Due notizie di questi giorni hanno riacceso l’attenzione dell’ opinione pubblica sul caso Moro: il rinvenimento, in un controsoffitto del policlinico di Milano, di documenti della colonna milanese delle BR e, l’altra notizia, la conferma (prima era solo una ipotesi investigativa), da parte dei RIS dei Carabinieri, della presenza, quel 16 marzo del ‘78, in Via Fani di Antonio Nirta, un boss della ‘ndrangheta. Questa è avvenuta analizzando una vecchia foto del ’78, ritrovata nell’archivio storico del quotidiano romano Il Messaggero. Insomma, per dirla alla maniera di Giuseppe Fioroni, Presidente della Commissione parlamentare sul Caso Moro, non siamo ai titoli di coda nella ricerca della verità di quei sanguinosi e drammatici giorni. Giorni che hanno segnato per sempre la democrazia italiana. Ne parliamo, in questa intervista, con Gero Grassi, giornalista e deputato del PD e membro della Commissione Fioroni.
Onorevole Grassi, lei è membro importante della “Commissione Fioroni”, che è la sesta commissione (dal 1979) che indaga sul caso Moro, istituita con il compito di accertare “eventuali nuovi elementi che possono integrare le conoscenze acquisite dalle precedenti commissioni (…) e eventuali responsabilità riconducibili ad apparati”. Siamo a quasi quarant’anni dai drammatici fatti Via Fani e di via Caetani, c’è ancora oscurità nella conoscenza profonda di quei fatti. Le chiedo quali sono i primi risultati o misteri svelati dalla Commissione?
Anzitutto mi corre l’obbligo di precisare che l’attuale è la seconda commissione Moro pure essendoci state 4 commissioni: quella sul Terrorismo, la Mitrokin e quella sulla P2 che hanno seguito anche il caso Moro.
C’è tanta oscurità per diverse omissioni verificate nelle indagini pregresse. Credo di poter affermare che abbiamo raggiunto più risultati in due anni che nei trentasei precedenti. Ecco alcuni risultati ottenuti sinora: anzitutto la dinamica della strage di via Fani, le presenze, la sparatoria e il luogo dell’agguato. Accanto a ciò quello che è successo nei tre mesi precedenti il 16 marzo 1978.
Per il Procuratore Pietro Spataro, in un’intervista a Repubblica sul ritrovamento, avvenuto poche settimane fa, di documenti BR della colonna “Walter Alasia”, in un controsoffitto del Policlinico di Milano, ha affermato che sul caso Moro sappiamo tutto . Per lui non esistono “presunti misteri” . Lei contesta l’affermazione. Le chiedo: Quali, secondo lei, i misteri, le oscurità ancora da chiarire del “Caso Moro”?
Ho contestato aspramente le affermazioni del dottor Spataro anche in Commissione. In Italia esiste la tendenza a difendere posizioni acquisite. Nel caso di specie la verità che ci viene raccontata è quella del memoriale Morucci-Faranda, completamente smontato in Commissione.
Registro con amarezza che i protagonisti di quella stagione (magistrati, militari e classe politica) sono tutti indotti a credere a una verità che oggi non regge più alle evidenti prove. Spirito di corpo? Autodifesa? Troppo presto per dirlo.
In questi giorni i Carabinieri del RIS hanno riconosciuto, analizzando una fotografia della “scena del crimine” di Via Fani , un boss della ‘ndrangheta Antonio Nirta. Che faceva un mafioso in Via Fani? Più in generale che ruolo ha giocato la criminalità organizzata nel Caso Moro? C’erano rapporti tra queste due entità criminali?
L’uomo della ‘ndrangheta non era solo. Aveva un autorevole complice. Attendiamo che i RIS ci diano conferma sull’identità del personaggio. Le BR hanno avuto rapporti consolidati con mafia, camorra, ‘ndrangheta, banda della Magliana. Anche pezzi deviati dello Stato, purtroppo, hanno avuto queste frequentazioni.
Come giudica le affermazioni di Raffaele Cutolo, lo spietato boss della Camorra: “Potevo salvare Aldo Moro la politica mi ha fermato”?
Cutolo ha detto questo. Non l’ha fermato la politica ma alcuni uomini che, evidentemente, traevano giovamento dalla morte di Moro.
Pochi giorni fa avete ascoltato Claudio Signorile. Perché è importante la sua testimonianza?
Claudio Signorile, con molta bravura, ha offerto un quadro della situazione internazionale del tempo. Ha aggiunto elementi che ci inducono a ritenere che le BR erano controllare a distanza. Infine, precisando nei dettagli affermazioni già fatte, ci ha raccontato la visita a Cossiga del 9 maggio 1978. Era presente quando il Ministro seppe della morte di Moro. La presenza di Signorile forse non fu casuale.
Torniamo a quei maledetti cinquantacinque giorni. Quello che si è scritto, nel corso di questi trentotto anni dall’omicidio di Moro, molto, poi, si è rivelato un falso. Insomma in quei giorni drammatici abbiamo assistito a depistaggi, carenze investigative, l’ombra lunga della P2 che domina sugli organi dello Stato e tanto altro. Le chiedo: quali sono stati gli errori più clamorosi dello Stato italiano in quei giorni?
Errore più clamoroso è stato il non aver considerato che le idee di Moro sarebbero sopravvissute. Errore è stato non aver capito che Moro andava salvato, perché poi Moro avrebbe salvato lo Stato. Invece ‘Il mio sangue ricadrà su di voi’ e così è stato.
Veniamo alle BR. Conosciamo la storia delle BR, è credibile oggi la tesi che le BR abbiano agito per conto di potenze straniere?
Le BR erano soggetto articolato e complesso. Dentro c’era di tutto. Brigatisti puri che credevano a quello che facevano. Brigatisti connessi alla delinquenza comune, altri erano infiltrati, altri ancora si muovevano solo per tornaconto personale.
Lei gira l’Italia per portare i frutti del suo lavoro, di membro importante della Commissione Fioroni, alla conoscenza dei cittadini. I Suoi incontri sono affollati e partecipati, segno di un desiderio di verità. I titoli degli incontri portano questa frase: “Chi e perché ha ucciso Moro”. Arriveremo alla piena verità?
Ci stiamo arrivando nonostante il tempo trascorso. Con fiducia e speranza. Il problema è crederci senza paura di toccare il potere.
A settembre saranno cento anni dalla nascita di Aldo Moro. Cosa resta della sua lezione?
Di Aldo Moro resta anzitutto il suo esempio di martire laico della democrazia e della libertà. Un grande uomo che aveva la capacità di leggere il futuro ed incanalarci le Istituzioni. Un uomo che non morirà mai perché il suo ricordo vive nel cuore degli italiani onesti.