Nel marasma della politica italiana, segnata sempre più da partiti in crisi di identità, si parla di “Riforme Costituzionali”. Si veda la proposta del Pdl di trasformare la nostra forma di governo in senso semi-presidenziale. Proposta non accolta da Pierluigi Bersani, segretario del PD, che insiste sulla riforma della legge elettorale. Insomma la sensazione è che si rischia un nulla di fatto. Vedremo quello che succederà mercoledì prossimo al Senato, quando sarà messa ai voti l’emendamento del Pdl sul semi-presidenzialismo.
Per parlare di questo abbiamo intervistato il Senatore Stefano Ceccanti, costituzionalista, esponente dispicco dell’area liberal del PD
Senatore Ceccanti, ogni tanto la politica italiana tira fuori il problema della Riforma della II parte della Costituzione del 1948. Dati i precedenti tentativi fallimentari, non le sembra che si rischia, dati i tempi ristretti, l’ennesimo fallimento?
Non e’ un problema di tempi. Una riforma costituzionale si puo’ fare in circa quattro mesi se c’e’ un accordo politico la volonta’ di arrivarci.
Veniamo alla proposta del Pdl sul semi-presidenzialismo. Una proposta assai radicale, non esente darischi istituzionali. Implica una riscrittura complessiva della Costituzione (in modo particolare sul fronte delle garanzie costituzionali e dei contrappesi di potere). Una proposta, quella del Pdl, assai lontana dalla tradizione storica del PD. Invece Lei più possibilista, perché?
Premesso che lo scenario peggiore per l’Italia sarebbe lo status quo perche’ la legge elettorale attuale incentiva coalizioni per vincere e non per governare e rischieremmo quindi di avere un nuovo governo tecnico dopo poche settimane dall’inizio della nuova legislatura, la questione del semipresidenzialismo e’ stata ripresa dal Pdl dopo che vari esponenti del Pd, in seguito alle amministrative, al voto greco e a quello francese, avevano rilanciato il doppio turno di collegio. Prima di quella data si lavorava sullo schema di governo del primo ministro, quello approdato in aula al senato, abbinato al sistema elettorale ispano- tedesco. Il problema e’ il seguente: forma di governo e sistema elettorale devono avere una coerenza interna. La forma del primo ministro ha bisogno di un sistema in cui si voti non solo per i candidati ma anche per i partiti, dando ai piu’ votati di essi una sorta di premio perche’ le coalizioni si formino intorno ad essi. Rende il voto una sfida nazionale passando per i partiti e non piu’ per le coalizioni pre-elettorali. In alternativa se si propone il doppio turno di collegio in presenza di una frammentazione del sistema dei partiti bisogna abbinarlo necessariamente al semi-presidenzialismo, analogamente al doppio turno delle amministrative che e’ sul sindaco, sul vertice dell’esecutivo. Tecnicamente non ha senso sommare forma di governo del primo ministro e doppio turno di collegio. Se preferiamo la forma di governo del primo ministro rilanciamo allora l’ispano-tedesco, altrimenti confrontiamoci sul combinato semi-presidenzialsmo – doppio turno. In ogni caso evitiamo lo status quo.
Il Presidente della Repubblica, al riguardo del semi-presidenzialismo, ha espresso “perplessità”.In quanto per i costituenti il Presidente della Repubblica è un organo di garanzia. Non trova che il semi- presidenzialismo ponga più problemi alla politica che risolverli. Un semi-presidenzialismo che non abbia con sé partiti politici forti non esiste. E i partiti oggi, in Italia, non godono assolutamente di buona salute…Quindi il rischio, denunciato da Augusto Barbera, è quello di una deriva “sudamericana” (nel senso deteriore del termine). Come se ne esce?
Se il Presidente della Repubblica si trova solo eccezionalmente ad utilizzare i suoi poteri di riserva per rendere governabile il sistema tutto funziona, ma qui emerge il rischio che invece la supplenza sia la regola e non piu’ l’eccezione. Delle due l’una: o si stabilizza il sistema incentivando i partiti a vocazione maggioritaria con l’ispano-tedesco e la forma del primo ministro oppure il sistema si terra’ solo col semipresidenzialismo che richiede anch’esso partiti in grado di reggere la competizione per le presidenziali. I rischi di deriva sono anzitutto nello status suo.
Non è meglio puntare sulla riforma della legge elettorale? Quale sistema, secondo Lei, garantisce bipolarismo e governabilità?
L’ispano-tedesco insieme alle correzioni costituziinali sulla forma di governo del primo ministro oppure il doppio turno di collegio col semipresidenzialismo. Non si puo’ caricare tutto sul solo sistema elettorale. Per di piu’ se si riesce a fare l’accordo sul sistema elettorale anche il pezzo di riforma costituzionale viene da se’.
Una battuta sul PD. Come la mettiamo con Di Pietro?
Non la mettiamo proprio. In Parlamento sulle votazioni chiave siamo sempre in dissenso. Non c’e’ quindi un’alleanza possibile. Capisco poi le esigenze di apertura alla societa’ civile e il richiamo allo strumento delle primarie tuttavia in nessuno dei due sistemi hanno senso liste civiche e primarie di coalizione. Le primarie debbono essere aperte si ma con candidati di partito altrimenti siamo fuori sia dalla forma del primo ministro che pone alla guida del governo il leader del primo partito ma anche da quella semipresidenziale. Hollande ha vinto le primarie del Ps non di una coalizione.