A proposito dei manifesti contro Papa Francesco

 

La domanda dei manifesti contro il Papa, “Francesco …ma n’do sta la tua misericordia?”, svela il pensiero degli ispiratori dell’operazione.

(a cura Redazione “Il sismografo”)
Nascondersi dietro un manifesto anonimo non è solo troppo facile ma, alle volte, è anche molto pericoloso, soprattutto per chi crede di potervi far ricorso senza pagare dazio. Tanti hanno commentato in questi ultimi giorni ciò che i soliti ignoti hanno commesso qualche notte fa affiggendo per le vie di Roma decine di manifesti accusatori nei confronti dell’operato di Papa Francesco. Molti vi hanno visto la mano di quella corrente conservatrice che da anni attacca l’operato del pontefice via web, altri l’ultima sfida di chi non vuole il cambiamento dentro la Curia romana, altri ancora il primo eco della battaglia definitiva contro il pontificato di un Papa che viene dalla “fine del Mondo” e parla degli ultimi condannando l’indifferenza e lo scarto dilaganti in questo mondo ormai allo sbando.
Subito dopo la notizia si è aperto il dibattito, per ora tutto ipotetico, su chi possa aver ordito tale azione, su chi ha mestato nell’ombra, su cosa c’è veramente dietro questa “goliardata” estemporanea. Certo, la giustizia farà il suo corso e, con tutta probabilità e con viva speranza, si farà luce su chi ha materialmente affisso quei manifesti e su chi li ha commissionati. Non bisogna nascondere la gravità del gesto retrocedendola a semplice marachella, né esagerare a sproposito parlando di duello all’ultimo sangue. Sinceramente più preoccupante, come altri hanno più opportunamente e con precisione evidenziato, è l’impatto che un siffatto manifesto può avere su un singolo individuo già in animo di compiere scellerati gesti. Tuttavia, chi ha avuto l’idea di quel gesto aveva chiaro nella mente un solo principale obiettivo: screditare il Papa, ridimensionare la sua figura e cercare di insinuare tra i fedeli il dubbio su ciò che fa ogni giorno come guida della Chiesa cattolica. Persino la scelta di quella foto è stata soppesata e l’intercalare romano, usato un po’ goffamente nella stesura del messaggio, serviva a mescolare le carte per far credere che fosse il popolo a pensare quelle cose.
Tuttavia c’è un altro aspetto che merita di essere analizzato fino in fondo e che ci mostra con grande evidenza la malafede e la fallacità del messaggio che quel manifesto voleva diffondere tra i fedeli come un freddo venticello d’inverno quale è la calunnia. Lasciamo per un momento la ricerca dei colpevoli, degli autori del gesto e del fine recondito che gli autori di quell’azione volevano portare a casa propria. Da semplici cristiani, da semplici fedeli di strada, fermiamoci su quel messaggio e ragioniamoci sopra per qualche istante. Cosa ci dicono quelle parole rivolte al Papa? Ci vogliono far credere, in buona sostanza, che Papa Francesco parla solo di misericordia ma poi non la mette in pratica nel suo quotidiano compito di guidare la Chiesa. Insomma, si è voluto ancora una volta far ricorso al vecchio cliché, di grande impatto  popolare e populista, che ci racconta dello stereotipo  del sacerdote che predica bene ma che razzola male. Ma vi è di più, molto di più. Quel testo insinua che la misericordia del Papa, quella sua personale, si è fermata davanti a certe decisioni che sono state da lui prese nella gestione quotidiana di quella che è la sua “santa missione”. Quel messaggio usa la pubblicità comparativa in senso negativo, ossia prima ci parla di alcune cose, messe lì alla rinfusa e tenute volutamente tenebrose allo stesso uditorio che non può essere in grado di capire di cosa si sta realmente parlando, e poi ci chiede, sarcasticamente, come può essere considerato misericordioso chi le ha fatte. Quel testo aveva il solo scopo di insinuare il dubbio, di far nascere il sospetto, di minare la credibilità dell’azione di un Papa che parla ogni giorno di Misericordia e che usa ogni suo gesto per disseminarne il valore cristiano tra i fedeli. Ma è davvero così? Realmente ci troviamo di fronte a un pontefice che parla in un modo e poi agisce dentro le mura del Vaticano in un senso diametralmente opposto? È vero che il Santo Padre non è stato misericordioso come predica a tutti noi quando ha dovuto trattare con i cardinali, con i sacerdoti, con certe situazioni specifiche che si sono solo accennate nel manifesto?
No, assolutamente. La risposta, infatti, ce la fornisce la stessa frase riportata dai manifesti. Non bisogna scervellarsi tanto per arrivare a questa semplice conclusione e capire che chi ha voluto affiggere quei manifesti non aveva argomenti seri per convalidare la propria teoria. La Misericordia di cui ci parla ogni giorno Papa Francesco non è, infatti, la sua “personale” misericordia o la misericordia di una sua individuale linea “politica”. Papa Francesco ci parla e ci racconta della misericordia di Gesù Cristo, non della sua. Il Santo Padre ci parla del Vangelo e dell’insegnamento del Cristo e non di una sua personale visione del mondo e dell’uomo.
Ecco, allora, che basta prendere in mano il Vangelo e fermarci su un passo di Giovanni, narrato al capitolo 2,14-16, per dare il giusto senso alle cose. “[Gesù] trovò nel tempio gente che vendeva buoi, pecore e colombe, e i cambiavalute seduti al banco. Fatta allora una sferza di cordicelle, scacciò tutti fuori dal tempio con le pecore e i buoi, gettò a terra il denaro dei cambiavalute e ne rovesciò i banchi, e ai venditori di colombe disse: Portate via queste cose e non fate della case del Padre mio un luogo di mercato”. Soffermiamoci su questo brano e chiediamoci come mai Gesù stesso, il Cristo misericordioso, nato per morire in croce perdonandoci tutti, abbia agito così duramente. Perché lo ha fatto? Perché ha rovesciato i banchetti dei cambiavalute e ha scacciato con una cordicella intrecciata coloro che avevano reso un mercato la casa del Padre? Come poteva il Gesù misericordioso comportarsi così? Era davvero necessario usare la sferza e cacciare tutti dal Tempio? Dov’era la misericordia di Gesù in quel momento?
Ecco la stessa domanda che gli anonimi autori dei manifesti ci hanno fatto trapelare per tentare di screditare ai nostri occhi l’operato del Papa: “… ma n’do sta la tua misericordia ?”. Basta questo per smascherare la fallacità di quel manifesto. La misericordia, quella di Gesù e di cui ci parla il Papa, non è sinonimo di buonismo, di lassismo, di noncuranza che sfocia nell’assoluto fatalismo delle cose che capitano. Non lo è affatto. La misericordia è ben altro che lasciar fare e non intervenire nelle situazioni che devono essere cambiate e che danneggiano l’uomo e la Casa del Padre. La misericordia riguarda l’anima dell’uomo, del singolo uomo, e non la sua azione corrotta e il suo comportamento errato e ipocrita. Qui sta la grande bugia raccontata in quel manifesto, il grande imbroglio che si è cercato di far passare mediaticamente grazie alla copertura che tutte le Tv hanno assicurato a quel testo diffondendolo in mondovisione. Tuttavia, a ben vedere, è stato un errore clamoroso, un autogol all’ultimo minuto. Quel messaggio ci racconta che chi lo ha pensato non conosce affatto il Vangelo o, forse, pur conoscendolo bene vuole raccontare ai fedeli qualcosa di molto diverso dalla realtà. Chi ha pensato quella frase del manifesto non ha agito da cristiano, da fedele di Gesù Cristo, da seguace del Vangelo. Non lo ha fatto non solo perché, come mi ha insegnato mia nonna da bambino, al Papa si deve sempre e comunque obbedienza, rispetto e lealtà, ma perché ha mentito sapendo di mentire. Chi ha ordito quella campagna di disinformazione verso il Papa, perché è di questo che si tratta, ha cercato di imbrogliarci, di farci deviare dal giusto sentiero, di gettare discredito e maldicenza usando la menzogna.
Il Pontefice è chiamato a compiere scelte, a prendere decisioni, ad assumere provvedimenti all’interno di una Chiesa in continuo movimento nei secoli e tra le società che cambiano. Non è certo un compito facile né invidiabile. Nel fare questo potrà anche sbagliare o avere dei dubbi, ma non si può mai mancare di rispetto o di lealtà. Non lo si può fare soprattutto dinanzi ad un Pontefice che più volte ha dichiarato e ha dato prova concreta di tenere più in considerazione chi lo critica che chi lo adula o, semplicemente, ne approva l’operato. Chi ha pensato quella frase e ha voluto metterla in un manifesto anonimo dovrebbe chiedersi prima di tutto quale beneficio ha portato la sua condotta alla Chiesa e alla fede che dice di voler tutelare. Chi si è nascosto dietro il vile anonimato dovrebbe interrogarsi sul suo essere cristiano e rileggersi con accuratezza il vangelo. Si accorgerebbe così che Gesù non ha mai usato l’anonimato, non ha mai fatto dire agli altri ciò che pensava, non si è mai nascosto dietro frasi pensate e fatte dire da altri. Si accorgerebbe inoltre che Gesù ci ha esortato a parlare chiaro, a dire Si Si e No No, ad essere reali testimoni della nostra fede e del nostro comportamento quotidiano, ad assumerci ogni nostra personale responsabilità. Al Papa si deve obbedienza e lealtà non per cortigianeria ma perché così si serve la Chiesa, intesa come comunità universale dei fedeli. Chiesa che già ha tante sfide davanti a sé e non ha proprio alcun bisogno di manifesti anonimi che cercano soltanto, in modo subdolo e calunnioso, di disorientare i fedeli e di alimentare quelle divisioni tra i cristiani che proprio Gesù ci ha chiesto di evitare in ogni modo. (Damiano Serpi – ©copyright)

Pubblichiamo questa riflessione per gentile concessione del sito d’informazione religiosa: ilsismografo.blogspot.it

“Il Pd? E’ un grande forno”. Intervista ad Alessandro De Angelis

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Vuoi un titolo? Il grande forno, come diceva Marx a proposito della rivoluzione… In cui tutto brucia. Chissà se, per restare alla metafora, poi si rigenera”. Alessandro De Angelis, firma dell’Huffington Post, affida a questa immagine la sua analisi su quel che accade nel Pd.

Scusa, ma che cosa brucia, nel forno?
Mettiamo in fila gli elementi. Dopo la sconfitta del 4 dicembre, epocale, la più significativa degli ultimi vent’anni per la sinistra, che cosa succede? Prima Renzi dice “o governissimo o voto” e nasce il governo Gentiloni, poi “voto ad aprile” ed è chiaro che non ci sarà ad aprile, poi tenta l’asse con Grillo ma quello gli dice no, poi con Berlusconi sulle “coalizioni”. E se vuoi vado avanti. Si bruciano formule, politiche, la sinistra evoca la “scissione”, in un dibattito che si svolge sui giornali e nelle riunioni ma senza popolo. Ti pare normale?

Prosegui.
È tutto scomposto, sgrammaticato, perché a monte c’è la pretesa leaderista di soffocare il dibattito, senza un confronto. In un qualunque partito si sarebbe fatto un congresso. Credo non sbagli chi lo chiede. E invece Renzi, ancora una volta insegue un disegno di potere più che un disegno politico.

Perché andare al voto è un disegno di potere? Non è una cosa democratica, ridare il potere ai cittadini?
Calma, calma. Certo che il voto è democratico. Ed è ovvio che ci devi andare. Però ti chiedo io? Il problema è come ci vai. Perché Renzi vuole il voto anticipato?

Perché?
Primo: perché vuole evitare la manovra economica, che sarà dura e nella quale sarà impossibile fare spesa pubblica e distribuire bonus e mancette. Secondo: perché vuole evitare che le amministrative di primavera non abbiano il traino delle politiche, il cosiddetto election day. Terzo, perché vuole evitare il congresso del Pd. E allora punta al voto con l’obiettivo di portare in parlamento gruppi a lui fedeli e obbedienti. E magari tornare a palazzo Chigi con una coalizione larga. Domando: è un disegno politico o un disegno di potere? E che cosa racconta al paese? La favola dell’Italia felice su cui è stato sconfitto al referendum? Nei partiti normali si sarebbe fatta una discussione sulle ragioni della sconfitta, della leadership e poi il voto.

Dai ragione alla sinistra?
Mi pare una posizione sensata.

Poi c’è la questione della legge elettorale.
Con quella che è uscita dalla Consulta non vai al voto, vai al caos. A meno che uno non voglia illudersi che il Pd può prendere il 40 per cento. Mi pare complicato assai…

Una follia?
Diciamo un azzardo. Non ricordo chi ha dato a Renzi del pokerista, ma coglie un tratto caratteriale. Che fa un pokerista dopo che perde male una partita? Cerca subito una rivincita, un altro tavolo dove rigiocarsi tutto.

Come si comporterà Mattarella?
Mattarella non vuole il 2018 per principio. Vuole un percorso ordinato, con una logica. Se c’è un sistema elettorale logico, scioglie anche a giugno.

Tu hai intervistato Bersani, che ha parlato di scissione. È una minaccia tattica o il Pd si rompe davvero?
È una posizione politica. Bersani ha elencato tre punti su cui occorre discutere: legge elettorale, con l’abolizione dei “nominati”, funzione del governo, e un meccanismo di discussione democratica del Pd. E ha detto: se Renzi tira dritto, noi facciamo un’altra cosa. E, se Renzi tira dritto, la farà.

L’altro ha offerto le primarie.
Tu hai capito cosa ha offerto? Primarie vere o una gazebata? Si vedrà.

In tutto questo soffia in Europa un vento populista.
Soffia un vento anti-establishment. Nel no al referendum c’è anche questo, che evidenzia una frattura profonda tra elite e popolo, non solo una rivolta contro il governo e l’uomo solo al governo e la sua narrazione ottimistica che non ha incrociato la vita reale. E quella frattura è ancora tutta lì, da analizzare, discutere, mente la politica si è avvitata nella sua autoreferenzialità, rimuovendo la questione.

Porterà alla vittoria dei Cinque stelle?
Attenzione, la richiesta di stare con i piedi nella realtà vale anche per loro. Anzi, a maggior ragione per loro che hanno promesso una rivoluzione nel rapporto tra politica e cittadini e che a Roma invece costruito un sistema, e che sistema, con Marra e Romeo, opaco, ambiguo, senza trasparenza. Il tema del domani è ricostruire la politica nell’era del suo rifiuto. Solo la politica può farlo, non l’antipolitica.