Si è concluso recentemente a Torre Pellice, nelle Valli Valdesi, l’annuale Sinodo della Chiesa Valdese. Un Sinodo che ha suscitato, nella opinione pubblica italiana, una grande discussione. Questo per alcune decisioni prese dal Sinodo, tra l’altro, sulle coppie gay e sul testamento biologico.
Su queste questioni abbiamo intervistato il Professor Paolo Ricca.
Paolo Ricca è nato a Torre Pellice (To) il 19 gennaio 1936.
Licenza in teologia ottenuta presso la Facoltà Valdese di Teologia in Roma. Dottorato in Teologia presso l’Università di Basilea, con una tesi intitolata Die Eschatologie des vierten Evangeliums diretta dal prof. Oscar Cullmann.
Consacrato pastore nella Chiesa Valdese nel 1962. Ha esercitato il ministero pastorale nelle comunità valdesi di Forano (Rieti) e Torino.
Dal 1976 al 2002 ha insegnato Storia della Chiesa ed Ecumenismo presso la Facoltà Valdese di Teologia in Roma.
Insegna regolarmente, come professore ospite, presso il Pontificio Ateneo Sant’Anselmo di Roma. Continua a leggere
Category Archives: Uncategorized
Lo show di Gheddafi
Abbiamo assistito allo Show gheddafiano con duecento ragazze, “stipendiate” diciamo così, per partecipare alle “lezioni” (!?) del “colonnello” libico sulla religione del Profeta Maometto (“auspicando” che l’Islam diventi la religione dell’Europa). E “Papi”Gheddafi, così lo ha definito Gian Antonio Stella sul Corriere della Sera, le ha invitate tutte alla conversione all’Islam ed a recarsi in Libia per sposarsi, bontà sua, con gli uomini libici (è sottinteso che lì troveranno prosperità e felicità). Si prova un senso di tristezza a vedere un simile spettacolo di strumentalizzazione della bellezza femminile. Continua a leggere
Filosofia del viaggio
Siamo nell’era di Internet, tutto, e subito, ci viene messo a disposizione con un click. Così, grazie alle nuove tecnologie, le immagini di luoghi lontani diventano familiari.
In questo tempo dell’istante può esistere ancora il viaggio? Cioè quell’essere nomade che ti consente, ancora, di stupirti della vita? Chi è il viaggiatore? Che cos’è il viaggio?
A queste domande cerca di rispondere Michel Onfray, uno dei più popolari filosofi francesi contemporanei, con questo suo libro: Filosofia del viaggio. Poetica della Geografia, Ed. Ponte Alle Grazie, 2010.
Il libro è una vera e propria “fenomenologia” del viaggio.
Con una passione, che potremo definire “neoepicurea” (“l’arte del viaggio induce un’etica ludica, una dichiarazione di guerra alla quadrettatura e al cronometraggio dell’esistenza”), l’autore scandaglia gli attimi in cui una voce, che nasce dall’interiorità, ti sprona a decidere per quel luogo scelto. Il viaggio, però, non è improvvisazione: “La ricchezza – scrive Onfray – di un viaggio necessita, a monte, della densità di una preparazione: come ci si predispone alle esperienze spirituali esortando l’anima ad aprirsi, ad accogliere una verità in grado di infondersi. La lettura agisce sotto forma di rito iniziatico, rivela una mistica pagana. L’accrescersi del desiderio sfocia in seguito in un piacere raffinato, elegante e singolare. (…) Nel viaggio si scopre soltanto ciò di cui si è portatori. Il vuoto del viaggiatore crea la vacuità del viaggio, la sua ricchezza ne produce l’eccellenza”.
Così ogni strumento (Atlanti, guide, libri ecc) arricchisce il desiderio, per cui, per dir così, “ogni viaggio vela e disvela una reminescenza”.
Il viaggio è un’esperienza totale.
Infatti “il viaggio fornisce l’occasione per dilatare i cinque sensi: sentire e comprendere in modo più profondo, guardare e vedere in modo più intenso, assaporare e toccare con maggiore attenzione. Teso e pronto a nuove esperienze, il corpo in subbuglio registra più dati rispetto al consueto (…). Viaggiare intima il pieno funzionamento dei sensi. Emozione, affezione, entusiasmo, stupore, domande, sorpresa, gioia e sbalordimento, ogni cosa si mescola nell’esercizio del bello e del sublime, dello spaesamento e della differenza”.
Ora il viaggiatore è diverso dal turista. Il viaggiatore è un artista. Infatti “Il viaggiatore ha bisogno più di una attitudine alla visione che di una capacità teorica. Il talento nel razionalizzare è meno utile della grazia. Quando lo possiede il nomade artista conosce e vede come un visionario, comprende e coglie senza spiegazioni per impulso naturale”.
Il viaggio, quindi, è una esperienza umana integrale.
“Sé stessi, questa è la grande questione del viaggio. Sé stessi, e nient’altro.(…) Una quantità di pretesti, di occasioni e di giustificazioni, certo, ma, di fatto, ci si mette in cammino spinti soltanto dal desiderio di partire incontro a se stessi nel disegno, molto ipotetico, di ritrovarsi, se non di trovarsi”. Viaggiare, quindi, conduce in modo inesorabile verso la propria soggettività. Alla fine è questo che conta….
Dalla parte degli zingari
Il governo Sarkozy, con un provvedimento del tutto strumentale (legato cioè a problemi di consenso del suo governo in caduta dopo lo scoppio dello scandalo Bettencourt) e per nulla efficace sul piano della cosiddetta “sicurezza” (visto che sono cittadini di Stati membri della Unione Europea e quindi, a meno di non commettere reati in quegli stati, nessuno potrà impedire a loro di ritornare in Francia), espelle 700 rom dal territorio francese.
Domani ci sarà il primo volo di “rimpatrio” per la Romania.
E’ un provvedimento che l’UE guarda con preoccupazione, i governi di Romania e Bulgaria (i paesi d’origine dove saranno “riaccompagnati” i Rom) denunciano il rischio di una deriva “populista e sul generarsi di reazioni xenofobe” (così si è espresso il Ministro degli Esteri rumeno).
Ancora una volta, come se la lezione della storia non bastasse, si riduce tutto, si semplifica tutto nel nome di una stupida ideologia securitaria (cui, anche, il nostro Paese è infestato grazie alla propaganda leghista). Sulla pelle dei deboli e dei marginali si costruisce la “fortuna” dei governi.
Così gli zingari, dice la volgare opinione diffusa, sono un grave problema di sicurezza. Invece, come scriveva qualche tempo fa lo storico Andrea Riccardi, il fondatore della Comunità di Sant’Egidio, “l’atteggiamento verso di loro è espressione dei nostri problemi (quelli dei gagé, per usare l’espressione dei rom che indica i non nomadi). Non solo loro sono un problema, ma su di essi si scaricano (e si rivelano) quelli che sono i nostri problemi”.
Così avere un nemico è rassicurante, ed avere, poi, “un nemico della nostra sicurezza, come gli zingari (tanto deboli), è rassicurante e, alla fine, poco minaccioso”. Combattere qualcuno dà la sensazione di presidiare attentamente le nostre barriere sociali e quelle del futuro.
Allora ecco che occorre una politica capace di entrare alla radice del problema.
La nostra società, infatti, ha un debito di memoria nei confronti di questa popolazione.
Presente nel nostro Paese fin dal Trecento, nel resto d’Europa anche prima, la loro esistenza è stata attraversata da persecuzioni (di carattere razziale al tempo del fascismo), fino ad arrivare al folle genocidio ad opera del nazismo. Una miscela di stereotipi, pregiudizi diffusi, violenze perpetrate senza remore hanno costituito la base per il folle progetto di sterminio nei lager nazisti. Si calcola che il numero di sinti e rom uccisi varia tra i duecentomila e cinquecentomila. E’ questo il “buco nero” della memoria europea.
“Sospeso tra terrore e poesia, lo zingaro è un immagine piuttosto che un uomo concreto” (Impagliazzo), così si continua sapere poco su di loro, sulla loro cultura e su molto altro.
Allora lo sforzo deve essere su più livelli. In particolare culturale. Il “diverso” fa paura solo alle società deboli e la nostra Europa, per non dire dell’Italia, deve camminare ancora tanto per essere la patria rappacificata delle alterità.
Se Super-Mario ci lascia…
E così super Mario Balotelli ci ha lasciati.
Tutto, purtroppo, com’era nelle previsioni.
Francamente lo trovo, da italiano e da interista, un giorno triste. Certo è l’ennesima prova che questo Paese non sa gestire un talento, anzi se può ne facilita l’uscita dall’Italia.
Ebbene questo campione “controverso e post-moderno” , come qualcuno lo ha definito, se ne va perché stanco del clima, insopportabile, che durante la scorsa stagione – trionfante – ha segnato la sua avventura calcistica.
“Lascio alle spalle – scrive nella sua lettera d’addio all’Inter – un anno difficile: ho riconosciuto i miei sbagli, ma credo di essermi trovato spesso al centro di pressioni e critiche che in alcuni casi mi hanno esasperato” e conclude con “ho bisogno di un ambiente più sereno intorno a me”.
Come si può dargli torto? Al di là di alcuni suoi comportamenti censurabili sul piano sportivo (la maglia gettata per terra a San Siro in un gesto di stizza alla fine di Inter-Barcellona) e di un carattere forte ( certo alcune sue spacconerie forse sono state eccessive), Balotelli è stato fatto oggetto di cori razzisti, di continue provocazioni dentro e fuori dallo stadio.
Anche all’interno dell’Inter, purtroppo, si sentiva uno “fuori”. Tant’è che Moratti , il presidente della società neroazzurra, lo ha definito “non indispensabile”. Temo, però, che Moratti questa volta si sbagli di grosso. Ne riparleremo tra qualche tempo.
Alla fine si scoppia.
Personaggi “complicati” il calcio italiano ne ha avuti in passato, eppure costoro facevano la ricchezza del nostro calcio. Solo lo stupido conformismo può trovare uno come Mario Balotelli un problema da gestire. Ci fossero ancora allenatori come Nereo Rocco, Nils Liedholm o Helenio Herrera saprebbero gestire talenti così.
Ora inizia la sua nuova avventura al Manchester City guidato da Mancini, che lo ha fermamente voluto. Gli auguriamo , ovviamente, grandi successi. A noi resta l’amaro di una sconfitta enorme per il calcio italiano. Ciao Mario!