» in Vaticano. Hanno letto troppo Dan Brown! Nelle parrocchie e nelle comunità tutto questo non arriva. Certi circoli che alimentano in tutti i modi possibili e immaginabili l’ostilità e in molti casi anche l’odio e lo scherno verso il Papa sono molto autoreferenziali. Credo sia un errore pensare che se c’è chiasso sui blog o su Facebook, questo sia un riflesso della situazione reale in termini quantitativi. Peraltro devo aggiungere che non mi sembra di vedere nemmeno tutta quella «confusione» che molti circoli continuano ad affermare – come un mantra – regnerebbe nella Chiesa oggi.

“La Chiesa non è Google Traduttore”, i limiti di Liturgiam Autenticam. Intervista ad Andrea Grillo

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Allinterno della Chiesa Cattolica c’è un dibattito, tra gli addetti ai lavori, sulla liturgia. Un tema importante per la Chiesa del post-Concilio Vaticano II. Anche in questi ultimi anni il dibattito è continuato. Uno dei punti di confronto è il documento “Liturgiam authenticam”. Ne parliamo, in questa intervista, con il teologo Andrea Grillo, docente di Liturgia al Sant’Anselmo di Roma.

 

Professore, c’è un dibattito nella Chiesa di Roma, che sembra riguardare più gli “addetti ai lavori”, ma in realtà è di interesse per tutto il popolo di Dio. Stiamo parlando della traduzione in liturgia. Come si sa con il Concilio Vaticano II è avvenuta la rivoluzione copernicana nella liturgia Cattolica.  Sotto il pontificato di Giovanni Paolo II è stato Emanato un documento “Liturgiam authenticam” che pone dei criteri di traduzione dal latino alle diverse lingue. Sappiamo che l’attuale prefetto della Congregazione per il culto divino è l’ultra conservatore Cardinale Sarah, che sogna una “riforma della riforma” della liturgia cattolica. Quali sono i limiti, secondo lei, del documento “Liturgiam authenticam”?

 

La prima cosa da dire è che il documento del 2001 si inserisce in una lunga catena di testi, prodotti dal magistero centrale – papale e curiale – tra la fine degli anni 80 fino a tutto il primo decennio del nuovo secolo. Sono tutti documenti accomunati da una caratteristica: sono frutto della paura. Reagiscono alla fiducia e alla confidenza che il Concilio Vaticano II aveva introdotto nella Chiesa degli anni 60 e 70. superando il trauma antimoderno che aveva paralizzato la Chiesa per più di un secolo. Ora ci si muove di nuovo con la antica sfiducia e diffidenza. Si ripescano stili ottocenteschi. Nel nostro caso è la sfiducia e la diffidenza verso le lingue e le culture moderne. Ci si spoglia della autorità di tradurre e per tranquillizzarsi si impone un modo per tradurre dal latino che ha un esito che non è esagerato definire comico: se si seguono le regole stabilite a tavolino, il testo che ne risulta appare incomprensibile; se invece lo si vuole rendere comprensibile, si è costretti a violare le regole. E non se ne esce. Questa è l’esperienza di tutte le Conferenze episcopali negli ultimi 15 anni. Le vicende del Messale per gli anglofoni, dei vescovi tedeschi e di quelli francesi e italiani sono gli esempi più noti.

 

Come è possibile che una “Chiesa in uscita” sia preoccupata per la fedeltà testuale al latino?

 

La questione è che il latino diventa il simbolo di una tradizione intoccabile e mummificata. Ci si attacca al latino per non fare i conti con la realtà. Ma si deve riconoscere che il latino, che è la lingua in cui si è espressa la Chiesa per 1500 anni, non è né la lingua originaria della Chiesa né quella oggi in uso. La lingua latina non è più viva, perché non è più parlata dai bambini. Dante lo aveva capito 700 anni fa. Questo non giustifica la ignoranza del latino. Ma non giustifica neppure le illusioni reazionarie di chi vorrebbe“ricominciare dal latino”. Oggi si deve poter cominciare dal francese, dall’inglese, dall’italiano,,,

 

A livello liturgico, secondo lei, quali possono essere i miglioramenti per rendere la liturgia più legata all’inculturazione del Vangelo?

 

Proprio sul piano della “traduzione” dobbiamo riconoscere che le “lingue moderne” possono esprimere aspetti della tradizione che il greco e il latino non riuscivano ad esprimere. Ogni lingua ha i suoi pro e i suoi contro. Anche il latino e il greco hanno limiti che il francese o l’inglese possono superare. Ad ogni modo, la traduzione deve essere sempre fedele e rispettosa. Ma bisogna definire bene che cosa significa: la fedeltà e il rispetto verso un testo devono essere diretti verso due soggetti: chi lo ha scritto e chi lo legge. Per questo una traduzione buona non è mai soltanto letterale. Il linguaggio è sempre molto più complesso di una pure sequenza di parole. A tradurre parola per parola ci pensa già Google Traduttore: la Chiesa dovrebbe guardare più lontano, come ha sempre fatto.

Vi sono esempi in questo senso?

 

In realtà non bisogna inventarsi inculturazioni strane o straordinarie. L’ atto di culto è di per sé necessariamente inculturato. Questa è stata l’esperienza degli apostoli Pietro e di Paolo, di papa Gregorio Magno e del teologo S. Tommaso. Chi vuole bloccare la Chiesa su una traduzione letterale dal latino non conosce la storia bimillenaria e si lascia condizionare solo da un antimodernismo tanto viscerale quanto rozzo.

 

Sappiamo che con Benedetto XVI è stato promulgato il documento “Summorum pontificum” che liberalizzò la possibilità di celebrare con il rito tridentino. Non pensa che questo sia contraddittorio con lo spirito del Concilio? Cosa ne pensa Papa Francesco?

 

Lei mi chiede “che cosa pensa papa Francesco”? Io le rispondo semplicemente: Francesco pensa. Basta questo. Se pensi davvero alla questione, non puoi lasciare in piedi questo pasticcio teologico e pastorale, questo parallelismo di forme non coerenti e conflittuali. Come attuare questo cambiamento, con quali tempi e modalità, fa parte di scelte di opportunità che non dipendono solo dalla cosa, ma anche dal contesto. E anche questo il papa lo sa e lo pensa adeguatamente.

 

Queste posizioni tradizionalistiche quanto sono presenti nella Chiesa?

 

Sono presenti poco dal punto di vista dei numeri, molto dal punto di vista della presenza mediatica. Bisogna tuttavia distinguere bene tra nazioni e Chiesa diverse. Non tutti i paesi sono uguali e non tutte le Chiese sono sullo stesso piano. La questione dei tradizionalisti diventa ingestibile se si pensa di affrontarla con “norme generali”, che valgono per tutta la Chiesa. Solo la competenza dei singoli Vescovi, che conoscono le differenze locali, qui è capace di muoversi adeguatamente

 

Vuole aggiungere qualcosa?

 

Voglio raccontare una storia che può aiutare a comprendere la questione. L’ho sentita raccontare da Rita Levi Montalcini, in televisione. Inaugurano molti anni fa un grande software di traduzione, che sa tradurre tutto, da ogni lingua. Ma letteralmente. Un acuto provocatore va alla inaugurazione e mette in crisi il sistema. Chiede di tradurre in cinese il proverbio inglese “out of sight out of mind” (che in italiano corrisponde, non letteralmente, a “lontano dagli occhi lontano dal cuore”). Il computer traduce in caratteri cinesi. Poi lo stesso personaggio chiede di tradurre in italiano. E il risultato è INVISIBILE IMBECILLE. Se si perde il senso metaforico, si fraintende tutto. Noi sulla base di LA abbiamo rischiato di produrre continuamente traduzioni alla maniera di “invisibile imbecille”.

La liturgia usa al 90 % linguaggio metaforico. Pensare di tradurla con metodo letterale è puramente illusorio. Per paura si fanno disastri. Si demonizza la libertà e la creatività. Ma senza libertà le metafore non si capiscono. Sarebbe sufficiente leggere in LA quella regola che imporrebbe di rispettare le figure retoriche latine nella lingua di traduzione. Ma questo è proprio cio che non si può mai fare. Ogni lingua ha le sue figure particolari. Tradurre non è imporre le figure retoriche di una lingua all’altra, ma mediare tra una e l’altra. E per questo ci vuole libertà. Che non si può mai barattare con un piatto di lenticchie.

Per dove passa il futuro del cristianesimo? Un testo di Leonardo Boff

Leonardo BoffPapa Francesco ha un merito innegabile: ha sollevato la Chiesa cattolica che era in uno stato di profonda demoralizzazione a causa dei crimini di pedofilia che hanno interessato centinaia di persone del clero. Inoltre ha smascherato i crimini della Banca Vaticana, che coinvolgevano Monsignori e gente della finanza italiana.

Ma soprattutto ha dato un’altra immagine alla Chiesa, non più quella di una fortezza chiusa contro i “pericoli” della modernità, ma quella di un ospedale da campo che serve a tutti coloro che hanno bisogno o sono alla ricerca di un senso della vita. Questo Papa ha coniato la frase “una Chiesa in uscita” verso gli altri e non verso se stessa, auto referenziata.
I dati rivelano che oggi il cristianesimo è una religione del Terzo e Quarto Mondo. Il 25% dei cattolici vive in Europa, il 52% in America e gli altri nel resto del mondo. Ciò significa che, finito il ciclo occidentale, il cristianesimo dovrà vivere la sua fase mondiale con una presenza più densa in alcune parti del mondo, oggi considerate periferiche.

Potrà avere un significato universale sotto due condizioni.

La prima, se tutte le chiese si comprenderanno come il movimento di Gesù, si riconosceranno l’un l’altra come portatrici del suo messaggio senza che nessuna di esse abbia l’intenzione di rivendicarne l’esclusiva, ma in dialogo con le altre religioni del mondo, valorizzandole come percorsi spirituali abitati e promosso dallo Spirito. Solo allora ci sarà la pace religiosa, una delle condizioni importanti per la pace politica. Tutte le chiese e le religioni devono essere al servizio della vita e della giustizia per i poveri e per il Grande Povero che è il Pianeta Terra, contro il quale il processo industriale muove una vera e propria guerra.

La seconda condizione è che il cristianesimo relativizzi le sue istituzioni di carattere occidentale e abbia il coraggio di reinventarsi a partire dalla vita e dalla pratica del Gesù storico con il suo messaggio di un regno di giustizia e di amore universale, in completa apertura al trascendente. Mantenere l’attuale modo di essere può condannare il cristianesimo a diventare una setta religiosa.

Secondo la migliore esegesi contemporanea, il piano originale di Gesù è riassunto nel Padre nostro. In esso si affermano le due “fami” dell’essere umano: la fame di Dio e la fame di pane. Il nostro Padre sottolinea lo slancio verso l’alto. Solo unendo il nostro Padre con il nostro pane quotidiano si può dire Amen e sentirsi nella tradizione del Gesù storico. Lui ha lanciato un sogno, il Regno di Dio, la cui essenza si trova nei due poli, nel Padre nostro e nel pane nostro di ogni giorno vissuti nello spirito delle beatitudini.

Ciò implica per il cristianesimo l’audacia di disoccidentalizzarsi, abbandonare lo spirito maschilista e patriarcale, e organizzare reti di comunità che si accolgano reciprocamente e siano incarnate nelle culture locali e insieme formino il grande sentiero spirituale cristiano, che si unisca agli altri percorsi spirituali e religiosi dell’umanità.

Realizzati questi presupposti, oggi si presentano oggi alle chiese e al cristianesimo quattro sfide fondamentali.

La prima è quella di salvaguardare la casa comune e il sistema di vita minacciato dalla crisi ecologica diffusa e dal riscaldamento globale. Non è impossibile una catastrofe ecologica e sociale che potrà decimare la vita di gran parte dell’umanità. La domanda non è più che cosa sarà il cristianesimo nel futuro, ma come proteggere il futuro della vita e la biocapacità della Madre Terra. Lei non ha bisogno di noi. Noi abbiamo bisogno di lei.

La seconda sfida è come mantenere l’umanità unita. I livelli di accumulazione della ricchezza materiale in poche mani (1% controlla la maggior parte della ricchezza del mondo) possono dividere l’umanità in due parti: coloro che godono di tutti i vantaggi della scienza e della tecnologia e coloro che devono affrontare l’esclusione, senza nessuna speranza di vita o anche essere considerati subumani. È importante dire che abbiamo solo una Casa Comune e che tutti siamo fratelli e sorelle, figli e figlie di Dio.

La terza sfida è la promozione della cultura della pace. Le guerre, il fondamentalismo politico e l’intolleranza , difronte alle differenze culturali e religiose, possono portare a livelli di violenza di alta potenza distruttiva. Eventualmente possono degenerare in guerre mortali con armi chimiche, biologiche e nucleari.

La quarta sfida si riferisce all’America Latina: l’incarnazione nelle culture indigene e afro-americani. Dopo avere quasi sterminato le grandi culture originali e schiavizzato milioni di africani, è necessario lavorare per aiutarli a riformarsi biologicamente e a salvare la loro saggezza ancestrale e vedere riconosciute le loro religioni come forme di comunicazione con Dio. Per la fede cristiana la sfida è di incoraggiarli a fare la sintesi in modo da dar luogo ad un cristianesimo originale, sincretico, africano-indiano-latino-brasiliano.
La missione delle chiese, delle religioni e dei percorsi spirituali è quello di alimentare la fiamma interiore della presenza del Sacro e del Divino (espresso in migliaia di nomi), nel cuore di ogni persona.

Il cristianesimo, nella fase planetaria e unificata della Terra, forse diventerà una vasta rete di comunità, incarnate nelle diverse culture, testimonianti la gioia del Vangelo che promuove in questo mondo una vita giusta e fraterna, in particolare per i più emarginati, che si completerà al termine della storia.
Oggi, tocca a noi vivere la convivialità tra tutti e tutte, simbolo anticipatorio di un’umanità riconciliata che celebra i buoni frutti della Madre Terra. Non era questa la metafora di Gesù, quando parlava del regno della vita, della giustizia e dell’amore?

• Leonardo Boff ha scritto Ecclesiogenesi. Le comunità di base reinventano la Chiesa. Borla, Roma 1978.
• (Traduzione di S. Toppi e M. Gavito)
• Dal sito: https://leonardoboff.wordpress.com/2016/12/02/per-dove-passa-il-futuro-del-cristianesimo/

IL LEGALISMO NON FERMA LA RIFORMA DI PAPA FRANCESCO. INTERVISTA AD ANDREA GRILLO

Andrea Grillo, teologo

La clamorosa iniziativa di quattro cardinali, tutti appartenenti all’area iper conservatrice della Chiesa cattolica, di scrivere una lettera, che doveva essere privata, in cui si esprimono forti dubbi teologici di correttezza magisteriale sull’Esortazione pontificia “Amoris Laetitia”, pubblicata dopo il Sinodo sulla Famiglia dell’anno scorso. Un vero e proprio atto di ribellione al magistero pontificio, tanto da minacciare, da parte di uno dei cardinali, una correzione pubblica dei contenuti dell’esortazione se il Papa non avesse risposto a i dubbi esposti nella loro lettera. Oggi il Papa, con un’intervista al quotidiano cattolico Avvenire, ha riaffermato la validità della sua linea pastorale. Ne parliamo, in questa intervista, con il teologo Andrea Grillo, professore di Teologia alla pontificia università Sant’Anselmo di Roma.

Professore, qualche giorno fa il giornalista Sandro Magister, vaticanista dell’Espresso, ha diffuso una lettera di 4 cardinali  (i tedeschi Walter Brandmüller e Joachim Meisner, l’italiano Carlo Caffarra, lo statunitense Raymond L. Burke )tutti dell’area conservatrice.  Lettera indirizzata al Papa Francesco, e tale doveva rimanere, lettera in cui si chiede chiarimenti sui paragrafi secondo loro controversi (sulla comunione ai divorziati risposati) della esortazione pontificia “Amoris laetitia” . Come giudica il contenuto della lettera dei cardinali? 
Sollevare domande, di per sé, è sempre positivo. La cultura del dubbio può essere anche una scoperta recente dei 4 cardinali. Ma di fronte a questa lettera io ho subito pensato una cosa diversa. Se quattro cardinali scrivono in questo modo così poco autorevole e così imbarazzato, occorre rivolgersi a qualche autorità superiore. Nel cristianesimo l’abbiamo: sono le prostitute e i pubblicani. E’ proprio una prostituta, Sonia, che nel capolavoro di Dostojewski “Delitto e castigo” risponde al peccatore: “Perché fai domande che non debbono essere poste”. Sonia dice ai cardinali: “Perché fate domande che non si devono porre?”. D’altra parte, a veder bene, dobbiamo riconoscere che non scopriamo nulla di nuovo. Se andiamo a leggere quello che questi 4 cardinali hanno scritto subito prima del Sinodo, durante il Sinodo, nell’aula del Sinodo e dopo il Sinodo, troviamo che tutto questo era già stato detto: prima come timore, poi come eventualità da evitare e poi come “errore da correggere”. Non è un bello spettacolo.

Hanno un fondamento le critiche mosse al documento pontificio?
Le dico solo questo: in una classe di studenti di Diritto canonico, un mio caro collega ha esaminato i 5 “dubia” sollevati dai cardinali e degli studenti universitari senza particolari qualifiche hanno risolto i 5 dubbi senza alcuna esitazione, sulla base del testo di Amoris Laetitia. Per smascherare la provocazione e le domande false bastano una ventina di ragazzi ben disposti a studiare e a non farsi prendere per il naso. Le critiche hanno fondamento, ma non nel documento, bensì in una cultura arretrata, vecchia, presuntuosa e arrogante.
Ai tempi di Giovanni Paolo II e Benedetto XVI questi personaggi erano nelle cordate di potere della curia romana. Secondo lei questa resistenza quanta è diffusa nella curia?
Questo è un fatto strutturale. La Curia, ogni curia, resiste comunque nella inerzia di quello che faceva prima. Inerzia burocratica e inerzia di pensiero. La questione, tuttavia, non è semplicemente di “potere”, ma di “pensiero”. La inerzia si colloca anche a questo livello, che è meno evidente, ma molto più grave. E’ come se i 4 firmatari non concepissero altro modo di vedere il matrimonio che quello elaborato nella Chiesa in mezzo al conflitto con lo Stato moderno alla fine del XIX secolo. Quella stagione è finita. Per sempre. E con essa anche quella teologia.

Appare evidente che si muovono come un gruppo organizzato. L’obiettivo è screditare un atto di Magistero di Papa Francesco. Addirittura il cardinale Burke ha “minacciato” una correzione pubblica delle parti controverse, se il Papa non darà risposte alle loro richieste . E’ una minaccia alla comunione ecclesiale? Uno scisma ? 
Non farei le cose più grosse di quelle che sono. Ognuno dei 4 firmatari rappresenta una “istanza” dell’assetto che con Giovanni Paolo II si era collocato al centro del pensiero e della amministrazione ecclesiale. Ma, obiettivamente, gli argomenti che usano sono talmente deboli e argomentati in modo talmente vecchio che non costituiscono affatto un problema per Francesco, che ha una freschezza di approccio e di pensiero che vola ad un altro livello. Semmai io credo che si debba usare verso di loro una ferma misericordia. Non c’è nessuno scisma, anche se la minaccia alla comunione ecclesiale è rappresentata dalla arroganza di chi si mette, intenzionalmente, a fingere di non aver capito. Questo è grave. Ma è finto. Perché sono tutti e 4 uomini troppo intelligenti per non aver capito che la loro impostazione è definitivamente superata.

Il Papa, nell’intervista ad Avvenire, ha affermato: “la Chiesa esiste solo – ha detto Francesco ad Avvenire – come strumento per comunicare agli uomini il disegno misericordioso di Dio. Al Concilio la Chiesa ha sentito la responsabilità di essere nel mondo come segno vivo dell’amore del Padre. Con la Lumen Gentium è risalita alle sorgenti della sua natura, al Vangelo. Questo sposta l’asse della concezione cristiana da un certo legalismo, che può essere ideologico, alla Persona di Dio che si è fatto misericordia nell’incarnazione del Figlio. Alcuni – pensa a certe repliche ad Amoris Laetitia – continuano a non comprendere, o bianco o nero, anche se è nel flusso della vita che si deve discernere” . Basterà questa risposta del Papa ai cardinali  super legalisti?

Queste parole sono non casualmente tratte quasi integralmente dal linguaggio del Concilio Vaticano II. Ed è il Concilio ad aver già risposto ai 4 cardinali. Lo ha fatto da più di 50 anni. Loro hanno fatto finta di niente, aiutati da tante condizioni favorevoli, che improvvisamente sono cessate già con l’arrivo a Roma di un papa “figlio del Concilio” e poi soprattutto con Amoris Laetitia. Che opera, 50 anni dopo, ciò che fece Sacrosanctum Concilium 50 anni fa. Cambia il volto della Chiesa nel rapporto con l’amore, la famiglia e il matrimonio. Su cui le pretese del legalismo sono almeno altrettanto forti di quanto fossero, 50 anni fa, quelle sulla liturgia.

Come sta procedendo la recensione  dell’ “amoris laetitia”?
Direi che nel mondo reale, sia pure con le inevitabili difficoltà di ogni riforma, Amoris Laetitia sta procedendo molto bene. In Italia, ad es., ci sono Vescovi che hanno già scritto lunghe lettere di attuazione nelle loro diocesi del dettato della Esortazione. E nessuno di loro ha avuto dubbi, anche se deve camminare allo stesso tempo davanti, dentro e dietro il proprio popolo. La lettera dei 4 cardinali è anche il documento di chi non vuol camminare, di una Chiesa che si isola, che non esce, che ha paura di tutto, che preferisce non guardare…mentre la Chiesa autentica cammina e si lascia stupire dallo Spirito, che soffia con una libertà che sembra così difficile da capire da parte dei 4 cardinali.

La “Cyber guerra” contro Papa Francesco. Intervista a Giacomo Galeazzi

I siti web tradizionalisti scatenano una sorta di “cyber guerra” contro l’operato di Papa Francesco. Quali sono i siti e chi sono questi super integralisti “cattolici”? Ne parliamo con Giacomo Galeazzi, vaticanista del quotidiano La Stampa, autore, insieme ad Andrea Tornielli, di una inchiesta su questa area ecclesiale che vive di nostalgici risentimenti contro il Vaticano II e la modernità.

Galeazzi, lei e Andrea Tornielli siete stati autori di una bella inchiesta giornalistica sulla resistenza (o dissenso) a Papa Francesco pubblicata nei giorni scorsi su Vatican Insider, vogliamo approfondire alcuni nodi della vostra inchiesta . Incominciamo col fare una piccola mappa: Dove è collocata maggiormente l’area del dissenso?
“Quando un mese fa abbiamo iniziato il nostro viaggio nella galassia degli oppositori di Bergoglio, abbiamo applicato subito un metodo rigorosissimo. Incontri, colloqui, visite: tutto registrato, scritto, inattaccabile. E infatti, dopo l’uscita della nostra inchiesta, le reazioni dei siti ultratradizionalisti devono arrampicarsi sugli specchi della dietrologia perché non hanno elementi per contestare neppure una virgola di quello che abbiamo riportato. Ci siamo immersi per settimane in un fronte ecclesiale, politico e culturale che sul web e nei circoli unisce leghisti, nostalgici di Ratzinger, nemici del Concilio. Per esempio, nella sua pagina ufficiale su Facebook, Antonio Socci sostiene che Benedetto XVI non si sia voluto davvero dimettere ma si consideri ancora Papa volendo in qualche modo condividere il «ministero petrino» con il successore. Interpretazione che lo stesso Ratzinger ha smentito”

Il dissenso si manifesta maggiormente, non solo con libri, ma, come già detto, con lo strumento del web. La rete diventa, così, l’arma per scatenare l’opposizione a Francesco. Può farci qualche nome dei maggiori oppositori?
“A tenere unita la galassia del dissenso è l’avversione a Francesco. E’ un area composita che spazia dai lefebvriani che hanno deciso di «attendere un Pontefice tradizionale» per tornare in comunione con Roma, ai cattolici leghisti che contrappongono Francesco al suo predecessore Ratzinger e lanciano la campagna «Il mio papa è Benedetto». Ci sono gli ultraconservatori d ella Fondazione Lepanto e i siti web vicini a posizioni sedevacantiste, convinti che abbia ragione Socci a sostenere l’invalidità dell’elezione di Bergoglio soltanto perché nel conclave del marzo 2013 una votazione era stata annullata senza essere scrutinata. Il motivo? Una scheda in più inserita per errore da un cardinale. La votazione era stata immediatamente ripetuta proprio per evitare qualsiasi dubbio e senza che nessuno dei porporati elettori sollevasse obiezioni. In questa galassia ci sono anche prelati e intellettuali tradizionalisti firmano appelli o protestano contro le aperture pastorali del Pontefice argentino sulla comunione ai divorziati risposati e sul dialogo con il governo cinese”.

Quanto peso ha questa area?
“Dopo l’uscita della nostra inchiesta sulla “Stampa”, un bravo collega del quotidiano “Avvenire”,Luigi Rancilio si è fatto proprio questa domanda: quante persone coinvolge questo fronte anti Bergoglio sul web? Così, ha analizzato il traffico dei blog e dei siti citati nel mese di settembre, usando Similarweb (che non sarà preciso al 100% ma è molto affidabile). Ecco i risultati: La nuova Bussola quotidiana 11.200 lettori medi al giorno.Il blog di Antonio Socci 6.833 lettori medi al giorno. Il Timone 3.253 lettori medi al giorno. Il blog di Sandro Magister sull’Espresso 2.870 lettori medi al giorno. Riscossa Cristiana 2.440 lettori medi al giorno. Unavox 1.456 lettori medi al giorno .Il blog di Don Giorgio De Capitani 730 lettori medi al giorno. Il blog Chiesa e postconcilio 284 lettori medi al giorno Rosso porpora 57 lettori medi al giorno. Facendo anche finta che nessuno di questi siti o blog abbia lettori in comune (cosa impossibile) stiamo parlando di 29.123 persone al giorno. Quindi, Papa Francesco può dormire sonni tranquilli. Il dissenso verso il Papa unisce persone e gruppi tra loro molto diversi e non assimilabili”.

La linea pastorale di Francesco che, sulla scia del Vaticano II, propone una ecclesiologia inclusiva (la visione della “Chiesa come ospedale da campo”) è contestata da alcuni cardinali e da una parte della Curia Romana. Cosa contestano a Papa Francesco? Qual è la critica più feroce dal punto di vista teologico?
“Uno dei principali centri di resistenza, secondo lo storico ultratradizionalista Roberto De Mattei (presidente della fondazione Lepanto) è l’Istituto Giovanni Paolo II per la famiglia. Nel mirino dei critici c’è anche il contributo che la politica migratoria di Francesco, a giudizio dei suo detrattori, fornisce alla destabilizzazione dell’Europa e alla fine della civiltà occidentale. Tra coloro che vengono considerati stelle polari da parte di questo mondo ci sono soprattutto il porporato statunitense Raymond Leo Burke, patrono dei Cavalieri di Malta, e il vescovo ausiliare di Astana, Athanasius Schneider. I vescovi cattolici nel mondo sono più di cinquemila, ci ha ricordato il sociologo Massimo Introvigne, il dissenso riesce a mobilitarne una decina, molti dei quali in pensione, il che mostra appunto la sua scarsa consistenza”.

Abbiamo visto che la Rete diventa il grande contenitore dove alberga il risentimento, la delegittimazione (e in taluni casi anche l’odio) nei confronti del Papa. Pur tra differenze di posizioni, quello che appare è che vi sia una “regia” comune che alimenta questo dissenso. C’è? Oppure è una visione da “complottisti” immaginare questo?
“Introvigne sostiene che questo dissenso è presente più sul web che nella vita reale ed è sopravvalutato: ci sono infatti dissidenti che scrivono commenti sui social sotto quattro o cinque pseudonimi, per dare l’impressione di essere più numerosi. Ed è un movimento che non ha successo perché non è unitario. Ci sono almeno, secondo Introvigne, tre dissensi diversi: quello politico delle fondazioni americane, di Marine Le Pen e di Matteo Salvini che non sono molto interessati ai temi liturgici o morali – spesso non vanno neppure in chiesa – ma solo all’immigrazione e alle critiche del Papa al turbo-capitalismo. Quello nostalgico di Benedetto XVI, che però non contesta il Vaticano II. E quello radicale della Fraternità San Pio X o di de Mattei e Gnocchi, che invece rifiuta il concilio e quanto è venuto dopo”.

Tra i protagonisti, oltre a teologi ed alcuni elementi della gerarchia, vi sono i giornalisti. Tra i più noti ricordiamo: Magister (più sofisticato), Socci (sostenitore della tesi della invalidità della elezione di Francesco) e Rusconi (tradizionalista ticinese). Ho notato l’assenza di Aldo Maria Valli, vaticanista del TG1, tra i più critici, sia pure raffinato, nei confronti del Papa. Perché ?
“Abbiamo scattato una fotografia dell’esistente. E’ stato un lavoro capillare e faticoso. Sicuramente ci sono anche altre voce di dissenso a Francesco, abbiamo riportato quelle che riteniamo più significative. Il dissenso verso il Papa unisce persone e gruppi tra loro molto diversi e non assimilabili: ci sono le prese di distanza soft del giornale online «La Bussola quotidiana» e del mensile «Il Timone», diretti da Riccardo Cascioli. C’è il quasi quotidiano rimprovero al Pontefice argentino messo in rete dal vaticanista emerito dell’«Espresso», Sandro Magister. Ci sono i toni apocalittici e irridenti di Maria Guarini, animatrice del blog «Chiesa e Postconcilio», fino ad arrivare alle critiche più dure dei gruppi ultratradizionalisti e sedevacantisti, quelli che ritengono non esserci stato più un Papa valido dopo Pio XII”.

Non c’è solo la teologia il dissenso riguarda anche la “politica”, e anche la “geopolitica della misericordia”, di Francesco. Qui lo spettro va dai cattolici conservatori americani (che votano Trump) ai cattoleghisti che tifano per Putin. Non è assurdo avere come interlocutore Putin da contrapporre a Papa Francesco? Senza dimenticare la destra “sovranista”. Su che basi si fonda questa fronda?
“Abbiamo visitato i luoghi e incontrato i protagonisti di questa opposizione a Francesco, numericamente contenuta ma molto presente sul web, per descrivere un arcipelago che attraverso Internet ma anche con incontri riservati tra ecclesiastici, mescola attacchi frontali e pubblici a più articolate strategie. Introvigne ci ha fatto notare una sorprendente caratteristica comune a molti di questi ambienti: È l’idealizzazione mitica del presidente russo Vladimir Putin, presentato come il leader “buono” da contrapporre al Papa leader “cattivo”, per le sue posizioni in materia di omosessuali, musulmani e immigrati. Con il dissenso anti-Francesco collaborano fondazioni russe legatissime a Putin”.

Pensa che queste posizioni abbiano una qualche possibilità di avere un consenso più largo nella comunità ecclesiale?
“Nel libro “Il Concilio di Papa Francesco” (Elledici) ho avuto modo di elencare ragioni e temi che dividono questi oppositori di Bergoglio dalla larghissima maggioranza dei fedeli. Tra i nemici di Francesco, molti hanno come “grande nemico” il Vaticano II. Francesco, proprio perché è il primo Papa che non ha partecipato al Concilio, ha come indirizzo fondamentale la realizzazione e l’attualizzazione della primavera conciliare. E ciò contrasta con il luogo comune di un periodo storico della Chiesa del tutto concluso e, ormai, da celebrare con un obbligato ossequio retorico, più o meno convinto, più o meno ipocrita. Francesco ritiene che il Concilio, al contrario, sia rimasto largamente inapplicato e che, invece di celebrarlo ritualmente, appunto, vada vissuto nella quotidiana esperienza pastorale. Il richiamo al Concilio mi ha consentito, anche attraverso una vasta ricognizione tra le opinioni dei più autorevoli protagonisti del dibattito ecclesiale, di formulare distinzioni tra termini che si confondono troppo per essere chiarificatori. Quelli che ricordano l’essenziale differenza, per esempio, tra miseria e povertà, per cui la prima è indegnità, la seconda è stile di vita e il Vangelo dice, appunto, «beati i poveri», non «beati i miseri». Proprio per contestare ingenue o maligne assimilazioni ideologiche, è utile ricordare le parole di Francesco che rivendicano la primogenitura della parola evangelica sull’importanza della «cura dei poveri», rispetto a rivendicazioni marxiste totalmente estranee alla concezione cristiana della vita”.

Papa Francesco come reagisce di fronte a tutto questo?
“Francesco è un dono provvidenziale alla Chiesa e al mondo. Basta seguire ogni giorno su “Vatican Insider” l’attività di Bergoglio e vederne gli straordinari effetti globali per capire la portata storica del suo pontificato. A chi acriticamente attacca Bergoglio a testa bassa e, pur definendosi cattolico, arriva a insultarlo sui siti ultratradizionalisti definendo il Vicario di Cristo “un monotono clown di basso conio” di leggere “Il nome di Dio è misericordia” (Piemme), il libero nel quale il Papa dimostra splendidamente e in maniera inequivocabile ad Andrea Tornielli come il Vangelo sia l’unica linea guida della sua azione. Le risposte di Bergoglio a Tornielli fanno capire in maniera inequivocabile come il Pontefice abbia a cuore esclusivamente l’evangelizzazione. Mediocri e meschini veleni di piccole pozze inquinate non riescono neppure a sfiorare il grande fiume alimentato dallo Spirito Santo”.