I diritti della natura e della Terra. Un testo di Leonardo Boff*

Pubblichiamo, per gentile concessione, questo testo del teologo Leonardo Boff. Il testo ci richiama ai nostri doveri nei confronti della Madre Terra, la nostra Casa Comune. Occorre stipulare un nuovo “contratto naturale” con la terra.  Il 14 dicembre Leonardo Boff compirà 83 anni. Un bellissimo traguardo. Una vita spesa su più fronti: dalla teologia alla lotta per la giustizia sociale, fino alla grande battaglia per l’ecologia. Il suo amico Juan Josè Tamayo, teologo spagnolo della liberazione, per il suo compleanno ha scritto un bellissima lettera a Leonardo Boff in cui si ripercorre il suo cammino di vita (il testo spagnolo si trova qui: https://leonardoboff.org/2021/12/12/leonardo-boff-ochenta-y-tres-anos-en-camino/) . Ci uniamo anche noi agli  auguri di Tamayo, augurando a Leonardo Boff di continuare ad essere un segno di buona utopia e di speranza per tutti. . Ad multos annos, Leonardo.

Con l’intrusione del Covid-19 e l’aumento di eventi estremi, la natura e la Terra sono entrate nel radar delle preoccupazioni umane. Il fatto è che siamo all’interno della sesta estinzione di massa, aggravata dall’antropocene e dal necrocene degli ultimi decenni. Per questo s’impone un altro tipo di rapporto con la natura e con la Terra, la nostra Casa Comune, affinché mantengano la loro bio-capacità.

Questo accadrà solo se rifaremo il contratto naturale con la Terra e se considereremo che tutti gli esseri viventi, portatori dello stesso codice genetico di base (gli stessi 20 amminoacidi e le 4 basi fosfatiche), formano la grande comunità della vita così intesa dalla d. Questa afferma categoricamente che tutti loro hanno un valore intrinseco, indipendentemente dall’uso che ne facciamo, ed è per questo che meritano rispetto e sono soggetti di dignità e diritti. Più gvolte nella sua enciclica ecologica Laudato si Papa Francesco sottolinea che «ogni creatura ha un suo valore e un suo significato proprio» (n.76).

Ogni contratto è stipulato sulla base della reciprocità, dello scambio e del riconoscimento dei diritti di ciascuna delle parti. Dalla Terra riceviamo tutto: la vita e i mezzi per vivere. In cambio abbiamo un dovere di gratitudine, di retribuzione e di cura. Ma abbiamo rotto da tempo questo contratto naturale. Abbiamo sottoposto la Madre Terra a una vera guerra, nell’ansia di strapparle, senza altra considerazione, tutto ciò che ritenevamo utile per il nostro uso e godimento.

Se non ristabiliamo questo legame di reciprocità duratura, alla fine potrebbe non volerci più sulla sua faccia terrestre. Ecco perché la sostenibilità qui è essenziale, poiché costituisce la base per un vero e proprio rifacimento del contratto naturale. Il Presidente della Bolivia, l’indigeno Aymara Evo Morales Ayma, nella sua dichiarazione alle Nazioni Unite il 22 aprile 2009, mentre si discuteva se il 22 aprile continuasse ad essere la Giornata della Terra o se dovesse essere la Giornata della Madre Terra, ha affermato alcuni di questi diritti:

– Diritto alla vita e all’esistenza;

  • Diritto ad essere rispettata;
  • Diritto alla rigenerazione della sua bio-capacità e continuazione dei suoi cicli e processi vitali liberi da alterazioni umane;
  • Diritto a mantenere la propria identità e integrità come esseri differenziati, autoregolati e interconnessi;
  • Diritto all’acqua come fonte di vita;
  • Diritto all’aria pulita;
  • Diritto alla salute integrale;
  • Diritto di essere liberi da contaminazione, inquinamento e rifiuti tossici o radioattivi;
  • Diritto a non essere geneticamente alterata e modificata nella sua struttura, minacciandone cosi l’integrità o il funzionamento vitale e sano;
  • Diritto al pieno e tempestivo ripristino dopo le violazioni dei diritti riconosciuti in questa Dichiarazione e causate dalle attività umane”.

La sua proposta fu accettata all’unanimità dall’Assemblea dei Popoli. Dal 19 al 23 aprile 2009 si celebrò a Cochabamba, convocato da Evo Morales, il Vertice dei Popoli sui Cambiamenti Climatici e i Diritti della Madre Terra. Da qui nacque la Carta dei Diritti della Madre Terra con i punti da lui dichiarati all’ONU. Io stesso ero presente con l’incarico in Assemblea di fondare teoricamente tali diritti.

Questa visione ci consente di rinnovare il contratto naturale per e con la Terra che, articolato con il contratto sociale tra le persone, rafforzerà in definitiva la sostenibilità planetaria e garantirà i diritti della natura e della Terra.

Oggi sappiamo, dalla nuova cosmologia, che tutti gli esseri non possiedono solo massa ed energia. Sono anche portatori di informazioni che derivano da interazioni permanenti tra loro, che crescono fino a esplodere come autocoscienza. Questo fatto implica livelli di soggettività e di storia. Qui sta la base scientifica che giustifica l’espansione della personalità giuridica alla Terra vivente.

Dagli anni ’70, del secolo scorso, come ipotesi e dal 2002 come teoria scientifica, si è accolta la visione che la Terra è una Super Entità vivente che si comporta in modo sistemico, articolando i fattori fisico-chimici ed ecologici in modo tale da essere sempre viva e produrre la vita.

Nell’affermare che la Terra è un Super Essere vivente, è in capo a Lei la dignità e il rispetto che tutta la vita merita. Cresce sempre di più la chiara consapevolezza che tutto ciò che esiste merita di esistere e tutto ciò che vive merita di vivere. E sta a noi accogliere la sua esistenza, difenderla e garantirle le condizioni per continuare ad evolversi.

Inoltre, nessuno dubita che l’essere umano sia soggetto di diritti inalienabili e goda di soggettività e storia. Ora, questo essere umano, come sostengono molti cosmologi e antropologi, è la Terra stessa che, in un momento avanzato della sua complessità, ha cominciato a sentire, pensare, amare e prendersi cura. Questi diritti umani, per il fatto che noi siamo Terra, devono essere attribuiti anche alla Terra. I moderni l’hanno chiamata Gaia, gli antichi la chiamavano Grande Madre e gli andini Pacha Mama.

Questa soggettività ha una storia, cioè s’incontra dentro l’immenso processo cosmo-genico facendo si che la Terra viva attraverso gli esseri umani, specchiandosi, contemplando l’universo e rappresentando lo stadio più avanzato del cosmo finora conosciuto.

Michel Serres, filosofo della scienza francese, ha giustamente affermato: “La Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo ha avuto il merito di dire ‘tutti gli uomini hanno diritti’ ma il difetto di pensare che solo gli uomini abbiano diritti”.

Ci sono volute molte lotte per riconoscere pienamente i diritti delle donne, delle popolazioni indigene, dei neri, come ora richiede molti sforzi riconoscere i diritti della natura e della Madre Terra, formata dall’insieme di tutti gli ecosistemi.

A causa del loro reciproco intreccio, la Terra e l’Umanità condividono lo stesso destino. Spetta a noi, sua parte cosciente e suoi curatori, far sì che questo comune destino abbia successo a condizione di rispettare la dignità e i diritti della Madre Terra.

*Leonardo Boff , ecoteologo, ha scritto: Dignità della Terra: ecologia, grido della Terra- grido dei poveri (1999/2015).

(Traduzione dal portoghese di Gianni Alioti)

 

Il futuro ora dipende da noi. Un testo di Leonardo Boff

Pubblichiamo, per gentile concessione, questa intensa riflessione del teologo brasiliano Leonardo Boff.         

La COP26 di Glasgow ha deluso nel punto centrale: nel consenso sulla mitigazione del riscaldamento globale, poiché ha accolto favorevolmente anche l’uso del carbone, seppure progressivamente abolito come fonte energetica. Ma ha avuto un merito, mai visto nelle precedenti 25 sessioni della COP. Questa volta, senza eccezioni, è stata ammessa l’esistenza antropica dei cambiamenti climatici. Gli eventi estremi, il rilascio di metano dovuta allo scioglimento del permafrost e delle calotte glaciali, 20 volte più dannoso della CO2, la crescente erosione della biodiversità, la gamma di virus come il Covid-19, il sovraccarico terrestre (Earth Overhoot) che ci spaventa ogni anno, in quanto il consumo attuale richiede più di una Terra e mezzo (1,75) impedendo la bio-capacità e facendoci superare alcune dei Nove Confini Planetari (9 Planetarian Bounderies), che potrebbero mettere a rischio il nostro grado di civiltà, hanno superato i negazionisti che prima preferivano difendere le proprie fortune e capitali sulla vita del pianeta e il nostro futuro comune.

Tali eventi hanno dato vita a scenari apocalittici e a un vero terrore metafisico, nel senso che temiamo per la nostra sopravvivenza su questo pianeta. Molti sono gli avvertimenti di questa eventualità da parte di illustri scienziati e soprattutto di Papa Francesco, che nell’ultima e paradigmatica enciclica, Fratelli tutti (2020) ha affermato categoricamente: siamo sulla stessa barca; o ci salviamo tutti o nessuno si salva” (n.34).

C’è un’accesa disputa in tutto il mondo su come la storia seguirà dopo la pandemia. Diversi modelli sono all’ordine del giorno. Credo che i più radicali vadano scartati, in quanto sono troppo crudeli e contro la vita umana come il Great Reset, il “Grande Ripristino” di un capitalismo dispotico, suggerito dal principe parassita Carlo e assunto dallo 0,1% dei miliardari mondiali . Anche l’allettante “Capitalismo Verde” che punta a ricoprire di verde l’intero pianeta, ma non pone mai il problema della disuguaglianza sociale che penalizza e miete vittime di milioni di vite umane. Accettabili e, in un certo senso, promettenti, sono l’eco-socialismo e il bien vivir y convivir andino. Entrambi sarebbero praticabili sul presupposto di una governance globale e pluralista, disposta a trovare soluzioni globali a problemi globali come la pandemia e un ordine planetario minimo che includa tutti nell’unica Casa Comune, compresa la natura.

Credo che Papa Francesco nella Fratelli tutti abbia presentato alcuni dei valori fondamentali da cui si potrebbe disegnare un paradigma per garantire il futuro della specie e della nostra civiltà: una bio-civiltà centrata sulla fraternità senza frontiere e sull’amicizia sociale universale.

Ci siamo resi conto chiaramente che sono necessari tre presupposti: il primo, superare il paradigma in vigore da alcuni secoli, quello dell’essere umano come dominus (proprietario e padrone), che non si sente parte della natura, ma che la domina con lo strumento della tecno-scienza. Il secondo, assumere un’alternativa al dominus che sarebbe il frater: l’essere umano, uomo e donna, fratelli e sorelle l’uno dell’altro e di tutti gli esseri della natura, perché tutti abbiamo un’origine comune, l’humus della Terra , perché siamo portatori dello stesso codice genetico di base e perché ci sentiamo parte della natura. Il terzo, attivare il “principio della speranza”, più profondo della virtù della speranza, quell’impulso interiore che non conosce né tempo né spazio e che è sempre presente negli esseri umani, portandoli all’indignazione contro gli errori sociali e al coraggio di trasformarli mediante la proiezione di nuovi mondi, di utopie praticabili e di un superamento di sé.

I valori non saranno presi dalle grandi narrazioni già provate, quella dell’illuminismo, del capitalismo e del socialismo sfociate nell’attuale crisi sistemica e che, pertanto, non hanno adempiuto ai loro scopi. Dovremo abbeverarci dal proprio pozzo, nella natura essenziale dell’essere umano.

Lì scoprire che siamo essenzialmente esseri di relazioni illimitate, la cui migliore espressione risiede nell’amore; esseri di solidarietà che all’inizio dell’evoluzione ci ha permesso di fare il salto dall’animalità all’umanità; esseri di cooperazione perché solo insieme possiamo costruire il nostro habitat che si realizza nella convivenza, nella società e nelle civiltà, in una parola, nel bene comune generale; esseri di cura, poiché questo definisce la natura umana da tutti gli esseri viventi e che emerge anche come costante cosmologica: tutto esiste perché tutti i fattori si sono sottilmente combinati per far esplodere la vita, e come sotto-capitolo della vita, la vita umana e l’universo stesso, che senza la dovuta cura di tutti gli elementi, non ci permetterebbe di stare qui a scrivere di queste cose; esseri spirituali, capaci di porre le domande più radicali sul perché della nostra esistenza, assolutamente gratuita, su qual’è il nostro posto nell’insieme degli esseri, a quale destino siamo chiamati e il fatto che lo intuiamo, dietro tutto ciò che esiste e vive, alla base di un’Energia potente e amorevole (il Vuoto Quantico, l’Energia di fondo dell’universo o l’Abisso Generatore di tutto ciò che esiste?) a cui possiamo relazionarci con riverenza e riverente silenzio.

Da questi valori sarà possibile forgiare un altro mondo possibile e ora necessario. Logicamente, il passaggio da un paradigma all’altro non avverrà dall’oggi al domani e non senza grandi difficoltà, opposizioni e crisi. Ma non abbiamo altra alternativa. Come ha scritto Eric Hobsbawn nel suo The Age of Extremes (1995) nell’ultima pagina: Non sappiamo dove stiamo andando. Se l’umanità vuole avere un futuro significativo, non può essere prolungando il passato e il presente. Se proviamo a costruire il terzo millennio su questa base, falliremo. E il prezzo del fallimento, cioè l’alternativa per cambiare la società, è l’oscurità” (p.562).

Ciò è particolarmente vero per coloro che desiderano tornare alla vecchia normalità, perversa per la vita della natura e per la vita umana. Dobbiamo cambiare, altrimenti, come ha detto il segretario dell’Onu, António Guterrez, aprendo i lavori della Cop26: Se non agiamo ora, ci scaveremo la fossa”.

Il futuro è oggi come proclamato dai 100.000 della COP26 parallela di Glasgow. Se non iniziamo da subito ad orientarci sui valori sopra citati, apriremo la strada a un disastro ecologico-sociale di proporzioni mai viste prima. Ma credo e spero, spero e credo che la pulsione di vita, più forte della pulsione di morte, ci porterà ai cambiamenti necessari. Vivremo e ancora brilleremo.

*Ecoteologo brasiliano. Autore di numerosi saggi di etica ecologica, molti tradotti in italiano . Uno degli ultimi è uscito per Castelvecchi editore : Abitare la Terra. Quale via per la fraternità universale? (2021)

 

(Traduzione dal Portoghese di Gianni Alioti)

Il caos della pandemia nasconde un nuovo ordine sulla Terra.Un testo di Leonardo Boff

 

 

Leonardo Boff (LaPresse)

Pubblichiamo, per gentile concessione, questo testo profondo, alla luce degli avvenimenti che stanno accadendo, del teologo brasiliano Leonardo BOFF. “La nostra missione è garantire la vita, la Madre Terra e noi stessi. Creare la Casa Comune dentro la quale tutti possano vivere in giustizia, pace e allegria. Questo modello dovrà uscire dalle viscere del caos attuale e fondare un nuovo inizio per l’umanità”. Un appello esigente quello di Boff. A questo riguardo ricordiamo che di Leonardo BOFF è stato appena pubblicato , dall’Editore Castelvecchi di Roma, il suo libro “Abitare la Terra. Quale via per la fraternità universale?”. Il saggio è una intensa riflessione, alla luce della Enciclica “Fratelli tutti” di Papa Francesco e dell’ ecologia integrale ,su una possibile via per realizzare la fraternità universale. Il libro ha ricevuto, nel giro di pochi giorni, diverse recensioni molto qualificate di importanti testate italiane.

 

Raramente nella lunga storia della vita, si è verificata una situazione di caos planetario come nei giorni attuali. Eravamo abituati a un sistema regolare e ordinato, nonostante negli ultimi decenni avessimo sperimentato irregolarità con una frequenza crescente, come tsunami, tifoni, terremoti ed eventi estremi di caldo torrido e freddo polare. Tali fenomeni hanno portato gli scienziati a pensare e tentare di comprendere come all’interno dell’ordine dato potevano verificarsi situazioni caotiche.

Da qui nacque una scienza, quella del caos, tanto importante come le altre, al punto che alcuni arrivarono a dire che il secolo XX sarà ricordato per la teoria della relatività di Einstein, per la meccanica quantistica di Heisenberg/Bohr e per la teoria del caos di Lorenz/Prigogine.

L’essenza della teoria del caos risiede nel fatto che un cambiamento molto piccolo nelle condizioni iniziali di una situazione porta a effetti imprevedibili. È il famoso esempio dell’«effetto farfalla». Piccoli cambiamenti iniziali, casuali, come il battere di ali di una farfalla in Brasile, possono provocare cambiamenti atmosferici fino a culminare in una tempesta a New York. Il presupposto teorico è che tutte le cose sono interconnesse e vanno assumendo nuovi elementi, creando complessità nel corso della propria esistenza (in questo caso: calore, umidità, venti, energie terrestri e cosmiche) in un modo che la situazione finale è totalmente diversa da quella iniziale.

Il caos sta da tutte le parti, nell’universo, nella società e in ciascuna persona. Significa che l’ordine delle cose non è lineare e statico. È dinamico e sempre alla ricerca di un equilibrio che lo fa andare avanti.

L’universo si è originato da un immenso caos iniziale (big bang). L’evoluzione è stata ed è la modalità per mettere ordine in questo caos millenario. Ma qui nasce una novità: il caos non è solo caotico, contiene dentro di se – in gestazione – un nuovo ordine. Logicamente possiede il suo momento distruttivo, caotico, senza il quale il nuovo ordine non potrebbe irrompere. Il caos è generativo di questo nuovo ordine.

Chi analizzò nel dettaglio questo fenomeno fu il grande scienziato russo/belga Ilya Prigogine (1917-2003), premio Nobel per la Chimica nel 1977. Studiò particolarmente le condizioni che permettono l’emergenza della vita. Secondo questo grande scienziato, sempre che esista un sistema aperto (pertanto, in permanente dialogo e scambio con l’esterno) e sempre che ci sia una situazione di caos (pertanto, fuori dall’ordine e lontano dall’equilibrio) in cui prevale una non linearità, è la connettività tra le parti che genera un nuovo ordine, che sarebbe la vita.  (cf. Order out of Chaos,1984).

Questo processo conosce biforcazioni e fluttuazioni. L’ordine, pertanto, mai è dato a priori. Dipende da vari fattori che lo portano in una direzione o in altra, da ciò un’immensa biodiversità.

Abbiamo fatto tutta questa riflessione sommaria per aiutarci a capire meglio l’attuale caos pandemico. Innegabilmente viviamo in una situazione di completo caos, un caos distruttivo di milioni di vite umane. Nessuno può dire quando termina né in che direzione andiamo. Il virus si manifesta con molteplici varianti, avendo successo sulle nostre cellule. È innegabilmente caotico e sta terrorizzando l’intera umanità. Ci pone questioni fondamentali: cosa abbiamo fatto con la natura per essere castigati con un virus cosi letale? Dove abbiamo sbagliato? Che cambiamenti dobbiamo intraprendere in relazione con la natura per impedire che ci invii una gamma di altri virus?

Sappiamo che nascosto al suo interno esiste un ordine migliore e più alto. La cosa peggiore che potrebbe accaderci sarebbe la continuità o il ritorno al passato che ha creato il caos. Dobbiamo usare la nostra fantasia creatrice e, soprattutto, forgiare – dall’esperienza storica – un ordine più amico della vita, affettuoso, fraterno e giusto. Sarebbe il caos generativo.

Dobbiamo capire il contesto da cui è venuto il coronavirus. È un’espressione dell’antropocene, cioè della sistematica aggressione, da parte dell’essere umano, della natura, di Gaia, della Madre Terra. È la conseguenza di aver trattato il pianeta come una riserva inerte di risorse a nostra disposizione e non come una realtà viva che merita attenzione e rispetto.

A partire dalla rivoluzione industriale l’abbiamo sfruttata al punto che non riesce più ad auto-rigenerarsi e offrirci tutti i beni e servizi vitali. Dobbiamo inaugurare una relazione di sinergia e sostenibilità per e con la natura, sentendoci parte di Lei, responsabili per la sua continuità e non i suoi padroni e signori. Se non operiamo questa conversione ecologica potremmo conoscere catastrofi inimmaginabili.

Nel caso brasiliano, la prima cosa che dobbiamo fare è preservare l’immensa ricchezza ecologica ereditata dalla natura, in termini di foresta pluviale, abbondanza di acqua, di suoli fertili e di vastissima biodiversità.

Di seguito dobbiamo superare la marginalizzazione, l’odio vigliacco che rivolgiamo ai poveri. Il disprezzo e le umiliazioni commesse crudelmente contro le persone schiavizzate si sono trasferite nei confronti dei poveri. Tale disumanità ha lasciato cicatrici profonde nella popolazione.

Infine dobbiamo liquidare l’eredità perversa del “latifondismo in epoca coloniale” trasferito nella rendita e nel potere di pochi miliardari che controllano gran parte della finanza. Fanno fortune con la pandemia, senza alcuna empatia con i familiari che hanno perso i loro cari (in Brasile i morti per Covid superano il mezzo milione). Loro sono i sostenitori dell’attuale Governo necrofilo, il cui presidente è alleato del virus. Costituiscono il maggiore ostacolo per il superamento del caos installato a Brasilia.

Abbiamo bisogno di costruire un fronte ampio di forze progressiste e nemiche della neo-colonizzazione del paese per portare alla luce un nuovo ordine, sommerso nel caos attuale ma che vuole nascere. Dobbiamo fare questo parto anche se doloroso. In caso contrario continueremo a essere ostaggi e vittime di coloro che sempre hanno pensato “corporativamente” solo per sé, voltando le spalle al popolo e devastando la natura con il loro agro-business. Finendo per rafforzare l’impatto tra noi del coronavirus.

Dobbiamo ispirarci nell’universo, nato dal caos primordiale, ma che evolvendo ha creato nuovi ordini sempre più complessi, fino a generare la specie umana. La nostra missione è garantire la vita, la Madre Terra e noi stessi. Creare la Casa Comune dentro la quale tutti possano vivere in giustizia, pace e allegria. Questo modello dovrà uscire dalle viscere del caos attuale e fondare un nuovo inizio per l’umanità.

(Traduzione dal portoghese di Gianni Alioti)

https://leonardoboff.org/2021/08/04/o-caos-da-pandemia-esconde-uma-nova-ordem-na-terra/

Leonardo Boff, filosofo e teologo.

 

Consumare il mondo o salvaguardare il mondo? Paradigmi opposti. Un testo di Leonardo Boff

 

La pandemia ci mette, sempre più, davanti ai limiti del nostro paradigma capitalistico. In questo breve, intenso, testo, che pubblichiamo per gentile concessione dell’autore, il teologo brasiliano Leonardo Boff ci offre spunti per un diverso paradigma
etico-sociale.

Leonardo Boff (ANSA)

“Consumare il mondo” o “salvaguardare il mondo” sono una metafora, frequente in bocca ai leader indigeni, che mettono in discussione il paradigma della nostra civiltà, la cui violenza li ha quasi fatti scomparire. Ora è stato messo sotto scacco dal Covid-19. Il virus ha colpito come un fulmine il paradigma del “consumare il mondo”, ovvero sfruttare senza limiti tutto ciò che esiste in natura in un’ottica di crescita / arricchimento senza fine. Il virus ha distrutto i mantra che lo sostengono: centralità del profitto, raggiunto attraverso la concorrenza, la più agguerrita possibile, accumulato privatamente, a scapito delle risorse naturali. Se obbediamo a questi mantra, saremmo sicuramente sulla strada sbagliata. Ciò che ci salva è ciò che è nascosto e invisibile nel paradigma del “consumare il mondo”: la vita, la solidarietà, l’interdipendenza tra tutti, la cura della natura e l’uno dell’altro. È il paradigma imperativo della “salvaguardia del mondo”.

Il paradigma del “consumare il mondo” è molto antico. Proviene dall’Atene del V secolo a.C., quando lo spirito critico irruppe e ci fece percepire la dinamica intrinseca dello spirito, che è la rottura di ogni limite e la ricerca dell’infinito. Tale scopo era pensato dai grandi filosofi, dagli artisti, compare anche nelle tragedie di Sofocle, Eschilo ed Euripide ed è praticato dai politici. Non è più il medén ágan del tempio di Delfi: “niente di troppo”.

Questo progetto di “mangiarsi il mondo” ha preso forma nella stessa Grecia con la creazione dell’impero di Alessandro Magno (356-323), che all’età di 23 anni fondò un
impero che si estendeva dall’Adriatico al fiume Indo in India.

Questo “consumare il mondo” si è approfondito nel vasto Impero Romano, rafforzato nella moderna era coloniale e industriale e culminato nel mondo contemporaneo con la globalizzazione della tecno-scienza occidentale, espansa in tutti gli angoli del pianeta. È l’impero senza limiti, tradotto nello scopo (illusorio) del capitalismo / neoliberismo con la crescita illimitata verso il futuro. Basta prendere come esempio, di questa ricerca di crescita illimitata, il fatto che nell’ultima generazione sono state bruciate più risorse energetiche che in tutte le precedenti generazioni dell’umanità. Non c’è luogo che non sia stato sfruttato per l’accumulo di merci.

Ma ecco, è emerso un limite insormontabile: la Terra, limitata come pianeta, piccola e
sovrappopolata, con beni e servizi limitati, non può sostenere un progetto illimitato. Tutto ha dei limiti. Il 22 settembre 2020, le scienze della Terra e della vita lo hanno identificato come l’Earth Overshoot Day, ovvero il limite dei beni e dei servizi naturali rinnovabili, fondamentali per mantenere la vita. Si sono esauriti. Il consumismo, non accettando limiti, porta alla violenza, togliendo alla Madre Terra ciò che non può più dare. Stiamo consumando l’equivalente di una Terra e mezzo. Le conseguenze di questa estorsione si manifestano nella reazione dell’esausta Madre Terra: aumento del riscaldamento globale, erosione della biodiversità (circa centomila specie eliminate ogni anno e un milione in pericolo), perdita di fertilità del suolo e crescente desertificazione, tra altri fenomeni estremi.

Attraversare alcuni dei nove confini planetari (cambiamento climatico, estinzione di specie, acidificazione degli oceani e altri) può causare un effetto sistemico, facendo crollare i nove e inducendo così il collasso della nostra civiltà. L’emergere del Covid-19 ha messo in ginocchio tutti i poteri militaristici, rendendo inutili e ridicole le armi di distruzione di massa. La gamma di virus precedentemente annunciata, se non modifichiamo il nostro rapporto distruttivo con la natura, potrebbe sacrificare diversi milioni di persone e assottigliare la biosfera, essenziale per tutte le forme di vita.

Oggi l’umanità è presa dal terrore metafisico di fronte ai limiti insormontabili e alla
possibilità della fine della specie. Il Great Reset del sistema capitalista è illusorio. La Terra lo farà fallire.

È in questo drammatico contesto che emerge l’altro paradigma, quello della “salvaguardia del mondo”. È stato allevato in particolare da leader indigeni come Ailton Krenak, Davi Kopenawa Yanomani, Sônia Guajajara, Renata Machado Tupinambá, Cristine Takuá, Raoni Metuktire e altri. Per tutti loro c’è una profonda comunione con la natura, di cui si sentono parte. Non hanno bisogno di pensare alla Terra come alla Grande Madre, Pachamama e Tonantzin perché la sentono così. Proteggono naturalmente il mondo perché è un’estensione del proprio corpo.

L’ecologia del profondo e dell’integrale, come si riflette nella Carta della Terra (2000), nelle Encicliche di Papa Francesco Laudato SI: come prendersi cura della nostra casa comune (2015) e Fratelli tutti (2020), e il programma “Pace, Giustizia e Preservazione del Creato” del Consiglio Ecumenico delle Chiese, tra gli altri gruppi, hanno assunto la “salvaguardia del mondo”. Lo scopo comune è quello di garantire le condizioni fisico chimico-ecologiche che sostengono e perpetuano la vita in tutte le sue forme, in particolare la vita umana. Siamo già nella sesta estinzione di massa e l’Antropocene la sta intensificando. Se non leggiamo emotivamente, con il cuore, i dati della scienza sulle minacce che pesano sulla nostra sopravvivenza, difficilmente ci impegneremo a salvaguardare il mondo.

Papa Francesco ha seriamente ammonito nella Fratelli tutti: “O ci salviamo insieme o nessuno si salva” (n. 32). È un avvertimento quasi disperato se non si vuole “gonfiare il corteo di chi va alla propria tomba” (Z. Bauman). Facciamo il salto della fede e crediamo in ciò che dice il Libro della Sapienza: “Dio è l’amante appassionato della vita” (11,26). Se è così, non ci permetterà di scomparire così miseramente dalla faccia della Terra. Lo crediamo e lo speriamo.

Leonardo Boff ha scritto: Cuidar la Tierra-Proteger la vida, cómo evitar el fin del mundo, Record 2010; Covid-19, la Madre Tierra contraataca a la Humanidad: advertencias de la pandemia, Vozes 2020.

(Traduzione dal portoghese di Gianni Alioti).

È possibile la fraternità umana universale con tutte le creature? (2). Un testo di Leonardo Boff

Pubblichiamo, in esclusiva per l’Italia, la seconda e ultima parte, del testo del teologo brasiliano Leonardo Boff sulla fraternità umana. La prima parte è stata pubblicata lo scorso 31 gennaio (confini/leonardo-boff).

L’unità della creazione: tutti fratelli e sorelle, gli esseri umani e la natura
Francesco ha cercato instancabilmente l’unità del creato, mediante la fraternità universale, un’unità che include gli esseri umani e gli esseri della natura. Tutto inizia con la fraternità con tutte le creature, amandole e rispettandole. Se non coltiviamo questa fraternità con loro, sarà la fraternità umana che diventa meramente retorica, o al massimo giuridica o morale. Ma siccome la fraternità non prevale, questa è frequentemente violata per questo motivo, perché chi stabilisce l’ordine è il vecchio demone del potere, non come servizio al bene comune, ma come forma di dominio o imposizione di un ordine. Questo, per sua natura, definisce chi è dentro e chi è fuori. Regnano le esclusioni. Di conseguenza si è persa la fraternità universale. Curiosamente, il celebre antropologo Claude Lévy Strauss, che per molti anni ha insegnato e svolto ricerche in Brasile e ha imparato ad amarlo (vedi il suo libro “Saudade do Brasil”), di fronte alla terrificante crisi della nostra cultura, suggerisce lo stesso rimedio di San Francesco: “Il punto di partenza deve essere un’umiltà principale: rispettare tutte le forme di vita … prendersi cura dell’uomo senza preoccuparsi di altre forme di vita è, che ci piaccia o no, portare l’umanità a opprimere se stessa, aprire la via dell’auto-oppressione e dell’auto- sfruttamento” (Le Monde 21-22 gennaio 1999). Di fronte alle minacce planetarie, ha anche affermato: “La Terra è emersa senza l’essere umano e potrebbe continuare senza l’essere umano”. Torniamo al nostro momento storico: il confinamento sociale ci ha creato le condizioni involontarie per farci questa domanda fondamentale: Cos’è essenziale: la vita o il profitto? La cura della natura o il suo sfruttamento illimitato? Infine, quale Terra vogliamo? Quale Casa Comune vogliamo abitare? Esclusivamente tra esseri umani o insieme a tutti gli altri fratelli e sorelle della grande comunità della vita, realizzando l’unità del creato? Durante la pandemia, il Papa si è preso il tempo per riflettere su questa epocale questione. L’ha espressa in termini gravi, quasi disperati nella Fratelli tutti, anche se, da uomo di fede, ha mantenuto e riaffermato la speranza. Il sopravvissuto del campo di sterminio nazista, Eloi Leclerc, l’ha ricollocata in una forma esistenziale e angosciata, ma con cenni di speranza, dentro frequenti soprassalti della memoria inappellabile degli orrori subiti nei campi di sterminio nazisti.

Se non può essere uno stato, la fraternità può essere un nuovo tipo di presenza nel mondo.
Francesco ha vissuto personalmente la fraternità universale. Ma a livello globale ha fallito. Dovette ricomporsi con un ordine e un potere. E lo fece senza amarezza, riconoscendo e accogliendo la sua inevitabilità. È la tensione permanente tra il carisma e il potere. Il potere è una componente dell’essenza dell’essere umano sociale, che vive con altri. Il potere non è una cosa (lo stato, il presidente, la polizia) ma una relazione. Allo stesso tempo, assume la forma di un’istanza di direzione sociale. Tuttavia, dobbiamo qualificare la relazione e la direzione. Entrambi sono al servizio del bene di tutti o a quello di gruppi, che allora si rivela come dominio. Per evitare questa forma (il demonio che la abita), prevalente nella modernità, deve essere sempre pensata e vissuta a partire dal carisma. Questo rappresenta il limite al potere per garantire il suo carattere di servizio alla vita e al bene di tutti e per evitare la tentazione del dominio e persino del dispotismo. Il carisma è sempre creativo e mette a dura prova il potere costituito. Per questo è scomodo e, spesso, frenato e messo a tacere, anche all’interno della Chiesa-grande-istituzione. Rispondendo alla domanda se sia possibile una fraternità universale: nell’ambito del mondo in cui viviamo sotto l’impero del potere-dominio sulle persone, sulle nazioni e sulla natura, si distruggono definitivamente le basi di una fraternità umana. Non è globalmente possibile. “Qui non c’è alcun percorso”.

Il tempo di San Francesco e il nostro tempo
Francesco di Assisi, nel quadro tormentato del suo tempo, nel tramonto del feudalesimo e agli albori dei comuni, mostrò la reale possibilità di creare, almeno a livello personale, una fraternità senza limiti. Ma il suo impulso lo portava più lontano: creare una fraternità globale unendo i due mondi, il mondo musulmano del sultano egiziano Al Malik al-Kâmil, con il quale aveva una grande amicizia, con il mondo cristiano sotto il pontificato di Papa Innocenzo III, il più potente della storia della Chiesa. Avrebbe realizzato il suo sogno più grande, una fraternità veramente universale, nell’unità della creazione, fraternizzando l’essere umano con altri esseri umani, anche di religioni diverse ma uniti con tutti gli altri esseri della creazione. Quello spirito fraterno, nell’ambito delle forze distruttive dell’antropocene e del necrocene regnante, si confronta con una situazione totalmente diversa da quella vissuta da Francesco di Assisi. Non ci si chiedeva se la Terra e la natura avessero un futuro oppure no. Si presupponeva che tutto fosse garantito. Lo stesso accadde nella grande crisi economica e finanziaria del 1929. Nessuno fece la domanda sui limiti della Terra e dei suoi beni e servizi non rinnovabili. Era un presupposto dato per certo perché, per tutti, appariva come uno scrigno di risorse illimitate, base per un’altrettanta crescita illimitata. Oggi non è più così. Tutto si è sbiadito, in quanto sappiamo che possiamo distruggere e scuotere le basi fisiche, chimiche ed ecologiche che sostengono la vita.

Lo spirito di fraternità come esigenza per la continuità della nostra vita sul pianeta
Non siamo di fronte a un’opzione, che possiamo scegliere o no. Ma di fronte a un’esigenza di continuità della nostra vita su questo pianeta. C’incontriamo in una situazione di vita o di morte per la nostra specie e la nostra civiltà. Il Covid-19 che ha colpito l’intera umanità può essere interpretato come un segno della Madre Terra che non possiamo continuare con il dominio e la devastazione di tutto ciò che esiste e vive. O facciamo, come avverte Papa Francesco di Roma alla luce dello spirito e del nuovo modo di essere nel mondo di Francesco di Assisi, “una conversione ecologica radicale” o mettiamo a repentaglio il nostro futuro come specie. “Le previsioni catastrofiche non possono più essere guardate con disprezzo e ironia. Il nostro stile di vita e il nostro consumismo insostenibili non possono che portare a catastrofi” (Laudato Si n.161). Nella Fratelli tutti è più schietto: “Siamo sulla stessa barca, nessuno si salva da solo, è possibile solo salvarci insieme” (n.32). Questa è l’ultima carta per l’umanità.

L’emergere delle condizioni per una fraternità universale
Ma ecco che sorge una nuova alternativa possibile: un salto nello stato di coscienza che permetterà all’umanità di vedere che la soluzione più sensata e saggia è prendersi cura dell’unica Casa Comune, la Terra, vivendovi dentro, tutti, come fratelli e sorelle, natura inclusa. Certamente l’umanità non è condannata all’autodistruzione, né dalla volontà del potere-dominio né dall’apparato militare, capace di eliminare ogni forma di vita. L’umanità ha sempre imparato dalle sue crisi e sconfitte. Potrebbe arrivare un momento in cui l’umanità si renda pienamente conto che può autodistruggersi attraverso una fenomenale crisi ecologica, sociale e sanitaria (attaccata da virus letali o da una guerra nucleare). Capirà che è preferibile vivere fraternamente nella stessa Casa Comune, piuttosto che arrendersi a un suicidio collettivo. Sarà, allora, un dato della coscienza collettiva quanto ripete da un capo all’altro l’enciclica Laudato Si: siamo tutti legati gli uni agli altri, siamo tutti interdipendenti e sopravvivremo solo insieme. Tutto sarà relazionale, anche le imprese, generando un equilibrio generale basato sull’altruismo, la solidarietà e la cura comune di tutte le cose comuni (acqua, cibo, casa, sicurezza, libertà e cultura ecc.). Tutti si sentiranno cittadini del mondo e membri attivi delle loro comunità. Ci sarà un governo planetario plurale (di uomini e donne, rappresentanti di tutti i paesi e le culture) che cercherà soluzioni globali ai problemi globali. Andrà in vigore una iper-democrazia terrena. La grande missione collettiva è costruire la Terra, come già nel deserto del Gobi, in Cina, negli anni del 1933, immaginava Pierre Teilhard de Chardin. Assisteremo all’emergere lento e sostenibile della noosfera, cioè di menti e cuori sintonizzati sull’unico pianeta Terra. Questo è il nostro atto di fede. Ora saranno date le condizioni del sogno di Francesco di Assisi e Francesco di Roma: una vera fraternità umana con gli altri fratelli e sorelle della natura. Ripetiamo: se nelle attuali condizioni determinate dal potere-dominio, la fraternità universale non può essere vissuta come uno stato permanente, può essere realizzata come uno spirito, come una nuova presenza e un modo di essere, capace di permeare tutte le relazioni anche all’interno dell’ordine attuale non fraterno. Ma questo è possibile solamente a condizione che ciascuno sia umile, mettendosi insieme agli altri e ai piedi della natura, superando le disuguaglianze e vedendo in ogni persona un fratello e una sorella, posti sullo stesso humus terreno dove sono le nostre origini comuni e sul quale conviviamo. Spetta a noi come persone e come comunità pensare e ripensare con la massima serietà, porre e riproporre questa domanda: “Non è un sogno puro e un’utopia impraticabile cercare uno spirito di fraternità universale tra gli esseri umani e con tutti gli esseri della natura”. Sicuramente sarà l’unica via d’uscita che potrà salvarci. Papa Francesco crede e spera che questa sia il cammino. Può essere tortuoso, in salita e discesa, ma è il percorso giusto. Dobbiamo rispondere con urgenza, poiché il tempo corre contro di noi. O accogliamo la proposta della figura che più ci ispira di tutto l’occidente, l’umile Francesco di Assisi, come lo chiama Tomás Kempis, autore della Imitazione di Cristo e ripreso in Fratelli tutti di Francesco di Roma e ripensato da Leclerc e Lévy Strauss o possiamo percorrere un cammini già compiuto dai dinosauri 67 milioni di anni fa. Ci resta solo da percorrere questo cammino di fraternità universale, se vogliamo ancora stare su questo piccolo pianeta, azzurro e bianco, la Terra, nostro caro giardino e Casa Comune. SCRIPSI et salvavi aninam meam.
(fine)

Leonardo Boff è un eco-teologo, filosofo e ha scritto Un’etica della Madre Terra, Castelvecchi 2020 e Francesco d’Assisi – Francesco di Roma, EMI 2014.
(Traduzione dal Portoghese di Gianni Alioti)