I Servizi Segreti nell’epoca del terrore. Intervista ad Aldo Giannuli

Aldo Giannuli

Le stragi di Parigi, della scorsa settimana, hanno messo in discussione le capacità di prevenzione dell’Intelligence. Quali le cause della loro defaillances? Quali le nuove sfide che devono affrontare? Ne parliamo con Aldo Giannuli, docente di Storia Contemporanea all’Università Statale di Milano e studioso degli apparati di Sicurezza.

Professore, la Francia ha chiesto l’attivazione della clausola di Difesa collettiva (art. 42.7) previsto dal Trattato di Lisbona. In concreto cosa significa?

Intanto c’è un problema giuridico. Dando per scontato che i terroristi agissero su ordine del Califfato dell’Isis, abbiamo di fronte quello che non sappiamo neppure se può essere considerato uno stato di fatto, perché non è uno stato riconosciuto, per cui obiettivamente c’è il problema se si applichi la clausola collettiva. Possiamo anche decidere politicamente di applicarla, ma cosa significa? Fare un intervento militare congiunto lì? Potrebbe anche darsi, ma siamo sicuri che non sia peggiorativo? Guardate che qui il problema è capire qual è la strategia dell’Isis per avere questo intervento. Io non capisco qual è il disegno strategico di questa cosa, posto che i bombardamenti dall’alto dovevano esserci già da un anno, ci è stato raccontato che è da un anno che ci sono attacchi franco-americani. Comunque con le azioni militari di questo genere non si butta giù il Califfato, si deve arrivare all’intervento di terra. Ma non è quello che l’Isis vuole?

Dopo “Charlie Hebdo”, le agenzie di intelligence, sono state rinforzate con uomini e denaro. Cos’ è mancato? Quali sono state le defaillances?

La defaillance di base è una. Qui non è soltanto Charlie Hebdo, qui sono 14 anni dall’attentato alle Due Torri, durante i quali abbiamo fatto tre guerre, abbiamo speso qualcosa come 3mila miliardi di dollari, ci siamo dotati del più spaventoso apparato tecnologico mai disponibile, con foto satellitari in grado di leggere il numero di una targa, possiamo intercettare tutto. E quali sono i risultati? Che questi vanno scorrazzando per le capitali occidentali facendo stragi? È evidente che qualcosa non ha funzionato. I francesi poco prima della strage avevano detto di fare dei bombardamenti per prevenire azioni terroristiche, si è visto il risultato. È evidente che questo approccio, che ha al centro l’azione militare e, in secondo piano, quella poliziesca è un approccio sbagliato, perché i terroristi non sono folli, saranno criminali, ma sono razionali, fanno una serie di calcoli politici, che vanno capiti e bisogna contrastarli su questo. Il guaio è che qui manca il contrasto politico e il contrasto psicologico, il contrasto militare e poliziesco devono essere di supporto, invece è l’unica cosa che c’è. Cosa è mancato? È mancato il contrasto politico, l’analisi di quello che vogliono fare. Ecco perché sono contrario all’intervento europeo, perché questo rafforza la narrazione dell’Isis del contrasto fra i crociati cristiani e l’Islam, di cui loro tendono a diventare gli unici rappresentanti, e noi gli diamo un argomento di propaganda formidabile nei loro paesi. Attenzione che stiamo perdendo questa guerra, di questo passo noi ci troveremo la super potenza islamica integralista che è il vero obiettivo. A loro non frega niente del nostro modello di vita, loro vogliono creare il super Stato Islamico fondamentalista e noi gli stiamo dando una mano.

Pensa che le misure chieste a Versailles da Hollande siano efficaci?

Ma manco per sogno, Hollande è la caricatura dell’Ispettore Trouseau e non sa quello che dice.

Che tipo di guerra è quella dell’Isis? Passeranno alla Cyberwar?

Sono molto più avanti di quanto pensassimo e lo stanno dimostrando, sapendosi muovere molto bene, però non credo siano ancora al livello di fare la Cyberwar. C’è un divario enorme fra noi e il Califfato e non credo sia quello il piano. Ci vorrebbe una potenza che fornisca loro gli strumenti, ma non vedo chi. I russi non hanno interesse in questo, le ultime notizie li vedono schierati insieme ai francesi, i cinesi e perché? Non hanno alcun interesse, anzi per i cinesi la presenza dell’Isis disturba il loro gioco delle vie della seta. No, non è questo. Credo invece che dobbiamo mettere in conto attacchi terroristici di quel tipo. Mi aspetto altri attentati che passino sull’errore della nostra intelligence. Errori tecnici formidabili sono stati fatti, ad esempio alcuni schemi di lotta antiterrorista già vecchiotti, però funzionavano in presenza di terroristi che intendevano sottrarsi alla cattura e cercavano la via di fuga, allora tu facevi un apparato, scatta il blocco delle autostrade ecc.. Questo però funziona se il terrorista vuol fuggire, ma se il terrorista si vuol fare esplodere tu di quell’apparato cosa te ne fai? Oppure l’idea delle infiltrazioni, intanto è difficile infiltrarsi in quel mondo per problemi linguistici, distanza culturale, poi perché hanno imparato loro a fare la contro-infiltrazione per mandarti false spie per depistarti, ci siamo scordati che il killer di Tolone era un collaboratore dei servizi francesi, nel senso che era stato mandato da quelli. Tutto deve essere puntato sul web, identificare i loro siti, seguirli, cercare di tracciare il traffico. Questi invece fanno il gioco di chiudere i siti fondamentalisti, facendo tre errori: 1) una fatica inutile, perché quando gliel’hai chiuso, quelli ne fanno un altro e si spostano su un altro dominio e tu devi ricominciare, spendendo soldi inutilmente; 2) ti privi di una fonte di informazioni; 3) ti privi di uno strumento che ti può permettere, attraverso falsi siti jihadisti, di provocarli e di spezzarli. Hai tutto l’interesse a tenere in piedi questa roba per infiltrarti.

Parliamo dei Servizi Segreti. Come mai non si è ancora arrivati ad un autentico coordinamento europeo tra le varie agenzie di intelligence?

Perché i servizi segreti sono per loro natura gelosi l’uno dell’altro, perché nelle guerre coperte non esistono alleati, ognuno gioca per sé: non ti voglio far sapere se ho degli infiltrati, non ti voglio far sapere a che livello di informazione sono, perché magari poi siamo rivali in economia. Per cui un’eccessiva integrazione non la vedono di buon occhio. I Servizi Segreti hanno questo genere di impostazione.

Ultimo punto. Riguarda l’Italia. Le Chiedo: Pensa che i nostri servizi all’altezza del compito?

I nostri servizi, considerando la scarsità di mezzi a disposizione, tutto sommato se la stanno cavando, tenuto conto che l’Italia ha elementi che l’hanno aiutata finora: noi insieme alla Germania siamo l’unico paese europeo che non ha avuto un petardo, perché? Perché abbiamo questi elementi ambientali: 1) l’Eni che con la sua politica petrolifera presuppone una rete molto ramificata nel Medio Oriente con cui si riesce ad avere notizie, a bloccare certe cose; 2) in Italia c’è il Vaticano, il che significa una potentissima rete informativa fatta di preti, cappellani delle carceri, associazioni del laicato cattolico, banche cattoliche; 3) infine, noi abbiamo un territorio in cui agisce un soggetto, non simpatico, che è la mafia, che ha tutto l’interesse a non essere disturbata nei suoi traffici, per cui oggettivamente la mafia sfavorisce l’innesto qui, magari gli vende le armi, ma in cambio chiede che non ci siano problemi a casa. Non è che bisogna esserne grati, ma oggettivamente è un ambiente sfavorevole.

Alla scoperta de “L’Entità” (I Servizi segreti del Vaticano). Intervista a Antonella Colonna Vilasi

antonella vilasiE’ il più antico, e forse anche il più misterioso, Servizio Segreto del mondo. Recentemente ne ha parlato il settimanale “L’Espresso”, per conoscerlo abbiamo intervistato la professoressa Antonella Colonna Vilasi esperta di “Intelligence” a livello internazionale e Presidente del  Centro Studi Intelligence (U.N.I) Tra le sue pubblicazioni ricordiamo: “Manuale d’Intelligence”, “Storia della Cia” e “Storia dell’M16. A Servizio di Sua Maestà”.

Professoressa Colonna, incominciamo dal nome: “L’Entità”. Un nome che sa un po’ di “esoterismo”. Perchè questo nome? Chi è stato il fondatore?

“Il Papato, parliamo di una Istituzione fra le più antiche al mondo se non la più antica, specie se relazionata alla sua dimensione messianica. Storicamente fu Pio V, nel 1566, a fondare il primo Servizio segreto, ufficiale e organizzato; la necessità di tutto stava nel dover agire contro il protestantesimo che stava montando in Europa. Per arginare quella corrente religiosa nacque dunque la ‘Santa Alleanza’”.

Qual è la “mission” dell’”Entità”? Secondo il celebre Simon Wiesenthal, cacciatore di criminali nazisti, quelli vaticani sono i “Servizi” migliori del mondo. Come si giustufica, secondo Lei, questo giudizio?

Concordo con Wiesenthal. L’Entità è realtà attuale, di valore e significato non solo essenziale, ma pure irrinunciabile. Tenga conto di quel che oggi accade a ogni latitudine: pensi, ad esempio, agli episodi che stanno succedendo in Nigeria dove vengono bruciate chiese e dove gli stessi fedeli cattolici sono fatti oggetto di strage. La tutela del Cristianesimo e della fede cattolica sono indispensabili in un mondo nel quale le religioni sono in contrasto. A volte in modo palese, a volte in modo silenzioso. Hanno anche una rete di controspionaggio. Si chiama ‘Sodalitium Pianum’, storicamente fu essa a organizzare l’assassinio di Enrico IV re di Francia. Il suo motto è ‘Per la Croce e con la spada’ e serve a difendere l’integrità dell’Istituzione pontificia. In relazione al loro funzionamento, si tratta di una rete di preti senza paura, pronti a tutto e pure a morire, soldati nell’ombra agli ordini del Papa”.

Qual’è stata l’epoca, nella storia, di maggiore attività di questi Servizi?

“Per circa cinquecento anni tale sorta di avanguardia della fede ha ubbidito ciecamente all’autorità dei Pontefici: diffamando, cospirando, avvelenando, uccidendo in nome di Dio. Negli anni di pontificato di Giovanni XXIII si ebbe una sorta di sospensione. Il Papa li costrinse a periodi di inattività, lui del resto era colui che ambiva al dialogo. Diverso fu con i suoi successori, Paolo VI e Giovanni Paolo II”.

Da chi è composta “L’Entità”? Da religiosi?

“Ne fanno parte religiosi, ma non solo. Vi sono anche laici, e non necessariamente cittadini vaticani, anche donne sposate”.

Esistono, recentemente, operazioni importanti alle quali hanno partecipato partecipato agenti dell’”Entità”?

“Bè, è risaputo – almeno fra coloro che studiano la materia – che sia stato parte della caduta del Muro di Berlino… Ma vorrei riportarla indietro di molti anni. Siamo negli Anni ‘70, epoca nella quale Chiesa cattolica ed Ebraismo cercano un avvicinamento. Nel gennaio del 1973, all’aeroporto romano di Fiumicino doveva atterrare Golda Meir, primo ministro israeliano. Ebbene, fu la telefonata di un religioso, Carlo Jacobini, ad avvisare il Mossad dell’esistenza di un piano terroristico finalizzato a colpire l’aereo al momento del suo atterraggio. Attentato ovviamente sventato e che permise a cattolici ed ebrei di avviare quei contatti oggi tanto fraterni. Venendo agli utimi anni: lo scontro tra il Vaticano ed Amnesty International; il caso dei ‘Trentanove’, in riferimento ai religiosi polacchi che collaborarono con l’SB (i Servizi polacchi) durante il comunismo; il caso della spia venezuelana in Vaticano, al servizio del presidente venezuelano Hugo Chavez, che aveva organizzato – con la complicità di due signore venezuelane – di attirare in una stanza d’albergo a Roma un alto prelato venezuelano per poi fotografarlo in atteggiamento compromettente; i rapporti tesi con la Cina e la manipolazione dei dati riferibili all’Enciclopedia Wikipedia”.

L’”Entità” opera anche all’estero?

“Sì, con sede presso le Nunziature apostoliche. E nel suo complesso, sia l’attività di spionaggio che di controspionaggio gode di prestigio elevatissimo”.

Ultima domanda: se lei fosse un’ analista dell’”Entità”, dove collocherebbe il rischio di maggior pericolo per la Santa Sede?

“In ogni luogo, ed in ogni dove in cui la religione cattolica è in pericolo ed è minacciata la libera espressione della stessa”.