Per un PD “liberal”. Intervista a Giorgio Tonini

Nel PD, in questi giorni, si discute molto di “Primarie”. Matteo Renzi, sindaco di Firenze, è già in pista da qualche giorno. Con il suo “camper” gira la penisola incontrando amministratori e simpatizzanti. Oltre al Segretario Bersani sono in campo altri esponenti del PD (Laura Puppato e Beppe Civati). Da segnalare la presenza in queste primarie di Bruno Tabacci e, quasi sicuramente (vuole garanzie che non siano un congresso “mascherato”), di Nichi Vendola. Altri, forse, se ne aggiungeranno (Rosi Bindi?). Insomma primarie affollate. Comunque saranno un’occasione di far conoscere la proposta di governo del centro-sinistra. E per il PD anche un modo per far emergere la sua anima riformatrice. Per parlare di questo abbiamo intervistato il Senatore Giorgio Tonini, esponente dell’area liberal del PD, autore- con il collega Enrico Morando – del libro, uscito in questi giorni edito da Marsilio, “L’Italia dei democratici”.

Continua a leggere

L’”inverno” di Monti

Giulio Sapelli è uno dei pochi anticonformisti, degni di questo nome, rimasti in questo sfortunato Paese. Editorialista del “Corriere della Sera”, economista, storico dell’economia, docente universitario alla Statale di Milano, uomo d’azienda (è stato responsabile della formazione in Oliveti e all’’Eni). Vicino anche alla cultura sindacale.  Una persona, quindi, che sa leggere con profondità gli eventi dell’economia mondiale. Con questo libretto, pubblicato per i tipi della “Guerini e associati”, in poco più di settanta pagine  , ci offre una chiave di lettura interessante sugli avvenimenti politici ed economici che riguardano l’Italia. Il titolo, “L’inverno di Monti. Il bisogno della politica”, ci da come vedremo la chiave di lettura del libro.

Così Sapelli parte dall’analisi dell’intreccio, in Germania e Italia, tra storia e storia internazionale. Sull’Italia scrive: “L’intreccio tra nazione e internazionalizzazione opera sin dalla nascita dello Stato italiano e opera ancora oggi. Ma quell’intreccio non è stato culturalmente condiviso. E soprattutto esso non ha mai avuto conseguenze positive sulla crescita economica, se non meccanicamente seguendo i cicli del commercio mondiale. Piuttosto, quell’intreccio si è rivelato un intreccio predatorio sul piano di capitale fisso e intellettuale dall’Italia secolarmente accumulato”. E l’autore ricorda, in questo senso, gli elementi negativi, che nel suo secondo dopoguerra, hanno impedito all’Italia di svolgere un ruolo di primo piano in alcuni settori strategici (es. la fine dell’Olivetti, le  “privatizzazioni senza liberalizzazioni” degli anni ’90, la fine dell’industria chimica e siderurgica). E la politica faceva emergere gli “arcipelaghi” di interessi. Senza una precisa visione di futuro. La Germania, invece, con la sua riunificazione ha saputo giocare un ruolo di preminenza grazie alla sua potenza industriale fatta di grande innovazione tecnologica su larga scala.

Continua a leggere

Una “Road Map” sul lavoro. Intervista al Senatore Tiziano Treu

La settimana politica e sociale, nel nostro Paese, è stata segnata, tra l’altro, dal dibattito sull’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori . Scatenato dalle dichiarazioni del Ministro Fornero (poi specificate meglio). Su questo, ed altri temi collegati al lavoro, abbiamo intervistato il Senatore del PD Tiziano Treu, ex-Ministro del Lavoro nel primo governo Prodi.

Sull’articolo 18 c’è un dato interessante che il quotidiano “Repubblica”, in questi giorni, ha pubblicato (Si tratta di un sondaggio Unioncamere-Excelsior). Ovvero che il problema più grave per le imprese italiane non è l’articolo 18, di flessibilità in uscita, ma è la mancanza di prospettive a breve termine…
Non c’è dubbio, perché il nostro primo problema è quello di riprendere a crescere poiché se non c’è una economia che riprenda a funzionare non ci sarà lavoro né per quelli attualmente attivi né soprattutto per i giovani, quindi, non è che l’articolo 18 aiuta, in generale, l’articolo 18 può essere visto in un contesto che permetta, da una parte, la crescita, e dall’altra che dia alle persone in caso di crisi e di difficoltà un sistema di ammortizzatori e di sicurezze e che quindi assicurino; questi sono i due problemi principali non certo la riforma dell’articolo 18.

La riforma del mercato del lavoro italiano è un tema troppo importante per il futuro del nostro Paese. Quale potrebbe essere una possibile “road map” di riforme?
Adesso vedremo quando il governo aprirà un tavolo, come ha promesso e come è scritto anche nella Manovra, con le parti sociali perché questa è una materia che va affrontata in questo modo. Credo che ci sia, innanzitutto, da considerare come affrontare le migliaia di persone che sono in difficoltà, molti sono addirittura senza lavoro, senza pensione perché c’è stato questo spostamento dell’età pensionabile: quindi il primo tema è quello di avere un ammortizzatore soprattutto per i giovani precari e per le persone anziane poiché questo mercato del lavoro che tutti gli altri paesi europei hanno e che da noi non è ancora sistemato, potrà permettere anche una maggiore mobilità che è altrettanto essenziale, poi dopo occorreranno delle misure specifiche per superare, soprattutto, quelle che sono le maggiori difficoltà come altri paesi hanno fatto; i giovani che sono usciti dalla scuola prematuramente e che sono quelli che avranno più problemi ad entrare nel mercato del lavoro che richiede più conoscenze del passsato. Questi sono, sicuramente, i temi che andranno affrontati per primi, poi dopo occorrerà, per tutte le professioni, rendere più facile l’accesso ai giovani e aumentare il contenuto di competenze.

Il premier Monti vorrebbe imitare in Italia il modello scandinavo. E’ possibile questo?
Il modello scandinavo non può certamente essere importato tale e quale perché è molto particolare però l’idea comune a tutto il modello sociale europeo, non solo ai paesi scandinavi anche alla Germania, la Francia è proprio questa che ci vuole l’economia più innovativa da una parte, quindi, come dicevo, imprese più innovative e lavoratori con maggiori competenze, dall’altra parte una maggiore mobilità che però si può fare solo se c’è la sicurezza data da servizi sul mercato del lavoro,da ammortizzatori sociali, quindi questa idea della flexsecurity, questa è la base del modello sociale europeo. Nei paesi scandinavi ha un livello di tutele che sono particolarmente alte ma in realtà la base è comune è questa flessibilità ma nella sicurezza.

Ultima domanda: Sulla riforma del mercato del lavoro un ruolo importante lo giocherà il PD. Troverà una sintesi tra le diverse posizioni?

Credo di si, ci stiamo lavorando, poi su molte cose si è già d’accordo, sulla necessità degli ammortizzatori universali, sulla necessità di semplificare i tipi di lavoro, i contratti che sono necessari, sono solo pochi e invece ci occorre renderli fruibili a tutti con costi uguali per evitare che si adoperino contratti precari perché costano meno. Su questi punti siamo largamente d’accordo;ci potrà essere poi qualche differenza nel momento in cui si arriverà a discutere su come gestire le crisi, sul problema dei licenziamenti ma io credo che arriveremo a un punto.

L’Italia sul filo del rasoio. Intervista a Marc Lazar

La politica italiana vive ormai da mesi sulla frontiera di una conflittualità permanente. Tutto è centrato sui problemi giudiziari di Silvio Berlusconi. Come è dimostrato dall’approvazione della “legge sul processo breve” e le occasioni di conflitto continueranno ancora nei prossimi mesi. Così assistiamo ad un esodo della politica dai problemi dell’Italia. Come ci guardano all’estero? Come è giudicata la politica italiana in Europa? Ne abbiamo parlato con il professor Marc Lazar, docente di Storia nella prestigiosa facoltà di SciencesPo. (Scienze Politiche) a Parigi e ”visiting professor” alla Luiss di Roma. Continua a leggere

Onore alla Germania

Senza nulla togliere alle “furie rosse” di Del Bosque, al suo gioco fatto di ragnatele asfissianti di palleggi, alla bravura di Puyol, resta da dire che questo mondiale (alquanto strano, non per noi italiani che l’eliminazione al primo turno se la siamo ampiamente meritata per l’insipienza dimostrata sul campo e non solo) sarà ricordato anche per la bella, quella di ieri un po’ meno sul piano del gioco, Germania guidata da Loew.

Inesorabile, come un destino crudele, ogni volta che la “panzerdivision” tedesca incontra una squadra latina viene eliminata (è capitato nel passato con l’Italia ieri con la Spagna).
Ma la Germania di Loew non è la fredda “panzerdivision” di Beckenbauer e di Mayer, un po’ arrogante e supponente, che abbiamo sconfitto nella mitica partita del ’70 allo stadio Azteca di Città del Messico.
Quella era figlia della guerra fredda, dell’orgoglio della rinascita, e di alcuni stereotipi della Germania profonda.
Questa di oggi è figlia della società multietnica. E’ la cifra, più spettacolare, del cambiamento della società tedesca, ormai sempre più multicolore (del resto basta girare per Berlino per rendersene conto a colpo d’occhio).
Se si pensa alla storia della Germania, con le sue luci e le pesantissime ombre (ma questo vale, sia chiaro, anche per noi italiani), questo assume una dimensione epocale.
Nella patria della “purezza” ariana, cantata da Wagner, fino all’incubo infernale del nazismo, senza dimenticare l’antisemitismo di alcuni filosofi del romanticismo tedesco, fa impressione che si veda crollare, grazie ad un pallone, il mito della razza.
Certo il cambiamento calcistico è frutto anche di una politica di integrazione. Oggi chi nasce in Germania se almeno uno dei due genitori risiede nel paese da più di otto anni è da subito cittadino tedesco.
Per cui non vi è da sorprendersi se nella Germania di Loew scorre sangue polacco, spagnolo, bosniaco, tunisino, ghanese, brasiliano, nigeriano e turco (come la stella Ozil, che ora tutti i club europei vogliono). Risultato: fantasia e grinta.
E’ una gran bella lezione per tutti. Si spera che “anche le curve più becere – come ha scritto Gad Lerner – dei nostri stadi dovranno smetterla di gridare “non ci sono negri italiani”, e la bellezza del calcio le porterà ad abbracciare la generazione Balotelli. E’ un delizioso sberleffo della storia quello che si sta consumando nell’ultima patria dell’apartheid”.