Giulio Sapelli è uno dei pochi anticonformisti, degni di questo nome, rimasti in questo sfortunato Paese. Editorialista del “Corriere della Sera”, economista, storico dell’economia, docente universitario alla Statale di Milano, uomo d’azienda (è stato responsabile della formazione in Oliveti e all’’Eni). Vicino anche alla cultura sindacale. Una persona, quindi, che sa leggere con profondità gli eventi dell’economia mondiale. Con questo libretto, pubblicato per i tipi della “Guerini e associati”, in poco più di settanta pagine , ci offre una chiave di lettura interessante sugli avvenimenti politici ed economici che riguardano l’Italia. Il titolo, “L’inverno di Monti. Il bisogno della politica”, ci da come vedremo la chiave di lettura del libro.
Così Sapelli parte dall’analisi dell’intreccio, in Germania e Italia, tra storia e storia internazionale. Sull’Italia scrive: “L’intreccio tra nazione e internazionalizzazione opera sin dalla nascita dello Stato italiano e opera ancora oggi. Ma quell’intreccio non è stato culturalmente condiviso. E soprattutto esso non ha mai avuto conseguenze positive sulla crescita economica, se non meccanicamente seguendo i cicli del commercio mondiale. Piuttosto, quell’intreccio si è rivelato un intreccio predatorio sul piano di capitale fisso e intellettuale dall’Italia secolarmente accumulato”. E l’autore ricorda, in questo senso, gli elementi negativi, che nel suo secondo dopoguerra, hanno impedito all’Italia di svolgere un ruolo di primo piano in alcuni settori strategici (es. la fine dell’Olivetti, le “privatizzazioni senza liberalizzazioni” degli anni ’90, la fine dell’industria chimica e siderurgica). E la politica faceva emergere gli “arcipelaghi” di interessi. Senza una precisa visione di futuro. La Germania, invece, con la sua riunificazione ha saputo giocare un ruolo di preminenza grazie alla sua potenza industriale fatta di grande innovazione tecnologica su larga scala.