“L’uomo bianco è una regressione della nostra civiltà”. Intervista a Ezio Mauro

 Un libro intenso, scritto da un vero maestro del giornalismo italiano. Non è solo un reportage sull’Italia di oggi, sui rischi di degrado che corre il nostro Paese. Ma è anche una riflessione di un intellettuale che si interroga sulla nostra civiltà in preda alla paura e sulle colpe della politica che non ha saputo rispondere adeguatamente alle sfide di questo momento storico. Ezio Mauro nel  libro, pubblicato da Feltrinelli, ci offre spunti profondi. In questa intervista abbiamo sviluppato alcuni punti della sua riflessione.

 

EZIO Mauro, lei ha scritto un libro “doppio”, come lo ha definito acutamente Adriano Sofri, in quanto si muove nel doppio registro tra la cronaca e la riflessione “lunga” di tipo socio-politico. Per cui il libro diventa una inchiesta sul mutamento antropologico del nostro vivere quotidiano. Come cambia la cosiddetta “normalità” italiana?

Cambia perché ci permettiamo delle cose che non ci saremmo mai concessi qualche anno fa: una metamorfosi dovuta alla paura, alla globalizzazione e dovuta alla crisi più lunga del secolo (anche più lunga della Grande depressione del ’29), la crisi economica finanziaria, perché il nostro paese è il più lento ad uscire dalla crisi e questo lascia uno strascico perché c’è la fatica ad entrare nel mondo del lavoro da parte dei giovani. Così lascia quel rancore che determina un mutamento nel linguaggio, nel comportamento degli italiani cui non eravamo abituati. Continua a leggere

RAGIONANDO DI AFORISMI. INTERVISTA A DINO BASILI

L’aforisma è un genere prezioso. Lo usavano i greci e i romani.  Nel secolo scorso è stato uno strumento,  anche, di  critica al potere costituito. Su questo punto lo scrittore austriaco Karl Kraus è l’esempio tra i più geniali. Ed oggi, nel tempo di.  Internet, il tempo della velocità ma non della profondità, cosa ha da dire a noi questo genere letterario? Ne parliamo, in questa intervista, con Dino Basili, già cronista parlamentare per la Rai, aforista tra i più importanti a livello internazionale, insignito,  recentemente, di un premio    alla carriera per gli     aforismi.

Basili, lei è un maestro dell’aforisma italiano. L’aforisma è un genere letterario antico, era usato dai greci e dai romani. Oggi in Italia è un genere letterario misconosciuto, eppure ha avuto grandissimi aforisti: Ennio Flaiano, Leo Longanesi e Alda Merini, per citare alcuni a mò di esempio. Come spiega questo atteggiamento della cultura letteraria italiana nei confronti di questo genere?

Un’analisi abbastanza difficile. Io credo che ci sia un pò la crisi della definizione, perché aforismo viene dal greco e significa “definizione”. Andando un pò più a fondo sono d’accordo con Robert Musli che ritiene che sia il più piccolo intero possibile. Tutto sommato è più facile scrivere un libro di 200-300 pagine che una trentina di ottimi aforismi. Certo l’aforisma può scadere nella banalità o, come dice Magris, nella “presunzione sibillina”, ma Hannah Arendt racconta che Walter Benjamin avrebbe anteposto l’aforisma al saggio voluminoso, se non fosse che veniva retribuito per il numero delle righe prodotte.

Lei, recentemente, ha preso un premio alla carriera per gli aforismi. Insomma “Tagliar corto” le è sempre piaciuto. Perché “aforista” e non romanziere?

Non è stata una scelta, io ho cominciato a scrivere piccole frasi sul giornalino dei Boy Scout “squadriglia castori” a sant’Agnese a Roma. Poi è capitato di fare una rubrica su un quotidiano romano, c’era comunicazione con i lettori. Io poi sono innamorato di Epitetto, filosofo greco che ho conosciuto nell’ultimo anno di liceo, poi di Guicciardini, cioè di tutta quella che è stata la scrittura breve. Ho iniziato a scrivere presto gli aforismi, poi ci sono i libri e numerose interviste sull’argomento. Il fatto che più mi ha rallegrato è stato il riferimento sul Meridiano di Mondadori sugli scrittori italiani di aforismi del Novecento.

Quindi insomma aforisti si diventa. Immaginando una possibile “cassetta” degli attrezzi del “buon aforista” cosa non può mancare?

Quello che non può mancare è una penna o una matita, anzi la matita più che la penna. Karl Krauss osservava che un aforisma non si può dettare su nessuna macchina da scrivere, figuriamoci su un computer!

L’aforisma non è solo esercizio letterario, scrivere una massima su alcuni aspetti della vita, ma è anche, in passato così è stato ,uno strumento di critica della società (vedi ad esempio Karl Krauss) usando “magicamente” l’ironia. Se lei, da aforista, dovesse scrivere un aforisma sulle paure, vere o presunte, della nostra società cosa scriverebbe?

Di paure ce ne sono molte, però mi rimetto proprio all’attualità. Proprio ieri ho scritto un articolo sulla paura della valanga dei numeri che ci piovono addosso ogni giorno instancabilmente, numeri di ogni genere – rosa, grigi ecc. – che ci confondono completamente la testa.

Lei è stato giornalista parlamentare, ai tempi della I Repubblica, chi era il politico più aforista? Andreotti? Martinazzoli?

Indubbiamente Andreotti aveva uno spirito particolarmente tagliente e una conoscenza del vocabolario eccellente. Mino Martinazzoli, come dice Guicciardini, ci metteva le sue risposte di “molta borra”. Un perfetto aforista è invece Altan.

Cosa scriverebbe su Di Maio e Salvini?

Su Di Maio direi che “c’è de mejo” alla romana; riguardo a Salvini dico che ancora deve mostrare il suo vero volto.

Alla fine, cos’è per lei un aforisma?

Direi che mi riconosco su una frase che mi dedicò Giulio Nascimbeni, un “corrierista” degli anni scorsi, l“aforisma è una carta vetrata sui nostri lati deboli”.

Dicono che un aforisma deve essere “sottile”…

Riguardo all’essere “sottile” o non esserlo, io non esagererei tanto nella perfezione. Perché non esiste la frase perfetta. Le racconto la mia esperienza:  diedi le bozze di un mio libro di aforismi alla fine degli anni 70, a un mio collega di Rai, Raffaele La Capria, che aveva sempre il tavolo di lavoro sgombro senza neanche un foglietto aveva però il pacchetto di sigarette e l’accendino e allora cominciò a leggere i miei aforismi e con l’accendino accendeva e spegneva e diceva “questo si accende questo non si accende”, così ho imparato a valutare i miei aforismi.

NELL’ERA DI “RENZUSCONI”. Intervista ad Andrea Scanzi

Siamo nell’era di  “Renzusconi”? Per capire l’antropologia politica del personaggio, Renzi, abbiamo intervistato Andrea Scanzi, giornalista de il Fatto  Quotidiano, che ha pubblicato un pamphlet, che in pochissimi giorni è già alla quarta ristampa, dal titolo “Renzusconi. L’allievo ripetente che (non) superò il maestro”  (ed. PaperFirst, pagg. 186, € 10,50).

 

Andrea SCANZI, il tuo libro, “Renzusconi” che sta avendo successo nelle librerie e ha raggiunto la quarta ristampa in neanche tre settimane, “crea” un personaggio “Renzusconi”” (impasto di Berlusconi e  Renzi) che sembra quasi la piattaforma “antropologica” delle “larghe intese”. Esagero?

 

No, non esageri. Renzusconi è il ritratto di Matteo Renzi, è il mio tentativo di dimostrare quanto Renzi assomigli a Berlusconi. Ma è anche purtroppo una sorta di anteprima di quello che probabilmente vedremo a marzo. Cioè l’ennesimo inciucio cui una parte del paese si è abituata, perché ormai sono 6 anni che ci sono inciuci e ho il timore che quello del 2018 sarà il peggiore perché sarà l’unione definitiva tra Renzi e Berlusconi.

 

Parliamo del libro. La tesi, che fa da filo conduttore al tuo pamphlet, è che Renzi sia peggio di Berlusconi, anzi lo definisci pure come “l’allievo ripetente che (non) superò il Maestro”. Quali le ragioni di un giudizio senza appello ? Definirlo peggio dell’uomo (Berlusconi) che aveva, per ricordarne solo una,  come stalliere un mafioso per non dire poi, del suo braccio destro, Dell’Utri. Insomma, per te Renzi è peggio e più pericoloso del Cavaliere”  ….

 

Renzi non è peggiore di Berlusconi in termini giuridici, non ha fondato un partito con Dell’Utri, non ha avuto un mafioso come stalliere. Nel libro lo scrivo chiaramente, non sono pazzo. Rischia però di essere più pericoloso per due motivi, se vuoi anche tre. Il primo è che ha meno talento, è meno bravo anche a fare le cose brutte, non è un genio del male come Berlusconi: è un politico mediocre e lo dimostra il fatto che dopo tre anni larga parte del paese lo detesti. Berlusconi è durato 24 anni, dubito che Renzi possa durare altrettanto. Il secondo motivo: la classe dirigente renziana si sta dimostrando peggiore di quella berlusconiana. Non credevo fosse possibile, ma nel libro credo di dimostrarlo nel capitolo “Undici piccoli renziani”, dove elenco le pochezze siderali degli Andrea Romano, Guerini, Rosato, Nardella, Prestipino, Picierno, ecc. che sono peggiori delle Carfagna e delle Ravetto. Il terzo motivo, che è poi quello che mi fa più rabbia e paura, è questo: quando c’era Berlusconi avevamo un’informazione e alcuni partiti che riconoscevano il pericolo, perché Berlusconi era la destra, era dichiaratamente il “cattivo”. Quindi avevi Repubblica che faceva i post it gialli, avevi Nanni Moretti che faceva i girotondi. A me fa paura come questa stessa gente adesso si faccia piacere tutto perché quelle cose ora le fa il leader del suo partito. Ormai non è più politica: è calcio, è tifo. Questo mi dispiace molto e per questo trovo paradossalmente più pericoloso Renzi.

 

 

Lo definisci “democristiano”,  ma cosa c’entra Renzi con la cultura di De Gasperi e di Moro?

Tu mi citi i democristiani migliori. Renzi è un pesce piccolo, ma è comunque democristiano. Ha sempre dichiarato espressamente di venire da quel mondo lì e di avere per maestri figure come De Mita, che poi peraltro lo ha massacrato in un duello pre-referendario. Nel libro lo racconto, e racconto anche di quando Renzi al liceo si candidò con CL: ora, con tutto il rispetto per ciellini, non sono certo un coacervo di trotzkisti. Renzi ha quel percorso lì: un percorso democristiano, furbetto e cerchiobottista. Lo definisco poi democristiano non in senso nobile – magari fosse De Gasperi – ma perché è il classico democristiano doroteo, alla Gava. Senza però il talento di Gava.

 

Perché (Renzi) è un “Gattopardo 2.0”?

 Perché ha preso in giro gli italiani fingendosi rottamatore, quando in realtà ha restaurato lo status quo. Renzi era l’elemento perfetto per salvare il sistema da tutto ciò che lo voleva cambiare davvero, ad esempio il Movimento 5stelle. Infatti, una volta comparso, Renzi non ha rottamato nessuno, se non D’Alema e probabilmente lo stesso PD, perché nel frattempo lo sta proprio distruggendo dall’interno. Tutto il potere – tutti quelli che contavano – sono saliti sul suo carrozzone. Ha fatto di tutto perché tutto cambiasse affinché nulla cambiasse. Un gattopardo, e ci aggiungo “2.0” solo per quella sua fissa puerile per i tweet.

 

Domanda provocatoria: Tanto sarcasmo, da parte tua, non è dettato da una delusione per il fallimento di Renzi?

 No. Io qualche cantonata politica forse in passato l’ho presa, ma non su Renzi. Se uno legge i miei pezzi anche di 7 o 8 anni fa, oppure il libro che scrissi nel 2013 “Non è tempo per noi”, scopre come ho sempre descritto Renzi per quello che realmente è: un fanfarone, uno che ha sempre mentito, un bugiardo, un chiacchierone. L’ho sempre visto come un abbaglio inspiegabile: non riesco proprio a capire come gli italiani siano riusciti a credere ad un tipo così. Non mi ha mai convinto e mi dispiace anche aver avuto così ragione su di lui. Se poi tu percepisci in me una delusione, è solo perché mi dispiace che il centro sinistra italiano si sia ridotto così. Io vengo da sinistra e mi ferisce vedere persone serie che accettano queste cose: quando vedo Cuperlo o Emiliano che alla fine accettano la conduzione e il dominio di un tipo simile, mi dispiaccio. Anzitutto per loro.

 

Non salvi nulla dell’operato del governo Renzi? Nemmeno il lavoro sui Diritti?

Io salvo esattamente quello, e nel mio libro Renzusconi lo scrivo: salvo la legge sul biotestamento, sulle unioni civili, sul whistleblowing. Sono tutte quelle cose belle che mi farebbero propendere verso il PD se ci fosse un ballottaggio Renzi-Berlusconi. È l’eterna domanda che va di moda in questo periodo. Se a marzo ci fosse un ballottaggio non mi muoverei mai da casa, non voterei. Ma proprio mai nella vita: figurati se aiuto Renzi per evitare Berlusconi: sono la stessa cosa. Se però tu venissi con una pistola alla tempia e mi dicessi “O voti o ti sparo”, a quel punto voterei il PD, proprio perché ha fatto quelle leggi lì. Che comunque non mi bastano per rivalutare ciò che ha fatto Renzi.

 

Tu lo definisci, anche, come: un “bulletto marginale e – misteriosamente – segretario del PD”. Non capisco quel “misteriosamente” visto che lo hanno votato, alle Primarie, milioni di persone. Mi spieghi questo “mistero”?

“Misteriosamente” è ironico, non volevo certo dire che non ha il diritto di esserlo, anzi il PD in questo senso è inattaccabile perché loro almeno le primarie le fanno. Dico “misteriosamente” perché non lo vedo come un uomo di talento: lo vedo un uomo estremamente debole e marginale, prescindibile e poco dotato. Ed è appunto un mistero che uno così abbia avuto (per fortuna uso il passato) un consenso simile.

 

Cosa rimane del Renzismo? 

Rimane ben poco, perché il renzismo è la depravazione del berlusconismo. Contenutisticamente è il nulla. Mi viene sempre in mente quando, nel Caimano, Nanni Moretti sta guidando l’auto e dice che Berlusconi ha già vinto perché se anche un giorno perderà ha comunque cambiato irrimediabilmente gli italiani. Renzi ha sfruttato questo cambiamento in peggio degli italiani, ma non ha portato nulla di nuovo. E’ la copia della copia. Di lui non rimarrà niente. Fra cento anni gli storici si butteranno in terra dal ridere chiedendosi come abbia fatto l’Italia a credere ad un tizio simile.

 

Ultima domanda: Auspichi un governo 5Stelle – Sinistra?

Mi trovo d’accordo con Travaglio, autore peraltro della prefazione di Renzusconi, che ha scritto come alle prossime elezioni un punto di partenza potrebbe essere votare tutti coloro che non hanno votato il Rosatellum. Ovvero scegliere 5stelle, Liberi e Uguali o, se sei di destra, la Meloni. Io non sono di destra quindi difficilmente voterò la Meloni. Non mi asterrò perché astenersi, oggi, significa regalare voti al Renzusconismo. Vedremo chi, da qui a marzo, convincerà di più me e tutti quelli come me. E siamo in tanti. Credo che, a oggi, la situazione migliore sarebbe un governo “5stelle – Liberi e uguali”. Magari un governo di scopo con cinque o sei cose fondamentali: reddito di cittadinanza, legge sul conflitto di interessi, legge (seria) anticorruzione, azzeramento di carognate come Jobs Act, Sblocca Italia, “Buona Scuola”. Eccetera. Non so però se avrebbero i numeri, e poi entrambe le forze sono “testarde” e diffidenti. Quindi è una speranza molto esile.

Peccato Originale. Conti segreti, verità nascoste, del blocco di potere che ostacola la rivoluzione di Francesco

– Evita assolutamente di conoscere i nomi dei correntisti.
– E se invece li chiedessi?
– Amico mio, avrai quindici minuti per mettere in
sicurezza i tuoi figli.
Conversazione telefonica riservata tra l’ex presidente Ior
Ettore Gotti Tedeschi e un uomo delle istituzioni

Le verità che mancavano.
I segreti e le paure di papa Luciani.
La trattativa mai svelata sul caso Emanuela Orlandi.
I documenti riservati dello Ior.
I conti correnti di papi, cardinali, attori famosi e politici.
La verità sulle dimissioni di Ratzinger.
La battaglia sotterranea contro le riforme di Francesco.
Gli abusi sessuali tra i chierichetti del papa che vivono in
Vaticano.
L’imperversare della lobby gay.

IL LIBRO
Dopo “Vaticano Spa”, “Sua Santità”, “Via Crucis”, tre inchieste che ci hanno introdotto nelle stanze e nei segreti più profondi del Vaticano, in questo nuovo libro , presentato ieri a Roma, Gianluigi Nuzzi ricompone, attraverso documenti inediti, carte riservate dall’archivio Ior e testimonianze sorprendenti, i tre fili rossi – quello del sangue, dei soldi e del sesso – che collegano e spiegano la fitta trama di scandali, dal pontificato di Paolo VI fino a oggi. Una ragnatela di storie dagli effetti devastanti, che hanno suscitato nel tempo interrogativi sempre rimasti senza risposta e che paralizzano ogni riforma di papa Francesco.
L’autore ricostruisce finalmente molte verità che mancavano, a cominciare dal mistero della morte di papa Luciani e il suo incontro finora mai divulgato con Marcinkus; la trattativa riservata tra Vaticano e procura di Roma per chiudere il caso Emanuela Orlandi; i conti di cardinali, attori, politici presso lo Ior, tra operazioni milionarie, lingotti d’oro, fiumi di dollari e trame che portano al traffico internazionale di droga; l’evidenza di una lobby gay che condiziona pesantemente le scelte del Vaticano, tra violenze e pressioni perpetrate nei sacri palazzi e qui per la prima volta documentate. Ecco il “fuori scena” di un blocco di potere per certi aspetti criminale, ramificato, che continua ad agire impunito, più forte di qualsiasi papa (Ratzinger è stato costretto alle dimissioni aprendo però la strada a Bergoglio), sempre capace di rigenerarsi, che ostacola con la forza del ricatto e dei privilegi ogni tentativo di riforma.

L’AUTORE
Gianluigi Nuzzi, milanese, è autore di diverse inchieste e scoop che hanno avuto vasta eco, anche internazionale. Nel 2009 “Vaticano Spa” rivela, grazie alle carte segrete di monsignor Renato Dardozzi, gli scandali finanziari e politici dei sacri palazzi, accelerando le dimissioni del presidente dello Ior Angelo Caloia, in carica da vent’anni. Nel 2012 “Sua Santità” rende pubbliche le carte riservate del papa, stravolgendo gli equilibri di potere vaticani e facendo scoppiare una crisi che contribuirà alle dimissioni di Ratzinger nel 2013. Nel 2015 “Via Crucis” racconta la lotta di papa Bergoglio per una chiesa più trasparente e cristiana svelando nuovi documenti segreti. Per questo l’autore sarà processato e poi prosciolto. Nuzzi ha anche ideato e condotto la trasmissioni “Gli intoccabili” su La7 e attualmente conduce su Rete4 “Quarto grado”, incentrata sui grandi casi di cronaca che appassionano e dividono l’opinione pubblica.

PER GENTILE CONCESSIONE DELL’EDITORE
PUBBLICHIAMO UNO STRALCIO DEL LIBRO

Questo libro
Papa Francesco e le sette domande
Peccato originale vuole rispondere a sette precise domande, che rappresentano i tasselli mancanti nel lavoro di ricerca che porto avanti ormai da dieci anni, un lavoro che con Vaticano S.p.A., Sua Santità e Via Crucis ha trovato le prime verità. È stato ucciso Albino Luciani? Chi ha rapito Emanuela Orlandi? Se la ragazza ormai «sta in cielo», come afferma papa Francesco, il Vaticano ha delle responsabilità nell’omicidio, e quali sono? Perché le riforme per la trasparenza della curia, avviate prima da Joseph Ratzinger e adesso da Bergoglio, puntualmente falliscono o rimangono incompiute? Cosa blocca il cambiamento? E ancora: i mercanti del tempio continuano a condizionare la vita della Chiesa dopo aver avuto un ruolo nella rinuncia al pontificato di Benedetto XVI? Infine, la questione più drammatica: lo stallo nel quale sono cadute le riforme di Francesco è dovuto a chi non vuole questo papa, dentro e fuori i sacri palazzi, e dunque ne ostacola l’opera riformatrice? Per rispondere a queste sette domande, come insegnava il giudice Giovanni Falcone, ho seguito il filo del denaro, che in ogni storia di potere s’intreccia a quello del sangue e a quello del sesso. Tre fili rossi, quindi, che annodandosi tra loro costituiscono una fitta trama d’interessi opachi, violenze, menzogne, ricatti, e soffocano ogni cambiamento, alimentando inevitabilmente quella che Ratzinger indicava come la crisi della fede. Una ragnatela mortale che si espande già nel pontificato di Paolo VI, in un mondo dilaniato dalla guerra fredda, nell’Italia instabile delle rivolte operaie, del terrorismo, dei poteri occulti che trovano nei sacri palazzi la sponda più inattesa, potente, ramificata. Bisogna partire da lì, riconsiderando soprattutto l’operato dell’arcivescovo Paul Casimir Marcinkus, al vertice dello Ior, la banca del papa, e le sue inquietanti connessioni fin dentro l’appartamento pontificio, fino ai paradisi offshore nell’America dei cartelli, dei golpe, della cocaina. In Vaticano Marcinkus raccoglie e garantisce interessi che ora si possono ricostruire attraverso l’archivio inedito dello Ior, fatto di decine e decine di documenti finora rimasti sconosciuti: contabili, appunti, fogli di cassa, che rivelano depositi dai saldi sorprendenti, come quelli intestati a monsignor Pasquale Macchi, storico segretario particolare di Paolo VI, o i conti di clienti inattesi come l’attore Eduardo De Filippo o madre Teresa di Calcutta, ospite riverita negli uffici più riservati della banca. Queste carte, con i desiderata inconfessabili di preti e cardinali, tra compravendite d’oro, dollari e palladio, spiegano perché il pontificato di papa Luciani è durato solo trentatré giorni e perché, anche negli anni Novanta, gli eredi di Marcinkus hanno perseverato sulla sua stessa strada, condizionando le finanze vaticane. Fino ad arrivare ai giorni nostri, al pontificato di Benedetto XVI che mette in cantiere le riforme volte a chiudere per sempre con questo passato. Un’opera portata avanti dagli uomini scelti da Ratzinger, porporati e laici, che tuttavia sono stati inesorabilmente «impallinati»: chi licenziato, chi delegittimato, chi esautorato, in una fine strategia svelata in queste pagine grazie a interviste con alcuni dei protagonisti e a documenti inediti e rivelatori.

Quando Benedetto XVI pianificava la rinuncia
Da qui, la pianificazione della rinuncia di Benedetto XVI, che vede manomesso il suo pontificato. I nuovi elementi raccolti e svelati in questo libro, tra retroscena e raffinati giochi di potere, portano a retrodatare già all’inverno del 2011 la progettazione di questo clamoroso passo indietro, preparato in ogni dettaglio. È proprio in quel periodo che in Vaticano si consumano gli scontri più violenti e finora mai trapelati: da una parte precise azioni per risolvere questioni drammatiche e togliere così ingombranti fardelli al successore di Ratzinger, dall’altra sofisticate operazioni per sabotare questi cambiamenti. Una situazione che si ripete nel pontificato di Francesco. A lui la folla acclamante, il grande sostegno delle piazze, l’abbraccio infinito della moltitudine di fedeli nel mondo. Alla curia la gestione dell’amministrazione della Chiesa e del piccolo Stato Città del Vaticano, che vivono grazie alle offerte dei fedeli. Ma di come questi denari vengano spesi e investiti ancora oggi si sa poco o nulla. Due volti, un unico mondo: nei sacri palazzi c’è chi sostiene Bergoglio ma anche chi si prodiga a sabotare le riforme. «Se vogliamo che tutto rimanga com’è – scriveva Giuseppe Tomasi di Lampedusa ne Il Gattopardo – bisogna che tutto cambi.» Non è un caso se proprio oggi arrivano denunce su presunte vessazioni e abusi sessuali consumati all’interno delle mura vaticane, con notti da incubo raccontate da chi era presente. A tutela delle vittime, ma anche del presunto carnefice, ho preferito sostituire i nomi dei protagonisti con altri di fantasia, in attesa che la giustizia faccia il suo corso. Per questo una delle prime copie del libro è già stata portata all’attenzione dei giudici vaticani. È necessario partire innanzitutto dal filo del sangue, dalla storia di Emanuela Orlandi, un caso che con Ratzinger, prima della rinuncia, torna a essere di stringente attualità. Non è una storia del passato, è una storia di oggi. Emanuela, la ragazza di appena quindici anni, figlia di un messo pontificio, sparita misteriosamente a Roma il 22 giugno 1983 è una spina nel fianco del Vaticano. Anche del pontificato di papa Francesco. La sua scomparsa rappresenta una ferita ancora non rimarginata, un fantasma che ritorna mostrando verità indicibili rimaste chiuse nei sacri palazzi, diventate strumenti di potere e ricatto per chi ne è a conoscenza. Grazie a documenti e testimonianze di chi ha deciso di uscire allo scoperto e di raccontare, per la prima volta, ciò che ha visto e sentito, siamo in grado di ricostruire come la verità su quanto accaduto alla ragazza sia nascosta proprio in Vaticano. Una storia ancora da scrivere negli sviluppi più clamorosi rimasti riservati. Una storia che preoccupava Benedetto XVI tanto da spingere la Santa sede ad aprire, negli ultimi due anni del suo pontificato, un dialogo segreto, una «trattativa» con la procura di Roma. Un caso che ha visto l’interesse anche di papa Francesco, con la richiesta di approfondimenti affidata al suo primo collaboratore, il segretario di Stato Pietro Parolin. La speranza è che oggi, finalmente, queste nuove verità possano aiutare a dare giustizia a Emanuela, ai suoi familiari e a chi le vuole bene.

Gianluigi Nuzzi, Peccato originale. Conti segreti, verità nascoste, ricatti:il
blocco di potere che ostacola la rivoluzione di Francesco, Ed. Chiarelettere,
Milano 2017 . 18,60 euro, pagg.352

La politica è la fabbrica della “verità”. La propaganda da Mussolini a Grillo. Intervista a Fabio Martini


Il bel libro di Fabio Martini, “La Fabbrica della verità. L’Italia immaginaria della propaganda da Mussolini a Grillo” (Ed. Marsilio, pagg.208), è la storia della “macchina” della persuasione e della propaganda politica in Italia. L’arco di tempo che analizza è ampio: dal fascismo a Renzi. Ed è una storia affascinante. Come si sviluppa la propaganda politica nella storia italiana? Quali sono le costanti? Nell’epoca della Rete come si sviluppa? Ne parliamo, in questa intervista, con l’autore. Fabio Martini è cronista politico per il quotidiano “La Stampa” di Torino.
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