“Una agenda di speranza per il futuro del Paese”

Intervista al prof. Luca Diotallevi sulla 46° Settimana Sociale dei cattolici italiani

“Logos e agape. Intelligenza della fede e trasformazione della società” è il titolo della impegnativa Prolusione che il  Card. Angelo Bagnasco, Arcivescovo di Genova e Presidente della Cei (la Conferenza Episcopale italiana) terrà domani nel pomeriggio a Reggio Calabria. E con questo intervento si apriranno i lavori della 46ª Settimana Sociale dei cattolici italiani, in programma  fino a domenica nel capoluogo calabrese.
Ecco alcuni dati forniti dagli organizzatori.
A questa manifestazione sono iscritte 1.200 persone, provenienti da 184 diocesi italiane. Tra di esse, 300 giovani, 177 i rappresentanti di associazioni e movimenti laicali, 66 vescovi, 204 sacerdoti, 29 tra religiosi e religiose, 9 diaconi.
Le 4 giornate di lavoro alterneranno sessioni plenarie ad assemblee tematiche, nelle quali i partecipanti si divideranno in 5 gruppi (dedicati, rispettivamente, a: intraprendere nel lavoro e nell’impresa; educare per crescere; includere le nuove presenze; slegare la mobilità sociale; completare la transizione istituzionale) guidati da 20 esperti; 46, in totale, le persone che interverranno in qualità di relatori.
L’evento ha già suscitato l’interesse dei media nazionali e internazionali: al momento sono oltre 150 i giornalisti accreditati.
Per parlare di questo avvenimento abbiamo intervistato il professore Luca Diotallevi, docente di Sociologia all’Università di Roma 3, che è Vice Presidente del Comitato Scientifico-Organizzatore delle Settimane Sociali italiane (vi è da ricordare, infatti, che è la Francia la “patria” d’origine delle Settimane Sociali).

Professor Diotallevi, domani si aprirà, a Reggio Calabria, la 46° Settimana sociale dei cattolici italiani. Ora le Settimane Sociali, nate nel 1907 a Pistoia, sono state uno degli “strumenti” di emancipazione dei cattolici italiani nei confronti delle grandi sfide sociali della modernità. A più di un secolo di distanza perché è ancora valido questo strumento?

Perché la storia continua ed ogni giorno pone sempre di nuovo e in forme nuova l’istanza del riconoscimento e della difesa della dignità della persona umana. A questo dovere i cattolici sono chiamati e da questo dipende il bene comune.

Il documento preparatorio ha un titolo impegnativo, che per certi versi rappresenta una novità metodologica: “Cattolici nell’Italia di oggi. Un’agenda di speranza per il futuro del Paese”. Quali sono i punti di questa “agenda” ?

Sono dodici problemi molto concreti da cui dipende una ripresa del paese, una ripresa economica ma non solo economica. Dobbiamo, in sintesi, lasciare che le energie dell’intraprendere liberino le loro capacità, dobbiamo rilegittimare l’autorità educativa, proporre uno scambio diritti/doveri ai nuovi arrivati stranieri, dobbiamo slegare la opportunità sociale per ridare non certezze ma opportunità ai giovani, dobbiamo completare la transizione istituzionale.

Tornando al documento, quello che ha colpito, positivamente, alcuni osservatori è l’assunzione della categoria “problema”. Al numero 12 del documento è scritto: “per ‘problema’, non abbiamo inteso semplicemente e neppure necessariamente indicare una difficoltà. Consideriamo ‘problema’ la compresenza di una determinata situazione e di alternative realistiche e di motivi ragionevoli e di spazi praticabili per soluzioni diverse”. Beh ci troviamo di fronte ad una scelta, giusta, di laicità. Riuscirà la Chiesa italiana ad essere fedele a questo metodo?

Qui la laicità c’entra proprio poco. Perché questo modo di procedere si oppone alla privatizzazione della fede che la laicità impone anche o costo di far morire la qualità civile della società.
Certo poi che la Chiesa è capace di questo lavorare sui problemi! Questi due anni di preparazione a Reggio Calabria sono stati proprio questo. Semmai c’è da chiedersi se altre tradizioni culturali siano in grado di fare altrettanto.

Il filosofo italiano Giorgio Agamben, in un suo interessante saggio, afferma: “La Chiesa di Roma ha chiuso il suo sportello escatologico”. Forse è una provocazione ma non è un po’ vero questo? Cioè l’immagine in questi anni della Chiesa, almeno in Italia, non è stata quella di un “apparato” di pressione politica?

Secondo me è del tutto falso. E proprio la sua capacità di pressione politica testimonia la vitalità della sua tensione escatologica. Mica questa tensione è un parcheggiarsi in un innocuo intramondano!

Nel documento sono ricordati Sturzo e De Gasperi. Perché?

Chi più di loro ha mostrato che la Chiesa anche nella modernità avanzata sa stare dentro la storia?

Benedetto XVI e la Cei auspicano la necessità di una nuova classe politica cattolica. Dal suo osservatorio vede nascere questo?

Sì, certo. Soprattutto nelle amministrazioni comunali.

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