Bill Emmot: Forza, Buona Italia!

Viviamo tempi aggrovigliati e l’infinita transizione politica, unita ad una situazione economica pesante, non fa che aumentare sempre più il pessimismo e lo scetticismo degli italiani sul loro futuro. Se poi a questo aggiungiamo l’incuria del territorio e dei beni culturali (vedi il caso del crollo della Casa dei Gladiatori a Pompei, della spazzatura a Napoli e dell’alluvione in Veneto per parlare solo dei casi più recenti) il quadro è da incubo…

Eppure esiste una Buona Italia che resiste e combatte contro la Mala Italia (fatta di mafie, degrado, corruzione e quant’altro).

E bene ha fatto Bill Emmott, già direttore del prestigioso settimanale inglese The Economist, a mettere in evidenza questo conflitto con questo suo libro, che sta facendo discutere l’opinione pubblica italiana, pubblicato da Rizzoli, Forza, Italia. Come ripartire dopo Berlusconi.

La lettura del volume offre numerosi spunti di riflessione.

“Se – si domanda Emmott – non c’è più speranza, come è possibile che mi sia imbattuto in aziende leader mondiali nella vendita di attrezzature per il fitness, occhiali da sole, abbigliamento in chacemire, aeromobili leggeri e molto altro, o in nuovi movimenti antimafia, o in città che hanno ritrovato una nuova vita postindustriale o sconfitto la delinquenza, o elaborato straordinari piani, come quello per il controllo dell’acqua alta di Venezia? Come mai ho incontrato giornalisti capaci di dire la verità su quello che sta succedendo e disposti a farlo? E’ evidente che si tratta di una lotta non facile, e non sempre vincente. Ma la Buona Italia c’è e combatte. Non sto cercando i pochi raggi di luce nelle tenebre, come far notare che Saddam Hussein in fondo era un buon padre di famiglia e che nella Corea del Nord s’intravede qualche scintilla di creatività. La Buona Italia è più di questo. Molto di più”.

Ecco, a parte l’ironia, questo è lo spirito con cui si è mosso per circa un anno Bill Emmot in lungo e in largo alla scoperta della Buona Italia.

Ne viene fuori un vero e proprio reportage, scritto con stile british, asciutto ed essenziale, a descrivere lo scontro tra la due Italie.

Ecco, allora, venire fuori dalle pagine la Buona Italia.

Così si parte dal Sud: dai ragazzi di Addio Pizzo e alla Confindustria Sicilia guidata da Ivan Lo Bello, in prima linea contro il racket mafioso del Pizzo. Ma il Sud vuol dire anche imprese che sfidano con successo i mercati mondiali. Colpiscono i casi dei Planeta e Settesoli leader nell’enologia. Così come, nel regno di Gomorra, c’è la Tecnam di Luigi e Giovanni Pascale che produce aerei leggeri. E risalendo su per la penisola ci si imbatte, ad esempio, nella storia di Brunello Cucinelli. Con la sua impresa “umanistica”, da poco infatti l’Università di Perugia gli ha conferito una Laurea honoris causa in Filosofia, leader mondiale nella produzione di pullover di chacemire. Senza dimenticare la robotica di Loccioni, oppure il polo tecnologicodi Ferrara. E diversi altri. Non mancano, ovviamente, i grandi nomi del made in Italy come Tod’s, Geox, Tecnogym, Luxottica e quello delle grandi banche italiane. Un occhio attento anche alla rinascita di Torino e della Puglia di Vendola (su di lui il giudizio Emmott è positivo quando mette in evidenza il globalismo e denunzia il “brezhnevismo” della burocrazia, ma poi, dice Emmott, non è conseguente sull’accordo di Pomigliano. Quindi un giudizio articolato il suo). E per finire nella Buona Italia l’autore mette anche alcuni bravi giornalisti italiani.

Nel suo libro, Emmot, non fa sconti alla politica, sia di destra che di sinistra, per cui, francamente è difficile immaginarlo come un pericoloso “sovversivo” (o “comunista” come la destra italiana l’aveva definito dopo che lui aveva criticato, qualche anno fa, Berlusconi definendolo come “incapace” a governare). Nel libro
c’è anche una intervista al Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano.

Il libro, infine, propone le riforme strutturali cui questo Paese ha bisogno se vuol restare nella competizione globale (dalla riforma elettorale all’università).

Alla fine ciò che emerge dalla lettura è che la maggior ricchezza dell’Italia sono gli italiani: “Il motivo – scrive Emmott – per cui l’Italia vola e non si schianta tragicamente al suolo, è che la sua parte buona le impedisce di farlo, reagendo a quella cattiva, riccaciandola indietro. Talvolta ci riesce appena in tempo. Potrebbe farlo ancora. Se lo si volesse abbastanza”. Appunto….

Commenti (3)

  1. Certamente lodevole l’intento del giornalista britannico, a mio avviso tuttavia noi italiani dobbiamo smetterla di confrontarci maniacalmente con alcuni Paesi, specialmente Usa, Gran Bretagna Francia e Germania, i quali, visti da lontano, vengono citati spesso in modo acritico, quasi fossero l’incarnazione di ogni virtù…Solo per citare un esempio: la diffusione delle lingue inglese e francese nel mondo, come se questo fosse avvenuto per magia, o per una particolare bravura degli inglesi e francesi…dimenticando in modo singolare che ciò è avvenuto grazie a delle spaventose sopraffazioni coloniali, i cui effetti sono ben vivi ancora oggi…Ma per molti italiani va di moda parlare solo dei massacri dei fascisti in Libia ed Etiopia…Così va il mondo e così va l’Italia.

  2. Condivido totalmente il giudizio di Emmot ed è un conforto per ogni singolo componente di quell’Italia buona il sapere che non è solo, che ce la può fare, la convinzione che imponendo la propria onestà limpidezza ed il rifiuto di qualsiasi compromesso possa alla fine veder prevalere quella buona parte della silenziosa buona Italia che secondo me è la parte prevalente ma che essendo silenziosa resta invisibile mentre l’Italietta del malaffare fa un gran baccano

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