La politica italiana vive ormai da mesi sulla frontiera di una conflittualità permanente. Tutto è centrato sui problemi giudiziari di Silvio Berlusconi. Come è dimostrato dall’approvazione della “legge sul processo breve” e le occasioni di conflitto continueranno ancora nei prossimi mesi. Così assistiamo ad un esodo della politica dai problemi dell’Italia. Come ci guardano all’estero? Come è giudicata la politica italiana in Europa? Ne abbiamo parlato con il professor Marc Lazar, docente di Storia nella prestigiosa facoltà di SciencesPo. (Scienze Politiche) a Parigi e ”visiting professor” alla Luiss di Roma.
Professor Lazar, le cronache politiche, ieri alla Camera c’è stata l’approvazione dell’ennesima “legge ad personam” per Berlusconi (quella sul “processo breve”), ci danno un’immagine di un’Italia in continua tensione, sempre sul “filo del rasoio” (per riprendere il titolo di un suo libro). Ce la farà l’Italia a diventare una “democrazia normale”?
Se bisogna definire l’anomalia bisogna capire qual è la normalità democratica. Secondo me ci sono diverse normalità. In Italia ci sono due tipi di problemi e specificità. Il primo è legato alla sua storia. La storia italiana è fatta da tante lacerazioni, divisioni, antagonismi. La prima difficoltà è superare queste lacerazioni e divisioni. La seconda è che il Presidente ha un conflitto d’interessi. E questa è la vera ed unica anomalia, perché nelle altre democrazie non sarebbe possibile avere un uomo che ha da una parte una responsabilità pubblica e dall’altra è alla testa di un impero mediatico-finanziario. Quindi per uscire da questa situazione ci vorrà molto tempo perché tutto è legato al fattore Berlusconi. Quando Berlusconi non ci sarà più, per ragioni politiche o di età, tutto il sistema politico dovrà ricomporsi e quindi si potrà pensare ad una nuova organizzazione democratica. Dunque il tempo sarà lungo ma c’è un’altra Italia molto vivace, nei partiti e nella società, che non è indifferente alla politica che vuole avere più potere e partecipazione per una vera e compiuta democrazia.
Cercando di andare un poco più a fondo. Molti danno per “bollito” Berlusconi eppure è ancora in sella. Quali sono gli elementi di debolezza e di forza di Berlusconi e del berlusconismo?
Ci sono elementi di forza e di potere che conosciamo molto bene. Berlusconi ha una capacità di leadership, è l’elemento chiave per la coalizione (PdL e Lega), ha carisma personale, sa fare campagna elettorale, queste capacità le ritroviamo anche in altri leader europei (ad esempio Sarkozy), sa fare comunicazione mediatica. E’ stato capace di mettere insieme diversi elettori: quelli del Nord, che sono i piccoli artigiani, commercianti e professionisti, e quelli del Sud, che cercano più protezione. Inoltre è stato capace di costruire una egemonia quasi culturale, nel senso gramsciano, cioè imponendo nel dibattito pubblico i suoi valori, che sono contraddittori fra di loro. Per esempio si dice molto pro-Europa però insiste molto sulla dimensione nazionale dell’Italia, si dice liberista ma fa anche del protezionismo. Tutti questi valori contraddittori sono rivolti ad un pubblico molto ampio. Questi, dal ’94, sono gli elementi di forza di Berlusconi. Però ora c’è una forma di usura: quest’uomo è in politica dal ’94 (sono pochi i leader che resistono all’usura del tempo). Anche lui conosce questo declino. Il declino è dovuto al fatto che ha deluso una parte del suo elettorato, aveva fatto molte promesse e la gente non le vede, le sue vicende private e la crisi economica (che colpisce molto l’Italia) per questo Berlusconi non ha più lo stesso appeal e consenso. Quindi c’è una forma di declino e questo è un elemento molto importante. Ma qual è l’ultima risorsa, al di là dei soldi che ha e delle leggi ad personam che fa? L’ultima risorsa è la debolezza degli avversari, perché sia il PD che il Terzo Polo non hanno una proposta credibile, non c’è un leader forte, quindi quegli elettori che non sono più pronti a votare per Berlusconi, non sono, per il momento, pronti a votare per altre forze politiche. Quindi rimarrebbero nell’astensionismo. Questa è la forza di Berlusconi, il non avere un avversario capace di sfidarlo direttamente. La sua forza è la debolezza degli altri.
Quali sono le priorità che il PD deve porre per essere credibile?
E’ la grande domanda. Il PD è un partito diviso tra diverse anime, senza una vera identità, è un po’ staccato dalla grande parte della società italiana, territorialmente è legato al Centro. Io l’ho già detto con una “formula” polemica, che non è piaciuta ai leader del partito, che il PD sta divenendo la Lega del Centro. Bisogna che il PD faccia un grande lavoro. Innanzitutto capire la società italiana, capire come mai una parte di questa società è stata attirata da Berlusconi, capire le aspettative, i mutamenti. Non è possibile, ad esempio, che non è capace di capire quello che succede nel mondo giovanile, dove sono organizzate tante mobilitazioni contro il precariato anche attraverso i blog. Questo è il primo problema. Quindi capire questo e dare una offerta politica seducente per una parte della società italiana. Il secondo compito del PD è di reinventare un progetto, una narrativa, di raccontare qualcosa, non di raccontare stupidaggini o di fare sognare, ma di dare veramente una prospettiva di raccontare veramente quello che vuole fare per il futuro (es. sulla politica industriale e sul mondo educativo). Infine, questa è la più drammatica per il PD, c’è da fare una scelta di leadership. Una leadership un po’ diversa, mi dispiace dirlo, ma i leader del PD sembrano ancora attaccati al passato. Devono crescere nuove generazioni. Ci sono sindaci di grandi qualità (es. Chiamparino, Renzi) che hanno una forte esperienza. Bisogna far crescere questa leva di nuovi dirigenti anche se sarà difficile perché quelli che hanno il potere non lo danno facilmente.
Qual è l’immagine che all’estero è prevalente sul nostro Paese?
E’ vero che l’immagine dell’Italia conosce un degrado terribile in questi ultimi anni. Tutti i vecchi cliché che c’erano sull’Italia sembrano rafforzati, mancanza di rigore, scarsa affidabilità, non è solo un francese che lo dice, ma tutti i Paesi come Germania, USA, quindi l’Italia ha perso ancora di più credibilità. Negli anni 50 l’Italia aveva una altissima credibilità quando l’ Italia era un Paese membro fondatore della Comunità Europea; quando l’Italia è uscita dal terrorismo degli anni ’70 si è costruita una immagine di grande potenza, un paese capace di superare una situazione drammatica. Credo che l’Italia potrebbe ritrovare questa capacità di affidabilità. L’Italia è piena di talenti, c’è un “made in Italy” che ha ancora un grande fascino. Però il problema è quello della classe politica nel suo insieme.
Parliamo d’Europa. Sulla vicenda immigrazione, legate agli avvenimenti del Nord Africa, abbiamo assistito ad una pagina non esaltante tra l’Italia e il resto d’Europa (in particolare Francia e Germania). Chi ha sbagliato?
Questa vicenda dell’immigrazione è un elemento di crisi tra l’Italia e la Francia, visto che ormai la Lega chiede il boicottaggio di alcuni prodotti francesi, ma non è solo un problema tra Italia e Francia, ma c’è anche la Germania, l’Austria e il Regno Unito e tutta l’Unione Europea. C’è una interpretazione diversa dei codici di Schengen e questo ha scatenato le polemiche (e ha spinto il ministro Maroni che forse si potrebbe uscire dall’Europa), quindi siamo in una situazione difficile. Dalla parte italiana questo è il sintomo di un cambiamento importante che è successo negli ultimi anni, il PdL e il Centrodestra si sono dimostrati molto meno europeisti di quelli del centrosinistra, questa è una rottura nella storia italiana. Poi questi governi mancano un pò di credibilità politica, l’opinione pubblica è cambiata. Prima gli italiani erano molto favorevoli all’Europa oggi c’è scetticismo, c’è quasi una forma di euroscetticismo in Italia. Però c’è anche una responsabilità europea, perché l’Europa sta malissimo, perché questa situazione dell’emigrazione, al di là delle polemiche tra diversi Stati, dimostra, di nuovo, che l’Unione Europea non ha una politica migratoria, non ha una politica economica, energetica, educativa, non ha una politica estera coordinata come ha dimostrato la crisi della Libia. Quindi ci troviamo in una situazione molto strana: da una parte ogni Stato ha concesso una parte della sua sovranità all’Unione Europea però siccome questa Unione Europea è incapace, a livello della Commissione, di costruire una vera politica da alcuni anni c’è un tentativo di riconquistare quello che è stato dato a livello europeo. Così ogni Stato membro cerca di fare la sua politica. Tutto è fatto a pezzi: siamo sempre più in un contesto europeo caratterizzato da un tasso di conflittualità, di concorrenza e di ricerca di accordi tra i diversi i Stati membri dell’Unione Europea. E questo significa indebolimento dell’UE nei confronti dello scenario internazionale (Usa e nuove potenze).
Uno sguardo sul mondo giovanile. Lei è un docente universitario (si divide tra la Francia e l’Italia), quindi è a contatto con molti giovani. In Italia c’è un problema grave di formazione della classe dirigente. Come rispondere a questo bisogno di meritocrazia?
Questo problema è molto importante. In Italia c’è il problema dell’elité e della legittimazione della classe dirigente. Per questo nel vostro Paese dovete cercare di formare una classe dirigente competente. Ci troviamo in una situazione in cui da una parte c’è una grande aspettativa di meritocrazia, e dall’altra parte c’è un sentimento, nell’opinione pubblica, che non ci sia una selezione della classe. Bisogna cambiare questo sistema, perché lascia tanti talenti fuori. Quando questi giovani cercano un lavoro fuori lo trovano, perché sono molto bravi ,validi. L’unica speranza non viene dall’amministrazione pubblica, né dalla classe politica, che sono sorde a queste aspettative questo invece è sentito nella società civile e nel mondo imprenditoriale, nel quale tante imprese, sia di Confindustria sia di piccoli imprenditori, sembrano che ci sia questo problema e bisogna fare qualcosa.
Ultima domanda: cosa salverà l’Italia?
Io credo che, in passato, l’Italia, spesso, è stata considerata come un pericolo. Dopo la II° guerra mondiale nessuno avrebbe pensato che l’Italia sarebbe stata capace di riprendersi. Negli anni ’70, nei già ricordati “anni di piombo”, l’Italia sembrava completamente perduta. C’è nel vostro Paese questa capacità di ripartire al momento del quale si pensa che tutto sia finito, credo che questa storia un po’ ciclica abbia un senso. Ci sono forze vivaci, dinamiche che credono nell’Italia. Quindi malgrado tutto sono ottimista.
Concordo con le valutazioni di cui sopra. In questo paese (Germania) la stampa di destra e di sinistra esprime un giudizio nettamente negativo sul nostro Presidente del Consiglio. Mi chiedo se la dirigenza del PDL si interessi su queste valutazioni internazionali sul Presidente e sul suo governo: ho la sensazione che non interessi. Da anni all’estero, provo vergogna a sentire come viene dipinto il ns Paese e di cio’ sappiamo chi e’ il responsabile. Maroni,Frattini,Tremonti fanno quanto possono ma si arrampicano sugli specchi per difendere detto Presidente.
Lazar esprime delle valutazioni abbastanza pertinenti sull’Italia, non dozzinali come accade non infrequentemente quando si ascoltano commentatori stranieri spacciati per autorevoli da parte di giornalisti italiani. Tuttavia, come tutti, anche Lazar è figlio di una cultura particolare, nel suo caso quella francese, che, ahinoi, ha diverse tare di cui pare non rendersi conto, ad esempio sull’ Europa: sono decenni che fanno mafia con i tedeschi per accaparrarsi centinaia di posti nelle strutture dell’Unione; sul liberismo: va bene solo quando sono i francesi a comprare all’estero, e questo non è mia esagerazione, basta solo ricordare la recente storia; altro esempio, sull’Africa: nonostante le batoste prese e le perdite di posizione degli ultimi vent’anni, i francesi continuano a considerare l’Africa, nei fatti, non nei principi che sono abili a declamare,come loro giardino di casa. Esagero? Prima di parlare, andate a studiare le vicende di Costa d’Avorio, Gabon, Togo, Centrafrica, Camerun, Congo, Ciad, Benin, Ruanda, Niger, Mali, Burkina Faso, e mi fermo…L’ultimo esempio che vorrei fare riguarda Roma: la Francia non vuole mollare Palazzo Farnese, sede della sua ambasciata in Italia, praticamente se l’è assicurato in eterno, tenendosi buoni intellettuali da strapazzo e politicanti italiani con un pò di feste a base di vino francese e medagliette della Rèpublique…Meglio che la smetta, sennò esagero. Auguri di lucidità.